POITIERS
(Civitas Pictava, Pictavis, Peytieus, Poyters, Poictiers nei docc. medievali)
Città della Francia occidentale, capoluogo del dip. della Vienne, nell'antica provincia del Poitou, nell'od. regione Poitou-Charentes.P., importante centro gallo-romano dell'Aquitania di origini urbane molto antiche, intorno alla fine del sec. 3° e agli inizi del 4° fu oggetto di profonde trasformazioni, legate sia alla costruzione di una cinta fortificata e allo spostamento verso E del centro gravitazionale della città sia alla realizzazione di un gruppo episcopale all'interno delle mura e di una serie di grandi santuari religiosi suburbani.Le ragioni precise che determinarono la costruzione della cinta muraria non sono note. Innegabile appare il carattere realmente difensivo dell'opera, che, con il suo sviluppo (m 2600), delimitava il più grande spazio recinto di mura di tutta l'Aquitania. Un segmento non trascurabile si può ancora riconoscere all'interno dei giardini posti a S dell'antico palatium, sul sito dell'od. Palais de Justice. Le cortine, realizzate in pietra da taglio di piccolo modulo, s'innalzavano fino a m 10 di altezza; spesse m 6, erano scandite all'esterno da torri semicircolari, mentre il passaggio era assicurato da almeno quattro porte. La città murata conservò grosso modo il sistema stradale precedente, di cui il decumano - coincidente con l'od. Grand᾽rue - rimaneva l'asse principale. Il palazzo trovò molto presto collocazione presso la porta occidentale.Il primo gruppo episcopale sorgeva nella parte più orientale del castrum. Non è nota l'ubicazione della cattedrale primitiva, risalente al tempo di s. Ilario, riconosciuto come primo vescovo della diocesi di P. nel 350 ca. e celebre per la lotta contro l'arianesimo; essa non doveva comunque essere troppo lontana dal battistero di Saint-Jean, le cui strutture rimaste in situ depongono per un'origine antica della costruzione. A E di quest'ultimo edificio, all'interno di un quartiere di abitazione abbandonato, sono stati ritrovati importanti resti della domus ecclesiae, citata intorno al 590 da Gregorio di Tours (De virtutibus sancti Martini, IV, 32). È nota anche l'esistenza in questo settore di uno xenodochium e di un oratorio del sec. 8°, dedicato a s. Luca. Nell'area compresa tra la cattedrale e il battistero, anche le chiese di Saint-Martin e di Saint-Hilaire-le-Grand risalgono certamente a epoca molto antica.Nei pressi del gruppo episcopale e addossato alla cinta muraria - strutturata in questo punto all'interno con gradini che permettono di raggiungere il cammino di ronda - intorno al 540 venne fondato, per volontà della regina Radegonda, il monastero di Sainte-Marie-hors-les-Murs. All'abbaziale primitiva successe, dopo il 569, un secondo edificio, non più esistente, che prese il nome di Sainte-Croix in ragione del dono di una reliquia della Vera Croce da parte dell'imperatore bizantino Giustino II (Gregorio di Tours, De gloria martyrum; Baudonivia, Vita secunda sanctae Radegundis). Non lontano dalla cattedrale andò a collocarsi, certamente in epoca merovingia, la chiesa di Saint-Paul.Nelle grandi necropoli poste fuori della città vennero eretti nei primi secoli del Medioevo alcuni edifici a carattere funerario: due di essi - Saint-Hilaire-le-Grand e Sainte-Mariehors-les-Murs, divenuta in seguito Sainte-Radegonde - furono all'origine di quartieri medievali. Con l'edificazione, intorno a Saint-Hilaire-le-Grand, al di sopra di alcune sepolture, di diverse basiliche, fu creato a S della città un vero e proprio complesso funerario. Il celebre mausoleo fatto costruire nel sec. 7° o agli inizi dell'8° dall'abate Mellebaude, il c.d. Ipogeo des Dunes, si colloca anch'esso in un cimitero, quello orientale, posto al di là del fiume Clain.Così, in epoca merovingia, su una trama urbana risalente all'epoca gallo-romana trovarono posto le strutture che condizionarono per secoli la fisionomia della città di P.: palazzo, cattedrale, chiese principali. Ciò nonostante il tessuto urbano rimase poco costruito: restarono ancora a lungo terreni liberi, prati, vigne, giardini, ma l'occupazione del suolo divenne progressivamente più intensiva sia all'interno della cinta sia nei quartieri periferici.P. divenne una capitale prestigiosa con i conti di Poitou (839-1137), i quali, a partire dal 928, assunsero anche il titolo di duchi di Aquitania. All'interno del nucleo antico della città tra i secc. 8° e 10° vennero edificate numerose chiese, tra cui Saint-Hilaire-de-la-Celle, Saint-Pierre-le-Puellier, la Résurrection e soprattutto Sancta Maria Maior, che ben presto venne denominata Notre-Dame-la-Grande, nonché una nuova abbazia femminile, la Trinité; fuori delle mura vennero edificate le chiese di Saint-Michel e Saint-Saturnin e l'abbazia di Saint-Cyprien. Nel sec. 11° anche le chiese di Saint-Hilaire-le-Grand e di Saint-Porchaire vennero ricostruite. Di questo patrimonio non resta tuttavia quasi nulla.Intorno all'anno Mille, in un momento di forte espansione demografica, i borghi di Saint-Hilaire-le-Grand e di Sainte-Radegonde vennero cinti di mura e i loro abitanti furono definiti borghesi, in opposizione ai cittadini e ai contadini (Documents pour l'histoire, 1847, p. 79). Le strade cominciarono a portare nomi distintivi e alcuni grandi mercati attirarono il commercio.Il sec. 11° fu veramente il secolo d'oro della città. Vennero inaugurati numerosi cantieri, forse a seguito di un grande incendio che nel 1018 devastò pressoché interamente il quartiere della cattedrale. Sotto l'impulso dei duchi del Poitou, in particolare di Guglielmo V il Grande (990 ca.-1030), molte chiese vennero ricostruite in forme più belle, a cominciare dalla cattedrale, consacrata nel 1025. Furono riedificate anche le chiese di Saint-Hilaire-le-Grand, Sainte-Radegonde, Notre-Dame-la-Grande e Saint-Paul. A esse si aggiunsero alcune chiese nuove, come Saint-Nicolas, Saint-Germain, e una nuova abbazia, Saint-Jean-de-Montierneuf, che fu affidata all'Ordine cluniacense; venne inoltre ampliata la chiesa di Saint-Porchaire.Il sec. 12°, per quanto riguarda le imprese architettoniche (Saint-Didier, Saint-Cybard), risultò più modesto. Fu tuttavia senza dubbio intorno al 1120-1140, durante l'infanzia dell'ultima discendente di Guglielmo X, Eleonora d'Aquitania - sposa del re di Francia Luigi VII e poi del futuro re d'Inghilterra, Enrico II Plantageneto -, che venne innalzata una superba facciata a Notre-Dame-la-Grande. La fioritura delle chiese si accompagnò probabilmente al moltiplicarsi delle abitazioni e degli altri edifici civili. Il sistema viario antico venne nel suo insieme conservato.L'abbandono dello stile romanico fu segnato da tre cantieri: quello della cattedrale di Saint-Pierre, nuovamente ricostruita a partire dal 1150 ca., quello del palazzo comitale e quello della grande cinta muraria, cominciata nella seconda metà del 12° secolo. Quest'ultima, realizzata in bella pietra da taglio, era lunga km 6,5 ca. e seguiva le valli della Boivre e del Clain, racchiudendo gli antichi borghi; restano ancora vestigia delle cortine e delle torri.Dopo un tentativo fallito nel 1138, gli abitanti di P. ottennero, nella seconda metà del sec. 12°, la costituzione del Comune, a capo del quale fu posto, a partire dal 1199-1200, un sindaco (Recueil de documents, 1923-1928, I). Alla morte di Eleonora d'Aquitania, nel 1204, il re di Francia conquistò la città e riunificò il Poitou alla Corona. D'allora in poi le grandi operazioni urbanistiche portarono il marchio regale. Fu così che, intorno agli inizi del sec. 13°, venne costruito, alla confluenza della Boivre e del Clain, sulla nuova cinta e rivolto verso le strade del Nord, un nuovo castello, noto attraverso la miniatura del mese di Luglio contenuta nelle Très Riches Heures di Jean de Valois, duca di Berry (Chantilly, Mus. Condé, 65, già 1284, c. 7v). L'antico palazzo, ubicato nella parte alta della città, conservò funzioni amministrative e di giustizia; sui suoi fossati, divenuti inutili, fu innalzata nei secc. 13°-16° una serie di case, isolando l'edificio dalla piazza del mercato di Notre-Dame-la-Grande. Non lontano da questo sito fece la sua comparsa un palazzo municipale, posto presso l'od. rue des Grandes Ecoles.Nel corso dei secc. 13° e 14° P. vide l'insediamento degli Ordini mendicanti (Domenicani, Francescani, Agostiniani, Carmelitani), quindi degli Ospedalieri di s. Giovanni di Gerusalemme (Gran priorato di Aquitania).Nonostante le difficoltà legate alla guerra dei Cento anni, P. conservò la sua importanza nel 14° secolo. Numerosi abitanti delle campagne trovarono rifugio al riparo della sua cinta, che venne continuamente rinforzata. Jean de Valois, alla testa della contea dal 1372 al 1416, fece abbellire il castello e il palazzo e fece costruire il Gros horloge, un beffroi posto dinanzi a Notre-Dame-la-Grande.Il c.d. Ipogeo des Dunes è un martyrium, scoperto dall'archeologo padre Camille de la Croix alla fine del 19° secolo. Questo edificio, funzionante al tempo stesso come cripta e oratorio, si compone di una sala seminterrata, di forma approssimativamente rettangolare, i cui muri sono ancora più o meno conservati per un'altezza di m 1 o 2. Sembra che l'ambiente fosse in origine coperto da una volta dipinta in blu; l'accesso era consentito da una scala. Intorno a un altare si stringono diverse tombe, tra cui quelle dell'abate Mellebaude e di diversi bambini. Alcune iscrizioni documentano che l'edificio fu risistemato poco dopo la sua costruzione e che vi furono trasportate settantadue reliquie. L'ipogeo offre una testimonianza fondamentale sull'arte di costruire e soprattutto di decorare in epoca merovingia, giacché conserva ancora pezzi assai significativi: montanti di porta ornati di motivi floreali, scalini scolpiti con pesci, fogliami e serpenti intrecciati, lastre tombali con personaggi incisi e a rilievo schiacciato, alcune delle quali con i nomi degli evangelisti e di Michele, Gabriele, Raffaele e Raquel (quindi realizzate prima del concilio di Roma del 745, che scartò Raquel dall'insieme degli arcangeli), nonché la base di una Crocifissione, dal rilievo più accentuato, di cui rimangono solo i due ladroni ai piedi della croce. Molti dei motivi decorativi sono geometrici, come i rosoni dello scalino d'accesso all'altare, in cui sono inclusi elementi di pasta vitrea colorata. I muri erano bianchi, segnati da tratti rossi. Una croce patente - rossa, gialla e blu - si distaccava sul fondo bianco dell'altare. L'edificio venne distrutto nel sec. 8°, forse al momento delle invasioni arabe.Il battistero di P., fu più volte rimaneggiato tra i secc. 4° e 11° e non è possibile descrivere e datare facilmente le fasi, tanto più che oggi esso appare artificialmente seminfossato in una collinetta erbosa. Della fase databile al sec. 4° rimangono le basi dei muri nord e sud, in pietra da taglio di piccolo modulo quadrato, e soprattutto la piscina battesimale ottagonale, ritrovata nel 1803. Il sistema di adduzione e di evacuazione delle acque è ancora visibile, al pari degli scalini che permettevano ai catecumeni di discendere per ricevere il battesimo; è possibile che questa piscina si trovasse allora al centro di una sala quadrata. A O della sala battesimale si disponeva una serie di ambienti adibiti alla preparazione alle cerimonie.Le epoche merovingia e carolingia videro diverse ricostruzioni, rese necessarie da alcuni incendi. La vasca battesimale venne colmata e il battistero trasformato in una chiesa. La sala orientale assunse l'assetto attuale con l'aggiunta di un'abside orientale poligonale, inserita in un corpo rettangolare, e di due absidiole a N e a S. I muri vennero rimontati in pietre allungate, tarate come mattoni. In mancanza di scavi non è noto come la chiesa si sviluppasse verso O. Fu in quest'epoca, e forse in due o tre tempi, che venne realizzata la decorazione che ancora si conserva, con archi applicati sui muri e sostenuti da capitelli scolpiti. È molto probabile che l'effetto complessivo venisse rafforzato dall'impiego del colore e forse dello stucco. Furono posti in opera capitelli in marmo pirenaico, per la maggior parte pezzi di reimpiego di epoca paleocristiana; è possibile che alcuni di essi provenissero dal battistero primitivo. Le tipologie si rifanno all'ordine corinzio e al composito. A questo materiale si aggiungono, nelle parti alte, capitelli di calcare e lastre scolpite con motivi geometrici, che meglio rappresentano gli apporti barbarici nell'arte cristiana.Nel sec. 11° venne ricostruita interamente la parte occidentale; dopo l'abbandono, a quanto sembra, di un progetto ambizioso, ci si accontentò di chiuderla con un muro dall'esecuzione poco accurata, ad andamento poligonale. Per contro, maggior cura venne posta nella decorazione dell'interno con pitture, il cui nucleo fondamentale è basato sul tema dell'Ascensione. Vi compaiono anche le figure di quattro cavalieri incoronati, identificabili in altrettanti sovrani che si dichiararono al servizio della Chiesa grazie alla presenza, tra essi, dell'imperatore Costantino. Queste pitture, che per qualità e stile si collocano nell'orbita delle grandi botteghe del Poitou del sec. 11°, testimoniano la volontà dei committenti di porsi nella prospettiva della riforma gregoriana. In una scena posta nella parete sud, raffigurante un uomo che lotta contro un drago, si legge in verticale la più antica iscrizione in lingua francese: "Cil cria merci e turna". Queste rappresentazioni vennero ricoperte in epoca gotica da un ciclo di pitture comprendenti scene della Vita di s. Giovanni Battista, un'immagine di Cristo con il tetramorfo e alcuni santi. Il battistero è oggi sconsacrato e ospita un museo lapidario.La cattedrale di Saint-Pierre è un grande parallelepipedo di m 100 di lunghezza, suddiviso in tre navate e concluso a E da un vasto capocroce a terminazione piana; i bracci della croce sono appena segnati da un transetto poco aggettante. Verso O il muro di facciata è fiancheggiato da due torri poste agli angoli. Il sito delle cattedrali precedenti rimane sconosciuto. L'od. edificio segna l'adozione di un nuovo stile costruttivo: il c.d. Gotico dell'Ovest o plantageneto o angioino, a causa dei suoi legami con l'arte della cattedrale di Angers, culla della dinastia dei Plantageneti, alla quale apparteneva Enrico, secondo marito di Eleonora d'Aquitania. L'area di diffusione di questo stile comprende l'Angiò, il Maine, una parte del Poitou e della Turenna. La cattedrale di P. ne presenta le caratteristiche principali: volte ogivali fortemente bombate, muri resi spessi alla base da arcature cieche, contrafforti massicci all'esterno, semplicità e robustezza dei volumi. L'edificio, ampio e assai luminoso, si adattava bene alle grandi assemblee diocesane. La parte sostanziale dei lavori di costruzione venne effettuata nei secc. 12° e 13° da architetti che rispettarono, grosso modo, l'unitarietà del progetto iniziale. La consacrazione avvenne solo il 17 ottobre 1379.La decorazione plastica della cattedrale è di alta qualità. Le sculture più antiche denunciano una rinascita dello stile corinzio intorno al 1150-1160; in seguito fecero la loro comparsa capitelli a crochets e a foglie rese in maniera naturalistica. L'ideatore dei tre portali della facciata ovest non apparteneva all'area artistica dell'Occidente francese: le sculture, eseguite forse intorno al 1250, si avvicinano a quelle dei grandi cantieri della Sainte-Chapelle di Parigi e delle cattedrali di Amiens, Bourges e Charroux, nel Poitou. Il portale centrale presenta il Giudizio universale, quello settentrionale la Morte della Vergine e la sua Incoronazione, mentre quello meridionale è decorato con scene della Vita di s. Tommaso. Queste sculture appaiono opera di diversi artisti; risulta interessante il confronto con le sculture lignee del coro, eseguite intorno al 1240-1250.La chiesa, decorata da pitture che sottolineano le nervature delle volte, alcune delle quali ancora intonacate, conserva molte delle vetrate originarie. Quella posta al centro della parete est del coro costituisce un capolavoro degli anni 1150-1160: vi è rappresentato il Cristo morente sulla croce, in associazione con l'Ascensione, la Risurrezione e la Crocifissione di s. Pietro. La scelta della Crocifissione si spiega certamente con la vicinanza della reliquia della Vera Croce, conservata dalle religiose dell'abbazia fondata dalla regina Radegonda, che si affiancava alla cattedrale verso S-E. La presenza, nella parte bassa dell'opera, delle figure di un uomo e di una donna coronati, recanti un modellino della vetrata, suggerisce di riconoscere i donatori in Eleonora d'Aquitania ed Enrico II Plantageneto. Lo stile della vetrata è ancora vicino a quello delle pitture romaniche del Poitou.Le origini di Saint-Hilaire-le-Grand risalgono ai primi secoli cristiani. Il vescovo Ilario, alla sua morte, venne sepolto in un cimitero posto a S di P. e intorno alla sua tomba si sviluppò rapidamente un culto. Delle chiese succedutesi su quel sito nel corso del primo millennio non resta alcuna traccia visibile, ma diverse testimonianze scritte dimostrano che il luogo divenne ben presto meta di pellegrinaggio e che in seguito Saint-Hilaire-le-Grand costituì anche una tappa lungo il Camino de Santiago. L'organizzazione delle cerimonie venne affidata a canonici il cui abate era il conte di Poitou, duca di Aquitania, e poi, a partire dal 1204, al re di Francia.La prima fase della costruzione, quella più importante, della prima metà del sec. 11°, fu avviata da una torre-portico in pietra da taglio, posta a N; forse l'edificio precedente era ancora in funzione, giacché non si voleva interrompere il culto durante i lavori. Per accogliere le folle di pellegrini fu eretta una larga navata centrale affiancata da navate laterali e dominata da un transetto e da un coro sopraelevati di m 2 ca. e di grande ampiezza. Il coro - unica parte dell'edificio a essere coperta a volte in questa prima fase - è a deambulatorio e presenta quattro cappelle radiali. La chiesa era destinata a essere interamente decorata con pitture: le pareti del corpo longitudinale e del transetto erano semplicemente intonacate in bianco, ma arcate e pilastri erano sottolineati da motivi decorativi a colori vivaci, soprattutto nei toni dell'ocra. Rimangono un ampio ciclo apocalittico nel coro, figure dei vescovi di P. sui pilastri della navata e figure pie nel portico; nell'abside si trovava forse una rappresentazione, oggi non più esistente, di Cristo con il tetramorfo, angeli e vegliardi dell'Apocalisse. Le scene dipinte fanno di Saint-Hilaire-le-Grand uno dei grandi centri della pittura romanica del Poitou, insieme a Saint-Savin-sur-Gartempe, Notre-Dame-la-Grande e il battistero di Poitiers. Nulla vieta di pensare che la chiesa, il cui abate era appunto il conte, abbia costituito la culla di questo grande ambiente artistico. Nonostante il loro precario stato di conservazione, le pitture scoperte intorno al coro nel 1986 si qualificano come capolavori, da assegnare certamente agli anni 1070-1090: la ricca iconografia e lo stile sciolto e potente denotano una reale cultura artistica dei maestri che le eseguirono, direttamente o indirettamente influenzati dalle correnti italiane.La decorazione plastica è presente soprattutto con capitelli a foglie - in una fase successiva di tipo corinzio e a steli grassi -, animali o figure umane. Dagli studi risulta che il cantiere di Saint-Hilaire-le Grand fu uno dei punti nodali della scultura romanica in Francia. La data esatta della costruzione di questa chiesa, nella sua prima versione coperta a tetto, non è nota, anche se pare possibile proporre una cronologia compresa tra il 1020 e il 1070. Il 1° novembre 1049, nel giorno della festa di Ognissanti, ebbe luogo la dedicazione dell'altare maggiore, che segnò una fase importante dei lavori, ma non la loro fine. Questa cerimonia venne decisa dal conte Guglielmo Aigret e da sua madre Agnese di Borgogna, benefattrice del cantiere (Documents pour l'histoire, 1847, pp. 86-87). Intorno alla fine del secolo la chiesa fu coperta a volte: vennero edificati pilastri e contromuri ad arcate all'interno della navata centrale e di quelle laterali e si introdussero delle cornici nel transetto per gettare volte a botte che ostruirono una parte delle finestre pertinenti alla prima fase. In questo modo furono completamente alterati i volumi interni e il sistema di illuminazione dell'edificio. All'epoca della Rivoluzione francese la chiesa venne amputata di tutta la zona occidentale delle navate, che fu in parte ricostruita intorno al 1870, quando fu inventato il sistema di file di cupole sul corpo longitudinale.Notre-Dame-la-Grande, la chiesa più celebre di P., ebbe dapprima la dedicazione di Sancta Maria Maior, certamente in riferimento alla omonima basilica romana. Gli archivi sono pressoché totalmente scomparsi; nulla si sa della fondazione e delle condizioni della costruzione dell'od. chiesa: solo per via comparativa l'edificio può essere datato al sec. 11° e la sua facciata a quello successivo. La citazione di un abate Launon nel sec. 10° (Cartulaire de Saint-Cyprien, 1874) e la presenza sul fianco settentrionale dell'edificio di un segmento di muro ad assise alternate di pietre e mattoni testimoniano tuttavia l'esistenza di una chiesa precedente.Nel sec. 11° Notre-Dame-la-Grande, collegiata di canonici, venne riedificata in due fasi. In primo luogo fu realizzato un coro a deambulatorio dotato di tre cappelle radiali; si tratta di un coro buio, senza illuminazione diretta, sotto il quale venne ricavata una piccola cripta. In questa fase del cantiere intervenne un gruppo di buoni scultori che mescolarono ai capitelli di stile corinzio - i quali presentano affinità con le opere di Unbertus a Saint-Benoît-sur-Loire - blocchi con figurazioni di animali e nel deambulatorio un interessante capitello istoriato, uno dei più antichi di questo genere nel Poitou, raffigurante Cristo in gloria presentato da angeli, con il nome, scomparso, dello scultore.Il primo cantiere si fermò all'arco trionfale, mentre la seconda fase vide l'edificazione del corpo longitudinale, che venne costruito già in previsione di una copertura a volte. L'architetto adottò il principio di una navata centrale contraffortata da alte navate laterali: vennero innalzati muri spessi e il corpo longitudinale fu scandito in tre navate. Alla connessione tra coro e corpo longitudinale fu innalzato un campanile a due livelli, sormontato da una copertura conica fatta di pietre tagliate a forma di scaglie. L'assenza del transetto trova spiegazione nella densità del tessuto urbano intorno alla collegiata, il cui corpo longitudinale presentava il fianco meridionale immediatamente al lato dell'antico decumano, mentre a N si stendeva il quartiere dei canonici.I capitelli del corpo longitudinale, eseguiti da nuove maestranze di scultori, vennero decorati con foglie grasse, tipiche del repertorio del Poitou, o lasciati privi di ogni ornamentazione plastica, per poi essere dipinti. Forse in questo momento fu allestita la decorazione pittorica dell'intera chiesa, conservata solo nel coro e nella cripta. Sulla calotta absidale si trova la figura di Cristo, posta entro un quadrato e circondata dai quattro viventi, da due angeli, dal sole e dalla luna; da una parte e dall'altra, al di sotto di architetture figurate, sono seduti i dodici apostoli: si tratta di un'illustrazione del testo di Ap. 21. A O, entro un medaglione sorretto da angeli, l'agnello simboleggia Cristo immolato; a E la Vergine - patrona della Chiesa, 'trono di saggezza', secondo l'iscrizione che l'accompagna - tiene il Bambino sulle ginocchia, mentre alcuni santi le formano intorno un corteo. Nella cripta vi sono i resti di una grande immagine di Cristo, i simboli di s. Giovanni e di s. Matteo e quattro santi che recano in mano corone.Il monumento del sec. 11° fu modificato sia nel sistema di illuminazione, attraverso l'aggiunta di cappelle gotiche e rinascimentali nel coro e lungo il fianco settentrionale della chiesa, sia nel volume, con l'elevazione del pavimento e alcune modifiche delle coperture. Tuttavia il cambiamento più notevole fu realizzato con il prolungamento del corpo longitudinale e con l'erezione di una nuova facciata, nel 12° secolo.Sembra che intorno alla fine del sec. 11° si sia deciso di trasformare l'entrata occidentale della chiesa. Scavi recenti lasciano pensare che l'edificio originario avesse solo sette campate, compresa quella di raccordo con il coro: verso O esso presentava un portico molto profondo o una torre-portico. L'od. facciata, costruita certamente intorno al 1120-1140 in seguito all'abbattimento di quella preesistente e al prolungamento di due campate della chiesa, si colloca nella categoria delle facciate-schermo, assai diffuse nella Francia occidentale (Angoulême, cattedrale di Saint-Pierre; Parthenay-le-Vieux, priorale di Saint-Pierre; Civray, chiesa di Saint-Nicolas; Aulnay, chiesa di Saint-Pierre; Saintes, abbaziale di Sainte-Marie-des-Dames). La struttura di base è semplice: un muro piatto, dotato di una porta piuttosto modesta e di una grande finestra, è sovrastato da un pignone spezzato e fiancheggiato da due torrette, piene nella parte bassa e che formano delle lanterne nella parte alta. Ciò nonostante, alcuni elementi architettonici arricchiscono il disegno di base trasformando la facciata in una sorta di immenso trompe-l'oeil. Infatti, arcate e cornici scandiscono la parete in registri privi di corrispondenza con i volumi interni della chiesa. Quello inferiore è delimitato dal portale ad archivolto, affiancato da due arcate cieche assai decorate. Al di sopra di una cornice molto aggettante, la finestra è inquadrata a destra e a sinistra da due file sovrapposte di arcature che ospitano personaggi. Il terzo registro, più sobrio, è occupato al centro da una grande mandorla simile a una falsa finestra.Al di là dell'effetto teatrale così ben riuscito, l'originalità deriva dall'abbondanza della scultura e dalla ricchezza del programma iconografico, ancora più apprezzabile in seguito a un'importante campagna di restauri, condotta tra il 1991 e il 1995, che sembra avere arrestato i fenomeni degenerativi.La lettura si svolge dal basso verso l'alto. Nel primo registro, affollato da numerosi personaggi, si pone, sulla sinistra, la Tentazione di Adamo ed Eva, punto di partenza della caduta dell'uomo. Vengono quindi, procedendo verso destra, i profeti che annunciano Cristo: Nabucodonosor, profeta involontario, Daniele, Geremia, Isaia e Mosè; poi trova posto l'Annunciazione, il grande momento in cui Cristo giunge nella storia degli uomini. Incarnandosi nella Vergine Maria, Cristo entra in una famiglia, quella di Iesse e di Davide, entrambi rappresentati. La scena della Visitazione occupa diverse lastre: all'illustrazione di un avvenimento si sovrappone l'intento di precisarne l'importanza, così Elisabetta tocca il ventre di Maria e può in tal modo, per prima, recare testimonianza dell'esistenza del Messia. L'ultima scena è una grande Natività con il Bambino posto in una culla di vimini, l'asino e il bue, la Vergine distesa su di un letto di legno, Giuseppe seduto con la testa appoggiata sulla mano destra. All'interno della Natività sono inclusi altri due episodi della Vita di Cristo: il bagno del Bambino e il miracolo, tratto dai testi apocrifi, secondo cui una levatrice - che si rifiutava di credere nella verginità di Maria e che, nel tentativo di toccarne l'imene, aveva visto le proprie braccia disseccarsi - ottiene la guarigione implorando Gesù (Protovangelo di Giacomo, 19-20). Ma il miracolo è, in questo pannello, appena accennato dallo sguardo tra la donna e Maria. Infatti l'attenzione è portata sul Bambino, dotato di un nimbo crucifero e bagnato in una vaschetta, più simile a un fonte battesimale a forma di calice che a una tinozza. Vi si coglie un'allusione diretta al sacrificio di Cristo e al battesimo di tutti i cristiani, vera nascita secondo la fede. Si stabilisce così un parallelismo con la scena iniziale del fregio: al peccato e alla morte risponde la vita; Cristo è il nuovo Adamo, come Maria è la nuova Eva.Nel secondo registro, entro le due file di arcature, dodici apostoli e due vescovi anonimi formano un collegio pastorale apostolico: si tratta di un modo per evocare la Chiesa universale. È possibile che la Vergine occupasse la vetrata centrale. Infine il Cristo, Dio unico, in una visione extratemporale, compare nelle parti alte, come emergendo da una porta del cielo. Si ritrova qui la scena dipinta nella calotta absidale, giacché Cristo è circondato dalla luna e dal sole e dal tetramorfo, che ricorda il suo insegnamento.Diversi scultori dovettero lavorare a questo complesso, che venne eseguito a piè d'opera, con le lastre e gli altri elementi più o meno ben assemblati in fase di montaggio. Il maestro del Cristo, autore anche di diversi apostoli, era un artista di grande qualità, che può essere avvicinato agli scultori del portico di Saint-Pierre a Moissac. Intorno ai personaggi i motivi decorativi sono ricchi di invenzioni; l'occhio si perde nei fogliami, nelle maschere, negli animali e nei mostri. Questa fantasia romanica è caratteristica degli inizi del sec. 12° e molti dei motivi della facciata vennero in seguito ripetuti nelle chiese della regione, tanto dovette essere grande il fascino da essi esercitato. La decorazione di Notre-Dame-la-Grande doveva impressionare grandemente gli uomini del sec. 12°, giacché - come i recenti lavori di restauro hanno confermato - personaggi e motivi ornamentali erano dipinti in colori vivaci.Sainte-Radegonde, costruita dalla regina Radegonda (m. nel 587), che qui ricevette la sua sepoltura, è oggi una chiesa in cui un corpo longitudinale gotico è inserito tra due parti romaniche: la torre-portico a O e il coro, con deambulatorio e tre cappelle radiali, posto a E, al di sopra di una cripta funeraria che presenta la stessa disposizione. Il tracciato poligonale della parte centrale di questa cripta costituisce forse l'indizio di un impianto antico. Si sa che la chiesa venne edificata nel sec. 6°, ricostruita nel 9° - la consacrazione risale all'863 - e bruciata nel 955 (Favreau, in La vie de sainte Radegonde, 1995). Un'iscrizione rende noto che nel 1012 la badessa di Sainte-Croix, Beliarda, cercò la tomba della santa fondatrice e fece restaurare una cripta. Questo episodio segnò l'inizio della ricostruzione.Il sarcofago della cripta è tradizionalmente considerato quello di Radegonda. Esso sembra appartenere a un'epoca compresa tra il 9° e l'11° secolo. Si tratta di un pezzo di pietra scura, di forma molto sobria, con un coperchio a due falde, ornato solamente da due piccole croci astate. Per contro, la lastra di calcare che lo sostiene è decorata da girali scolpiti, comparabili a quelli che si possono osservare su opere del sec 11° a Saint-Hilaire-le-Grand di P. e nell'abbazia di Saint-Maixent, nel Poitou.La parte più antica della chiesa, realizzata forse prima del 1050, è costituita dai livelli inferiori della torre, mentre il vestibolo, di una sola campata, è sormontato da un'alta sala; la scala che li collega non esisteva in origine e per raggiungere il piano superiore era necessario utilizzare una scala a pioli. La torre aveva dunque un carattere in qualche misura difensivo, alla maniera di un donjon, con una sala che poteva servire da rifugio o da deposito per gli archivi o per gli oggetti preziosi. In continuità con questo primo cantiere, forse tra il 1050 e il 1070, si collocano le parti basse del coro, della cripta, del deambulatorio e delle cappelle. In mancanza di scavi, rimane incerto se la chiesa sia stata interamente ricostruita in questa occasione e, in caso affermativo, quali fossero le sue strutture.Le sculture del coro, destinate a essere dipinte, sono vicine a quelle di Saint-Savin-sur-Gartempe. Tipiche delle botteghe della Francia occidentale, dove il corinzio era assai apprezzato, esse lasciano tuttavia un posto importante ai capitelli istoriati. Daniele nella fossa dei leoni prefigura il Cristo presso l'altare. Sotto il portico sono conservate due lastre di reimpiego che rappresentano Cristo in trono e una donna coronata, in cui appare più plausibile individuare la regina Radegonda che non la Vergine o la personificazione della Chiesa. Sembra che il programma iconografico fosse incentrato sulla regalità divina, tanto più che Radegonda, prendendo il velo, aveva abbandonato gli onori terreni.Dopo un incendio verificatosi nel 1083, il coro venne ripreso al di sopra delle finestre e sopraelevato, circostanza che spiega l'attuale illuminazione diretta; in questa occasione si costruì anche la scala del campanile e si portarono a termine i piani destinati alle campane. La navata unica, realizzata nel sec. 13°, si rifà a un Gotico plantageneto vicino a quello della cattedrale, con l'impiego di volte ogivali bombate e di grossi contrafforti esterni. L'architetto aveva previsto di conservare la torre-portico, ma non il coro, e questo spiega il non perfetto raccordo verso E. Le grandi finestre hanno perduto una parte delle vetrate originali, tuttavia se ne conserva una serie della fine del sec. 13°, con episodi della Vita di s. Radegonda.La chiesa di Saint-Nicolas venne fondata intorno al 1050 per una piccola comunità di canonici dalla committente di Saint-Hilaire-le-Grand, Agnese di Borgogna, sostenuta dal suo secondo marito, Goffredo II detto Martello, conte di Angiò. Nonostante le distruzioni operate da un secolo a questa parte, di questo edificio - che custodisce i resti di Agnese e di uno dei suoi figli - si conservano, sia pure inglobate in una serie di abitazioni, alcune parti. La chiesa doveva presentare un corpo longitudinale, certamente dotato di navate laterali, forse di un transetto, di un coro a deambulatorio e di cappelle radiali. All'entrata si trovava una grande torre-portico, posta di fronte all'abitazione dell'elemosiniere, anch'essa fondata in questo periodo. Gli scultori dovettero lavorare su questo cantiere intorno al 1050-1070, giacché si ritrovano, ancora in situ o conservati al Mus. Sainte-Croix, alcuni blocchi lisci o decorati con foglie grasse, molto vicini a quelli di Saint-Hilaire-le-Grand.Questa costruzione sembra precedente alla sua assegnazione, in qualità di priorato, al monastero cluniacense di Saint-Jean-de-Montierneuf, la cui chiesa è uno degli edifici romanici meglio documentati di tutta la Francia occidentale. Numerosi atti contenuti nel cartulario dell'abbazia, due cronache e alcune epigrafi forniscono infatti preziose informazioni sulla fondazione del monasterium novum nel 1069 da parte di Guglielmo VIII, duca di Aquitania (Poitiers, 1996). La fase essenziale dei lavori di costruzione dell'abbaziale si colloca tra il 1069 e il 1086, anno della morte del duca. La copertura della navata e la costruzione della facciata si protrassero fino al 22 gennaio 1096, data in cui il papa Urbano II procedette alla dedicazione della chiesa.L'architetto fu certamente il monaco cluniacense Pons. La pianta della chiesa è semplice: un corpo longitudinale a tre navate, un largo transetto, un coro a deambulatorio con tre cappelle radiali. La facciata prevista, dotata di due torri ad signa dependenda (Recueil des documents, 1973), ossia per sospendere le campane, venne sostituita da una facciata-schermo, senza dubbio perché alla fine del cantiere erano venuti a mancare i fondi necessari. Sulla base di un modulo quadrato di m 32,5 ca. di diagonale, le proporzioni risultano ideali, l'articolazione dei volumi è perfetta, l'illuminazione abbondante, la decorazione architettonica - in cui domina il tema dell'arco cieco - particolarmente accurata. Questa chiesa dovette costituire un punto di riferimento anche nel campo della scultura, ma purtroppo è impossibile precisare l'importanza di questo impatto, dato che gran parte dei capitelli fu purtroppo squadrata nel 19° secolo. Forse alla fine del sec. 13° il coro di Saint-Jean-de-Montierneuf ricevette una sopraelevazione che permise di aprire grandi finestre. Per sostenere i nuovi tratti di muro vennero gettati degli archi rampanti. In seguito a danni subìti nel corso delle guerre di religione, nonostante le riparazioni di fortuna, nel sec. 17° fu necessario ricostruire la facciata perdendo una campata delle navate. Scomparve così quella che avrebbe potuto rappresentare uno dei grandi prototipi delle facciate-schermo. In quest'epoca vennero anche abbassate le volte della navata centrale, mentre nel sec. 19° la chiesa perse quasi interamente il campanile romanico dal rivestimento di pietre tagliate a scaglie, analogo a quello di Notre-Dame-la-Grande.Vicina alla cattedrale, la chiesa di Saint-Paul, attualmente sconsacrata, risale al primo millennio. Il muro settentrionale conserva, in alzato, diversi metri di corsi alternati di pietre e mattoni, forse relativi a una fase databile tra il 5° e l'8° secolo. La chiesa venne ripresa nella seconda metà del sec. 11°, come testimoniano due capitelli ancora in situ scolpiti a foglie grasse, eseguiti dalla bottega del Poitou attiva nel capocroce di Saint-Hilaire-le-Grand. Essa presentava allora una navata unica, certamente coperta da un tetto a vista, e una semplice abside. Nel sec. 15° venne costruito un coro quadrangolare. Tra le rovine attuali si vedono ancora alcune delle nervature aggettanti della volta e delle belle candelabre, forse espressione dell'arte di corte. La navata, in parte ricostruita, venne coperta a volte.Nei pressi del battistero di Saint-Jean sono visibili le rovine dell'abbaziale romanica di Sainte-Croix. La presenza di semicolonne addossate su piedritto rivela che il corpo longitudinale era coperto da volte. Un grande corpo di fabbrica posto nella parte settentrionale sembra corrispondere a una torre-portico. Gli scavi archeologici hanno parzialmente riportato alla luce alcune strutture più antiche del lato orientale. I resti di un mosaico, oggi al Mus. Sainte-Croix - recanti l'iscrizione "O crux ave", che evoca il ricordo di Venanzio Fortunato, vescovo di P. dal 597 e autore dell'inno mariano -, rimandano all'epoca merovingia. In effetti l'arrivo della reliquia della Santa Croce nel 569 comportò la riedificazione della prima chiesa dedicata alla Vergine e il cambiamento della sua dedicazione. Accanto a Sainte-Croix, sul sito di un piccolo oratorio barocco, il pas de Dieu, sono stati ritrovati resti antichi la cui attribuzione a epoca merovingia rimane però da verificare.La piccola chiesa di Saint-Germain, costruita presso le mura urbiche intorno alla fine del sec. 11° o agli inizi del 12°, sul sito di un grande complesso termale gallo-romano, è stata recentemente oggetto di un intervento di restauro. Il capocroce, articolato in un'abside centrale affiancata da due absidiole laterali, è di fattura semplice e dotato di una graziosa cornice. L'edificio venne ricostruito e ampliato in epoca gotica e rinascimentale.L'od. chiesa di Saint-Hilaire-de-la-Celle, costruita all'interno del nucleo antico di P. sul luogo dove, secondo la tradizione, viveva s. Ilario, risale al 12° secolo. Di dimensioni modeste, essa giustappone una navata unica, un transetto ad absidiole e un'abside. La parte orientale è ben conservata. L'elemento architettonico più notevole è costituito da una cupola a nervature la cui modanatura rivela che a P. il passaggio dall'architettura romanica a quella gotica avvenne gradualmente. Sull'incrocio si innalza un robusto campanile. Del grande cenotafio di s. Ilario rimangono i disegni di alcuni pezzi (Parigi, BN, Cab. Estampes, Tombeaux et épitaphes des églises de France, Pe I f Rés., pp. 53-54; Ve 20 f; Oxford, Bodl. Lib.) e una bella lastra, oggi collocata in un'absidiola, che rappresenta il santo, deposto entro un sarcofago strigilato, vegliato da discepoli e angeli, uno dei quali porta una spada di fuoco. Sulla base dello stile delle figure e dei loro abiti, questo pezzo pregiato potrebbe datarsi agli ultimissimi anni dell'11° secolo.Dell'edificio carolingio di Saint-Porchaire, posto di fronte a una chiesa dedicata al Salvatore, rimane forse una parte dell'antica facciata, databile approssimativamente al 9°-10° secolo. In epoca romanica venne costruita una torre-portico. Questa bella costruzione in pietra da taglio presenta tre livelli: un vestibolo piuttosto basso, decorato internamente da arcate cieche, voltato a botte, sormontato da una sala, adibita a cappella alta o a luogo di deposito. Il livello superiore è costituito dal piano delle campane con grandi aperture su ogni lato. La torre è posta sulla via che, venendo da Saint-Hilaire-le Grand, penetrava all'interno del nucleo antico della città e si dirigeva verso il palazzo e il quartiere di Notre-Dame-la-Grande. Il suo dispositivo d'ingresso appare dunque particolarmente accurato: vi si trovano bei capitelli romanici, uno dei quali presenta leoni rampanti, mentre un secondo raffigura Daniele nella fossa dei leoni. Al di sopra della porta, una lastra scolpita mostra Cristo affiancato da due santi. I livelli superiori, decorati da archeggiature, fanno di questa torre un monumento più ricco di quelli di Saint-Savin-sur-Gartempe o di Sainte-Radegonde. La sua costruzione dovrebbe essere grosso modo contemporanea all'assegnazione, avvenuta nel 1068, di Saint-Porchaire al monastero di Bourgueil.Il palazzo dei Conti (od. Palais de Justice), posto nei pressi del tratto occidentale della cinta urbica altomedievale, presenta due fasi di epoca gotica. L'od. Sala des Pas perdus, coperta a tetto e con le pareti decorate da archeggiature cieche, di stile plantageneto, era in origine la grande sala di ricevimento dell'edificio del sec. 13° ed era posta in relazione con il sistema delle torri, tra cui l'importante torre Maubergeon. Questi due punti importanti del palazzo vennero ristrutturati su iniziativa di Jean de Valois, che per l'occasione fece intervenire artisti come Guy de Dammartin (m. nel 1398 ca.). È forse alla mano di quest'ultimo che devono essere ricondotte le quattro statue poste tra le ghimberghe delle finestre che si aprono al di sopra del caminetto monumentale della sala, rappresentanti il re Carlo VI e la consorte Isabella di Baviera, Jean de Valois e la sua seconda moglie, Giovanna di Boulogne. Nei grandi rilievi che coronano la torre Maubergeon sono stati riconosciuti i vassalli del duca.Il Mus. Sainte-Croix possiede una sala dedicata alla scultura medievale. Vi sono conservati alcuni pezzi pertinenti a edifici scomparsi - in particolare i capitelli dei chiostri di Notre-Dame-la-Grande e di Sainte-Radegonde - o in parte distrutti, come il capitello della Disputa, proveniente da Saint-Hilaire-le-Grand. Un architrave di porta presenta Cristo con gli apostoli: doveva appartenere a un grande edificio, forse l'antica cattedrale romanica o l'antica facciata di Saint-Jean-de-Montierneuf.La Bibl. Mun. conserva diversi manoscritti medievali, il più celebre dei quali, la Vita sanctae Radegundis (250), risale all'11° secolo. Le sue miniature, probabilmente realizzate in un ambiente culturale del Poitou, si accordano perfettamente con lo stile delle grandi botteghe di pittura e denotano legami con la miniatura della regione della Loira, della Normandia e dell'Inghilterra.
Bibl.:
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