GIANNONE, Pietro
Nacque a Bisignano, nel Cosentino, il 19 nov. 1806, da Luigi e Raffaella Astorino, in una famiglia della piccola nobiltà. Il padre, di principî liberali (e in seguito esponente di spicco della carboneria calabrese) si era trasferito con la famiglia a Bisignano da Acri per sfuggire alle scorrerie dei briganti, alle quali pose ben presto fine guidando un presidio militare concessogli dal governo francese. La famiglia del G. poté così tornare ad Acri, dove egli frequentò la Scuola d'insegnamento morale fondata colà dal padre (1813-15); proseguì la sua formazione nel collegio italo-greco di San Demetrio Corone e completò gli studi letterari a Napoli, arricchendo la sua educazione classica con la conoscenza delle lingue e delle letterature moderne (inglese e francese).
Il suo esordio poetico risale agli anni degli studi universitari a Napoli, dove nel 1827 pubblicò il "carme" in versi sciolti Le ruine di Pompei, in cui moduli classicistici e riecheggiamenti foscoliani (soprattutto dai Sepolcri) sono utilizzati in un contesto ispirato e caratterizzato dal gusto romantico per la poesia ruinistica. Il carme, che dette una certa notorietà al G. (valendogli la nomina, quello stesso anno, a socio corrispondente dell'Arcadia e dell'Accademia Tiberina), fu da lui successivamente ripubblicato (ibid. 1832) con il titolo Un viaggiatore in Pompei, con significativi ampliamenti e correzioni in senso romantico-realistico, e con l'aggiunta di un frammento dal poemetto, ancora in versi sciolti, Un guerriero in battaglia, già incluso nel volumetto Prose armoniche. Discorso sulla Divina Commedia del Dante con alcuni saggi poetici (ibid. 1830), in cui Dante, al pari di Ariosto e Tasso, era esaltato come poeta "classico e romantico insieme". Nel frattempo il G. aveva pubblicato anche la novella poetica in ottave Gli incogniti (ibid. 1828), ove l'adesione al romanticismo era esplicita sia nella scelta del genere espressivo (comprendendo che "la società si trasfigurava", il G. "intravide argutamente che la forma poetica, la quale si attagliava alle mutate condizioni di Calabria era appunto la novella popolare", Iulia, p. 17), sia nel soggetto, trattato con l'intonazione sociale e moraleggiante che divenne uno dei tratti caratteristici della sua poesia. Nel poemetto, infatti, la storia di un contadino diventato brigante per vendicarsi dell'ingiuria subita per opera di un barone che gli aveva sedotto la fidanzata è drammaticamente narrata con fieri accenti di sdegno morale e polemica sociale, tanto da venire considerata "l'ultimo grido della società calabrese, che si emancipa dal feudalesimo" (ibid., p. 20).
Nel 1832 il G. intraprese un lungo viaggio in Italia (Roma, Firenze e Milano) e all'estero (Vienna), rinsaldando la sua conoscenza della letteratura romantica (ebbe contatti, tra gli altri, con A. Manzoni e G.B. Niccolini). Tornato in Calabria e stabilitosi definitivamente ad Acri, continuò a dedicarsi ininterrottamente alla produzione letteraria, ma da posizioni sempre più appartate e defilate, fino alla sua morte, ad Acri, il 25 dic. 1869.
L'opera del G. si inserisce, "senza audacie byroniane" (Cione, 1940, p. 104) e con una personale rimeditazione della poesia classicistica (specie del genere georgico-naturalistico), nell'ambito di quel "romanticismo calabrese" (preparato dalla poesia ancora per molti aspetti classicistica di G. Campagna e culminante nelle opere di B. Miraglia, D. Mauro, F. Ruffa, V. Baffi e V. Padula) individuato da F. De Sanctis e valorizzato, per il realismo delle sue realizzazioni, come "naturale" rispetto al romanticismo convenzionale ("d'imitazione") di Napoli (De Sanctis, 1953, pp. 81-127). Così, nel poemetto La vita campestre di un calabrese - pubblicato dal G. a Napoli nel 1833 (al ritorno da Vienna) e costituito da cinque epistole in versi sciolti indirizzate a F. Ruffa -, nella descrizione della campagna calabrese con i suoi usi e costumi anche i riecheggiamenti di tematiche e modalità stilistiche della poesia georgica classicheggiante sono funzionali al tentativo di una descrizione realistica (d'ascendenza romantica) della vita dei contadini, tentativo non privo, peraltro, di esiti di oleografismo folcloristico.
Nella novella in quartine Lauretta o la seduzione (Palermo 1839), il testo più famoso e meglio riuscito del G., è narrata con delicata intonazione patetica, non priva di profonda amarezza morale, la stessa vicenda del poemetto Gli incogniti, esposta dal punto di vista della donna: è la storia di una fanciulla del popolo che, sedotta e abbandonata da un ricco e cinico dongiovanni, non resiste al disonore e allo scherno che in breve la conducono alla tomba. La stessa commistione di tematiche sociali e motivi morali si rileva nella contemporanea ballata Il viaggiatore, denuncia delle miserevoli condizioni delle plebi calabresi; mentre nella collana di sonetti Patria e Dio il tema religioso si alterna con quello patriottico. La gran parte delle composizioni del G. venne da lui raccolta nel volume Poesie e prose di un calabrese (Napoli 1863), nel quale, oltre al citato discorso sulla Divina Commedia, sono ripubblicate tra l'altro le prose Tributo alla tomba di una madre e l'Elogio storico-morale del beato Angelo da Acri (ibid. 1837). Tra le liriche di varia ispirazione pubblicate da G. in raccolte e riviste si ricordano: la romanza La caduta (1843) e alcuni sonetti apparsi nel 1846-47 nel periodico Il Calabrese.
Alcuni studiosi (Iulia, pp. 45 s.; Accattatis, p. 330; Falcone, p. 116) danno notizia di opere del G. del tutto o parzialmente inedite: tre composizioni drammatiche (la tragedia di soggetto biblico e d'imitazione alfieriana Jefte, abbozzata già nel 1822; il dramma in prosa di argomento moderno Odoardo; la tragedia storica d'ispirazione niccoliniana Gli Angioini e gli Aragonesi) nelle quali il G. si colloca tra gli estremi della tragedia classicheggiante e del dramma romantico di gusto borghese; e due poemetti, La vendetta di un calabrese, in dodici canti, e Uccelli della Sila, dieci canti in ottave, di cui cinque "pubblicati in fogli volanti come prova", imperniati su temi e registri caratteristici della sua poesia.
Fonti e Bibl.: Dell'epistolario del G. sono pubblicate in E. Cione, Alcune lettere inedite di P. G. a V. Pagano, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, VI (1936), pp. 15-33. I dati biografici e bibliografici fondamentali si ricavano da V. Iulia, Elogio di P. G., Firenze 1870; altri profili biobibliografici del G. in L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, IV, Cosenza 1877, pp. 327-332 (cfr. anche le pagine dedicate al padre del G., Luigi, ibid., pp. 50 s.); G. Falcone, Poeti e rimatori calabri, II, Napoli 1902, pp. 115-119; L. Aliquò Lenzi - F. Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi. Diz. bio-bibliografico, II, Reggio di Calabria 1955, pp. 32 s.; V. Caputo, I poeti ital. dall'antichità a oggi, Milano 1960, p. 336. Per un inquadramento storico-critico della personalità e dell'opera del G., oltre al ricordato intervento di F. De Sanctis, La letteratura italiana nel secolo decimonono, II, La scuola cattolico-liberale e il romanticismo a Napoli (1872-73), a cura di C. Muscetta - G. Candeloro, Torino 1953, p. 82 e al profilo del G. delineato nelle sue annotazioni al testo desanctisiano da B. Croce, La letteratura italiana nel secolo XIX… Lezioni raccolte da F. Torraca e pubblicate con prefaz. e note da B. Croce (1897), Napoli 1918, pp. 199-201, cfr. E. Scalfari, Un poeta calabrese: G. Campagna, Lucca 1919, passim; E. Cione, Il romanticismo calabrese, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, X (1940), pp. 104-106; R. De Blasi, D. Mauro e il romanticismo calabrese, Nicastro 1946, ad ind.; A. Marinari, Letteratura e cultura nel Sud, in Letteratura italiana. Storia e testi, a cura di C. Muscetta, VIII, Il secondo Ottocento, 1, Lo Stato unitario e l'età del positivismo, Bari 1975, p. 248; G. Cingari, Romanticismo e democrazia nel Mezzogiorno. D. Mauro (1812-1873), Napoli 1965, ad ind.; A. Piromalli, La letteratura calabrese, Napoli 1977, pp. 138, 148, 154; A. Placanica, Calabria in idea, in Storia d'Italia (Einaudi), Le regioni dall'Unità a oggi, La Calabria, Torino 1985, p. 606; L. Reina, Per un regesto di poeti acresi dell'Ottocento, in Cultura romantica e territorio nella Calabria dell'Ottocento. Atti del Convegno, Rende… Catanzaro…1986, a cura di P. Falco, Cosenza 1987, pp. 267, 269, 272; F. Campitelli, Goethe e Schiller nel romanticismo calabrese, ibid., pp. 446, 449; A. Marinari, Il romanticismo calabrese, Marina di Belvedere 1988, ad ind.; A. Marinari - G. Pirodda, La cultura meridionale e il Risorgimento, Roma-Bari 1985, ad indicem.