LAURO, Pietro
I dati biografici sul L. sono scarsi e incerti. Nacque a Modena, o nel territorio, intorno al 1510; la formazione resta sconosciuta. Probabilmente compì studi universitari a Bologna o a Padova, ma il suo nome non compare negli Acta graduum dei due Studi. I volgarizzamenti di opere mediche da lui eseguiti fanno pensare che abbia frequentato i corsi di medicina.
Come tanti letterati di ogni parte d'Italia, il L. fu attratto dalle possibilità di lavoro offerte dall'industria tipografica veneziana e si stabilì nella città lagunare forse all'inizio degli anni Quaranta. L'attività di volgarizzatore di classici, per cui il L. è principalmente noto, va infatti dal 1542 al 1568 e fu svolta per tipografi veneziani. A Venezia è inoltre ricordato come maestro di scuola in documenti del 1561, e tale impiego è testimoniato anche da una lettera indirizzatagli dalla nobildonna Lucrezia Gonzaga di Gazzuolo, il 18 ott. 1552. Probabilmente il L. non era un semplice grammatico che si limitava all'insegnamento di nozioni latine di base, ma un professore di greco e latino che impartiva lezioni a uno stadio più avanzato. Accanto a questa attività, se ne affiancavano altre, dettate dalla necessità di mantenere una numerosa famiglia (di cui egli parla nelle sue lettere), quale scrittore per conto terzi e addirittura copista (un manoscritto copiato dal L. è a Venezia, Civico Museo Correr, Correr, 1328: Comentari delle cose turchesche).
Nell'unico profilo finora tracciato della sua attività, limitato però a illustrare la sua opera di volgarizzatore, G. Tiraboschi ricorda la cattiva opinione che del L. ebbe L. Castelvetro - che ne derise la pretesa di tradurre classici latini nonostante la sua scarsa cultura -, ma ne tenta una difesa, sottolineando l'utilità delle sue traduzioni per i buoni studi. Come volgarizzatore il L. esordì con la prima traduzione italiana degli Oneirokritika di Artemidoro di Daldi, intitolata Dell'interpretatione de sogni… (G. Giolito, 1542, con dedica del L. a Diego Hurtado de Mendoza, ambasciatore cesareo a Venezia; sulla ristampa ibid. 1547 è stata condotta l'edizione moderna Dell'interpretazione dei sogni nella traduzione di Pietro Lauro modenese, con un saggio di G. Lascaris, Roma 1970). Seguì poco dopo Costantino Cesare, De' notevoli et utilissimi ammaestramenti dell'agricoltura… (G. Giolito, 1542), traduzione dei Geoponica (opera bizantina allora attribuita all'imperatore Costantino VII Porfirogenito, oggi a Cassiano Basso, vissuto tra i secoli VI e VII), primo volgarizzamento del L. di argomento georgico, filone che avrebbe ripreso ancora. Dopo queste prime fatiche, che dall'esame delle prefazioni risultano frutto della sua personale iniziativa nella scelta dei testi, il L. fu notato da altri tipografi attivi sulla scena veneziana. M. Tramezzino gli affidò la quasi coeva opera latina dell'astronomo tedesco Johannes Carion (1543), Chronica, nella quale comprendesi il computo degli anni, i mutamenti ne i regni e nella religione, et altri successi. Aggiontovi la guerra belgica et altre cose a l'istoria sequenti. Testi storico-annalistici di questo tipo erano di grande successo all'epoca e il L., sempre per Tramezzino, ne tradusse un altro poco tempo dopo, se pure l'opera non è sua, come sospettava Tiraboschi: il Catalogo de gli anni et Principi de la creatione de l'huomo sin a 1540 dal nascere di Christo di Valerio Anselmo Raid (Tramezzino, 1544).
Seguì la partecipazione, con la traduzione dalla lingua latina di sette operette, all'eterogenea raccolta storica Ditte Candiano, Della guerra troiana… (Venezia, V. Valgrisi, 1543): si trattava dell'edizione italiana della fortunata silloge pseudoantica Auctores vetustissimi…, pubblicata nel 1498 dal domenicano Annio da Viterbo; nel 1550 fu riproposta rimaneggiata come I cinque libri de le antichità de Beroso sacerdote caldeo… (P. e G.M. Nicolini, ad istanza di B. Costantini). Ad altre traduzioni di storici greci, come De i fatti del Magno Alessandro re di Macedonia di Arriano (Tramezzino, 1544), seguirono di Giuseppe Flavio De l'antichità giudaiche (Valgrisi, 1544) e l'Historia d'Egesippo… de le valorose imprese fatte da' Giudei ne l'assedio di Gierusalemme… (Tramezzino, 1544); testi di agricoltura, come De l'agricoltura libri XII… di Lucio Giunio Moderato Columella (ibid. 1544); Le herbe, fiori, stirpi, che si piantano ne gli horti… e il Seminario, over Plantario de gli alberi che si piantano… (entrambi Valgrisi, 1545) di Charles Estienne; un testo di medicina del CorpusHippocraticum, Opere utilissime in medicina di Polibio illustre medico… (Comin da Trino, 1545).
Di notevole importanza storica sono i volgarizzamenti di due opere poi messe all'Indice: l'unica traduzione italiana completa del De inventoribusrerum dell'umanista urbinate Polidoro Virgili, comparsa come De l'origine e de gl'inventori de le leggi, costumi, scientie, arti, et di tutto quello che a l'humano uso conviensi… (G. Giolito, 1543; l'originale fu messo all'Indice nel 1557), e dei Colloquii famigliari… di Erasmo (Valgrisi, 1545; dedicati a Renata di Francia duchessa di Parma).
Tali interessi eterodossi fanno intuire contatti del L. con i circoli riformati dell'Italia settentrionale, confermati dalle deposizioni in alcuni processi per eresia. A. Cavalli (Ambrogio da Milano), già eremitano di S. Agostino, che era stato elemosiniere di Renata di Francia, durante il processo dinanzi l'Inquisizione di Roma che lo avrebbe portato alla morte nel 1557 affermò: "Pietro Lauro da Modona […] io l'ho per lutherano, ma de audito proprio non ne so niente, et adesso non me ricordo per che causa lo tenghi tale, ma fu a Ferrara a torre le limosine" (Seidel Menchi, p. 412 n. 18). Un tale Ettore Donati, in un altro processo, dichiarò: "In Venetia ho sentito dire che messer Lauro era infetto" (ibid.). Un'altra testimonianza, risalente agli ultimi anni di vita del L., fornisce la prova di quella che più di una semplice simpatia per la Riforma era una vera adesione: in una lettera dell'11 nov. 1561 Giovanni Domenico Roncalli, figura di spicco dei filocalvinisti veneziani, nonché guida dei protestanti di Rovigo, promise al L. di integrare di 10 ducati la dote di una sua figlia nubile, a condizione che la ragazza andasse in moglie a un giovane che avesse "cognizione della vera fede" (ibid., p. 179). Roncalli ratificò l'impegno nel testamento rogato poco dopo, nello stesso 1561. Attestati sono gli ottimi rapporti del L. con Ortensio Lando: fu il Lando, vicino per un certo periodo a Lucrezia Gonzaga di Gazzuolo, che esortò il L. a scriverle. Alcune allusioni presenti nelle lettere del L. a "molti travagli i quai m'hanno tenuto in esercizio assai spiacevole" (De le lettere di m. Pietro Lauro modonese. Il primo libro…, Tramezzino, 1552, p. 42) e a dei "casi miei" che hanno fatto preoccupare il corrispondente (ibid., p. 141) sono forse da interpretare come un riferimento al timore di aver suscitato l'interesse dell'Inquisizione.
Oltre che dalle lingue classiche, il L., nel primo periodo della sua attività, volgarizzò anche dallo spagnolo opere letterarie di puro intrattenimento: la Historia del valorosissimo cavallier della Croce (Tramezzino, 1544) e la curiosa operetta di Giovan Lodovico Vives De l'ufficio del marito, come si debba portare verso la moglie (Valgrisi, 1546). Ma del 1546 è anche la traduzione del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti, intitolata I dieci libri de l'architettura (ibid., 1546).
Nella lunga e interessante dedicatoria, il L. difende "questa bella e laudabile impresa del tradurre" testi antichi "nel nostro volgare idioma", e proclama "felice" la sua epoca, per la "tanta commodità" che "può venire a molti elevati spirti poi che è tolto così fatto impedimento de la lingua che copriva loro […] i misteri di tante scienzie" (cc. [2]r-[4]v).
Dopo questa data il L. scompare per alcuni anni, forse per un'assenza da Venezia. Lo ritroviamo nel 1550, quando pubblica il citato Beroso sacerdote caldeo, seguito da una parziale traduzione dei Moralia plutarchei, intitolata Le piacevoli et ingeniose questioni di Plutarcho… (Comin da Trino, 1551). Infine, nel 1552, Tramezzino pubblicò il primo libro De le lettere di m. Pietro Lauro modonese. Il primo libro…, ristampato nel 1553; nel 1560 seguì un Libro secondo, senza indicazione della stampatore (ma Comin da Trino).
È da queste epistole che abbiamo notizia dei suoi contatti con diversi umanisti del tempo: sia personaggi residenti stabilmente a Venezia, come Lazzaro Bonamico, Natale de' Conti, Sebastiano Erizzo, sia altri di passaggio come il Lando e Luca Contile. Altre sono inviate ai suoi editori (Valgrisi, Tramezzino, Melchiorre Sessa), o a teologi, specie domenicani del convento dei Ss. Giovanni e Paolo, quali Sisto Medici e Remigio Nannini. Circa la metà delle lettere sono indirizzate a stranieri, specie tedeschi, il che conferma la sua frequentazione di ambienti riformati. La raccolta ha una netta impostazione didascalica, come mostra il fatto che manca una tavola dei destinatari, mentre ne è presente una delle materie trattate in ciascuna epistola. I contenuti spaziano da questioni di morale (la felicità non nasce dalla ricchezza; sterilità dell'ozio; forza dell'amicizia; discussioni sulle varie virtù, quali parsimonia, modestia, umanità, e sulle fasi della vita umana, come gioventù, vecchiezza), alla politica (si è tenuti a ubbidire ai principi; dissuasione dalla vita cortigiana), all'economica (utilità dell'agricoltura e della mercatura), alle arti (pittura, architettura), alla vita privata (utilità del matrimonio, la moglie, la prole) e ai comportamenti sociali (biasimo dell'ubriachezza e del litigare; è grave svelare i segreti; richiesta o diniego o ringraziamento per benefici ricevuti; riprensione di chi si serve delle invenzioni altrui).
Nel 1555 il L. tornò a lavorare per Giolito, riprendendo un rapporto di collaborazione indirizzato ora alla traduzione dallo spagnolo dei testi teologici e devozionali, come l'Oratorio de religiosi, et esercitio de virtuosi… (1555) e La seconda parte del libro chiamato Monte Calvario… (1556) di Antonio de Guevara, entrambi largamente ristampati negli anni seguenti. Si tratta con evidenza di lavori su commissione, proseguiti nei suoi ultimi anni con la collaborazione all'impresa editoriale di Tutte l'opere del r. padre fra Luigi di Granata, ovvero Ghirlanda spirituale, nell'ambito della quale tradusse tre "fiori", cioè volumi, apparsi nel 1568, ma frutto evidentemente del lavoro di alcuni anni: Guida de' peccatori…, Devotissime meditationi per i giorni della settimana…, Trattato dell'oratione et devotione…. Il successo straordinario di questa raccolta, ristampata più di dieci volte in vari formati, testimonia l'abilità imprenditoriale di Giolito nel cogliere le aspettative del mercato; ma in queste sue ultime fatiche, il L. risulta solo uno dei tanti collaboratori della collana. La voce dei suoi interessi si coglie nella ripresa del filone cavalleresco con Il cavallier del Sole… (G.B. e M. Sessa, 1557) dal Cavallero del Febo di D. Ortuñez de Calahorra e con la Historia di Valeriano d'Ongaria (dal Valerián de Hungría de Dionís Clemente, Valencia, F. Díaz Romano, 1540), stampata in due libri da P. Bosello tra 1558 e 1559. A questi seguì la Historia delle gloriose imprese di Polendo figliuolo di Palmerino d'Oliva (D. Giglio, 1566), con cui il L. si proponeva di continuare la fortunatissima serie del Palmerin de Olivia, iniziata in Spagna nel 1511.
Tra 1556 e 1559 si cimentò con traduzioni di testi di medicina e alchimia: il Tesauro di Euonomo Filatro de rimedii secreti…, manuale per la distillazione di medicamenti, pubblicato sotto pseudonimo da Konrad Gesner, con una notevole serie di illustrazioni silografiche (Sessa, 1556); Raimondo Lullo, De' secreti di natura o Della quinta essentia libri due; Alberto Magno, De cose minerali et metalliche… (ibid., 1557); Niccolò Mutoni, Il luminare maggiore, utile e necessario a tutti li medici, et speciali… con un breve commento di Iacopo Manlio (G. Bariletto, 1559). Curiosa infine è la traduzione dell'operetta spagnola di Luis Lobera de Ávila, Libro delle quatro infermità cortigiane, che sono catarro, gotta, artetica, sciatica, mal di pietre et di reni, dolore di fianchi et mal francese, et altre cose utilissime (Sessa, 1558).
Il L. morì probabilmente a Venezia poco dopo il 1568.
Fonti e Bibl.: Lettere della molto illustre… donna Lucretia Gonzaga da Gazuolo con diligentia raccolte, Venezia 1552, pp. 314 s.; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, III, Modena 1783, pp. 76-81; I. Affò, Memorie di tre celebri principesse della famiglia Gonzaga…, Parma 1787, p. 63; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane…, IV, Venezia 1834, pp. 40 n. 2, 99 n. 1, 645 col. 1; S. Bongi, Annali di Gabriel Giolito de' Ferrari, I-II, Roma 1890-95, ad ind.; S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia, 1520-1580, Torino 1987, ad indicem.