COSTANZI, Placido
Figlio di Giovanni "sigillaro", e di Costanza A[n]guilla, e fratello di Tommaso e di Carlo, noti come incisori di gemme e pietre dure, nacque con ogni probabilità a Roma intorno al 1702.
Infatti negli Stati d'anime del 1720 Giovanni è registrato, con la sua famiglia e il C. di 18 anni, nella parrocchia di S. Andrea delle Fratte (casa 164 della strada Paolina, attuale via Sistina); inoltre N. Pio, intorno al 1723-24, lo descrive come un pittore di 22anni che "vive... nel suo studio nel palazzo del giardino dei gran duca di Firenze, alla Trinità del Monte Pincio", ma evidentemente il C. abitava col padre che proprio nel 1724è registrato con bottega sempre nella strada Paolina; e F. Valesio nel 1727 lo dice "giovane di 25 anni" (Diariodi Roma, a cura di G. Scano, IV, Milano 1978, p. 873).
Secondo il Pio (1724), fu allievo per cinque anni dei Trevisani e, per altrettanto tempo, di B. Luti. La sua prima attività, ricostruibile con precisione per le notizie date dal biografo, lo vede impegnato in lavori di decorazione oggi perduti: alcuni soffitti con figure allegoriche nella villa del cardinale Alberoni fuori Porta Pia (un bozzetto dei quali è ora conservato nella galleria Alberoni di Piacenza); alcuni ambienti del palazzo di Spagna, su commissione del cardinale F. Acquaviva d'Aragona, e del casino della villa Farnese a Porta S. Pancrazio (attuale villa Aurelia) sempre per il cardinale Acquaviva.
La precoce fama e la conseguente importanza dei committenti sono confermate nel breve ricordo che il Pascoli (1730) gli dedicò nella biografia del Luti, dove è detto che "fin dagli anni più teneri" dimostrò abilità in imprese grandi e piccole "benché ancora assai giovane". Tra le opere perdute sono due pale d'altare per Gerona, in Spagna (Pio, 1724), e, per Elisabetta Farnese, regina di Spagna, un'Annunciazione di cui il Clark (1968) pubblica un probabile bozzetto. Di questo stesso periodo è una Immacolata Concezione con Dio Padre, s. Giovanni Battista e s. Angelo, nella chiesa della Maddalena di Pistoia. Sempre secondo il Pio, prima dunque del 1724, lavorò anche per il cardinale A. F. Chigi Zondadari: tale notizia è ricollegabile alla presenza a Siena e nel suo territorio di dipinti del C., testimoniata dal Romagnoli (1840), e in modo particolare all'attività svolta (si può supporre) per la decorazione dell'appena rinnovato (1724) palazzo Chigi Zondadari in piazza del Campo.
Il Clark identifica a torto le opere per il cardinale senese indicate dal Pio in due dipinti del C. eseguiti per il ciclo pittorico commissionato dal Chigi per illustrare episodi della vita di Alessandro VII, suo prozio, e di se stesso, ad alcuni dei più importanti pittori allora attivi a Roma: tra gli altri, S. Conca, P. Bianchi, G. Odazzi. Le opere della serie attribuite dal Clark al C.(1964) e conservate ora nella Galleria d'arte antica di Roma sono due: Fabio Chigi, poi Alessandro VII, giunge al congresso di Münster; Il cardinale Zondadari si licenzia dagli ufficiali spagnoli, quest'ultima anche siglata e datata (C. L. Ragghianti, in La Critica d'arte, XIV [1967], 86, p. 46; A. Boschetto, in Paragone, XIX [1968], 215, pp. 68-70):divergenze esistono però sulla lettura della data, 1723 per il Clark, che il Faldi (1972) ha più correttamente letto 1727 cosicché il dipinto non è riferibile alla citazione del Pio (1724). Altrettanto dicasi di un altro quadro della serie datato 1728, conservato al Minneapolis Institute of Arts e attribuito al C.: Il cardinale Zondadari che benedice il popolo nei pressi di Roma (cfr. The Minneapolis Institute of Art Bull., LVIII [1969], pp. 93, 100).
Altre opere ricordate dal Pio (1724) sono un "gran quadro di palmi 12 e 9 per alto, per mandare nella città di Lima nel Perù d'ordine de' PP. Domenicani" con una Madonna del Rosario con santi domenicani;un quadro d'altare con I santi Girolamo, Antonio, Lorenzo, Domenico con le anime del Purgatorio per una chiesa domenicana dell'Aquila; quattro tele di soggetto biblico da inviare in Francia, cui il C. attendeva nel momento in cui il Pio scriveva le sue biografie.
Dopo il 1724 l'operosità del C. si estese anche alle grandi imprese decorative per le chiese di Roma. È del 1727 il grande affresco nella volta della navata di S. Gregorio al Celio, dove è rappresentata l'Assunzione di s. Gregorio e di s. Romualdo. L'evidente riferimento compositivo alle decorazioni del Ricci, dell'Odazzi, del Gaulli non implica adesione alla dilatata e pittorica visione del tardo barocco romano, ma è occasione per affermare le esigenze di un composto e monumentale equilibrio che, oltre ai modi del classicismo più recente di ascendenza marattesca, guarda alle fonti protosecentesche del classicismo romano: Annibale Carracci e il Domenichino. Tendenza confermata nella successiva decorazione della tribuna di S. Maria in Campo Marzio (1730), di cui è conservato il modello nel Walker Art Center di Minneapolis, e nel soffitto (1732) della chiesa di Castel San Pietro, presso Palestrina. Firmato e datato 1729 è il Miracolo di s. Giuseppe da Copertino della Galleria nazionale di arte antica (già del monastero delle orsoline in via Vittoria).
Dai documenti dell'Archivio della Reverenda Fabbrica di S. Pietro (I piano, s. 3, vol. 14, f. 397) risulta che nel 1736 il C. con P. Ghezzi e un Toffali era stato chiamato a giudicare la riduzione in mosaico di un ritratto di Clemente XIV; risultano inoltre pagamenti nel 1736 e 1740 (saldo finale) per il quadro con La resurrezione di Tabita (I piano, serie Armadi, voll. 424, f. 92; 412, f. 556), che nel 1758 sostituì il dipinto con lo stesso soggetto di G. Baglione, già da anni rovinato (I piano, serie 3, vol. 170, f. 29).
L'economo mons. Marcolini, nella congregazione particolare tenutasi il 29 marzo 1756 nel palazzo del Quirinale (ibid., f. 25), rilevava che questo quadro "per vari anni fu tenuto alla Certosa [S. Maria degli Angeli] quasi in dimenticanza: ora lo stesso Professore che il quadro a suo genio ricompone per riparare a quel torto... chiede... un sito opportuno".
Come già detto, il quadro fu collocato in S. Pietro nel 1758, ma quando venne tradotto in mosaico fu riportato in S. Maria degli Angeli, dove tuttora si trova (G. Matthiae, S. Maria degli Angeli, Roma 1965, p. 71).
Negli anni 1736-38 il C. sostituì A. Masucci per uno degli otto Episodi della vita di Alessandro Magno che Iuvarra aveva programmato decorassero la sala del trono del palazzo della Granja a Sant'Ildefonso (Segovia), dipinti da otto pittori diversi: la Fondazione di Alessandria è ora nelle stanze del Real Collegio de Alfonso XII all'Escorial, ed è noto il bozzetto conservato a Baltimora (F. Zeri, Ital. paintings in the Walters Art Gallery, Baltimore 1976, II, pp. 517 s.; A. M. Clark, in The Burlington Magazine, CVI [1964], p. 233 n. 23).
Dagli anni intorno al 1725 inizia la collaborazione del C. con il paesaggista J. F. van Bloemen detto l'Orizzonte, per il quale il C. dipingeva le figure (cfr. Busiri Vici, 1974, nn. 255-350).
Già virtuoso del Pantheon (all'Accademia dei Virtuosi espose nel 1750 una S. Caterina Fieschi, oltre a una tela con le Nozze di Cana: H. Waga, Vita nota e ignota dei Virtuosi, in L'Urbe, XXXI[1968], 53 pp. 6, 11), dal 19 nov. 1741 fu membro dell'Accademia di S. Luca, di cui sarà negli ultimi anni della sua vita (1758-59) "principe" (i due ovali di soggetto sacro Cristo in gloria e l'Immacolata, nella Galleria dell'Accademia, sono i probabili saggi d'entrata del Costanzi). Continua in questo periodo la sua attività sia per incarichi ufficiali sia per committenti privati, italiani e stranieri. Con il Bloemen fu impegnato nella decorazione del Caffehaus al Quirinale (1741-43); dipinse pale d'altare per le chiese romane di S. Maria Maggiore (1743), S. Giuseppe Calasanzio (1748), S. Apollinare (1748), della Maddalena (1749). Per il palazzo reale di Torino dipinse (1749) due sovrapporte di soggetto classico (Clelia davanti a Porsenna e La continenza di Scipione: Schede Vesme, I, Torino 1963, p. 371; Mostra del Barocco piemontese, catal., Torino 1963, II, 1, pp. 30, 89).
Nell'ultimo decennio della sua vita gli incarichi ufficiali divennero meno numerosi. Dal Chracas si ha notizia di un quadro dipinto per il cardinale D. Orsini, rappresentante L'allegoria per il trattato di Aquileja (1752), opera donata a Benedetto XIV (Clark, 1968). Non mancarono al C. i committenti stranieri: per il conte di Harrach, due quadri di soggetto biblico, il bozzetto della Battaglia di Bannockburn (1752) per G. Keith, del quale aveva eseguito nel 1751 un ritratto ora nella National Portrait Gallery di Londra; dipinge nel 1753 una copia del Trionfo di Bacco e Arianna di Annibale Carracci della Galleria Farnese per la casa di Londra del duca di Northumberland (E. Croft Murray, Decorative painting in England, II, London 1970, p. 195), oggi in palazzo Labia a Venezia (Palazzo Labia…, Torino 1982, ad Indicem, con ill.);del 1757 è l'Apollo e Dafne per la reggia di Potsdam (cfr. G. Bartoschek, Die Gemälde im Neuen Palais, Potsdam 1979, p. 40; nella stessa collez., p. 36: Rachele e Giacobbe al pozzo). L'ultima opera cui attendeva al momento della morte era il Martirio di s. Torpé per la cattedrale di Pisa, rimasto incompiuto e finito da G. B. Tempesti, indicato come suo allievo (cfr. Da Morrona, 1787).
Il C. morì a Roma il 2 ott. 1759.
Nel testamento, che era stato steso presso il notaio Tondi (Roma, Arch. stor. Capitolino, Not. Valerius Tondus, LXVI, 24 sett. 1759), chiedeva di essere sepolto in S. Andrea delle Fratte e nominava erede fiduciario O. Alfani, al quale lasciò un quadro con S. Caterina della Rota. Alfani cambiò notaio, e nei documenti presso l'Arch. di Stato di Roma troviamo, oltre all'inventario dei beni del C., l'indicazione dei vari lasciti (Arch. di Stato di Roma, Curia card. Vicario, Officio 31, Not. Ferreus Nicolaus, 1759, vol. 600, cc. 531-638: inventario; vol. 601, cc. 600-602, 613 s.); tra l'altro, alla morte della moglie e delle sorelle del C. l'Accademia dei Virtuosi al Pantheon e l'Accademia di S. Luca dovevano ereditare e istituire ciascuna una cappellania nel Pantheon e in SS. Luca e Martina; ma le cappellanie ancora agli inizi del sec. XIX non erano istituite (H. Waga, in L'Urbe, XXX [1967], 6, p. 1; Arch. della Rev. Fabbrica di S. Pietro, I piano, serie 3, pacco 81, n. 15; Arch. d. Accad. naz. di S. Luca, Verbali Congregaz., vol. 52, ff. 3v5, 25v; vol. 54, ff. 9v ss.
Tra le attribuzioni ricordiamo, a Roma, Il riposo dalla fuga in Egitto della Galleria Pallavicini e un S. Giovanni Nepomuceno in S. Lorenzo in Lucina (attribuzioni però respinte dal Clark, 1968). Pochi sono i disegni riconducibili con sicurezza al C.: si citano quelli conservati al Nationalmuseum di Stoccolma, agli Uffizi, all'Ashmolean Museum di Oxford, all'Albertina di Vienna.
Fonti e Bibl.: N. Pio, Le vite di pittori, scultori et architetti [1724], a cura di C. e R. Enggass, Città dei Vaticano 1977, ad Indicem; L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti..., Roma 1730, I, p. 233; L. Ozzola, Nota dei quadri.. in mostra nel cortile di S. Giovanni Decollato in Roma nel 1736, in Arch. d. R. Soc. romana di st. patria, XXXVII (1914), pp. 647 n. 45, 655 n. 119; F. Titi, Descriz. delle pitture, sculture e architetture... in Roma, Roma 1763, pp. 74, 265, 350, 365, 369, 405; C. Barotti, Pitture e sculture... nelle chiese, luoghi pubbl. e sobborghi della città di Ferrara, Ferrara 1770, p. 75; A. Da Morrona, Pisa illustrata, I, Pisa 1787, p. 143; J. Reynolds, Discourses [1788], a cura di R. Fry, London 1905, pp. 375. 439; L. Lanzi, Storia pittor. d. Italia [1808], a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, pp. 395 s.; S.Ticozzi, Diz. dei pittori..., Milano 1818, p. 141; M. Missirini, Mem. per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca, Roma 1823, p. 239; E. Romagnoli, Cenni storico-artistici di Siena..., Siena 1840, pp. 29, 41; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria, I, Genova 1865, pp. 274-77; L. Cust, The National Portrait Gallery, I, London 1901, p. 262; A. Stiv-L. Fröhlich Bum, Beschreibender Katalog der Handzeichnungen in der graphischen Sammlung Albertina, Wien 1932, n. 923; L. Mortari, in Il Settecento a Roma (catal.), Roma 1959, pp. 88 s.; F. Zeri, La Gall. Pallavicini in Roma, Firenze 1959, pp. 97 s.; Y. Bottineau, L'art de cour dans l'Espagne de Philippe V. 1700-1746, Bordeaux 1962, pp. 338. 463, 512, 548; G. Briganti, Il palazzo del Quirinale, Roma 1962, p. 64; A. M. Clark, Introduction to Pietro Bianchi, in Paragone, XV (1964), 169, p. 44; M. Ch. Gloton, Trompe-I'oeil et décor plafonnant dans les églises romaines de l'âge baroque, Roma 1965, p. 59; L. Salerno, Pal. Rondinini, Roma 1965, p. 297; J. B. von Toth, Die Kathedrale des Papstes, Freiburg 1966, p. 91; A. M. Clark, An Introduction to P. C., in Paragone, XIX (1968), 219, pp. 39-54; I. Faldi, in Mostra di antichi dipinti restaurati delle raccolte accad., Roma 1968, p. 13; Bildkunst im Zeitalter J. S. Bachs. Meisterwerke des Barock aus dem Besitz der Kunsthalle Bremen, Bremen 1971, p. 22; I. Faldi, in Acquisti della Gall. nazionale d'arte antica, 1970-72 (catal.), Roma 1972, p. 70, 82-85; A. Busiri Vici, J. F. van Bloemen, Orizzonte..., Roma 1974, ad Indicem;F. Borroni Salvadori, Le esposizioni d'arte a Firenze dal 1674 al 1767, in Mitteil. des Kunsthist. Institutes in Florenz, XVIII (1974), ad Indicem;E. Brunetti, Scritti d'arte (1950-70), Urbino 1976, pp. 135, 147; J. B. Shaw, Drawings by old Masters at Christ Church, Oxford, Oxford 1976, cat. 672; J. Urrea Fernandez, La pintura italiana del siglo XVIII en España, Valladolid 1977, pp. 265-69; A. Pampalone, in Disegni ital. dal XVI al XVIII sec. (catal.), Roma 1980, n. 108; E. Schleier, La Pittura ital. del Sei e Settecento nel Museo di Ponce..., in Antichità viva, XIX(1980), 1, pp. 25, 28; E. P. Bowron, Benedetto Luti's pastels…, in Apollo, CXI (1980), p. 446 (attribuisce al C. due pastelli già considerati del Luti); S. Conca..., (catal.), Gaeta 1981, pp. 120, 135, 136, 174, 418; C. Strinati, in Un'antologia di restauri (catal.), Roma 1982, pp. 104 s.; S. Rudolph, La pittura del '700 a Roma, Milano 1983, ad Indicem; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 538.