FERRANTI, Pier Francesco
Nacque a Bologna nel 1613. La data di nascita di questo pittore, fin qui indeterminata, si può stabilire in base alla notazione circa il battesimo di un Pier Francesco Ferranti, figlio di Orazio e di una Catta (Caterina), che si legge nell'elenco dei battezzati di Bologna redatto dal Carrati, ove tale nome compare due volte: alla data 8 nov. 1612 e nel novembre 1613 senza indicazione di giorno. Si può ipotizzare che un figlio cui era stato imposto questo nome fosse morto in tenera età e che il suo nome fosse stato dato al successivo, nato l'anno seguente. In parte della storiografia viene indicato erroneamente come Giovan Francesco (forse sulla base dell'Indice delloZanotti al Malvasia); peraltro il nome Pier Francesco è confermato dai contratti (Mischiati, 1980) e dalla firma autografa. Che l'artista fosse figlio di Orazio (la data di morte del quale, avvenuta a Bologna, il 6 genn. 1635 all'età di 60 anni, si ricava dal manoscritto B. 911, sempre redatto dal Carrati), viene confermato da un documento del 1649 (Fiori, 1970).
Una cronologia come questa appare coerente con la data 1642 annotata dal Masini (1666) per il dipinto meglio conservato e più ricordato dalle fonti tra quelli della scarsamente nota attività bolognese del F.: S. Paolo placa la tempesta, per il coro di S. Paolo Maggiore. Non corrisponde invece la data 1625 riportata dall'Oretti, che riferisce al F. il disegno di una figura allegorica di Felsina incisa e dedicata al Senato di Bologna: una data troppo precoce se si accetta il 1613 come anno di nascita del Ferranti.
Se nella tela di S. Paolo l'artista appare impegnato, indipendentemente anche rispetto a G. F. Gessi, di cui fu allievo (Thieme-Becker), in una personale rimeditazione sulla grande eredità di L. Carracci e di G. Reni, molto meno si può oggi arguire circa i suoi orientamenti stilistici dalle altre opere eseguite a Bologna, che non dovettero essere molto numerose: un affresco con un Miracolo di s. Antonio da Padova dipinto sotto al portico di S. Francesco (Masini, 1666; Malvasia, 1678 [v. anche Indice, 1841]; Oretti), oggi molto deperito; uno "sfondato" nel soffitto di una sala di palazzo Malvezzi con Due virtù che si tengono per mano (Malvasia, Oretti); una Crocifissione nel cortile di palazzo D'Accursio, oggi quasi scomparsa (Ricci-Zucchini, 1968, p. 5).
In questi anni si colloca probabilmente anche una bella tela con Mosècon le tavole della legge del bolognese Museo Davia Bargellini (Colombi-Ferretti, 1982). A Piacenza è documentato nel 1644, ma è possibile che vi avesse soggiornato in precedenza: lo fa supporre l'iscrizione riferita alla costruzione, nel 1635, della cappella di S. Antonio nella chiesa parrocchiale di Rivalta, ove si legge tra l'altro "Eques Franciscus Ferrante imaginerri S. Antonii pinxit". Un'esecuzione in epoca giovanile per la pala di questa cappella si deduce dalla freschezza stilistica non sempre presente in opere successive e dal riconoscibile legame con il Gessi (Benati, 1989). Il suo soggiorno a Piacenza fu molto ricco di commissioni per opere oggi in parte perdute. Nel 1644 dipinse un gruppo di angeli a fresco per la chiesa di S. Maria Maddalena delle Convertite, e la Vergine e s. Carlo (Carosi, 1780), identificata, con qualche dubbio, con un interessante dipinto con la Vergine e il Bambino, s. Carlo, s. Andrea, s. Teresa, s. Elisabetta[?] e una donatrice, oggi nella chiesa di S. Antonino. Questa tela potrebbe derivare da una committenza farnesiana se, come si può supporre in base ai ritratti noti, nella donatrice può essere riconosciuta Margherita Aldobrandini duchessa madre, e nella figura femminile con la corona Margherita de' Medici, sposa del duca Odoardo, nota per la sua devozione al Carmelo. Non più esistente è la decorazione a fresco della volta della chiesa di S. Bernardo (ibid. 1780), mentre la tela, per la stessa chiesa, con La Vergine appare a s. Bernardo è stata identificata con quella conservata oggi sulla controfacciata della Chiesa del S. Sepolcro (Arisi, 1978). Nella chiesa di S. Brigida, scomparsa la decorazione del catino absidale (Carasi, 1780), rimangono due dipinti: S. Brigida che guarisce una cieca e L'apparizione della Vergine a s. Filippo Neri, firmato e datato 1649.
In questi dipinti l'artista sembra adottare, forse per esigenza della committenza, composizioni semplificate, con una certa corsività. Un percorso stilistico non del tutto lineare, con notevoli diversità di risultati tra opere di maggiore impegno, in cui mostra indubbie capacità, e altre prive di originalità di invenzione, dovette causargli qualche insuccesso. Il suo soggiorno piacentino infatti non fu privo di contrasti, come testimonia una lettera di suo pugno (indirizzata al marchese J. Gaufrido a Parma), scritta da Piacenza il 6 febbr. 1648 (Carteggio farnesiano interno), per lamentare il rifiuto di un suo quadro con danno della sua reputazione; nella lettera l'artista fa anche riferimento a mortificazioni subite "quando si faceva il teatro". A probabile dunque che avesse partecipato all'ornamentazione di uno dei teatri di Piacenza: o quello della Cittadella, costruito verso il 1641 (B. Adorni, Architettura farnesiana a Piacenza, Parma 1982, p. 236), o quello nel salone del palazzo comunale del 1644, ove in quell'anno si era allestita una rappresentazione in onore di Odoardo Farnese (A. Rapetti, Il teatro Ducale nel palazzo gotico, in Boll. stor. piacentino, XLVI [1951], 3-4, pp. 45-51).
In una lettera al pittore da Parma, datata 1º febbr. 1648, un certo G. M. Capello lo invitava a recarsi a Parma, ove alcuni gentiluomini erano pronti a commissionargli delle opere. Ma nulla si sa di una sua attività in questa città.
Esegui nel 1648 la decorazione del coro di S. Maria di Campagna in Piacenza, distrutto alla fine del XVIII secolo; e si trovava in quella città l'anno seguente, quando eseguì probabilmente l'interessante dipinto con S. Orsola che presenta alla Vergine le prime suore e le prime educande (ancora presso il collegio delle orsoline di Piacenza), attribuitogli su base stilistica (Arisi, 1978), e forse il ritratto della Madre fondatrice A. F. Morello, (conservato nello stesso luogo). Inoltre aveva ottenuto, per intervento della duchessa Margherita Farnese, la commissione di dipingere quattro ante dell'organo in cornu evangeli per la chiesa di S. Maria di Campagna. Nel luglio di quell'anno veniva stipulato il contratto con la fabbriceria: il progetto redatto dal pittore prevedeva la raffigurazione dei profeti Geremia e Isaia, all'esterno, e della Visitazione, all'interno, sostituita poi con le figure di Salomone e della Regina di Saba (firmate e datate "Eq. Ferrante. Bonon. F. anno Dni MDCLII"; cfr. Mischiati, 1980). Ultimati alla metà del 1653, i dipinti vennero rimossi dalla sede originale nel 1780: le due tele con i profeti, acquistate dai marchesi Landi, furono collocate nella parrocchiale di Rivalta di Gazzola; le altre due, trasferite in S. Vincenzo, si trovano attualmente al Museo civico di Piacenza.
Questi dipinti sono tra le realizzazioni più felici del F.: i due profeti ambientati in maestose architetture paiono memori dell'intonazione oratoria della migliore tradizione bolognese; le due figure di Salomone e della regina di Saba mostrano, nella ricerca crornatica e nell'elegante presentazione di intonazione quasi profana, oltre a un rinnovato interesse per il Guercino, una informazione più diretta sulla cultura figurativa veneta. Di recente è stata segnalata una certa vicinanza di queste figure con il grande dipinto Le nozze di Perseo del palazzo comunale di Mantova (Agosti, 1992).
Nella pala d'altare con la Visione di s. Ildefonso per la chiesa di S. Maria in Gariverto, a Piacenza, del 1652, l'artista sembra tornare ai modi più tipici delle sue tele di intonazione pietistica, basati su modelli ormai collaudati. I due quadri laterali con Miracoli del santo sono oggi mal giudicabili a causa di un cattivo restauro.
Le ultime notizie del pittore a Piacenza sono del 1653: nel maggio gli nacque una figlia; nel luglio ricevette il saldo per le ante di S. Maria di Campagna. La data di morte, posta talvolta erroneamente nel 1652, non è conosciuta. Una notizia riportata dal Susinno (1724) ricorda l'attività di un Pier Francesco Ferranti, bolognese, allievo del Reni, autore di opere non rintracciate a Palermo e Messina (Agosti, 1992), dove sarebbe morto nel 1676.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Parma, Carteggio farnesiano interno, gennaio-aprile 1648, cassetta 399; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, ms. B 863: B. A. M. Carrati, Battesimi, 1610-1619, cc. 74, 97; Ibid., ms. B. 911: Id., Li morti e seppeliti in varie chiese di Bologna, I, c. 320; A. Masini, Bologna perlustrata, I, Bologna 1666, p. 626; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, ms. B 127 (sec. XVIII): M. Oretti, Notizie de' professori del disegno..., V, cc. 262 e 1, aggiunta dopo c. 483; C. C. Malvasia, Felsina pittrice [1678], con aggiunte..., a cura di G. P. Zanotti, Bologna 1841, II, pp. 85, XXXI dell'Indice; F. Susinno, Le vite dei pittori messinesi [1724], a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, pp. 201 s.; C. Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, pp. 54, 91, 104, 107; C. Zani, Enciclopedia... delle belle arti, Parma 1820, VIII, I, p. 237; [M. Gualandi], Memorie originali ital. risguardanti le belle arti, I, Bologna 1840, p. 165; L. Scarabelli, Guida ai monumenti stor. e artistici della città di Piacenza, Lodi 1841, p. 168; G. Buttafuoco, Nuovissima guida della città di Piacenza, Piacenza 1842, pp. 51, 78, 86, 175 s.; P. A. Coma, Storia ed arte in S. Maria di Campagna di Piacenza, Bergamo 1908, pp. 99, 194 s., 236; V. Pancotti, Quattro dipinti nella chiesa di S. Brigida, in Ars nova, III (1924), 1, pp. 55 s.; E. De Giovanni, La chiesa di S. Vincenzo nell'arte, in La Nostra Fiamma, 1946, num. un. pp. 20-27; F. Arisi, IlMuseo civico di Piacenza, Piacenza 1960, nn. 202, 205, 212; E. Riccomini, Ipittori del coro di S. Paolo a Bologna, in Arte antica e moderna, XX (1962), pp. 448-455; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1968, pp. 5, 35, 172, 199; G. Fiori, Notizie biogr. di pittori piacentini dal '500 al '700, in Arch. stor. per le prov. parmensi, XXII (1970), p. 109; F. Arisi, Le ante d'organo del cavalier F. per S. Maria di Campagna, Piacenza 1978, pp. 11-20; O. Mischiati, L'organo di S. Maria di Campagna a Piacenza, Piacenza 1980, pp. 52-57, 132-136, 199, 201-207; A. Colombi-Ferretti, in IlMuseo Davia Bargellini, Bologna 1982, scheda 26, p. 101; F. Arisi, S. Maria di Campagna a Piacenza, Piacenza 1984, pp. 52 ss., 59, 109-117, 381-385; E. Colli-D. Scaglietti Kelescian, M. Oretti e il patrimonio artistico privato bolognese, Bologna 1984, p. 101; D. Benati, La pittura della prima metà del Seicento in Emilia e in Romagna, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, I, pp. 236, 242, 243; II, 735; IlCastello di Rivalta. Itinerario e cenni storici, Piacenza 1991, p. 33;G. Agosti, Le nozze di Perseo, Mantova 1992, p. 15;P. Ceschi Lavagetto, La pittura del Seicento nelle chiese e palazzi di Piacenza, in La pittura in Emilia e in Romagna. Il Seicento, II, Milano 1993, pp. 134ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 437 s. (sub voce Ferrante, Pietro Francesco).