GENERE, Pittura di
Si dà il nome di pittura di genere a quella che ritrae scene di vita quotidiana, di carattere aneddotico, con fedeltà di minuta riproduzione dei particolari. Il piacere che una tale rappresentazione produce nello spettatore è dovuta solo in parte all'armonia coloristica che solitamente viene ricercata in tali composizioni, ma soprattutto ad una certa arguzia, con la quale viene osservata la vita quotidiana e ad una sorte di magica compartecipazione a quella vita stessa, della quale lo spettatore viene a fruire.
Il termine è stato usato per l'arte olandese del secolo XVII, nella quale tali pitture costituirono una delle caratteristiche più spiccate. Nella pittura olandese il quadro di genere sorge dopo la Riforma, che abolisce i quadri a soggetto pietistico, e quando la borghesia, arricchitasi coi traffici, crea una civiltà domestica di alto livello, ma di tipo familiare e gelosamente privato, alla quale non si confacevano pitture a temi eroici o mitologici. Nella pittura dell'antichità, il quadretto di genere è sconosciuto alle civiltà orientali, compresa quella egiziana. Ma in rilievi dipinti appartenenti a quest'ultima, a contenuto narrativo, si trovano numerosi spunti di osservazione minuta della umile vita quotidiana e della vita degli animali, fin dal II millennio a. C., pur non giungendo mai a costituirne rappresentazione autonoma. Il quadretto di genere sorge in Grecia alla fine del IV secolo e si diffonde durante l'ellenismo, in coincidenza con il processo di laicizzazione dell'arte, non più legata soltanto alla commissione da parte di comunità religiose o civili o al carattere votivo della commissione privata. Ma è da titenersi che proprio dal quadretto ex voto siano sorti i primi germi della pittura di genere. Indicativi in questo senso appaiono i quadretti a naìskos (cioè a edicola) provenienti da Ercolano (Napoli, Museo Nazionale nn. 9019, 9020, 9021, 9022), copie di gusto neoclassico da composizioni che per forme e per sviluppo della spazialità entro un ambiente chiuso, sono riferibili agli inizî del III secolo e che dovevano essere state, almeno in alcuni casi, di carattere votivo (L'Attore, La Vestizione). Più decisamente quadretti di genere sono i due mosaici firmati da Dioskourides di Samo (v.), anch'essi riferibili a originali del III sec. a. C. Inoltre, nell'ellenismo più tardo acquistano carattere di genere anche soggetti mitologici, specialmente della cerchia di Afrodite (Eroti, dapprima affaccendati attorno alla dea, poi occupati in giuochi o in opere artigiane, come nel fregio della stanza a fondo nero nella Casa dei Vettii a Pompei). Un'altra categoria di pitture di genere sono le composizioni di animali mescolati a elementi vegetali o le composizioni dette di natura morta (v.), le une e le altre da porsi in relazione con gli epigrammi che accompagnavano doni, appunto di animali o vegetali commestibili (v. xenia). Il sorgere del quadretto di genere è da porsi in relazione con un mutamento del contenuto dell'opera d'arte, che con l'ellenismo diviene cosa privata, d'ornamento e da collezione.
Pochi sono i nomi dei pittori di genere tramandatici; alcuni sono connessi con Pergamo, quali Sosos (v.) e Hephaistion (v.) musaicisti; ad essi possono aggiungersi Kalates (v.), Kallikles (v.) e Dioskourides di Samo (v.); ma il più caratteristico appare Peiraikos (v.) che dipingeva nature morte, asini, scenette che si svolgevano nella bottega del calzolaio o del barbiere (Plin., Nat. hist., xxxv, 112). Dagli scrittori di cose d'arte del tardo elienismo la pittura di genere fu detta rhopographia (da ῥῶπος, chincaglieria, merce di poco valore e minuta) o addirittura rhyparographia (da ῥυπαρός, sordido, immondo), giacché tali scrittori aderivano a un concetto classicistico (v. classicismo) e aulico dell'arte. Ma come precedenti alla vera pittura di g. venivano indicati dipinti di Antiphilos, di Philiskos, di Simos (v. le singole voci), il primo dei quali è situabile ancora alla fine del IV sec. ed era nato in Egitto, dove poi con l'arte alessandrina, il quadretto di genere e la natura morta conobbero particolare fortuna. Ma un più lontano accenno a un contenuto simile a quello della pittura di g. si può riconoscere nella Famiglia del Centauro, il quadro di Zeusi (v.) minutamente descritto da Luciano (Lucian., Zeuxis, 3) e nei quadretti con scene erotiche (libidines, Plin., Nat. hist., xxxv, 72) di Parrasio, all'inizio del sec. IV a. C.
Scenette di genere, composizioni di animali e nature morte, per lo più di derivazione ellenistica, si trovano poi frequentemente inserite nella sintassi decorativa delle pareti dipinte di età augustea e di età fiavia e gli esempi ne abbondano a Pompei e a Ercolano. Sovente tali composizioni erano su quadretti dipinti su stucco e inseriti (v. emblema) nella parete (come i già citati quadretti a naiskos). Tra gli esempi più noti e meglio conservati si può citare il quadretto con un mendicante che riceve una bevanda da una donna (si è pensato anche a una fattucchiera) seduta all'ingresso di una capanna, dalla Casa dei Dioscuri (Napoli, Museo Nazionale, n. 9106), trattato con pittura a macchia a vivaci contrasti di luce.
Fra le civiltà antiche, soltanto nella civiltà artistica cinese, non legata inizialmente al culto e alla mitologia, la rappresentazione della vita quotidiana, sia pure soltanto di grandi personaggi, assume fin dalle più antiche pitture note dell'epoca Han (206 a. C. - 220 d. C.) un gusto aneddotico che condurrà precocemente al quadretto di genere, il quale vi trovò più tardi grande favore e magnifico sviluppo. Si possono citare particolarmente le pitture tombali scoperte a Liaoyang durante la guerra contro i Giapponesi affini per i soggetti ai rilievi della stessa epoca provenienti dallo Shantung (v. cinese, arte).
Bibl.: E. Pfuhl, Malerei u. Zeichnung, Monaco II, 1923, p. 808 ss.; G. E. Rizzo, La Pittura Ellenistico-Romana, Milano 1929; A. Rumpf, Malerei und Zeichnung (Hdb. d. Achäolog., IV), Monaco 1953, tavv. 5, 53, 54, 64 e testo relativo. Per i quadretti del Museo Naz. di Napoli: O. Elia, Pitture Murali e Mosaici (Guide dei Musei Italiani), Roma 1932, nn. 125, 245, 246, 248, 249. Per le pitture di epoca Han: The Great Heritages of Chinese Art, Pechino, s. d., vol. I, sez. seconda, tav. VI.