PIGMEI (Πυγμαῖοι, Pygmaei)
Il nome deriva da πυγμή cubito (circa cm 46) e indica perciò esseri nani. Già Omero (Il., iii, 6) parla delle gru che sorvolano stridendo i flutti dell'Oceano, arrecando distruzione e morte agli uomini p., presupponendo dunque la conoscenza della geranomachia, la tipica lotta fra gru e P. che diverrà un tema diffuso nell'arte figurativa.
Come luogo di origine dei P. si indicava la parte superiore più remota dell'Egitto, vicina all'Oceano, donde scorre il Nilo (Hekat., in Fr. Hist. Gr., i, 328 b; Aristot., Hist. animal, viii, 12; Hesych., s. v.; Plin., Nat. hist., vi, 188: inter paludes ex quibus Nilus oriretur), ma poiché durante l'estate le gru eran solite migrare verso il N, dal Nilo allo Strimone, i P. vennero localizzati anche in Tracia (Juven., v, 67: ad subitas Thracum volucres nubeinque sonorem Pygmaeus parvis currit bellator in armis), spiegando questa incongruenza col dire che vi erano stati cacciati dalle gru (Plin., Nat. hist., iv, 44; Solin., 69, 3). Altre localizzazioni tramandate per i P. sono le vicinanze di Thule (Eustath., Il., p. 372), la Colchide (Palaiphat., in Fr. Hist. Gr., ii, 339, 2; Steph. Byz., s. v. μακροκέϕαλοι), in Asia Minore (Plin., Nat. hist., v, 109) e, specialmente dopo Alessandro Magno, fino in India (Megasthenes, in Fr. Hist. Gr., il, 423, 29, 30; Strab., ii, 70, xv, 711; Plin., Nat. hist., vi, 70; Athen., ix, 390 B; Gell., ix, 4, 10). Erodoto (ii, 32) ricorda dei Libici che avrebbero incontrato nel sud P. neri che parlavano una lingua sconosciuta e che abitavano in una località su un gran fiume con coccodrilli.
È molto probabile che tutte queste leggende sui P. risalgano a conoscenze che si erano avute di una popolazione negra di piccola statura e di costumi primitivi del centro dell'Africa, simile alla attuale razza pigmeoide.
Nelle varie fonti questi P. sono descritti come piccoli, neri, villosi, cinocefali, macrocefali, oltre a varî altri tratti fantasiosi.
La geranomachia sarà mitizzata narrando dell'odio insanabile fra gru e P. che vedevano distrutte le messi e rovinato il loro territorio dalle implacabili nemiche, cercandone una spiegazione nella leggenda di una fanciulla di eccezionale bellezza, Oinoe, che diverrà madre di Mopsos, e che nella sua smisurata superbia disprezzava Artemide ed Hera. Quest'ultima dea, offesa, convertì Oinoe in gru, rendendola odiosa ai Pigmei. Oinoe non voleva abbandonare il paese per l'amore del figlio, ma i P. si armarono e la scacciarono (Ovid., Metam., vi, 90). Un'altra versione parlava invece della regina dei P. detta Gerana, che era così venerata dal popolo da farla diventare superba, tanto da disprezzare Artemide ed Hera, e sarebbe stata perciò trasformata in gru da quest'ultima.
Come cavalcatura ai P. sono date sia pernici, sia arieti; essi cercano di distruggere anche i nidi delle gru, ma in genere sono deboli e spesso sopraffatti dalle animose e aggressive gru, che godono del sangue degli avversari (Ovid., Fast., Il, 176: Pygmaeo sanguine gaudet avis).
Anche Eracle viene ricollegato con i P. nell'episodio di Anteo, amico di questi ultimi, che pensano di vendicarlo tentando di assalire l'eroe mentre dormiva; Eracle svegliandosi, in una scena alla Gulliver, li sbaraglia insaccandoli tutti nella sua leontè e portandoli forse ad Euristeo (Philostr., Imag., ii, 22; Amm. Marc., xxii, 12, 4).
Nell'arte greca trova soprattutto sviluppo il tema della geranomachia e la figurazione più antica che conosciamo finora è quella dipinta da Kleitias sul piede del cratere Francois a Firenze. Diciannove P. lottano contro quattordici gru, e qui i P. non hanno assunto ancora quell'aspetto deforme che li caratterizzerà in seguito, e appaiono semplicemente come uomini di piccole dimensioni in confronto con le gru. Due gruppi di P. avanzano cavalcando arieti, armati di fionde, altri lottano a piedi con le clave o con bastoni ricurvi con i quali agganciano il collo delle avversarie, che attaccano con impeto in varie pose; non mancano morti da ambo le parti. Poco più recente è il piccolo ed elegante arỳballos a figure nere miniaturistiche lungo il bordo, firmato da Nearchos, ora al Metropolitan Museum di New York, con sette scene di lotta, in cui note vivaci determinano un P. caduto all'indietro e sgambettante, un altro che si copre il volto con la mano e due che avanzano con grande empito, affiancati come i Tiranncidi e uno come Aristogitone protende il braccio con la clamide pendente.
Di tipo deforme, con grosse teste negroidi, e membra gracili, grossi ventri e grandi phàlloi appaiono i P. nella geranomachia rappresentata sui vasi cabirici a figure nere delia seconda metà del V sec., sempre in umoristiche situazioni di lotta contro la protervia aggressiva e la combattività tenace delle avversarie. Ma anche altri personaggi delle scene cabiriche per l'intonazione parodistica assumono forme pigmeoidi grottesche, come Cefalo o Odisseo e Circe o anche gli stessi mystai.
In alcuni vasi a figure rosse di periodo tardo, provenienti dalla Crimea e ora all'Ermitage, la geranomachia assume elementi che sembrano desunti dalla gigantomachia, perché i P. di tipo deforme, con forme molli, con glutei sporgenti, corte gambe, grandi phallòi, ora con volti giovanili, ora con barbe a pizzo, ora calvi, hanno pelli ferine come giganti, di cui prendono anche le pose, combattendo con scudi, che ora hanno la forma di pelte amazzoniche, ora sono circolari o rettangolari. Le armi sono bastoni, clave, lance. Questo tipo deforme con masse carnose accentuate e grosso phallòs ritorna anche sui vasi etruschi, e su uno di Volterra oltre alle clave, alle lance, vediamo che un P. impugna la hàrpe.
Il motivo dei P. compare di frequente nella decorazione dei rhytà del periodo ellenistico in fregi dipinti sul collo, dove la geranomachia si sviluppa in vari aggruppamenti e i P., sempre del tipo deforme, presentano ora berretti di pelle a punta, ora hanno embàdes, talvolta hanno pelli ferme, ora barbati ora sbarbati, e combattono con clave, archi, lance. Un tipo di rhytòn è anche configurato plasticamente con il corpo del vaso raffigurante un P. vecchio, barbato, calvo, pingue, che avanza recando sulle spalle una gru morta.
Il tema della geranomachia, oltre che su gemme ellenistiche con gruppi isolati, è molto diffuso anche nella pittura pompeiana in affreschi da Pompei, da Stabia, da Ercolano, e i P. appaiono soprattutto come piccoli guerrieri tutti armati di elmi, corazze, lance, senza tratti deformi.
Diverso invece è il tipo dei P. che costituisce il soggetto delle scene nilotiche di origine alessandrina, diffuse con l'arte ellenistica e rielaborate a lungo nell'ambiente romano, in pitture, in mosaici, in terrecotte. I P., che sono i protagonisti principali di questo mondo nilotico, appaiono deformi, grotteschi, come nella geranomachia ellenistica, steatopigi, con grandi phallòi, e lo spirito ellenistico crea una gamma inesauribile di situazioni pervase sempre da una nota di gustoso umorismo, specialmente raffigurando i P. alle prese con i coccodrilli, ora affrontandoli, ora fuggendoli, oppure con gli ippopotami, o naviganti in barchette fluviali, o pescanti, spesso in gruppi osceni, nella multiforme pullulante vita animata di questi quadri alessandrini. Nel campo dei numerosi mosaici, quello Barberini di Palestrina, nel museo locale, rimane il riflesso più vivo delle creazioni nilotiche ellenistiche, e varî motivi dei modelli alessandrini si frazionano in una serie di cartoni e di spunti variamente rielaborati dai mosaicisti romani, ridotti anche alla tecnica bianco-nera che semplifica l'originale pittoricismo. Nel campo delle pitture i motivi nilotici con P. li troviamo sfruttati talvolta nella decorazione di tombe, certamente con significato allegorico, forse delle gioie promesse negli Elisi, e un caratteristico esempio ne abbiamo fra l'altro nel Colombario di Villa Pamphili.
Oltre alla geranomachia e alle scene nilotiche, i P. costituiscono anche i protagonisti di altri temi quando si vuol interpretarli con intonazione parodistica, come già nella ceramica cabirica. Una tipica formulazione è offerta dalla pittura pompeiana con il Giudizio di Salomone, dove tutti gli interpreti della animata scena drammatica sono di forme pigmeoidi. Un'altra scena caricaturale e di genere è rappresentata da una pittura pompeiana dalla Casa dell'Adonide, con la parodia dello studio di un pittore di ritratti, con protagonisti pigmeoidi, di tipo grottesco caratterizzati da fronti sfuggenti, capelli corti ed ispidi: il pittore siede dinanzi al cavalletto e sta dipingendo il ritratto di un P. seduto di fronte, mentre un altro cliente attende seduto ad una tavola rotonda, nello studio si aggirano servi in tunica e compare all'estremità una gru che sembra un simbolico umoristico richiamo alle irriducibili eterne avversarie di questi piccoli esseri.
Non mancano bronzetti, avorî con figure di P. di tipo deforme ellenistico e anche statue di marmo, con P. sempre nudi, ora barbati ora senza barba.
Un motivo particolare è costituito da un frammento di rilievo a Villa Albani raffigurante Eracle sdraiato con skỳphos nella mano abbassata, al quale un P. nudo ha appoggiato una minuscola scaletta, e, salendovi, si curva sull'orlo del vaso, piegandosi a scrutarne l'interno, facendo così risaltare le proporzioni imponenti del dio.
Bibl.: Tutti i monumenti citati sono elencati nei due articoli di O. Waser, in Roscher, III, 2, 1897-1902, cc. 2383-3317, s. v., e di E. Wüst, in Pauly-Wissowa, XXIII, 2, 1959, cc. 2064-2074; inoltre K. Schefold, Die Wände Pompejis, Berlino 1957, cfr. indice s. v. Nilszenen; J. H. C. Kern, A Roman Campana Relief with Nile Landscape (pygmy village), in Oudheidkundige Mededelingen Leiden, N. R., XXXIX, 1958, pp. 11-17; N. Bonacasa, Askos locrese nello stile del Cabirion, in Arch. Class., X, 1958, pp. 50-54.