PIERI, Piero
PIERI, Piero. – Nacque il 20 agosto 1893 a Sondrio, da Silvio (1856-1936) insigne glottologo, e da Enrica Montanari.
In una lettera inviata il 14 febbraio 1963 a Guido Quazza (AGQ, Istoreto, fasc. 133/1057), Pieri rievocò la propria formazione universitaria: dopo una breve e negativa esperienza alla Scuola militare di Modena dal 1° al 5 settembre 1912, entrò alla Scuola Normale di Pisa a ottobre portando a termine gli studi nel 1915. Tra i suoi maestri colui che lo influenzò maggiormente fu Gaetano Salvemini, al quale sarebbe rimasto sempre legato. Come il maestro, Pieri militava nelle fila dell’interventismo democratico e all’ingresso dell’Italia in guerra nel maggio 1915 venne mobilitato nel 7° reggimento degli alpini, dove fu inquadrato come ufficiale del battaglione Belluno al comando di un plotone della 77a compagnia. Pieri rievocò le operazioni belliche a cui aveva preso parte nel libro La nostra guerra tra le Tofane, pubblicato originariamente con il titolo L’Alto Adige nella guerra mondiale. Il 1915-1916 tra le Tofane (Trieste 1927) e poi più volte ristampato nel corso degli anni Sessanta.
Trascorse, quindi, il biennio 1915-16 sul fronte dolomitico nel settore della Tofana di Rozes partecipando alle numerose offensive contro il Castelletto, solida posizione austriaca. Nel corso di tali offensive, durante una delle quali venne ferito, ricevette due medaglie al valore militare. Il Castelletto fu conquistato nell’estate del 1916. Promosso capitano nel 1917, Pieri, nelle fasi concitate della disfatta di Caporetto, fu assegnato al comando di una compagnia di alpini mitraglieri, quando venne catturato dai nemici insieme con i suoi uomini. Come scrisse: «Il pensiero dominante di chi, travolto in una catastrofe dopo lunghi mesi di guerra e combattimenti e ferite sia fatto prigioniero, non può essere che la fuga» (Un episodio di prigionia. La morte del capitano Enea Guarnieri, medaglia d’oro alpina, in Pieri, 1986, p. 365). Internato a Sigmundsherberg, nel febbraio del 1918 Pieri, insieme con altri ufficiali, chiese e ottenne il trasferimento nel campo di Aschash nei pressi di Linz. Dopo un altro tentativo di fuga, per punizione Pieri fu trasferito nel campo di Komarom in Ungheria. Venne liberato nel 1919 e smobilitato lo stesso anno.
Passato il concorso per l’insegnamento alla fine del 1919, per i primi due anni (1920-22) ebbe incarichi di supplenza in diverse scuole di Firenze. In seguito fu per due anni professore straordinario di storia al Regio collegio militare della Nunziatella a Napoli sino al settembre del 1924.
Nello stesso anno sposò Maria Isotta Bortolotti, professoressa di storia nei licei e a ottobre divenne ordinario di storia e filosofia nei licei classici, venendo assegnato al liceo artistico di Napoli, sulla cattedra di storia e storia dell’arte. Ricoprì tale incarico sino alla fine di ottobre del 1935. Negli stessi anni attese al suo grande lavoro La crisi militare italiana nel Rinascimento, nei suoi rapporti colla crisi politica ed economica (Napoli 1934), favorevolmente recensito da Adolfo Omodeo nel 1935 su La Critica.
In quest’opera Pieri ricostruì la crisi militare degli antichi Stati italiani dal 1494 al 1530 sfatando la classica interpretazione fondata su asserti di Niccolò Machiavelli, che sosteneva come le milizie italiane si fossero rovinosamente sbandate di fronte all’invasione di truppe straniere. In maniera convincente l’autore dimostrò che la crisi militare italiana fu un riflesso della più generale crisi etica e politica che l’Italia stava attraversando. Dopo aver evidenziato gli aspetti deficitari di diversi Stati italiani, Pieri concluse che la politica estera italiana, reggendosi su un equilibrio molto delicato, non era in grado di reggere a forti scosse come quella della calata in Italia del re di Francia Carlo VIII.
Su insistenza di Gioacchino Volpe, che curava insieme con il generale e senatore Francesco Grazioli la collana La guerra e la milizia negli scrittori italiani d’ogni tempo, pubblicò Principe Eugenio di Savoia. La campagna d’Italia del 1706 (Roma 1936), ma di quel periodo lamentò che Volpe «in modo veramente ricattatorio pretese la mia costante collaborazione» (Lettera a G. Salvemini, 24 luglio 1945, in ISRT, Fondo Gaetano Salvemini, Corrispondenza, scatola 119), finché nel 1937 Pieri decise di recidere questo ingombrante legame con uno storico così vicino al regime fascista.
Verso la fine dello stesso anno conseguì la cattedra di storia all’Università di Messina, nella facoltà di magistero dove sarebbe rimasto sino al 1939 (ASUT, stato di servizio di Piero Pieri). Nella già citata lettera a Salvemini Pieri rievocò le difficoltà avute con il regime fascista: «La cricca Ercole-Volpi mi ha ostacolato nei concorsi e nei trasferimenti dopo che mi erano state sbarrate le vie per storia moderna a Palermo nel 1936, storia medievale e moderna a Milano nel 1938 e storia moderna a Firenze nel 1939» (Lettera a G. Salvemini, 24 luglio 1945, cit.). La sua chiamata a Torino fu il risultato di un’azione spontanea ed ‘energica’ di Pietro Fedele il quale, affermò Pieri, «ha avuto certamente nella politica dei gravissimi torti, pure io gli devo la mia profonda gratitudine». Invece Volpe «mi ha sfruttato e maltrattato senza sosta. Nell’aprile del 1940 io gli scrissi che non avrei assolutamente più lavorato con lui», invece, proseguì, «conforto morale ho avuto da Benedetto Croce e in particolare da Adolfo Omodeo. E a Napoli mi fu pure di grande sollievo spirituale la famigliarità e la benevolenza di Giustino Fortunato» (ibid.).
Il 1° giugno del 1939, quindi, si trasferì a Torino dove il 1° dicembre entrò in servizio alla cattedra di storia alla facoltà di magistero, iniziando a partecipare, dal 15 dicembre, ai consigli di facoltà. Il suo aperto antifascismo lo espose a rischi: la sera del 12 febbraio 1945 alcuni uomini del RAP (Raggruppamento Anti Partigiano) e della squadra politica della questura irruppero violentemente in casa sua e trovarono in cantina «sette moschetti, due pistole, e molto materiale di propaganda» (ibid.), dopo essere stati malmenati Pieri, la moglie, i figli Enrico e Silvio (nati a Napoli rispettivamente nel 1926 e nel 1929) e il cognato furono incarcerati con l’accusa di «associazione sovversiva e detenzione abusiva d’armi» (Archivio di Stato di Torino, Sez. Riunite, Fondo Carceri Nuove, sez. 1, serie 1, registro 158). Il 24 aprile fu liberata la moglie, il 26 il cognato, il 27 Pieri con i suoi due figli. Il giorno dopo venne nominato commissario preside per la facoltà di magistero. Della sua facoltà, Pieri rese noto il 16 maggio 1945 che furono sospesi in attesa del giudizio di epurazione due professori: Ferdinando Gribaudi (che poi sarebbe stato reintegrato nel 1947) e Carlo Antonio Avenati, l’unico a essere epurato poiché era titolare della cattedra di storia e dottrina del fascismo, materia dichiarata decaduta dal Consiglio di facoltà di magistero di Torino l’8 settembre 1945 insieme con l’insegnamento di biologia delle razze umane.
Nell’ateneo torinese mantenne la doppia cattedra di storia moderna e di storia romana dal 1940 sino al 1963, anno in cui fu collocato fuori ruolo, ed esercitò con una certa frequenza la carica di preside della facoltà di magistero (nel 1945-48; 1951-54 e dal 1958 al 67 quando venne sostituito da Guido Quazza). Nel 1950 gli venne assegnato come assistente Carlo Pischedda, che avrebbe ottenuto la cattedra solo nel 1966.
Dopo l’uscita della biografia del maresciallo Pietro Badoglio (Pietro Badoglio, Torino 1974, con G. Rochat) la sua attività scientifica venne mano a mano scemando; nel 1976 donò la propria biblioteca alla Biblioteca nazionale universitaria di Torino: il Fondo Pieri consta di 3693 volumi e di 2091 opuscoli,
Morì a Pecetto Torinese il 16 dicembre 1979.
Opere. Una bibliografia parziale degli scritti si trova in P. Pieri, Scritti vari, Torino 1966. Tra le sue opere sono da segnalare Guerra e politica negli scrittori italiani, Napoli 1955; Le forze armate nell’età della Destra, Milano 1962; Storia militare del Risorgimento. Guerre e insurrezioni, Torino 1962, La prima guerra mondiale (1915-1918) all’interno della Storia d’Italia coordinata da Nino Valeri, Torino 1959-1960, e in seguito uscita come libro autonomo con il titolo L’Italia nella prima guerra mondiale, Torino 1965. Giorgio Rochat ha inoltre curato la raccolta di articoli: di Pieri, La prima guerra mondiale 1914-1918. Problemi di storia militare, Roma 1986.
Fonti e Bibl.: Lettere e altri materiali manoscritti di e su P. P. sono consultabili nel suo dossier personale e nei registri dei verbali delle sedute del Consiglio di facoltà di magistero conservate all’Archivio storico dell’Università di Torino (ASUT); nell’Archivio Guido Quazza (AGQ), conservato presso l’Istituto storico della Resistenza di Torino (Istoreto), si trovano alcune lettere di P.; nel Fondo Salvemini conservato presso l’Istituto storico della Resistenza Toscana a Firenze (ISRT) si trova un cospicuo gruppo di lettere di P. a Salvemini soprattutto per gli anni 1945-57, la Biblioteca nazionale universitaria di Torino conserva un fondo di documenti trovati all’interno dei volumi del Fondo Pieri.
G. Rochat, Omaggio a P., in Nuova rivista storica, 1967, pp. 121-126; O. Bovio, P. P., in Rivista militare, I (1980), pp. 107-110; G. Quazza, Profilo di uno storico: P. P., in Rivista di Storia contemporanea, III (1982), pp. 455-464; Guido Quazza. L’archivio e la biblioteca come autobiografia, a cura di L. Boccalatte, Milano 2008, pp. 105-107, 144, 146, 309, 311; G. Rochat, P. P. e la Storia militare all’università dagli anni Trenta agli anni Sessanta, in Le università e le guerre dal Medioevo alla Seconda guerra mondiale, a cura di P. Del Negro, Bologna 2011, pp. 247-251.