MARANESI, Pietro
Nacque a Mirandola, presso Modena, il 22 giugno 1772 da Fiorano e da Antonietta Giordani. Nel 1785 fu ammesso come soldato nell'esercito del Ducato estense, nel quale prestava servizio il padre, e nel 1791 divenne sergente d'artiglieria.
Entrato volontario nella milizia della Repubblica Cisalpina e successivamente in quella del Regno d'Italia, nel 1805 prese parte come tenente maggiore alla campagna di Austerlitz, nel 1807 fu insignito dell'Ordine della Corona ferrea e nel 1809 ottenne le insegne di cavaliere della Legion d'onore. Nel 1810 fu promosso capitano aiutante maggiore nella guardia reale e successivamente capo squadrone del medesimo corpo; l'anno successivo fu nominato maggiore del reggimento dei dragoni napoleonici e, nel 1812, colonnello. In quell'anno fu a Raab e a Wagram; nella successiva campagna di Spagna il coraggio dimostrato nelle battaglie di Salamanca e di Madrid gli valse il grado di colonnello della guardia reale. Nella fase finale del Regno fu colonnello al servizio del generale G. Lechi; poi, con il ritorno degli Estensi a Modena, passò al servizio del duca Francesco IV ottenendo il grado di colonnello dei dragoni estensi.
In quegli anni la sua carriera militare si era intrecciata con quella del fratello minore Francesco, anche lui volontario nella milizia cispadana e poi in quella cisalpina; tenente nel 1804 e capitano nel 1807 si era distinto nella campagna di Spagna e aveva partecipato alla spedizione di Gioacchino Murat. Condannato a venti anni di carcere per aver preso parte nel febbraio 1821 come affiliato alla carboneria alla diffusione dei proclami latini con i quali si esortavano le truppe ungheresi in marcia verso il Sud a non battersi contro i Napoletani, scontava la sua pena quando fu liberato dalla rivoluzione del 1831, cui dette il suo apporto, con il grado di colonnello, nelle milizie modenesi sotto il comando di C. Zucchi.
Durante la detenzione del fratello il compito di sostenere la famiglia toccò al M.: i trascorsi nell'esercito attirarono però su di lui la diffidenza del duca che nel maggio del 1822 lo sollevò dall'incarico. Un mese dopo venne arrestato con l'accusa di intrattenere una corrispondenza pericolosa con esponenti liberali romagnoli; sebbene l'accusa si fosse rivelata infondata, dopo 15 giorni di permanenza nella cittadella di Modena fu condotto a Rubiera, dove restò a lungo recluso.
L'esperienza del carcere, tuttavia, non bastò a tenerlo lontano dalla cospirazione ordita da C. Menotti. La notte del 3 febbr. 1831 il M. prese parte alla rivoluzione di Modena con il compito di porsi alla testa degli insorti per assalire le milizie ducali, ma alla notizia che la congiura era stata scoperta si rifugiò in un campanile lasciando che le truppe si disperdessero. Tale comportamento alimentò il sospetto che fosse stato proprio il M. a tradire la causa liberale: ciò nonostante negli sviluppi della rivoluzione gli toccò un ruolo politico e militare di rilievo. Infatti, subito dopo la costituzione del governo provvisorio (7 febbr. 1831) - di cui erano entrati a far parte esponenti democratici come l'avvocato B. Nardi, l'avvocato L. Bellentani e F. Cialdini -, al M. fu assegnato il comando della guardia nazionale istituita a tutela dell'ordine pubblico. Di lì a pochi giorni, però, i liberali dichiaravano decaduto il duca e nominavano un nuovo governo di cui facevano parte Nardi, dittatore con pieni poteri legislativi ed esecutivi, e una dieta composta da tre consoli: il M. con incarichi militari, l'avvocato F. Minghelli con piena giurisdizione in materia di giustizia, e il marchese G.A. Morano con poteri di amministrazione generale.
Tra i suoi primi atti il colonnello M. con notifica del 12 febbraio invitava gli ufficiali e i soldati che avevano prestato servizio sotto i passati governi ad arruolarsi nella guardia nazionale e fissava a 15 lire il rimborso per i volontari, adoperandosi inoltre per destinare parte degli emolumenti alle famiglie di ufficiali fuggiti con il duca. Due settimane dopo il generale Zucchi, prefetto militare e ministro della Guerra per le Province unite di Modena e Reggio, lo nominava generale di brigata ponendolo al comando del primo reggimento di cavalleria che il M. guidava nello scontro di Rimini, affrontando il 25 marzo gli Austriaci intervenuti per restaurare il governo ducale e per domare le province pontificie insorte.
All'indomani della sconfitta, beneficiando della convenzione stipulata dopo la capitolazione di Ancona, in forza della quale i modenesi coinvolti negli eventi rivoluzionari potevano lasciare lo Stato pontificio senza incorrere in alcuna ritorsione, il M. si imbarcò per Marsiglia il 30 marzo con il fratello Francesco e il nipote Pietro sul brigantino pontificio "Isotta".
Tuttavia l'imbarcazione, bloccata da due navigli austriaci al largo di Ancona, fu ricondotta in porto e i passeggeri furono arrestati. Trasferito presso la fortezza di S. Andrea al Lido e di lì alle carceri di San Severo a Venezia, il M. fu sottoposto a interrogatorio, processato nel luglio del 1831 e detenuto fino al maggio del 1832, quando fu estradato in Francia. I sospetti sulla sua fedeltà alla causa liberale e la convinzione diffusa tra i patrioti che il M. fosse stato fra i delatori del piano insurrezionale erano destinati a crescere dal momento che il M. fu l'unico fra gli esuli della rivoluzione del 1831 a far ritorno in patria dopo aver ottenuto dal duca di Modena Francesco IV d'Austria-Este il permesso di dimorare a Carpi e di beneficiare di una pensione fino alla morte.
Il M. morì a Carpi nel 1840.
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