PITAGORA (Πιϑαγόρας, Pythagŏras)
Filosofo e matematico, figlio di Mnesarco, nato a Samo nella prima metà del VI sec. a. C. Apollodoro colloca la sua acmè nel 532-531 a. C. Fu scolaro di Ferecide e di Anassimandro.
Dubbio rimane un viaggio in Egitto; da Samo, allora sotto la tirannia di Policrate P., secondo la tradizione, si sarebbe trasferito a Crotone in Magna Grecia, dove avrebbe fondato un movimento con fini etici e religiosi, ma, contribuendo ad orientare i governi delle città in senso conservatore ed aristocratico, fu dall'opposizione costretto a trasferirsi a Metaponto, dove morì agli inizi del V sec. a. C. Intorno alla figura di P. si formò un mito, che è già riflesso in Aristotele, e che si sviluppa soprattutto nella Magna Grecia. A Metaponto, la casa dove si diceva che fosse morto, era stata trasformata in un santuario di Demetra, che Cicerone (De fin., v, 2, 4) visitò; vi era annesso un santuario delle muse in relazione alla concezione musicale pitagorica. Gli abitanti di Crotone lo venerarono come Apollo Iperboreo; si determinò un rapporto fra la figura di P. e il santuario crotoniate di Apollo Pöthios, e la festa pitagorica delle muse rivestì un carattere ufficiale. I discepoli del maestro avevano sviluppato un culto della sua persona con contenuto eroico, mistico e morale. Con l'affermarsi del neo-pitagorismo P. viene sempre più avvicinato ad Apollo.
A Samo secondo una tradizione riferita da Apuleio (Florida, xv, 51, p. 17, 4 Kr.) si indicava erroneamente come immagine di P. una statua di citaredo, che altri dicevano Bathyllos, dedicata da Policrate dinanzi all'ara del tempio di Hera. Un ritratto di P. si è voluto riconoscere soprattutto per opera di K. A. Mc Dowall in un'erma del Museo Capitolino, caratterizzata da una lunga barba e da una specie di turbante avvolto intorno alla testa, impostata su caratteri stilistici riportabili alla metà del V sec. a. C. ma in una creazione forse classicistica. L'identificazione poggerebbe sul confronto con la figura di P. che compare su un contorniato del IV sec. d. C., a Parigi, seduta, ammantata e con lunga barba appuntita, mentre non molto chiaro sarebbe il turbante che si è visto sulla testa. Questa esotica acconciatura sarebbe un richiamo ai supposti viaggi di P. in Oriente, in Babilonia, in Arabia, in India, in Egitto e anche alla tradizione riportata da Eliano (Var. hist., 12, 32) che P. avrebbe portato un bianco costume, una corona aurea ed anassiridi. L'elemento più sicuro di confronto rimane la forma appuntita e prolissa della barba, e la lunga barba è ricordata per P. anche da Marziale (ix, 47). Su due tipi monetali di Samo di periodo imperiale P. appare come una figura, in uno, stante, con mantello, in un altro seduta, dinanzi ad una colonna sormontata dal globo, e presenta una barba meno prolissa, ma l'immagine è troppo generica e sommaria.
Proprio per l'analogo motivo di bende avvolte a cercine come un turbante si è visto un ritratto di P. anche nella bella testa bronzea dalla Villa dei Pisoni ad Ercolano, oggi nel Museo Nazionale di Napoli, che ci dà peraltro un tipo diverso dall'erma capitolina, con barba più corta e con caratteri stilistici risalenti ad un originale degli inizî dell'ellenismo. Nella ecfrastica descrizione della galleria di statue nel ginnasio dello Zeusippo a Costantinopoli Cristodoro (Anth. Gr., ed. P. Waltz, Parigi 1928, vv. 120124) ricorda anche una statua bronzea seduta di P., che potrebbe avvicinarsi all'immagine sul contorniato.
È significativo che i Romani al tempo delle guerre sannitiche abbiano innalzato ai lati del Comizio nel Foro, una statua bronzea di P. contrapposta a una di Alcibiade, per responso dell'oracolo delfico che aveva detto di collocare in luogo frequentato i simulacri del più sapiente e del più valoroso tra i Greci (Plin., Nat. hist., xxxiv, 21; Plut., Numa, 8, 20). Plinio si meraviglia che i Romani avessero scelto P. invece di Socrate, e Alcibiade invece di Temistocle, ma questa preferenza può forse giustificarsi per i contatti con l'ambiente della Magna Grecia. Il Vessberg suppone anche che le statue stesse fossero state importate dalla Magna Grecia e fossero opere di mano greca.
Si è fatta l'ipotesi (Becatti) che un riflesso della statua bronzea del Foro si possa vedere in un bustino marmoreo trovato ad Ostia, probabilmente di età cesariana, raffigurante un tipo barbato con corona di alloro, mantello sulla spalla sinistra e un serpente in rilievo sulla parte destra del petto. Sembra che il modesto scultore romano si sia sforzato di rendere nel marmo e con lo scalpello l'effetto di un originale bronzeo di arte non greca ma etrusco-italica del IV sec. a. C. come mostrano le corte ciocche dei capelli e della barba imitanti la cesellatura, le sopracciglia a cordone, le pupille incise. Questa immagine di P. rientrerebbe nella concezione neo-pitagorica di P. assimilato ad Apollo, di cui reca il simbolico attributo oracolare del serpente, quale divino vate profetico, insieme alla corona di alloro. Una copia forse adrianea più convenzionale di questo tipo si può vedere (Stucchi) in un bustino da Aquileia. Forse anche nella figura di filosofo, seduto accanto al tripode apollineo e a Chirone e ad Apollo stesso su una pittura dalla Casa dell'Adonide a Pompei, ora al Museo Nazionale di Napoli, si è inteso di rappresentare Pitagora (Becatti). La diffusione dell'immagine di P. in Ostia, a Pompei, ad Aquileia si può inquadrare nel movimento neopitagorico che si era andato affermando in Roma, introdotto soprattutto da Nigidio Figulo, Pythagoricus et magus, stimato come uomo dottissimo da Cicerone, e che aveva riunito molti seguaci; così come concezioni neo-pitagoriche affiorano in varie iscrizioni funerarie di periodo imperiale.
Bibl.: J. Levy, Recherches sur les sources de la légende de Pythagore, Parigi 1927; P. Boyancé, Le culte des Muses chez les philosophes grecs, Bibl. Écol. Françoise, CXLI, 1937, p. 233 ss., per il culto di P.; A. Delatte, Études sur la littérature pythagoricienne, Parigi 1915, p. 261 e per Apollo-P.; L. Ferrero, Storia del pitagorismo nel mondo romano, Cuneo 1955. Erma del Museo Capitolino: Arndt-Bruckmann, Porträts, Monaco 1891, tavv. 151-152; H. S. Jones, Catal. Mus. Cap., Oxford 1926, p. 251; A. Hekler, Bildnisskunst, Stoccarda 1912, tv. 9; K. A. McDowall, A Portrait of Pythagoras, in Papers British School Rome, III, 1906, pp. 307-314; E. Pfuhl, Die Anfänge der griechischen Bildnisskunst, Monaco 1927; K. Schefold, Die Bildnisse der antiken Dichter, Redner und Denker, Basilea 1943, pp. 160-161. Testa bronzea da Ercolano al Museo Naz. di Napoli: Arndt-Bruckmann, op. cit., tavv. 153-154; Guida Ruesch, p. 882; J. J. Bernoulli, Griec. Ikon., II, p. 17; K. Schefold, op. cit., pp. 100-101. Pittura di Napoli: O. Elia, Pitture murali nel Museo Naz. di Napoli, Roma 1932, p. 81; Guida Ruesch, n. 1393. Bustino di Ostia: G. Becatti, Ritratto di un vate antico, in Boll. d'Arte, XXXIV, 1949, pp. 97-110. Busto di Aquileia: S. Stucchi, Il ritratto di P. Nota a un ritratto fisionomico greco del V sec., Roma 1950. Monete: K. Schefold, op. cit., p. 172, nn. 17-19. Sulla statua del Foro: O. Vessberg, Studien zur Kunstgeschichte der Römischen Republik, Lund-Lipsia 1941.