PIZIA (ἡ Πυϑία)
Nome col quale si designava la sacerdotessa che, a Delfi, recitava i responsi del dio a coloro che erano venuti a interrogare l'oracolo (v.); tale denominazione si collega col πύϑων, cioè col serpente ucciso da Apollo e che si diceva giacere sepolto sotto l'omfalo delfico. La P. veniva scelta fra le donne vergini e di buona famiglia del paese: non si esigeva, almeno dal sec. V in poi, età molto giovanile né nobiltà di natali. Nei tempi più antichi il suo ufficio si svolgeva periodicamente, una sola volta all'anno, il settimo giorno del mese delfico di Bysios (febbraio), nella quale epoca soltanto si potevano richiedere responsi all'oracolo; più tardi, dato il numero sempre crescente degl'interroganti, la P. dové rimanere in funzione costantemente, e si ebbero talora anche due e perfino tre P. che officiavano a turno.
Dopoché gl'interroganti, incoronati d'alloro, avevano presentato al προϕήτης (sacerdote addetto al tempio) la loro richiesta, la Pizia, dopo essersi purificata con l'acqua della fonte Castalia e avere indossata la lunga veste rituale, con aurei ornamenti in capo, penetrava nell'adyton del tempio, beveva un sorso d'acqua della corrente Cassotis, che scorreva sotto di esso, e, dopo aver masticate delle foglie d'alloro, andava a prender posto sul seggio ad essa destinato, il quale era collocato sopra un disco adattato nel bacino stesso dell'aureo tripode dell'adyton. Il tripode si trovava situato al di sopra della voragine, da cui salivano vapori ed esalazioni, le quali avevano la virtù di mettere in stato d'estasi chi li aspirava. Entrata in estasi, la P. pronunciava parole più o meno chiare, che il "profeta" parafrasava in versi (anticamente solo in esametri, più tardi anche in altro metro), talvolta anche in prosa, e consegnava ai richiedenti. Poteva accadere che l'estasi della P. fosse così intensa, che le parole da lei pronunciate risultassero del tutto sconnesse e inintelligibili; toccava allora ai sacerdoti trarne quel miglior partito ch'essi sapessero.
Quale valore avessero tali responsi, non è qui il caso di discutere: certo è che, salvo casi eccezionali, i responsi non erano né dati né redatti in mala fede, né fatti scrivere fraudolentemente per ingannare gl'interroganti. Si conoscono tuttavia casi di corruzione della Pizia, come quelli denunziati da Erodoto in V, 63 e VI, 66, quest'ultimo a proposito della falsa accusa ordita da Cleomene, re di Sparta, contro la legittimità del collega Demarato, d'accordo con la Pizia Perialla, la quale, poi, scoperta, venne deposta.
Bibl.: A. Mommsen, Delphica, Lipsia 1878; H. Pontow, Zur Topographie von Delphi, Berlino 1889; P. Monceaux, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités, ecc., VII, p. 219 segg.; G. F. Schoemann e J. H. Lipsius, Griechische Altertümer, II, 4ª ed., Berlino 1902, p. 320 segg.; P. Stengel, Die griech. Kultusaltertümer, 3ª ed., Monaco 1920, p. 70 segg.; A. Bouché-Leclercq, Histoire de la divination dans l'antiquité, III, Parigi 1880, p. 39 segg.