CALLEGARI, Pietro
Nacque a Faenza il 9 ott. 1796 da Domenico e da Maria Marchetti. Nel seminario faentino, che godeva di buona fama e già aveva avuto tra gli alunni Vincenzo Monti, il C. fu istruito nelle lettere, nella fisica e nella matematica. Entrato nel 1819 all'università di Padova, si dedicò agli studi di "matematiche sublimi" (cioè di calcolo infinitesimale), passando poi, dopo due anni, all'ateneo bolognese, dove si diede allo studio delle scienze e si laureò l'anno successivo.
Trasferitosi per breve tempo a Faenza dopo la morte del padre (1820), fu ben presto chiamato a Bologna da G. B. Magistrini, che vi occupava la cattedra di calcolo sublime e che lo volle presso di sé quale suo "pubblico ripetitore", ufficio che il C. tenne per un triennio. Dopo un'altra breve pausa faentina, durante la quale fu anche professore di matematica nel pubblico ginnasio, il C. fu chiamato, nel 1828, a insegnare discipline scientifiche nel rinomato Collegio dei nobili di Ravenna. Si trasferì pertanto in questa città con la famiglia (dalla moglie Amalia Bonini, faentina, ebbe undici figli, sei dei quali raggiunsero la maggiore età).
Nel Collegio ravennate il C. rimase 34 anni; modesto, tutto dedito agli studi e amante della tranquillità familiare, rifiutò l'offerta di una cattedra nell'università di Bologna, dove, tuttavia, dal 1844, fece parte dell'Accademia delle scienze. Appunto negli Atti di tale Accademia furono pubblicati alcuni fra i suoi studi più significativi.
Nel 1862, quando le Romagne già facevano parte del Regno d'Italia, il C. fu creato cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Si spense di lì a pochi mesi, il 28 dicembre dello stesso 1862, lasciando in possesso del figlio Domenico alcuni studi inediti, fra cui un Trattato di geometria piana elementare.
L'opera scientifica del C. merita di essere segnalata specialmente perché, in un momento relativamente povero di sviluppi della matematica italiana, testimonia la presenza di tentativi di ricerca originale, fornendo nello stesso tempo utili indicazioni circa lo stato e il tipo di problemi che caratterizzavano tale ricerca.
La sua attività scientifica si apre con un Saggio di ricerche sulla poligonometria analitica del 1839 che fu giudicato di notevole valore e destò vivo interesse fra alcuni matematici del tempo, quali P. Franchini, G. B. Magistrini e D. Piani, che lo discussero. L'applicazione di metodi dell'analisi infini esimale alla soluzione di problemi geometrici, prospettata in questo lavoro, trova conferma anche in una memoria dello stesso anno, in cui egli tratta il problema, posto da P. de Fermat al Torricelli: "dato un triangolo, individuare un punto interno ad esso tale che, condotti dei segmenti di retta da questo punto ai vertici, si abbia un valore minimo della somma dei tre segmenti".
Questo problema di analisi infinitesimale viene risolto dal C. cm l'uso degli strumenti classici del calcolo differenziale, ricercando le condizioni che rendono minima una espressione costruita trigonometricamente.
Nella memoria De usu substractionis et divisionis extendendo ad nonnullas praesertim propositiones demonstrandas certamen, del 1844, il C. si propone di dimostrare l'utilità della sottrazione e divisione "algebrica" nella dimostrazione di teoremi nell'ambito delle equazioni algebriche.
Partendo dall'equazione algebrica generale Σi Ai xm - i = 0 (Ao = o), dove gli Ai denotano coefficienti interi o reali e considerando le m radici ai (i = 1, 2, ……, m), si indica poi con (Ea1 - Ea2) : (a1 - a2) la differenza fra i valori della equazione E soddisfatta per a1, a2, e divisa per la differenza delle radici. Si giunge così a scrivere, utilizzando anche nuove notazioni, una nuova espressione esplicita in funzione di Ai , a1, a2 che si può ovviamente uguagliare a zero. Si tratta in sostanza di tecniche alle differenze finite, molto diffuse nell'Ottocento nell'ambito dell'analisi algebrica, ed utilizzate già da Lagrange e Lacroix. In questo modo il C. giunge a dimostrare alcuni teoremi e a legittimare alcuni metodi classici come il "canone dei coefficienti indeterminati".
Tutta la memoria si presenta come una ricostruzione accurata di risultati noti, senza particolari elementi di originalità, ma è interessante per il continuo riferirsi del C. alle memorie contemporanee (ad es. D. Terquem, M. Stern) pubblicate nel Journal de Liouville e nel Journal de Crelle e dal Cours d'analyse (1821) di A. Cauchy.
Nella memoria Aliae nonnullae applicationes calculi symbolici del 1845, che continua il precedente lavoro, la nuova notazione introdotta sulle differenze finite, e che il C. denota con l'appellativo di calculus simbolicus, viene ulteriormente applicata alla deduzione di altri teoremi di quella che il C. chiama la teoria generale delle equazioni, come ad esempio il teorema di Vandermonde.
Infine nella memoria Ricerche spettanti alla correlazione delle figure di geometria del 1823 il C. si preoccupa di dedurre alcune proprietà dei triangoli utilizzando ampiamente la trigonometria ed un concetto interessante di movimento che dà luogo all'idea di "figure geometricamente correlate", come era già stato detto da L.-N.-M. Carnot nel lavoro De la correlation des figures de géométrie (1801).
Dato un triangolo qualsiasi si potranno sui lati costruire tre triangoli simili; indicando poi con a l'angolo alla base di questi triangoli si potrà far variare ot generando così delle serie di triangoli simili descritti sopra ciascun lato del triangolo proposto che apparterranno appunto ad un sistema diretto di triangoli correlati.
Opere: Saggio di ricerche sulla poligonometria analitica, Imola 1839; Ricerche spettanti alla correlazione delle figure di geometria, in Mem. dell'Accademia delle scienze dell'Ist. di Bologna, IV (1853), pp. 179-198; De nova solutione Problematis Fermatii, nec non aliorum, quae ex iisdem formulis deducuntur, in Novi Commentarii Acad. scient. Bon., IV(1839), pp. 309-328; De usu subtractionis et divisionis extendendo ad nonnullas praesertim propositiones demonstrandas certamen, ibid., VI(1844), pp. 513-570; Aliae nonnullae applicationes calculi symbolici, quo subtractionis et divisionis usum in doctrina numerorum, et aequationum iuvari, et extendi posse demonstratur ibid., VII(1845), pp. 529-562.
Bibl.: A. Montanari, Uomini illustri di Faenza, Faenza 1882, I, p. 2; Il Monitore (Bologna), 1863, n. 15. Il nome del C. si trova in altre pubblicazioni locali, ma si tratta di semplici citazioni o di omonimi, essendo il cognome assai diffuso nel Ravennate.