PETROBELLI, Pierluigi
PETROBELLI, Pierluigi. – Nacque a Padova il 18 ottobre 1932, primogenito del conte Giuseppe, proprietario terriero, e di Lina Talpo; dopo di lui nacquero Antonio (campione mondiale di motonautica, 1934-1994), Maria Paola, Pisana Elisabetta e Daniela.
Nell’ambiente familiare fu esposto all’esperienza precoce della musica cameristica e lirica eseguita dal vivo; ebbe presto modo di frequentare il teatro La Fenice di Venezia assistendo a importanti ‘prime’: fra di esse, il Rake’s Progress di Igor’ Stravinskij (1951) gli lasciò un’impressione indelebile. Svolse studi classici al liceo Tito Livio e di composizione al liceo musicale Cesare Pollini di Padova dal 1952 al 1956 sotto la guida dell’anziano Arrigo Pedrollo. Rinunciò agli studi universitari di giurisprudenza per quelli letterari, che intraprese a Roma, dove si laureò nel 1957 discutendo con Luigi Ronga una tesi su Giuseppe Tartini. A Padova mantenne contatti duraturi in particolare con Alberto Limentani e Pier Vincenzo Mengaldo.
Dopo aver insegnato materie letterarie nella scuola secondaria a Montagnana e a Legnago per due anni, dal 1959, grazie a una borsa di studio Fulbright, proseguì gli studi negli Stati Uniti su suggerimento di Nino Pirrotta, in un periodo di particolare fermento per la musicologia americana. A Princeton, dove seguì un curricolo avanzato di studi musicologici, venne in contatto con personalità influenti, da Oliver Strunk ad Arthur Mendel al giovane Lewis Lockwood, con il quale sarebbe rimasto in rapporti d’amicizia e di fruttuoso scambio intellettuale.
Conseguito nel 1961 il master of fine arts, proseguì l’attività di ricerca nel Dipartimento di musica della Harvard University, dove fra gli altri insegnava Pirrotta, poi alla University of California a Berkeley, dove collaborò con Vincent Duckles e Minnie Elmer alla redazione del Thematic catalog of a manuscript collection of eighteenth-century Italian instrumental music (Berkeley 1963), collezione lì conservata comprendente opere di Tartini e Michele Straticò. Allo stesso periodo risale l’incontro con Luigi Dallapiccola che a Berkeley teneva una serie di conferenze per la cattedra di cultura italiana e che per Petrobelli rappresentò un riferimento intellettuale importante.
Fatto ritorno in Italia, nell’autunno del 1962 si recò con Lockwood a Cividale del Friuli per esaminare, sulla base di generiche segnalazioni, alcune fonti di polifonia medievale e rinascimentale fino ad allora trascurate: furono poi l’oggetto di un convegno internazionale sulle polifonie primitive di Cividale, collocate per la prima volta in una prospettiva europea (Le polifonie primitive in Friuli e in Europa, Atti del Congresso internazionale, Cividale del Friuli... 1980, a cura di C. Corsi - P. Petrobelli, Roma 1989). Nel 1963 riprese l’insegnamento nella scuola secondaria, ma fu pure incaricato come archivista-bibliotecario (1964-69) nell’Istituto di studi verdiani di Parma, diretto da Mario Medici e presieduto da Ildebrando Pizzetti.
Grazie anche all’esperienza statunitense, Petrobelli assunse il profilo di uno studioso dedicato a differenti aree della disciplina, dal tardo medioevo all’età moderna, in un continuo germinare di linee di ricerca: in particolare, dagli studi tartiniani si svilupparono, a ritroso, quelli dedicati a Corelli, e in avanti a Mozart. Nel 1968 trasse dalla tesi di laurea una monografia fondamentale, Giuseppe Tartini: le fonti biografiche (Venezia-Vienna), attenta rilettura dei dati documentari e primo studio di ampio respiro sulla personalità e sull’opera tartiniana, colte nei loro intrecci con la cultura di metà Settecento (ulteriori studi tartiniani furono raccolti nel 1992 sotto il titolo Tartini, le sue idee, il suo tempo; è rimasto incompiuto un progetto di epistolario).
Nel 1968 Petrobelli promosse a Fusignano, patria di Arcangelo Corelli, un importante convegno internazionale, che di fatto abbracciò tutta la musica strumentale italiana coeva: altri cinque convegni corelliani seguirono tra il 1974 e il 2003. Al di là dei ragguardevoli risultati scientifici, l’iniziativa fusignanese stabilì allora un modello di collaborazione fra la Società italiana di musicologia e le istituzioni locali che, ricalcato in altre città d’Italia, inaugurò una stagione di rapporti fecondi fra la musicologia italiana e numerose amministrazioni locali, secondo un indirizzo di politica culturale condiviso con colleghi come F. Alberto Gallo e Oscar Mischiati.
Nel 1970 assunse l’incarico di bibliotecario e docente di storia della musica nel Conservatorio di Pesaro; nello stesso periodo, a Roma, fu in contatto con il gruppo di Nuova Consonanza, e in particolare con Mario Bertoncini, Guido Baggiani e Giuseppe Scotese. Dal 1970 al 1972 insegnò storia della musica nella facoltà di magistero dell’Università di Parma (sede di Cremona). Un anno dopo si stabilì a Londra, sollecitato da Howard M. Brown: insegnò dal 1973 al 1980 come lecturer in music, e poi reader in musicology, nel King’s College, accanto a Reinhard Strohm e Thomas Walker. Vincitore nel concorso a cattedra bandito nel 1979, rientrò in Italia come professore straordinario e poi ordinario nelle università di Perugia (1980-83) e di Roma La Sapienza (dal 1983 al pensionamento, 2005), dove entrò in amicizia e proficua collaborazione con l’etnomusicologo Diego Carpitella.
Dal 1980 direttore dell’Istituto di studi verdiani, Petrobelli coniugò la propria attività di ricerca, sfociata in una serie di saggi dedicati in prevalenza a casi di studio raccolti nel volume Music in the theater (Princeton 1994; Torino 1998), con un’intensa attività promozionale, risultante in convegni e relativi atti, apparsi principalmente nel periodico Studi verdiani (inaugurato nel 1982), nonché nell’avvio della pubblicazione dei carteggi di Verdi: sotto la sua supervisione apparvero le corrispondenze con Salvadore Cammarano, Antonio Somma e Vincenzo Luccardi, e i primi volumi del carteggio con Giulio Ricordi. Un tema innovativo trattò nel 1994 il convegno su La realizzazione scenica dello spettacolo verdiano (atti curati con F. Della Seta, Parma 1996).
Sotto la sua guida l’Istituto di studi verdiani (riconosciuto ‘nazionale’ nel 1989) acquisì la posizione centrale che gli competeva nel quadro della ricerca internazionale, una posizione ch’era stata in precedenza indebolita dalla fallita collaborazione al progetto di edizione critica delle opere di Verdi. All’edizione Verdi (realizzata congiuntamente da Ricordi e University of Chicago Press) l’Istituto prestò un supporto scientifico indiretto, ma fondamentale grazie alla capacità di Petrobelli di instaurare rapporti di fiducia con quanti custodivano e resero disponibile la documentazione relativa al processo creativo (schizzi e abbozzi). Lungimirante fu altresì l’iniziativa di finanziare ricerche e pubblicazioni grazie a sponsorizzazioni private (in particolare il Rotary Club di Parma).
Nel campo degli studi mozartiani il contributo maggiore fu l’edizione del Re pastore per la Neue Mozart Ausgabe (Kassel 1985, in collaborazione con W. Rehm); ma non meno importante fu la capacità di Petrobelli di porre all’attenzione dei musicologi austro-tedeschi le problematiche relative all’edizione dei testi librettistici italiani, fino ad allora largamente trascurate. Il progetto di edizione digitale dei libretti mozartiani, poi intrapreso dalla Akademie für Mozartforschung (cui fu associato dal 1991), deve non poco alle sue sollecitazioni. Allo stesso ordine di interessi si riferisce un intervento sulla rivista Fontes artis musicae (2010) nel quale delineò un possibile ampliamento del Répertoire international des sources musicales (RISM) ai libretti d’opera, progetto ambizioso quanto problematico, il cui sviluppo è tuttora allo studio.
Membro della redazione della Rivista italiana di musicologia dal 1968 al 1972, membro dal 1973 dello Advisory research committee e dal 1990 della Commission mixte del RISM, Petrobelli fece parte del Directorium della Società internazionale di musicologia (1997-2007). Socio onorario della Royal musical association dal 1997 e della Società internazionale di musicologia dal 2009, nonché socio corrispondente della American musicological society, nel 2000 fu aggregato all’Accademia nazionale dei Lincei, per la quale partecipò alla promozione di alcuni convegni, tra cui, nel 2007, Mozart e il sentire italiano (Atti, Roma 2009). Fu spesso invitato in università straniere, in particolare come visiting professor a Berkeley (1988) e a Harvard (Lauro De Bosis lecturership in history of Italian civilization, 1996), nonché all’École normale supérieure di Parigi (1989, 1997). Nel 1992, per i suoi 60 anni, fu celebrato a Thurnau presso Bayreuth un convegno in suo onore, i cui contributi sono apparsi con il titolo Verdi-Studien (a cura di S. Döhring - W. Osthoff, München 2000); un secondo volume di studi in suo omaggio uscì in Italia nel 2002 (Pensieri per un maestro, a cura di S. La Via - R. Parker, Torino).
Petrobelli morì il 1° marzo 2012 a Venezia, dove, senza abbandonare la residenza romana, aveva preso dimora nel 2005 con il compagno di una vita, l’argentino David Urman.
La sua biblioteca e l’archivio sono stati conferiti in parte alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia e in parte all’Istituto nazionale di studi verdiani, al quale Petrobelli destinò anche un lascito testamentario.
L’influenza esercitata da Petrobelli su molti musicologi della sua generazione e delle due successive promanò soprattutto dall’organica compenetrazione fra le attività di ricercatore, docente e promotore culturale, tre piani d’azione in continuo rapporto. Al numero degli allievi che hanno raggiunto posizioni significative in ambito accademico, nella scuola, nell’organizzazione dello spettacolo, nella direzione d’orchestra vanno aggiunti i numerosi colleghi che in varia misura ne furono toccati (tra essi basti ricordare Wolfgang Osthoff, Gilles de Van e John Rosselli). Petrobelli, studioso di salda formazione umanistica classica, seppe integrare le competenze e i metodi specifici della più matura musicologia statunitense. L’interesse per le problematiche dei processi compositivi da un lato, gli incontri fra musica colta e popolare dall’altro rappresentarono il frutto più originale della sintesi fra quelle due culture, nel momento della massima espansione della musicologia italiana fra il 1970 e il 1990 circa.
La capacità di propagare motivazione e interesse, di aprire percorsi di ricerca poco esplorati e promettenti, e di additarli generosamente ad altri, derivava dall’apertura culturale, dall’efficace comunicativa, da un carattere aperto ed entusiasta (seppur non privo di spigoli), da una passione disinteressata per la disciplina che lo portava a condividere senza remore le proprie conoscenze, unitamente a una vivace curiosità per quelle altrui. I prodotti scientifici, pur di altissimo valore, non basterebbero a spiegare l’influenza dello studioso se non si tenesse conto della personalità e del quadro storico. Informato sulle tendenze più attuali della musicologia, che teneva nel dovuto conto, Petrobelli non si lasciò tuttavia sedurre dalle corse in avanti metodologiche né dall’assolutizzazione del metodo che investirono altre regioni della disciplina (ad esempio, l’analisi strutturale ispirata a Heinrich Schenker o la micro-analisi secondo Leonard B. Meyer), e si tenne fedele a una forma saggistica che poneva in primo piano l’opera e il lettore, al quale essa andava illustrata mediante procedure storiografico-filologiche e analitico-formali di trasparente leggibilità. Il dato storico oggettivo, sempre verificato e discusso con insistita accuratezza, costituì per Petrobelli la base imprescindibile su cui sviluppare una comprensione estetica scevra da astrazioni tardoidealistiche. Ciò non comportò indifferenza per altri percorsi intellettuali, bensì il loro assorbimento in forme personali; per esempio, l’esperienza della semiotica musicale, apprezzata soprattutto attraverso gli scritti di Frits Noske, riaffiora senza ostentazioni in taluni scritti verdiani, nei quali per altro verso l’analisi armonico-formale è messa a frutto per quanto effettivamente rilevante, evitando tecnicismi superflui. Più in generale, gli scritti sul teatro d’opera si fondano sulla frequentazione dello spettacolo nella sua costituzione plurima (poetico-testuale, musicale, visiva, attoriale) più che sulla centralizzazione del testo-partitura preponderante nella tradizione musicologica precedente. La lezione di Petrobelli è stata seguita e sviluppata da un gran numero di allievi in ambiti di ricerca tanto diversi quanto svariati erano gli interessi del maestro.
Fonti e Bibl.: Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le biografie, V, Torino 1988, pp. 675 s.; The new Grove dictionary of music and musicians, XIX, London-New York 2001, pp. 510 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart: Personenteil, XIII, Kassel 2005, coll. 421 s. (con un elenco di pubblicazioni selezionate dallo stesso autore); G. Pestelli, Per P. P., in Studi verdiani, XXII (2010-2011), pp. 7-9.