FOGGINI, Pier Francesco
Nacque a Firenze il 2 apr. 1713 da Giovanni Battista, scultore e architetto; non si conosce il nome della madre. All'età di dodici anni entrò nel seminario arcivescovile di Firenze. Compì gli studi all'università di Pisa dove, sotto la direzione di G. Grandi, filosofo e scienziato galileiano, si addottorò in teologia nel 1735. Ritornato a Firenze, nel 1737 fu ascritto al Collegio dei teologi dell'università: qui discusse le Theses historico-polemicae in celeberrimam cleri Gallicani de ecclesiastica potestate declarationem (Florentiae 1738), che dimostrano come fosse ancora schierato su posizioni tradizionali e filoromane. Si dedicò anche a ricerche di antiquaria toscana, con una Dissertazione sopra un'antica patera etrusca (pubblicata nel 1738 nei Saggi di dissertazioni accademiche della nobile Accademia Etrusca di Cortona, II, p. 93) - Ma benpresto, anche per influsso dell'amico G. Lami, alle cui Novelle letterarie collaborò incessantemente dalla fondazione (1740), Si allineò al filone erudito toscano che in quegli anni era impegnato a esaltare la tradizione autoctona in funzione antilorenese e, soprattutto, a dare agli studi di antiquaria, di erudizione e di storia ecclesiastica serietà e rigore critico secondo il metodo storico maurino, bollandista e muratoriano.
Già nella raccolta di venti dissertazioni intitolata De Romano divi Petri itinere et episcopatu, etusque antiquissimis imaginibus. Exercitationes historico-criticae (Florentiae 1741) il F. rivendicava i vantaggi dell'"arte critica", che ristabilisce la verità storica a favore della Chiesa e contro i suoi nemici. Nella prima dissertazione, infatti, riaffermava, contro le opinioni dei protestanti, che Pietro era stato a Roma e ne era stato il primo vescovo. Ma fu soprattutto la quattordicesima dissertazione, Deprimis Florentinorum apostolis, già pubblicata a parte qualche mese prima (1740), a suscitare una vivace polemica e una vera e propria battaglia, protratta fino alla metà degli anni Cinquanta.
Nello scritto, seguendo l'esempio razionale e scientifico del Lami, che già aveva messo in discussione l'autenticità della vita di s. Zanobi e svalutato gli Atti apocrifi dei santi come pie leggende, dimostrava che né s. Romolo né i ss. Frontino e Paolino erano stati discepoli di S. Pietro e da questo inviati a evangelizzare i Fiorentini, essendo vissuti assai dopo di lui. Contro gli attacchi di F. Soldani, che lo aveva accusato di eresia, il F. ritornò più distesamente sull'argomento, pubblicando La vera istoria di s. Romolo vescovo e protettore di Fiesole ... (Roma-Lucca 1742).
L'opera ribadiva il valore della critica per confondere gli attacchi degli eretici e per ristabilire "una religione di verità", riportando come esempi di clamorose falsificazioni la leggenda di s. Orsola e quella di s. Veronica. Inoltre, nello stesso anno 1742, nel tomo XII delle Deliciae eruditorum (pp. 214-295), vennero pubblicati gli Atti apocrifi di s. Romolo, corredati da prefazione e note critiche del Lami, dell'abate G.M. Mecatti e dei F., irridenti alle "fabellae dignissimae cachinnis" (Rosa, 1956, p. 281). Sempre su questo filone storico-critico il F. aveva dato alle stampe un Breve ragguaglio storico della miracolosa immagine di Maria ss. che si conserva nella pieve detta presentemente dell'Impruneta (Firenze 1741). Si segnalò in questo periodo anche come editore di antiche fonti, curando la pubblicazione in caratteri unciali di un codice di Virgilio posseduto dalla Biblioteca Mediceo-Laurenziana: P. Vergili Maronis codex antiquissimus a Rufio Turcio Aproniano... distinctus et emendatus ... (Florentiae 1741).
Insegnava lettere umane nel seminario arcivescovile e stava per essere chiamato alla cattedra di storia ecclesiastica nell'università di Pisa, quando, nel 1741, venne invitato a trasferirsi a Roma dal concittadino G.G. Bottari, legatissimo al cardinale Neri Corsini e al suo entourage toscano: proprio il Bottari aveva fatto conoscere e apprezzare il lavoro di revisione storiografica del F. a Benedetto XIV (Roma, Bibl. Corsiniana, Cors. 2015, cc. 255, 296).
Il F. giunse a Roma nell'aprile 1742 e si installò nel palazzo Corsini alla Lungara. Godette subito del favore di Benedetto XIV, che lo nominò membro dell'Accademia di storia ecclesiastica (11 nov. 1742): in essa il F. pronunciò alcune dissertazioni (Dammig, p. 102). Nel 1744 ottenne un beneficio nella basilica di S. Giovanni in Laterano dal cardinale Corsini che ne era l'arciprete (il F. scriverà più tardi un trattato Del clero lateranense, Roma 1758); nel 1746 fu nominato dal pontefice coadiutore del Bottari, con diritto di successione, nell'ufficio di secondo custode della Biblioteca Vaticana; sempre per la protezione dei Corsini ebbe la direzione del collegio "Bandinelli", il collegio nazionale fiorentino di Roma, di cui Bartolomeo Corsini era protettore. A sua volta, il F. fece nominare rettore D. Cantagalli (1748).
Frattanto il F. proseguiva gli studi di storia ecclesiastica e le edizioni di fonti: nel 1743 aveva pubblicato, corredata di prefazione e note, un'antica traduzione latina del libro di s. Epifanio (S. Epiphanii Salaminis in Qypro episcopi de XII gemmis rationalis summi sacerdotis Hebraeorum liber ad Diodorum, Romae 1743), seguita da un'altra traduzione latina dell'opera dello stesso autore (Commentarium in canticum canticorum..., ibid. 1750). Ma, anche per influsso del Bottari, ben presto l'attività di studioso e di teologo del F. assunse caratteri di impegno attivo e di dura polemica, nonostante che la mitezza e l'innata moderazione della sua indole lo mantenessero sempre lontano da eccessi.
Sul piano dottrinale egli aderiva alla scuola teologica agostiniana, come dimostrano l'apprezzamento per la contestata opera di G.L. Berti (1747) e l'appoggio a C. Migliavacca nella sua lunga polemica con S. Maffei sulla grazia e il libero arbitrio, espresso anche in un voto redatto per la congregazione del S. Offizio (Dammig, pp. 109, 304 s.). Riflesso di queste posizioni fu la battaglia antigesuitica che egli combatté a fianco del Bottari. Nel 1753 collaborò con questo e con il cardinale D. Passionei per bloccare la causa di beatificazione del gesuita R. Bellarmino: il F., che stese una serie di Osservazioni contro di essa (ibid., p. 280), partecipò alla redazione del celebre voto del cardinale Passionei e pubblicò a Milano, anonima e con la falsa data di Lovanio 1754, una Lettera apologetica intorno all'edizione fatta in Roma per comando di Sisto V della Vulgata Latina l'anno MDCX, nella quale si stigmatizzava la condotta del Bellarmino nella correzione della Vulgata sistina e, sulla base dell'autobiografia del cardinale, lo si rimproverava di "infedeltà, e vanità" e di "politica speculazione" (Annali ecclesiastici, 1783, p. 127); insieme con il Lami, poi, il F. favorì la pubblicazione dei Voti degli em. ... cardinali B. G. Barbarigo, G. Casanate, D. Azzolini, D. Passionei nella causa della beatificazione del cardinale Roberto Bellarmino..., Ferrara (ma Venezia) 1762, in cui, insieme con il voto del Passionei, erano raccolti i voti che avevano già bloccato la causa nel 1675.
Negli anni 1756-59 si occupò della traduzione e pubblicazione di libri francesi e dell'istruzione pastorale del vescovo di Soissons, F. de Fitz-James, che confutavano l'opera, poi condannata, dei gesuiti J. Hardouin e I. Berruyer (Dammig, p. 250); alla fine degli anni Cinquanta, in relazione agli avvenimenti del Portogallo che culminarono nell'espulsione della Compagnia di Gesù, si impegnò, con tutto il cosiddetto circolo dell'Archetto - vale a dire il gruppo del fronte antigesuitico che si riuniva a palazzo Corsini sotto la guida di Bottari e del F. stesso -, nella diffusione di notizie e nella redazione di opuscoli contro la Compagnia. Notevole fu anche il ruolo del F. in qualità di teologo del cardinale Neri Corsini (e successivamente del nipote Andrea), poiché si trovò a prepararne i voti per la congregazione del S. Uffizio, di cui il cardinale era segretario. In questa veste il F., nel corso delle trattative tra Benedetto XIV e la Francia sull'amministrazione dei sacramenti agli appellanti e delle discussioni per la preparazione dell'enciclica del papa ai vescovi francesi in materia (16 ott. 1756), si schierò a favore della richiesta della corte francese che si considerassero immeritevoli dei sacramenti solo i refrattari pubblici e notori; soprattutto, insieme con tutti i circoli riformatori e filogiansenisti, spinse, senza successo. per ottenere dal papa - che pure non dichiarava, nell'enciclica, la bolla Unigenitus "regula fidei" - una spiegazione di quest'ultima che si configurasse come una vera e propria revisione (Dammig, pp. 326 ss.).
In questi anni, proprio per l'influsso esercitato dal F. sul Lami, anche le Novelle letterarie divennero eco e strumento della discussione teologica e morale, della battaglia antigesuita nonché della sempre più stretta collaborazione che intercorreva fra il gruppo romano ruotante intorno al circolo riformatore dell'Archetto e quello fiorentino (Rosa, 1956, p. 298).
L'agostinismo, unito al tentativo - non sempre possibile né riuscito - di distinguerlo dal vero e proprio giansenismo, indusse il F. a contribuire alla discussione sulla predestinazione e la grazia, avviando una fitta serie di pubblicazioni di testi patristici che convalidassero con la loro autorità la "sana dottrina" della Chiesa contro "le scandalose novità molinistiche" (Annali ecclesiastici, 1783, p. 126) e che liberassero dalle accuse di giansenismo i sostenitori di quelle tesi. Così egli si schierò contro l'interpretazione estensiva e benignistica della salvezza nel Patrum Ecclesiae de paucitatae adultorum fidelium salvandorum, si cum reprobandis fulelibus conferantur, mira consensio adserta et demonstrata, Romae 1752 (l'opera fu ripubblicata a Parigi nel 1759e tradotta in francese nel 1760) e, soprattutto, cominciò la raccolta di scritti di s. Agostino e di altri padri sulla grazia, sul libero arbitrio e sulla predestinazione, pubblicata dal 1754al 1771in otto volumetti (S. Augustini De gratia Dei et libero arbitrio hominis et praedestinatione sanctorum opera selecta, Romae 1754, tradotto in francese e ristampato a Parigi e Napoli; S.Augustini ... Enchiridion ad Laurentium, sive de fide, spe et charitate liber unus, ibid. 1754; S. Prosperi Aquitani... De gratia Dei et libero arbitrio hominis et praedestinatione sanctorum opera omnia, ibid. 1758; S. Prosperi Aquitani... Carmen de ingratis, ibid. 1759; S. Fulgentii... De gratia Dei et libero arbitrio hominis et praedestinatione Sanctorum opera quae extant, ibid. 1760; nel 1771pubblicò gli ultimi volumetti, relativi agli "scrittori della Chiesa di Lione", con opere di s. Remigio vescovo, Floro diacono e s. Prudenzio).
Nel corso degli anni Cinquanta il F. passava a posizioni sempre più rigoriste: cosi, se nell'annoso dibattito sull'usura si era schierato, con il Lami e le Novelle letterarie, a favore delle posizioni dei Maffei contro le tesi intransigenti di D. Concina (Dammig, p. 107), successivamente condivise le posizioni rigoriste del Concina contro il Maffei in materia di teatro e spettacoli. Egli stesso, che, in qualità di revisore, aveva dato l'approvazione al libro del Concina De spectaculis theatralibus (1752), pubblicò diverse operette, per lo più anonime, volte a sostenere l'illiceità per il cristiano di assistere a tali manifestazioni, sulla scorta dell'autorità dei santi a cui si ispirava come esempio e che proponeva come modelli: Carlo Borromeo, Francesco di Sales e Filippo Neri (S. Caroli Borromaei... opusculum de choreis, et spertaculis in jestis diebus non exhibendis. Accedit collectio selectarum sententiarum eiusdem adversus choreas, et spectacula..., Romae 1753; Veri sentimenti di s. Carlo Borromeo intorno al teatro, tratti dalle sue lettere, Roma 1751 Venezia 1754; Veri sentimenti di s. Francesco di Sales intorno al teatro, Roma 1753 e 1754; Veri sentimenti di s. Filippo Neri intorno al teatro, ibid. 1753 e 1755). In una Consultazione teologico-morale, se chi interviene per necessità ai teatri pubblici, vipossa intervenire lecitamente, e in qual maniera (ibid. 1754, 1755 e ancora 1770) ribadiva le tesi più rigoriste.
Alla morte di Benedetto XIV, il F. fu scelto dal cardinale Corsini come suo dapifero in conclave (1758). Nel 1768, passato il Bottari, dopo la morte di G.S. Assemani, alla carica di primo custode della Vaticana, ebbe, non senza difficoltà e per intervento del Corsini, la nomina a secondo custode. Durante il pontificato di Clemente XIII, in cui la situazione divenne difficile per il gruppo riformatore romano, il F., oltre a continuare la battaglia antigesuitica, andò accentuando le simpatie gianseniste: mentre in precedenza aveva respinto le posizioni degli appellanti francesi per la loro intransigenza e "spirito di partito" (Appolis, p. 183)., ora si schierò apertamente a favore della pubblicazione a Napoli della traduzione italiana del catechismo dell'appellante R-Ph. Mésenguy (due edizioni, 1758-60 e 1761), in aperta sfida alla condanna dell'originale da parte della Congregazione dell'Indice, e tentò invano, nel voto preparato per Corsini quale membro del S. Uffizio, di impedire una nuova condanna (Cors. 1486, cc. 261-264).
La traduzione era opera del suo protetto D. Cantagalli, che venne poi, nel 1765, esiliato da Roma. Il F., come il Bottari, era in corrispondenza con il consigliere La Motte du Coudray e con l'abate appellante A.-J.-C. Clément, che fornivano le notizie della Francia: quest'ultimo, poi, conosciuto a Roma nel 1758e rivisto nel 1769, fu il tramite dei contatti con la Chiesa giansenista di Utrecht. Nel 1758, ancora in un parere redatto per il Corsini, relativo alle tesi presentate al pontefice dal generale degli eremiti agostiniani, F.S. Vasquez, in difesa della dottrina agostiniana, si espresse sulla necessità che Clemente XIII emanasse un breve di conferma di piena ortodossia, specialmente quanto alle tesi sulla grazia e predestinazione (Cors. 1485, cc. 204-207). Nel 1760, con un altro voto, contribuì alla condanna del gesuita F. Neumayr, che aveva scritto a difesa del probabilismo (Cors. 1486, cc. 52-55). Più prudente fu invece il voto espresso nel 1762, sempre per Corsini, sulla questione posta dal papa al S. Uffizio se condannare le decisioni dei Parlamenti francesi di sopprimere la Compagnia di Gesù in Francia: pur approvando la misura, il F. era perplesso per l'ingerenza del potere civile in materia ecclesiastica (Cors. 1489, cc. 351-353). Nello stesso anno difese, invano, dalla condanna la pastorale del vescovo di Soissons, Fitz-James, a favore dei quattro articoli gallicani, intervenendo poi su quella analoga del vescovo di Angers, J. de Grasse, e suggerendo di "evitare con una prudente dissimulazione le controversie" (ibid., cc. 370-373).
Naturalmente, la sua visione tutta religiosa della cultura lo rendeva chiuso, refrattario e ostile a quella laica e, quindi, pienamente solidale con la battaglia antilluminista sferrata nel corso del pontificato di Clemente XIII: battaglia sostenuta e anzi sollecitata, come del resto avveniva pure in Francia, anche dal fronte giansenista. Così, nel 1759, il F. non solo si allineò con la richiesta del S. Offizio di condannare il libro di Helvétius De l'esprit, ma aggiunse anche la proposta di una enciclica papale diretta contro la stampa che si ispirava "al libertinaggio dello spirito". Nello stesso anno, schierato con gli "zelanti" di Curia, si espresse con toni duri a favore della condanna dell'edizione lucchese dell'Encyclopédie in un voto interamente ripreso dal Corsini (Cors. 1484, cc. 184-226 e Rosa, 1972, pp. 141-147).
Mentre gli ultimi anni del pontificato di Clemente XHI denunciano un certo disorientamento e rassegnazione del F., l'elezione di Clemente XIV (1769) segnò ancora una svolta. Con il nuovo pontefice, che lo ascrisse tra i suoi camerieri d'onore, ebbe un ruolo rilevante nella soppressione della Compagnia di Gesù. Dal cardinale A. Corsini, che presiedeva la congregazione speciale istituita nell'agosto 1773 per procedere all'esecuzione del breve di soppressione, vennero affidate al F. l'ispezione del collegio inglese, retto dai gesuiti, e l'amministrazione dello stesso, che mantenne fino alla morte. In questa veste, ebbe il delicato incarico di custodire per alcuni giorni l'ex generale dell'Ordine, il concittadino L. Ricci. Collaborò, inoltre, con il cardinal Corsini, nominato il 15 luglio 1776 vescovo di Sabina, nell'organizzazione della vita pastorale della diocesi, con particolare cura per il seminario diocesano.
Dopo la morte del Bottari (4 giugno 1775), il F. ne proseguì l'attività, divenendo la guida del circolo dell'Archetto e il punto di riferimento romano della Chiesa giansenista di Utrecht. Tuttavia, per gli aderenti al movimento filogiansenista e anticuriale, la situazione andava nuovamente inasprendosi nel corso del pontificato di Pio VI: nonostante ciò, il papa nominò il F. cameriere segreto e, dopo la morte del primo custode della Vaticana, S.E. Assemani, gli accordò, il 5 dic. 1782, il posto di primo custode e, contemporaneamente, a causa dell'età, il pensionamento a pieno stipendio.
Cautela e prudenza caratterizzarono il comportamento del F. anche in questa fase, in cui si delineavano più forti fratture fra gli esponenti del filogiansenismo e del riformismo cattolico e la S. Sede. Il F., che aveva conosciuto S. de' Ricci fanciullo a Firenze, era rientrato in contatto con il futuro vescovo giansenista di Prato e Pistoia dapprima nel primo soggiorno romano di questo, tra il 1756 e il 1758, poi nel 1775, quando il Ricci fu suo ospite a palazzo Corsini, e nel 1780, in occasione della consacrazione vescovile. Il F. assisteva e consigliava il Ricci, ad esempio esortandolo a bloccare "i libracci degl'increduli" di cui l'Italia "era inondata" (Rodolico, p. 10). Ma, soprattutto, il F. consigliava al vescovo maggior moderazione nel suo impeto riformistico e antipapale. Se approvava la lettera pastorale del vescovo contro la devozione al Sacro Cuore di Gesù, consigliava però anche di evitare una polemica pubblica (Dammig, p. 113); non approvava, invece, gli attacchi di G.A. Pujati, appoggiato da Ricci, alla pratica della Via Crucis e, alla vigilia del viaggio di Pio VI a Vienna, espresse un duro giudizio sul riformismo regalista e giurisdizionalista di sovrani come Giuseppe II e Pietro Leopoldo.
Forse consapevole di essere ormai estraneo all'evoluzione regalista e antiromana del movimento, che lo tenne un poco in disparte, dopo un primo attacco di apoplessia, nel 1781, e una malattia agli occhi che lo rese quasi cieco, soggiacque a un secondo attacco e morì a Roma il 1° giugno 1783. Per sua volontà fu sepolto nella chiesa nazionale di S. Giovanni dei Fiorentini.
Un elenco completo delle opere del F. si trova in Novelle letterarie, 1783, coll. 651-655.
"Gracile di natura ma instancabile nello studio", il F. è stato quasi sempre collocato in secondo piano rispetto alla personalità del Bottari e rappresentato, probabilmente a torto, come dotato di una sensibilità meno moderna, più clericale e poco o niente regalista (Codignola; Appolis). In realtà, essendo vissuto fino alla svolta degli anni Ottanta, nelle sue prese di posizione è più visibile la differenza di atteggiamenti e convinzioni che separa la cosiddetta prima generazione di riformatori ecclesiastici dai "ribelli" della seconda metà del secolo. Forse non giansenista in senso stretto né, tanto meno, cattolico illuminato, il F. fu un rigorista in teologia e in morale, un instancabile editore e difensore di testi patristici, operosissimo sul piano del proselitismo; tuttavia, l'attenzione preminente verso la polemica religiosa ha forse fatto trascurare il suo apporto non disprezzabile al rinnovamento in senso moderno, critico e antisuperstizioso dei metodi e delle fonti della storia ecclesiastica e dell'agiografia e, dunque, la sua non estraneità a uno dei filoni nuovi del mutamento della cultura europea.
Fonti e Bibl.: Manca una monografia sul Foggini. Roma, Biblioteca dell'Accademia nazionale dei Lincei, Sezione Corsiniana: vi sono conservati i suoi carteggi (A. Silvagni, Catalogo de' carteggi di G.G. Bottari e P.F. F., a cura di A. Petrucci, Roma 1963, pp. 239-259; l'Appendice, relativa a Lettere di G.G. Bottari e P.F. F. in altre biblioteche e archivi d'Italia, pp. 263-278, segnala, tra gli altri fondi, anche le lettere a S. de' Ricci, in Archivio di Stato di Firenze, Carte Ricci, e quelle, numerosissime, a G. Lami, in Firenze, Biblioteca Riccardiana, su cui vedi M. Vaussard, Autour du jansénisme italien. La correspondance inédite de l'abbé F. avec G. Lami à la Bibliothèque Riccardienne, in Revue d'histoire moderne et contemporaine, III [1956], pp. 298-303). Sempre nella Corsiniana si trovano molti scritti del F.: in particolare, nei Cors. 1479-1491 sono conservati i voti da lui redatti per conto dei cardinali N. e A. Corsini. A Parigi, nella Bibliothèque du Séminaire Saint-Sulpice, sono le sue lettere al consigliere du Coudray e a A-J.-C. Clément (Lettres italiennes à M. La Motte du Coudray conseiller au Chátelet, tt. I-IV, 1759-1766, e Papiers de A.-J.-C. Clément, III, Lettres de l'abbé P.F. F., 1759-1783); sempre a Parigi, nella Bibliothèque de l'Arsenal, Papiers de l'abbé A.-J.-C. Clément, mss. 4982 e 4983, sono conservate lettere del F. a Clément e il suo "parere" del 1770 sulla soppressione della Compagnia di Gesù. A Utrecht, Rijksarchief, fondo Port Royal et Unigenitus, si trovano lettere a Clément e a G. Dupac de Bellegarde (pubbl. da M. Caffiero, Lettere di Roma alla Chiesa di Utrecht, Roma 1971, pp. 65-85). Per la biografia sono stati utilizzati in particolare: il necrologio di G.C. Amaduzzi, in Annali ecclesiastici, 18 luglio 1783, pp. 121-124; 25 luglio 1783, pp. 125-128; Novelle letterarie, 10 ott. 1783, coll. 643-655 (Elogio di mons. P.F. F.); E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del secolo XVIII, Città del Vaticano 1945, passim (ma soprattutto pp. 98-115), che utilizza ampiamente i carteggi e gli altri documenti della Bibl. Corsiniana; M. Rosa, Atteggiamenti culturali e religiosi di G. Lami nelle "Novelle letterarie", in Annali della Scuola norm. sup. di Pisa, XXV (1956), pp. 278, 280 s., 288 s., 293, 298, 301, 305, 310 s., 314, 316, 327, 330, che utilizza le lettere del F. a Lami della Bibl. Riccardiana di Firenze.
Sul F. si vedano inoltre: N. Rodolico, Gli amici e i tempi di Scipione dei Ricci, Firenze 1920, pp. 6-11; A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 113-117; B. Matteucci, Scipione de' Ricci, Brescia 1941, pp. 20 ss.; E. Codignola, Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio de Vecchi, I, Firenze 1944, pp. 33-39 e ad Indicem; Id., Illuministi, giansenisti e giacobini nell'Italia del Settecento, Firenze 1947, pp. 72-80; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, 1, Roma 1953, pp. 132, 287-290; XVI, 3, ibid. 1955, p. 100; E. Appolis, Entrejansénistes et zelanti. Le "tiers parti" catholique au XVIII, siècle, Paris 1960, ad Indicem; P. Stella, Il giansenismo in Italia. Collez. di documenti, I, 1, Zürich 1966, ad Indicem; 2, ibid. 1970, ad-Indicem; F. Venturi, Settecento riformatore, I, Da Muratori a Beccaria, Torino 1969, ad Indicem; M. Rosa, Encyclopédie, "lumières" et tradition au 18e siècle en Italie, in Dix-huitième siècle, 1972, 4, pp. 141, 147; F. Venturi, Settecento riformatore, II, La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti 1758-1774, Torino 1976, ad Indicem; Dictionn. d'hist. et de géogr. ecclés., XVII, coll. 713-715.