BERTOLONE, Pietro
Nacque a Torino il 6 sett. 1899 da Giovanni e Marietta Uberti, da famiglia operaia. Portati a termine gli studi preparatori, si iscrisse al politecnico di Torino dove conseguì la laurea in ingegneria industriale con il massimo dei voti il 22 sett. 1922. Subito dopo venne assunto, come caposquadra al reparto lavorazione sfere, alle Officine di Villar Perosa.
L'importante fabbrica di cuscinetti a rotolamento era stata voluta dal senatore Giovanni Agnelli fin dal 1906, nell'ambito delle attività che in quel periodo videro nascere intorno alla FIAT una vera e propria costellazione di interessi industriali e finanziari assolutamente inediti per la tradizionale industria meccanica torinese. La Officine di Villar Perosa era stata costituita il 24 dic. 1919, presidente del consiglio d'amministrazione Edoardo Agnelli, con sede a Roma e capitale sociale di tre milioni di lire, portato a dodici nel marzo 1921 (in quell'assemblea fu deciso il trasferimento della sede sociale a Torino) e a venticinque nel marzo 1925.
Questa fase fu caratterizzata da un'avveduta azione dell'Agnelli volta a selezionare e reclutare i quadri tecnici e direttivi dotati di migliore preparazione e qualità professionali. Non di rado l'Agnelli puntava su uomini che si formavano all'interno di una medesima azienda, partendo dai livelli inferiori, e maturavano poi, nella pratica sperimentazione e conoscenza di quei problemi tecnici, produttivi e organizzativi che interessavano in particolare le fabbriche meccaniche (le nuove forme di organizzazione del lavoro, l'introduzione di nuove tecnologie, la ridefinizione del ruolo e del potere della direzione, il notevole incremento della forza lavoro occupata, soprattutto di quella generica e semiqualificata addetta alle macchine). Il B. fu individuato e scelto dall'Agnelli nel quadro di questi indirizzi e divenne presto uno dei suoi più fedeli e collaudati collaboratori nella gestione di una fabbrica - che era di totale proprietà della famiglia - già importante e complementare per la FIAT fin dai primi anni Dieci e la cui rilevanza era cresciuta con l'espansione della guerra.
Dopo aver assunto incarichi di crescente responsabilità, il B. nel 1928 divenne segretario della direzione degli stabilimenti e nel 1930 venne nominato direttore degli stabilimenti e procuratore. In particolare, il B. si impegnò a fondo nel progressivo potenziamento dell'azienda e nell'ampliamento del mercato dei prodotti delle Officine, dopo la fase di profonda riorganizzazione che aveva coinvolto negli anni Venti l'intero sistema industriale e finanziario che faceva capo alla FIAT.
In qualità di direttore degli stabilimenti - nel quadro dei primi drammatici effetti della crisi industriale e finanziaria internazionale e all'intemo della strategia multinazionale allora avviata dall'Agnelli - il B. si impegnò nell'ampliamento e nell'ammodernamento degli impianti di Villar Perosa nel 1930 e poi nel 1932. Nell'agosto-novembre 1930, in stretta collaborazione con la FIAT, il B. partecipò alla complessa trattativa per le intese commerciali con l'URSS preparate da un primo accordo, firmato da Agnelli per le Officine, nel dicembre 1929. Alle Officine vennero affidate commesse per circa 3.500.000 di dollari per il 1930 e 1.700.000 dollari per il 1931, che costituirono un notevole contributo per fronteggiare la grave depressione di quegli anni. Sempre in questo quadro, tra il 1930 e il 1935 il B. si occupò dei progetto e della realizzazione a Mosca di un importante impianto per la fabbricazione di cuscinetti, alla cui realizzazione parteciparono con funzioni direttive i più qualificati tecnici delle Officine.
In un articolo apparso sul mensile della FIAT Bianco e rosso (VI, n. 1, 31 genn. 1935), il B. illustrò il significato e l'ampiezza della fabbrica creata a Mosca e sottolineò con compiacimento i grandi successi conseguiti sia sul piano tecnico-operativo, sia su quello, ancor più arduo, del rispetto dei tempi di esecuzione ed entrata in funzione a pieno ritmo della produzione. "Tutti gli ostacoli vennero però vinti ed i risultati ottenuti colla completa realizzazione del programma di produzione riuscirono veramente imponenti e tali da compensare gli sforzi dei nostri tecnici che con grande impegno ed esemplare abnegazione si sono dedicati a quest'opera" (del B. si veda pure Le Officine di Villar Perosa in Russia, in L'Informazione industriale, XIV, n. 37, 19 sett. 1931).
Ancora alla vigilia della seconda guerra mondiale il B. dette impulso al potenziamento dello stabilimento di Torino e alla creazione di un nuovo stabilimento nell'area industriale di Apuania, consolidando così la posizione di preminenza monopolistica delle Officine sul mercato nazionale e gettando le premesse per farne una delle maggiori aziende a livello internazionale. In questo periodo le maestranze raggiunsero le 9000 unità.
Durante gli anni del regime fascista il B. si mosse nell'ambito delle idee politiche e sociali dell'Agnelli sia verso il fascismo al potere sia nella conduzione tecnica dell'azienda, al punto di meritare, nello staff dirigenziale delle Officine (che il 27 marzo 1942 cambiarono denominazione in Riv-officine di Villar Perosa s.p.a.), la maggiore fiducia proprio negli anni cruciali e drammatici della guerra: dopo essere stato nominato nel 1941 direttore centrale e procuratore, assunse, nel 1943, le cariche di amministratore delegato e di direttore generale e si impegnò a potenziare al massimo la produzione per far fronte alla domanda bellica.
Dal settembre 1943 l'attività dei B. oscillò tra la collaborazione con le autorità nazifasciste e la ricerca di contatti con elementi angloamericani e con alcune componenti, più moderate, degli ambienti partigiani e antifascisti, sulla scia della strategia dell'Agnelli e di parte del mondo industriale e finanziario del Nord. Sviluppatosi, soprattutto negli stabilimenti di Villar Perosa, un forte ed esteso movimento di lotta e un vivo sentimento antifascista tra gli operai già nel biennio 1943-44, nell'intero complesso Riv si aprì una stagione di durissima conflittualità tra le maestranze e la direzione sul problema della collaborazione con l'occupante nazifascista, sul sabotaggio, sulla politica degli esoneri, sulle minacce e le rappresaglie verso i lavoratori che scioperavano. Dopo i violenti bombardamenti dell'8 genn. 1943 e del 3 genn. 1944, che distrussero gli impianti di Villar Perosa e danneggiarono seriamente quelli di Torino, i problemi interni si acuirono enormemente in quanto gli operai, rimasti senza lavoro, potevano essere soggetti all'arruolamento o al lavoro coatto anche con la deportazione, mentre c'era il rischio che i macchinari e le materie prime accumulate venissero requisiti.
Il comportamento dei B. durante questi mesi fu giudicato severamente dalla commissione regionale e provinciale per l'epurazione di Torino che, su denuncia del CLN aziendale della Riv presentata il 7 maggio 1945, pronunciò il 9 maggio 1945 un giudizio di epurazione nei confronti dei Bertolone. La motivazione del provvedimento faceva riferimento a quattro capi di imputazione: attiva collaborazione con l'occupante nazifascista, faziosità fascista come capo della coorte o 18 novembre" (la milizia fascista del gruppo FIAT), ritiro di esoneri agli operai che avevano scioperato il 15 marzo 1943, attività persecutoria verso gli operai che avevano partecipato agli scioperi. Allontanato dagli stabilimenti per un anno, il B. si difese presentando il 12 giugno 1945 un ampio memoriale, integrato da un successivo documento in data 15 giugno (conservati presso l'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, cart.56, fasc.VI), nel quale contestava sul piano giuridico-formale la validità delle accuse e la legittimità del provvedimento di epurazione, preso senza adeguata documentazione. Illustrava, quindi la sua condotta durante i mesi successivi all'8 settembre in difesa dell'autonomia dell'azienda, per la tutela dei macchinari, delle materie prime e della forza lavoro; negava di essere stato capo della coorte "18 novembre", rivendicava a titolo di merito democratico i contatti sia con gli ambienti angloamericani (il capo della missione militare inglese O'Regan) sia con quelli partigiani, nonché l'azione svolta per tutelare gli operai mantenendoli nell'organico anche dopo la distruzione delle fabbriche, impedendone così la deportazione.
Reintegrato per "atto magnanimo", il 13, riprese il suo posto nel nuovo contesto di riassunzione e reintegrazione dei principali dirigenti industriali e finanziari che si preparavano, dopo la caduta dei governo Parri, a rilanciare la struttura produttiva e a disciplinare il movimento operaio. Muovendosi sulle orme della politica di Vittorio Valletta di gestione dell'azienda, della forza lavoro e delle rivendicazioni sindacali, il B., saldamente alla guida della Riv con la piena fiducia della famiglia Agnelli, assunse un atteggiamento di aperta disponibilità verso il consiglio di gestione, ritenuto organismo meno pericoloso del CLN aziendale, al fine di ricondurre a forme di governo e di controllo le maestranze fortemente politicizzate e sindacalizzate, anche se di fatto puntò a rinviare il riconoscimento formale del consiglio di gestione per altri due anni in attesa della legge nazionale, proprio durante il periodo cruciale della definizione delle linee e dei cardini della ricostruzione dell'azienda.
La ripresa dei livelli produttivi e finanziari avvenne così al di fuori di ogni controllo e contrattazione con il sindacato e con i lavoratori. In particolare alla Riv si basò su due elementi costruiti negli anni Trenta: la forte integrazione con il mercato estero, soprattutto l'URSS e i paesi dell'Est europeo dove la Riv collocava il 60% della produzione, e la posizione di sostanziale monopolio in cui si trovava ad operare sul mercato interno. Su queste basi il B. e il gruppo dirigente aziendale poterono ottenere una politica di relativa stabilità occupazionale, senza procedere a massicci licenziamenti, e riuscirono a orientare l'azione del consiglio di gestione in un'ottica produttivistica, dalla reintroduzione dei cottimo collettivo all'aumento del rendimento, dalla ferma resistenza agli scioperi con minaccia di porre in cassa integrazione gli operai, fino alle pressioni per impedire il diffondersi dell'atti: vità politica e sindacale nei reparti.
In questi anni il capitale sociale fu portato a 250.000.000 di lire nel giugno 1947, a 750.000.000 nell'aprile 1948, a 1.250.000.000 nell'ottobre 1949, a 2.500.000.000 nel dicembre 1950.
Superata la fase della ricostruzione, negli anni Cinquanta prevaleva ancora una volta il modello Valletta (che figurò per molti anni nel consiglio d'amministrazione dell'azienda); e la Riv si affermava come una delle più importanti aziende nazionali e internazionali. Nel 1955 si aprì un nuovo stabilimento a Cassino, si strinse il cartello con la svedese SKF, che ne fece una delle maggiori industrie dei settore a livello internazionale. Nel 1959 i dipendenti raggiunsero il numero di 11.000 e la produzione mensile di cuscinetti raggiunse i 4.000.000. oltre alle altre produzioni di registratori di cassa e di laminati plastici, mentre gli impianti furono rimodernati e i salari operai risultavano relativamente alti sulla media nazionale e su quella del settore meccanico.
A cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, il capitale sociale fu nuovamente aumentato: a tre miliardi di lire nell'aprile 1958, a dieci miliardi e mezzo nell'aprile 1961, a sedici e mezzo nel dicembre 1961, a ventimiliardisettecentomilioni nel giugno 1965.
Alla vigilia del "miracolo economico" e negli anni della dura sconfitta sindacale in fabbrica, la Riv, sotto la lunga direzione dei B., divenne uno dei punti forti dell'intera strategia e della stessa filosofia sindacale e sociale della FIAT vallettiana. Fu in questo periodo di netto predominio che il B. - che godeva della fiducia anche dell'avvocato Giovanni Agnelli, succeduto alla presidenza del consiglio d'amministrazione della Riv - sviluppò, oltre a un'intensa attività di coinvolgimento dei dirigenti e dei capi, un ampio complesso di opere assistenziali a favore dei dipendenti, sia sul, piano direttamente aziendale sia su quello sociale e territoriale: asili nido e scuole materne a Torino, scuole materne a Villar Perosa, colonie montane, case per i dipendenti, istituti assistenziali per le necessità contingenti e del personale anziano collocato a riposo, apertura di sedi ricreative, culturali e sportive, corsi professionali per i figli dei dipendenti, corsi di addestramento alla vita aziendale per giovani laureati e di aggiornamento.
Contemporaneamente il B., nominato cavaliere del lavoro, divenne uno dei personaggi più influenti del mondo industriale e finanziario piemontese e nazionale. Oltre ad occuparsi delle numerose aziende collaterali del gruppo Riv - dalla CIMAT alla Fratelli Morando, alla Di Palo (macchine utensili), alla conceria di Borgaro - assunse la carica di consigliere dell'Unione industriali di Torino, della Confindustria e dell'AMMA (Associazione meccanici metallurgici e affini), nonché di alcune importanti istituzioni ospedaliere a Villar Perosa e a Torino. Proseguendo nella tradizione della famiglia Agnelli, che aveva sempre amministrato direttamente il comune a Villar Perosa, il B. si impegnò in un'assidua attività di consigliere comunale.
Dopo aver lasciato la carica di direttore generale nel dicembre 1962, il B. lasciò, nell'aprile 1965, anche quella di amministratore delegato dell'azienda (che dal 10 giugno 1965 mutò nuovamente la ragione sociale in Riv-SKF-Officine di Villar Perosa s.p.a.).
Il B. morì a Torino l'11 luglio 1974.
Fonti e Bibl.: A. Accomero, Il consiglio di gestime alla Riv, Milano 1962, passim; V. Castronovo, GiovanniAgnelli, Torino 1971, pp. 477, 666; F. Levi-P. Rugafiori-S. Vento, Il triangolo industriale tra ricostruzione e lotta di classe 1945-1948, Mlano 1974, pp. 260-272. Per informazioni sull'azienda si vedano le annate dei Repertorio delle socktá ttalùme per azioni, ad Indices.