PIETRO di Ghigensio
PIETRO di Ghigensio. – Nacque a Gubbio, nel quartiere di San Martino, in una data ipotizzabile attorno al 1290, da Ghigensio di Recolo, il quale generò anche Berardello (Difensore e Conservatore della tregua con Castruccio Castracani a Pistoia nel 1322 ed Esecutore degli ordinamenti di giustizia a Firenze nel 1335), Dondo, Nicola e Villano, tutti esponenti di primo piano della vita politica e sociale eugubina della prima metà del Trecento.
Gli Acta Sanctorum tramandano dell’appartenenza alla medesima famiglia – che assunse il definitivo cognome di Ghigensi solo alla fine del XIV secolo – del beato Pietro da Gubbio, agostiniano della metà del XIII secolo. Analogamente a quanto poi avrebbe fatto Pietro, anche suo padre, menzionato come già defunto nel novembre 1315, esercitava la professione giudiziaria, come dimostra l’incarico di giudice degli appelli e super rationibus Comunis revidendis da lui ricoperto a Firenze negli anni 1302-1303. Il livello socioeconomico della famiglia doveva, dunque, essere di prim’ordine, come confermerebbero la testimonianza di un non quantificato credito goduto da Ghigensio nei confronti del nobile eugubino Raniero di Sasso dei Guelfoni, e, soprattutto, la sua registrazione nell’estimo (appassus) del 1301 per la cifra di 2870 lire e 5 soldi, fra le più alte del suo quartiere.
Non ci sono giunte informazioni sulla formazione giuridica di Pietro, che comunque fu certamente di livello universitario, tanto da fargli guadagnare il titolo di dominus, sempre affiancato al suo nome nelle fonti. La prima notizia che possediamo sulla sua attività professionale risale al 1318, quando lo troviamo giudice vicario di Diego Della Ratta, conte di Caserta e vicario angioino in Firenze. L’erudizione umbro-marchigiana di età moderna lo vuole anche, nel 1326, responsabile dell’aggiornamento dello statuto fiorentino per conto dell’allora signore della città Carlo di Calabria; la notizia, pur non inverosimile, è stata dichiarata recentemente di assai scarso fondamento e sarebbe probabilmente nata dalla confusione di Pietro con Tommaso di ser Puccio da Gubbio, giudice riformatore degli statuti fiorentini nel 1355 (Statuti del comune di Firenze, p. 642, n. 46).
Nel 1337 esercitò a Gubbio la carica di avvocato comunale, che svolgeva funzioni di consulenza legale per il procuratore comunale, responsabile delle cause giudiziarie in cui era coinvolto il Comune; funzioni analoghe furono svolte anche nel contesto dei sindacati degli ufficiali forestieri. Pietro portò avanti nel corso degli anni tale attività di consulenza anche al servizio di privati, in qualità di patrocinatore legale presso i tribunali cittadini. Nel 1338 fu nominato a far parte della commissione che compilò i nuovi statuti eugubini, mentre consilia di Pietro sono citati anche da Bartolo da Sassoferrato, indizio di un suo discreto inserimento nell’ambiente dei giuristi dell’epoca.
I suoi incarichi extracittadini delineano il profilo di un giurisperito apprezzato anche al di fuori della patria. Non stupisce, dunque, che l’analisi della documentazione eugubina testimoni una carriera politica cittadina condotta ai più alti livelli: fra il 1326 e il 1342 – anni per i quali disponiamo delle Riformanze comunali relative ai periodi 1326-27, 1337-38 e 1341-42 – fece parte tanto del consiglio del Popolo eugubino quanto di quello della Maggior Somma, che includeva i proprietari fondiari più ricchi di ogni quartiere; nel medesimo periodo fu, inoltre, eletto tre volte console del Popolo, la massima carica di governo eugubina, sempre con il titolo di gonfaloniere, il capo del collegio consolare; durante il suo mandato del 1341 gli fu diagnosticata la gotta, malattia che lo costrinse a ritirarsi. Nel 1338 venne eletto dal consiglio eugubino podestà di Pergola, grosso borgo facente parte del contado eugubino.
La centralità politica, oltre che giuridica, della figura di Pietro si tradusse, poi, in diciannove presenze nelle commissioni straordinarie comunali, assemblee ristrette nominate dai consoli o dal Consiglio cittadino per deliberare sulle più svariate questioni; in particolare, quelle a cui partecipò Pietro, riguardarono questioni che andavano dalla nomina degli ufficiali forestieri alle tematiche finanziarie e monetarie, fino al controllo dei cavalli delle truppe mercenarie al servizio di Gubbio. Probabilmente a causa del suo ruolo di giurisperito, Pietro è uno dei pochi consiglieri eugubini di cui i registri delle Riformanze, scritti secondo un formulario che non prevedeva la redazione degli interventi dei consiglieri, menzionano il contributo ai lavori delle varie assemblee. Si seguì il parere di Pietro, purtroppo ignoto nei dettagli, nel 1322, quando si dovette decidere sull’elezione della commissione incaricata della costruzione della nuova piazza del Comune, mentre nel 1326 il giudice convinse il consiglio a coinvolgere la nobiltà nella decisione riguardo all’invio di aiuti militari a Carlo di Calabria. Nel dicembre 1337, infine, Pietro si espresse riguardo alle modalità di ottenere una copertura finanziaria per gli stipendi dei magistrati forestieri – suggerendo di sequestrare e vendere i beni di un usuraio per evitare l’imposizione di nuove tasse – oltre che sulla nomina del nuovo campanaro comunale, sui regolamenti delle macellerie pubbliche, sull’approvazione delle spese del camerlengo e su altre questioni di minore importanza.
I numerosi incarichi di prestigio e la rilevanza delle sue attività professionali dovettero consentire a Pietro di mantenere e probabilmente aumentare il prestigio sociale della propria famiglia. Infatti, nel 1312, lo troviamo fideiussore degli 80 fiorini pagati da Gubbio al Comune di Perugia per una taglia militare assieme ai nobili Bino Gabrielli e Pietro Della Branca e al notaio Puccio di Tommaso, padre del già citato giudice Tommaso di ser Puccio. Altri piccoli indizi confermano la ricchezza di Pietro, il quale, per esempio, risulta aver posseduto delle terme private (domus stupharum), unica attestazione di questa struttura nella documentazione notarile eugubina. Nel 1346 rappresentò la sua famiglia nell’atto di donare formalmente al Comune tutte le proprietà della stessa, per poi riceverle nuovamente indietro in enfiteusi, procedimento imposto a tutti i proprietari laici della città e del contado.
Pietro ebbe almeno quattro figli: Ugolino e Pietro proseguirono la professione paterna e, soprattutto il secondo, l’influenza politica del padre in patria; di Betto sappiamo solo che nel 1353 era indebitato per 9 fiorini con Benincasa Ceccoli Zamponi, uno degli usurai più attivi della città, categoria alla quale apparteneva anche il quarto figlio Dino..
L’ultima menzione documentaria di Pietro è quella relativa alla donazione del 1346: è quindi probabile una sua morte nel periodo immediatamente successivo, magari a causa della peste del 1348; il suo nome infatti è completamente assente dal registro delle Riformanze relativo agli anni 1349-50.
Fonti e Bibl.: Sezione di Archivio di Stato di Gubbio: Riformanze, n. 1, cc. 14r-v, 25v-26r, 38r-39v, 43r, 45v-47r, 49v-50r, 55r-v, 85r-v, 91r-v, 99r, 108v, 110r-112v, 118v-119r, 129r-v, 136r-v, 154r-v, 159v, 172r-173r, 177v-178v, 187v-188v, n. 2, cc. 19r-20v, 59v, 64r-v, 140v-141r, 142v-144r, 165r-166v, 176v-179r, 182v, 203v, 245v-246r, n. 3, cc. 12r-14r,16r-v, 35v-36r, 45v, 89v, 96v, 113v, 271v-272r, n. 4, cc. 95v-96r, 144r-v, 185r-v, 293r-v, n. 6, c. 60v; Appassus, f. 3, c. 21v; Liber donationum et concessionum comunis Eugubii, f. 6, c. 4r, f. 7, c. 3v; Notarile, n. 1, cc. 30v, 139r-v, n. 4, c. 47v, n. 7, c. 17r, n. 8, cc. 52v e 137v, n. 10, c. 127v, n. 22, cc. 98v-99r; Armanni, n. 205, f. 2, c. 1r; Pergamene, b. n. 4, mazz. n. 27, doc. n. 9; Diplomatico, b. n. 18, doc. n. 7, cc. 5r-6v; Ospedaliero, Pergamene della Congregazione di carità, doc. K.6; Bartolus de Saxoferrato, Consiliorum Bartoli libri duo, his interiecti sunt eiusdem Tractatus et Quaestiones, cum variae, tum eruditae: quae omnia Landriani et Thomae Diplovataci additamentis et indice illustrantur, excudebat Blasius Guido, Lione 1555, p. 49v; I. Beni, De privilegiis iurisconsultorum liber, Heidelberg 1611, p. 105; L. Giacobilli, Bibliotheca Umbriae sive de scriptoribus provinciae Umbriae alphabetico ordine digesta, Foligno 1658 (rist. anast., Bologna 1973), p. 223; V. Armanni, Delle lettere del signor Vincenzo Armanni scritte a nome proprio e disposte sotto diversi capi, I, Roma 1663, p. 714; Acta Sanctorum, martii, t. III, Antverpiae 1688, pp. 470 s.; G. Mazzucchelli, Gli scrittori d’Italia, cioè notizie istoriche e critiche intorno alle vite, e agli scrittori letterati italiani, II.2, Brescia 1760, p. 910; F. Vecchietti, Biblioteca picena, o sia notizie istoriche delle opere e degli autori piceni, II, Osimo 1791, p. 211; O. Lucarelli, Memorie e guida storica di Gubbio, Città di Castello 1888, p. 358; G. Mazzatinti, I palazzi del gonfaloniere, dei consoli e del podestà in Gubbio, in Archivio storico per le Marche e per l’Umbria, IV (1888), pp. 5-48; G. Degli Azzi Vitelleschi, Le relazioni tra la repubblica di Firenze e l’Umbria nel secolo XIV, secondo i documenti del r. Archivio di stato di Firenze, I, dai carteggi, Perugia 1904, pp. 256, 259 e II, dai registri, Perugia 1909, pp. 31, 51 s.; Storie pistoresi: 1300-1348, a cura di S.A. Barbi, Città di Castello 1907, p. 79, n. 2; B. Barbadoro, Consigli della repubblica fiorentina, I.1, Bologna 1921 (rist. anast. Bologna 1970), pp. 121, 125; A. Menichetti, Lo statuto vecchio del comune di Gubbio, con le aggiunte del 1376, Città di Castello 2002, p. 5; Statuti del comune di Firenze nell’Archivio di stato. Tradizione archivistica e ordinamenti, a cura di G. Biscione, Roma 2009, pp. 640 s., n. 42, 642, n. 46.