BONELLI, Pio Camillo
Nacque a Roma il 2 nov. 1757 da Marcantonio, marchese di Cassano e duca di Montanara e Salci, e da Violante Crescenzi. Di famiglia nobile dello Stato della Chiesa e ricchissima (aveva terre anche in Toscana e in Piemonte), nel 1777 il B. successe al padre nel titolo e nella signoria di Cassano (giurando fedeltà a Maria Teresa), feudo che nel 1781 vendette a Giambattista d'Adda.
Da giovane viaggiò molto in Italia e all'estero, specie in Francia. Seguace convinto ed entusiasta delle idee novatrici, fu attivo massone; nel 1785 a Milano faceva parte della loggia della "Concordia". Risiedette per un certo periodo a Napoli, poi a Roma, dove nel 1790, in occasione della repressione antimassonica, fu arrestato per qualche tempo, ma poi prosciolto. Nel 1792-93 fu in rapporti con il Basseville; negli anni seguenti fu tra i più accesi sostenitori della causa francese a Roma, per la quale operò attivamente (il suo nome sarà fra quelli forniti a Giuseppe Bonaparte come dei più decisi "giacobini").
Nel 1796 all'avvicinarsi dei Francesi si recò a Bologna. Qui pubblicò un sonetto in lode del gen. Bonaparte con l'epigrafe "alcuni amici del popolo bolognese in segno di gratitudine per la restituzione della libertà alla loro patria"; nella notte tra l'8 e il 9 luglio fu arrestato per aver criticato il senato bolognese. Liberato, tornò a Roma, ove fu tra gli organizzatori del partito filofrancese e tra gli intimi dell'ambasciatore G. Bonaparte. Dopo il fallito colpo di mano del 27-28 dic. 1797, tenne costantemente informato il gen. A. Berthier degli avvenimenti romani e distribuì soldi ai capipopolo romani per assicurare la loro fedeltà alla Francia.
Entrati i Francesi in Roma, fu tra gli organizzatori della manifestazione del 15 febbr. 1798 da cui nacque la Repubblica romana. Il giorno successivo fu nominato tra i consoli provvisori, carica che ricoprì sino al 20 marzo, quando entrò in funzione il primo consolato definitivo. Fu allora (16 marzo) nominato tribuno per il dipartimento del Tevere. Si mise subito in luce come rivoluzionario avanzato; frequentò il Circolo costituzionale e scrisse sul Monitore di Roma.
Alla fine del 1798, in occasione della prima occupazione napoletana, fu tra i rappresentanti del popolo che seguirono l'armata francese e tennero seduta a Perugia. Da lì fu mandato in missione a Città della Pieve per calmare il malcontento popolare.
Respinti i Napoletani, seguì F. Bassal a Napoli. Non si conoscono i termini di questa sua missione: è un fatto che il 6 genn. 1799 il tribunato gli concesse un congedo considerandolo in "servizio pubblico". Alla metà di febbraio doveva essere di ritorno: in data 1º ventoso VII da Roma scriveva una caldissima lettera di raccomandazione per F. A. Ciaia al Villa a Torino .
Alla caduta della Repubblica romana seguì i Francesi. Fu prima a Marsiglia (ove l'8 nov. 1799 partecipò a un'assemblea di esuli romani) e poi a Parigi. Qui verso la fine del 1800 fu per breve tempo arrestato in occasione della congiura Ceracchi-Arena contro Napoleone Bonaparte. A Roma, intanto, il 27 maggio 1800 la giunta di Stato - pare su pressioni dei Napoletani - lo condannava in contumacia alla decapitazione e alla confisca dei beni. Il 25 febbr. 1801 Pio VII lo graziò e lo rimise in possesso dei beni confiscatigli. Da Parigi il B. si recò in Piemonte, a Bosco, ove aveva dei beni, assumendo la cittadinanza francese, e quindi a Milano. Qui, nel 1802, forte della protezione di G. Murat e di F. Melzi, interessò F. Marescalchi per ottenere dal papa il permesso di poter tornare, almeno per qualche mese, a Roma per sistemare i suoi affari e rientrare in effettivo possesso dei suoi beni di cui si era impadronito un fratellastro. Negli anni seguenti il B. visse tra il Piemonte e Milano. Nel 1809, annessa Roma all'Impero, fece infine ritorno nella sua città natale, dove fu nominato membro della Municipalità. Alla dissoluzione dell'amministrazione napoleonica fu (23 genn. 1814) tra i municipalisti che sottoscrissero l'indirizzo di "obbedienza" a G. Murat.
Con la Restaurazione si ritirò a vita privata, dopo aver ottenuto dal papa il perdono, rinunciando ai diritti baronali del feudo di Salci. Morì nel 1837, lasciando erede della sua fortuna il nipote Davide.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Giunta di Stato 1799-1800,sub voce; Collezione di carte pubbliche... della Rep. Romana, I, Roma 1798, pp. 33, 85; I carteggi di F. Melzi d'Eril duca diLodi, a cura di C. Zaghi, III, Milano 1959, pp. 168 s., 282-288, 367; D. Silvagni, La corte e la società romana neisecc. XVIII eXIX, I, Firenze 1881, pp. 407, 441, 456; II, Roma 1883, p. 663; G. A. Sala, Diario romano deglianni 1798-1799, I, Roma 1882, passim; Catalogo illustrativo dei libri,documenti ed oggetti espostidalle prov. dell'Emiliae delle Romagne nel Tempiodel Risorgimento italiano, a cura di V. Fiorini, II, Bologna 1897, p. 568; B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799, Bari 1948, p. 296; L. Madelin, La Rome de Napoléon, Paris 1906, pp. 381 s., 657; T. Casini, Il parlamento della RepubblicaRomana del1798-99, in Rass. stor. del Risorg., III (1916), pp. 539 s.; D. Spadoni, Il duca P. B.e la rivoluzione napoletana,ibid., XVII (1930), 4, pp. 187-190; V. E. Giuntella, La giacobina repubblicaromana, in Arch. d. Soc. romanadi storia patria, LXXIII (1950), p. 18; Id., Gli esuli romani in Franciaalla vigilia del18 brumaio,ibid., LXXVI (1953), pp. 235 s.; M. P. Azzurri [P. Maruzzi], I liberimuratori a Roma nel secolo XVIII, VII, Crisi e disavventure allafine di un'epoca 1789-1799, in Lumen vitae, I (1954), 8-9, pp. 37 s.; R. De Felice, Ricerche storiche sul "giacobinismo" italiano, 2, G.Ceracchi, in Rass. stor. del Risorgimento, XLVII (1960), p. 26; P. Litta, Le famiglie celebri italiane,sub voce Bonelli di Roma; P. Visconti, Città e famiglie nobilidello Stato pontificio, III, Roma 1847, pp. 908-910.