NOCCHI, Pietro
NOCCHI, Pietro. – Nacque a Roma il 12 giugno 1783, da Bernardino e da Clementina Ricci, figlia del pittore romano Francesco.
Dopo l’apprendistato nella bottega del padre, dove fece esperienza di grafica e di pittura e posò come modello (figura del Genio nell’Allegoria del Museo Pio Clementino), frequentò l’Accademia di S. Luca, apprezzato da Vincenzo Camuccini e Gaspare Landi e ottenendo premi e riconoscimenti. Nel 1803 Antonio Canova, suo mentore, lo lodò per la rifinitura dei disegni; la stima del celebre scultore è documentata dalla regolare corrispondenza fra i due (A. Canova, Epistolario, Roma 2002, pp. 161-165).
Visse a Roma fino al 1806, anno in cui, per motivi di salute e si trasferì nella città d'origine del padre, Lucca, passata nel 1805 sotto il Principato napoleonico dei Baciocchi. Qui, beneficiando delle relazioni del padre con il patriziato locale, dipinse ritratti di nobili cittadini: Tommasina Talenti con il figlio Luigi, 1806 (Lucca, collezione privata); la Marchesa Buonvisi e il figlio, 1806 (ibid.); Marianna Montecatini al pianoforte, 1807 (collocazione ignota); Zoè Cenami con il figlio Napoleone, 1811 (Lucca, collezione privata); Olympia Cenami, 1811 (Bernard Castle, Bowes Museum); La piccola Eugenia Massoni, 1811 (Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi). Ottimi risultati mostrò anche nelle tele di piccolo formato.
«La produzione pittorica dei primi anni rivela quanto ancora stretta fosse per Pietro la dipendenza da Bernardino, interlocutore privilegiato a livello epistolare e pronto a suggerire soluzioni compositive e [… ] persino a indicare una corretta e convincente rappresentazione degli ‘affetti’» (Tosi, 1992, p. 53). Ne sono un esempio, malgrado le suggestioni derivate da Pompeo Batoni, le pale d’altare, in stile neoclassico per la chiesa di S. Andrea in Caprile (Lucca): Cuore di Gesù, s. Vincenzo e s. Teresa, 1809, e S. Andrea condotto al martirio, 1811, oltre alla Vergine del Carmelo con Gesù bambino e s. Francesco Saverio morente, 1811, per la chiesa di S. Gennaro (Giovannelli, 1985, p. 135 n. 44).
Nel 1806 si recò a Siena, Pisa e Firenze, dove si aggiornò sulla pittura moderna di Pietro Benvenuti e degli artisti francesi attivi in Toscana: Jean-Baptiste-Frédéric Desmarais, Françis-Xavier Fabre, Louis Gauffier, adeguandosi al gusto della 'corte parigina' apprezzato dalla corte napoleonica. Fonti preziose furono anche le miniature francesi. Nel 1807 ottenne da Elisa Bonaparte Baciocchi l’incarico di decorare l’anticamera e la camera da letto nella reggia lucchese. L’iconografia, però, poco innovativa, centrata su temi mitologici, non si adattava a una moderna dimora imperiale nella quale i sovrani intendevano esibire una pittura «di gran lusso», tale da divenire un «simbolo aristocratico»; perciò l’impresa, per la quale Nocchi ricorse ai suggerimenti del padre, fallì (Il Principato napoleonico dei Baciocchi…, 1984, pp. 263 s.). Nel 1810, si arenò anche la progettata decorazione per la villa di Marlia, ottenuta per intercessione di Canova.
Nei ritratti di quegli anni, altamente idealizzati, Nocchi prese a modello le opere di François Gérard e Marie-Guillemine Benoist. Si ricordano in particolare: il Ritratto di Elisa Bonaparte con la figlia, 1808 (Ajaccio, Museo Fesch; due repliche dell’opera sono conservate nello stesso museo, una terza a Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi) e quello, terminato nel 1809, della dama di corte Olympia Cenami nel parco con la statua del fratello Bartolomeo, gran scudiere della principessa e suo ambasciatore a Parigi (Lucca, collezione privata). Il primo dei due dipinti fu inviato a Parigi come modello per la fisiognomica della famiglia Baciocchi per Jean-Baptiste Regnault, incaricato di realizzare il dipinto delle nozze di Girolamo Bonaparte (1810). Sul frontespizio dell’Almanacco di corte del 1808 è stampata un’incisione di G. Nerici, tratta da un disegno eseguito da Nocchi su modello di un bassorilievo di Joseph Chinard raffigurante i sovrani (Il Principato napoleonico dei Baciocchi…, 1984, p. 280).
Rientrato a Roma alla morte del padre, il 27 gennaio 1812, su intercessione di Canova realizzò da un disegno di Bernardino le due tele destinate al Quirinale che questi era stato incaricato di dipingere per l'arrivo di Napoleone e della consorte Giuseppina Beauharnais, raffiguranti Ebe che versa il nettare a Giove, nella sala da pranzo dell’imperatore, e Febea che sparge rose e papaveri, nella camera da letto dell’imperatrice (Il palazzo del Quirinale…, 1989, I, pp. 148, 152, 166; II, p. 66); le opere furono presentate «nella sala d’esposizione dell’Accademia di S. Luca» (Recensir col tratto…, 1989, p. 98 n. 25). Nel 1813 lavorò al Quirinale anche il fratello Odoardo (Roma 1791 - Lucca 1813) «pittore di ornati» (Il palazzo del Quirinale…, 1989, p. 65).
A Roma, sotto la guida del pittore lucchese Domenico Del Frate, accademico di S. Luca e già allievo del padre, Nocchi si esercitò nella pittura a fresco e dipinse il ritratto di Carolina Scitivaux in giardino, 1812 (collocazione ignota; Recensir col tratto …, 1989, p. 79), riflesso di un classicismo alla francese, ormai al tramonto. Nell’ambiente artistico romano Jean-Auguste-Dominique Ingres e Tommaso Minardi introdussero nuove poetiche, assimilate, oltre che da Nocchi, da Michele Ridolfi e Raffaele Giovannetti, scesi in quegli anni da Lucca a Roma per un viaggio di studio e che Nocchi favorì presentandoli a Canova e affidandoli al primo pittore di Roma, Camuccini (R. Giovannelli, G. Bertini lucchese, voce sconosciuta al Thieme-Becker, in Labyrinthos, IV [1985], 5-6, pp. 121-141).
Nel 1813 rinunciò a una nuova commissione per il Quirinale e tornò definitivamente a Lucca, dove le altezze reali lo chiamarono a insegnare disegno e pittura nel liceo Felice e nell’istituto Elisa, al posto di Stefano Tofanelli, morto nel 1812. Tuttavia, solo dopo la partenza di Elisa, eletta granduchessa di Toscana nel 1814, esercitò effettivamente la professione di docente (Il Principato napoleonico dei Baciocchi…, 1984, pp. 318 s.).
L’esperienza a corte non fu gratificante per Nocchi, deluso dalla poca stima manifestata dai sovrani che rifiutarono la raccolta di gessi da lui offerta al liceo. Inoltre fu umiliato sia dal trattamento economico sia dalle critiche meschine della lettrice e pittrice di corte Eulalie Morin. Tuttavia, fu «un’occasione per sperimentare una pittura dai toni dolci e suadenti, di un’eleganza forse eccessiva e ‘manierata’ ma stilisticamente efficace» (Tosi, 1992, p. 54).
Durante la reggenza austriaca (1814-17) eseguì numerosi ritratti, tra cui quello del Colonnello Werklein 1815-17 (Lucca, S. Salvatore, sacrestia), governatore provvisorio della città; e di Caterina Buonvisi (il disegno preparatorio è conservato a Roma, Gabinetto disegni e stampe).
A partire dal 1817, quando Lucca divenne a tutti gli effetti Ducato borbonico, Nocchi assunse un ruolo di primo piano nella politica artistica di Maria Luisa di Borbone-Spagna come esperto ed estimatore del patrimonio artistico della città. Riordinò collezioni e stimò quadri prima per Maria Luisa, poi, alla morte di questa, per il figlio Carlo Lodovico di Borbone-Parma, oltre che per le famiglie Garzoni e Buonvisi. Nel 1818 fu associato all’Accademia lucchese e iniziò a lavorare per la Visione di Ugo Capeto, quadro emblematico dell’indirizzo di governo e primo esempio di pittura di storia a Lucca, terminato 15 anni più tardi. La duchessa, nel 1819, lo elesse membro onorario della Commissione incaricata della conservazione dei monumenti di belle arti e dell’incoraggiamento delle arti e manifatture esistenti nel Ducato e, nel 1820, gli assegnò i brevetti d’onore di Primo pittore di camera e di Maestro di pittura di S.M. il Re Carlo Lodovico (Lettera di P. Nocchi alla duchessa, Lucca, 7 ottobre 1820, in Nannini, 2005, p. 181).
Nel 1821 sposò Angela Della Santa, livornese, da cui ebbe tre figli, Edoardo, Raffaello e Apollonia. L’anno seguente la duchessa gli affidò la direzione della Scuola di disegno nel liceo, rinominato Carlo Lodovico, dove insegnò disegno e pittura.
Maria Luisa che intendeva completare la ristrutturazione del Regio Palazzo, già avviata da Elisa Baciocchi, ispirandosi al Quirinale e ai Musei Vaticani a Roma, gli affidò l’esecuzione di due tele per i soffitti della stanza da letto e del gabinetto del re, raffiguranti l’Aurora con i giorni della settimana e Giunone chiede il cinto a Venere per ingannare Giove, terminate tra il 1820 e il 1822. Nocchi, adattando i bozzetti realizzati per Elisa nel 1807, aderì a un neoclassicismo di maniera e per l’Aurora, allegoria della domenica, si avvalse della Febea dipinta per il Quirinale.
Nella pittura da cavalletto, adottò stilemi improntati al gusto magniloquente della corte borbonica. Al modello offerto dall’effigie della duchessa dipinta a Roma da Camuccini e inviata a Lucca nel 1817 si rifece per l’esecuzione del Ritratto di Maria Luisa di Borbone a mezza figura (Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi), terminato nel 1820. Nello stesso anno concluse anche il Ritratto della famiglia Orsucci (ibid.), grande ‘conversazione familiare’, commissionata dal marchese Carlo Orsucci nel 1818: neoclassica nella composizione ma pervasa di sentimento romantico, la tela esprime l’adesione di Nocchi al clima internazionale della cultura toscana durante la Restaurazione.
Entro il 1823 concluse anche il Ritratto del conte Bernardino Orsetti, in due esemplari (Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi).
Salito al trono Carlo Lodovico di Borbone nel 1824, ricevette dal giovane sovrano numerose commissioni e incrementò l’attività di ritrattista dedicandosi anche alla miniatura. Meritano una citazione Carlo Lodovico di Borbone con la moglie al pianoforte, la sorella Carlotta, il bimbo, il futuro Carlo III di Parma…, s.d. (già Viareggio, tenuta arciducale, eredi Borbone-Asburgo); il Duca di Lucca, Carlotta, un cavallo e il figlio in giardino, s.d. (collocazione ignota); Luisa Carlotta, duchessa di Sassonia, col cane, miniatura, 1825 (collocazione privata); il Ritratto della famiglia del generale Ostermann Tolstoy, 1826 (collocazione ignota; Recensir col tratto…, 1989, p. 94)
Nelle opere della maturità si evidenzia l'adesione al purismo caro all’ambiente cattolico della città, di cui fu divulgatore Michele Ridolfi, divenuto nel frattempo apprezzato storiografo. Nocchi ebbe molte commissioni di soggetto sacro: dalla Vergine col Bambino, 1822, per la chiesa di Lunata (Lucca), di stile batoniano, alla Sacra Famiglia del 1827, per la cappella ducale nella chiesa dei Cappuccini (oggi suore Barbantini, Viareggio) «capolavoro fra i soggetti religiosi da lui trattati» (ibid., p. 86). Sono inoltre da segnalare una Madonna (1824 ca.), per la cappella ducale a Bagni di Lucca; S. Lorenzo (1825) per la chiesa di S. Lorenzo a Vaccoli (Lucca); S. Francesco di Sales e s. Francesca di Chantal col Cuor di Gesù (1829) per le suore salesiane a Lucca, e il S. Antonio e Gesù Bambino, 1835 (già cappella dell’ospedale Demidoff, Bagni di Lucca).
Intensa e apprezzata dagli allievi fu anche l’attività didattica. Nel 1829, tuttavia, il duca affidò la cattedra di disegno a Raffaele Giovannetti, lasciando solo quella di pittura a Nocchi, che mantenne, però, la direzione della Scuola di nudo. Qui ebbe come allievi esterni Giuseppe Marcucci e Carlo Passaglia, oltre agli interni Giuseppe Bertini, Michelangelo Orsi e Nicolao Landucci, autore di un ritratto del maestro (Lucca, collezione privata). Fu collocato in pensione nel 1848 (Arch. di Stato di Lucca, Liceo reale e pubblica istruzione, filza 53, c. 3978 del 31 dicembre 1829, c. 21 del 1830).
Nel 1832 divenne socio dell’Accademia dei Filomati. Con La visione di Ugo Capeto, terminata nel 1833 (Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi), inaugurò un importante filone nella cultura storico-artistica della città, con episodi di storia longobarda. Il soggetto del Battesimo di Adaloaldo (1841, Musei Vaticani; dal dipinto fu realizzata una litografia stampata da Giuseppe Bertini [Arch. di Stato di Lucca, Archivio Mansi 274/5, filza E, n. 266]), donato da Luisa Carlotta di Borbone al papa ed elogiato da Antonio Mazzarosa in La Pragmalogia cattolica (Recensir col tratto…, 1989, p. 91), è tratto dalla Historia Longobardorum di Paolo Diacono. L’Adaloaldo incoronato re dei Longobardi (1845; Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi), dipinto per il duca Carlo Lodovico, testimonia, secondo Matteo Trenta, «la scrupolosa fedeltà storica» e la conformità alle «usanze di quel tempo» (ibid., p. 92). Le due tele, il cui tema, dettato da una committenza milanese che poi aveva ritirato l’incarico, parve subito conveniente nella città clericale malgrado fosse tipicamente lombardo, appena terminate furono esposte a Lucca con immenso concorso di pubblico.
Negli ultimi anni di vita, tra il 1846 e il 1850, benché malato, Nocchi eseguì molti dipinti di soggetto sacro, tra cui Il beato Pellegrino Laziosi…, per la chiesa di S. Andrea a Viareggio, e Apparizione a Niccolò di Bari…, 1849, per la chiesa di Diecimo-Pescaglia (Lucca). Al 1850 risale l’ultima opera, la Vergine con bambino per la chiesa di Coreglia, in cui si avverte ancora l’influenza di Batoni.
Morì a Lucca il 14 agosto 1854.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Legato Cerù 193, Belle arti in Lucca dal 753 al presente. Compendio biografico dei pittori e scultori lucchesi compilato dal dott. Nicolao Cerù e terminato il 1893, pp. 77 s.; R. Ciardi, Il principe incostante: storia di un sovrano, di una commissione e di una collezione nella Lucca del primo Ottocento, in Actum Luce, X (1981), 1-2, pp. 19-45; Il Principato napoleonico dei Baciocchi (1805-1814). Riforma dello Stato e società (catal.), Lucca 1984, pp. 313-321; R. Giovannelli, Nuovi contributi per Bernardino Nocchi, in Labyrinthos, IV (1985), 7-8, p. 126; I. Belli Barsali, Lucca. Guida alla città, Lucca 1988, p. 173; Recensir col tratto. Disegni di Bernardino e P. N. (catal.), a cura di R.P. Ciardi - A. Tosi, Lucca 1989, pp. 73-136 (con ulteriore bibl.); Il palazzo del Quirinale, il mondo artistico a Roma nel periodo napoleonico, a cura di M. Natoli - M.A. Scarpati, Roma 1989, I, pp. 148, 152, 166; II, pp. 65-67; E. Spalletti, La pittura dell’Ottocento in Toscana, in La pittura in Italia. L’Ottocento, I, Milano 1991, pp. 295 s., 306, 308, 316; A. Tosi, ibid., II, p. 939; Id., Per P. N., ritrattista, in Paragone, XLIII (1992), 503, pp. 52-57, figg. 64-67; Fine di uno Stato: il Ducato di Lucca 1817-1847. Lo stato e la società, Atti del convegno… Lucca, in Actum Luce, XXVIII (1999), 1-2, p. 121; R. Caldini, Aspetti del neoclassicismo in Toscana, in Storia delle arti in Toscana. L’Ottocento, a cura di C. Sisi, Firenze 1999, p. 48; L. Bassignana, Gli stili della Restaurazione, ibid., pp. 67-75; S. Bietoletti, Arte lucchese dell’Ottocento e del Novecento nelle sale rinnovate di palazzo Mansi, in LUK (2004), 4-5, pp. 72-74; A. Nannini, La Quadreria di Carlo Lodovico di Borbone duca di Lucca, Lucca 2005, pp. 20 s., 32, 34, 36, 54, 181; E. Colle, Il mobile di corte a Lucca (1805-1847), Lucca 2005, pp. 95, 135, 157, 173, 179; Descrivere Lucca. Viaggio tra note, inventari e guide dal XVII al XIX secolo, a cura di E. Pellegrini, Pisa 2009, pp. 90, 98, 448; Descrivere Lucca. Indici delle fonti manoscritte e a stampa, a cura di M. F. Pozzi et al., Pisa 2010, pp. 337, 446, 448; P. Giusti Maccari, Prove di neoclassicismo tra Roma e Lucca, in Arte a Lucca. Un percorso nell’arte lucchese dall’Alto Medioevo al Novecento, a cura di M.T. Filieri, Lucca 2011, pp. 241-246.