BROCCARDO, Persico
Originario di Cremona, aveva titolo di conte; si ignora la data della nascita. Svolse per molti anni le funzioni di ambasciatore del re di Spagna, Filippo II, e per qualche tempo anche del governatore di Milano, il duca di Alburquerque. Le sue missioni più impegnative risalgono agli anni tra il 1561 e il 1563, in cui i rapporti tra il pontefice Pio IV e il re di Spagna si fecero tesi, a causa delle difficoltà sorte per la riapertura del concilio.
La convocazione della seconda sessione infatti fu particolarmente ostacolata dalle contrastanti pregiudiziali poste dalla Spagna e dalla Francia: la prima esigeva che ogni decreto conciliare precedentemente approvato fosse rispettato e non venisse rimesso in discussione; l'altra, appoggiata dall'imperatore, rifiutava di accettare il concilio come continuazione di quello iniziato sotto Paolo III e continuato sotto Giulio III, nel timore di precludersi definitivamente ogni dialogo con i protestanti. Nonostante la voluta ambiguità della bolla di convocazione (29 nov. 1560), che permise al pontefice di rassicurare segretamente ambedue i sovrani, un anno dopo la diffidenza di Filippo II non era ancora stata fugata, come testimonia la missione diplomatica a Roma del B. avvenuta in quel periodo.
Secondo il Pastor Filippo II aveva già ceduto al pontefice e dato il suo consenso alla partenza dei vescovi spagnoli nel maggio del 1561, fatto che invece è smentito dalla relazione di questa ambasceria. Tale documento fu redatto dal B. (partito da Madrid il 24 luglio e giunto a Roma presumibilmente il 21agosto) dopo l'agosto 1561, come testimonia anche l'allusione al colloquio di Poissy (luglio-agosto 1561). La relazione riveste una notevole importanza nell'illuminare gli intricati e contraddittori rapporti tra il re e il pontefice in questi anni. L'alleanza infatti tra Filippo II e Pio IV, consolidata fin dai primi tempi del suo pontificato con la persecuzione della famiglia francofila dei Carafa, era tuttavia densa di nubi e di fratture latenti.
Il B. era giunto a Roma con un certo numero di richieste da parte del sovrano spagnolo, probabile contropartita della sua adesione al concilio. Incollerito contro Filippo II per il protrarsi delle sue incertezze e lamentando di vedersi "tanto freddamente e lentamente aiutato", per la "lentezza del mandar prelati e del non far l'Ambasciatore per il Concilio", il pontefice sembrava deciso a non fare alcuna concessione concreta. Rifiutava quindi di gravare ulteriormente i beni ecclesiastici spagnoli per l'allestimento di nuove galere, e di concedere l'alienazione dei beni feudali delle chiese con cui avrebbe dovuto contribuire al mantenimento della flotta; dopo la sfártunata spedizione contro Tripoli del 1560, infatti, Filippo II aveva ottenuto dal pontefice un sussidio di circa 300.000 ducati annui per un quinquennio, che egli tuttavia giudicava insufficienti per fronteggiare la crescente minaccia del Turco. La durezza del pontefice, che come uomo collerico andava blandito "destramente con buone parole", era comunque più apparente che reale, come faceva notare il B. in un commento personale aggiunto al testo della relazione. Gli interessi che legavano Pio IV al re spagnolo erano più forti di questi antagonismi diplomatici e la parte più interessante di questo testo è quella in cui affiorano gli sforzi di Pio IV per legare le forze spagnole a quelle pontificie "contra heretici et infedeli".
Il concilio, che egli desiderava veder "presto finito", non era che una tappa obbligata, e l'ambizioso pontefice prometteva a Filippo II, qualora i regni di Francia e di Inghilterra non fossero intervenuti al concilio e se "non vorranno esser obedienti et fedeli alla Santa Sede Apostolica", di dare "il titolo di detti Regni a V.ra Maestà et aiutarla con tutte le forze sue". Nel disegno politico di Pio IV sembra quindi delinearsi nuovamente il sogno anacronistico di un papato medievale, sogno d'altra parte a cui la Spagna darà scarso consenso.
Il B. era anche latore di proposte assai più concrete, provenienti da cardinali "de più vecchi, prudenti et prattichi delle cose del mondo": il sovrano spagnolo doveva far pressioni sulla Francia - il cui governo era pericolosamente in mano "a persone per lo più eretiche" -con "le sue genti d'armi di Fiandra e di Spagna" radunandole alle frontiere francesi, ma dando aperte assicurazioni di non aspirarne alla corona. La credibilità dei più ambiziosi progetti politici di Pio IV, alla luce di queste proposte, appare assai scarsa e l'alleanza tra Spagna e Papato doveva avvenire in effetti su accordi assai meno fumosi.
Incaricato nel gennaio 1562 di una nuova missione a Roma per informare il pontefice della situazione militare alla frontiera franco-spagnola, il B. recava anche alcune concessioni di Filippo II, molto attese dal pontefice, che riguardavano lauti donativi a Federico e Carlo Borromeo e ad alcuni familiari del papa.
Queste concessioni facevano parte di una contrattazione avviata ormai da lungo tempo; come contropartita il pontefice, nonostante qualche incertezza, fu costretto a cedere su quanto negato l'anno precedente, aumentando da 360.000 a 420.000 il contributo per le galere spagnole e concedendo l'alienazione dei beni feudali delle chiese. Queste concessioni papali scatenarono il risentimento del clero spagnolo, che rifiutò di sottoporsi ad una tassazione che il sovrano voleva addirittura retroattiva, e Pio IV fú costretto a smentirlo e a non rinnovare la bolla sulle galere per un altro quinquennio. Le trattative del B. quindi, nell'aprile del '63, fallirono clamorosamente, tanto che persino a Trento correva voce che "S. Santità s'ha cacciato dinanzi con qualche segno d'alterazione il conte Brocardo" (Susta, III, pp. 299 s.). Certo è che il B. partì in quei giorni per Napoli, si diceva per sfuggire la collera del pontefice ed attendere istruzioni da Madrid.
Negli anni seguenti il B. fu incaricato di numerose altre missioni diplomatiche: intercesse durante il conclave che elesse papa Pio V a favore dei cavalieri di Malta, ai quali, dopo le devastazioni turche del 1565, era stato promesso dalla S. Sede un aiuto di 10.000 ducati, che fino allora non erano stati ottenuti; nel 1576, per conto del duca di Alburquerque, faceva da tramite e da paciere tra Emanuele Filiberto e Guglielmo Gonzaga alla corte sabauda; nel 1568 il re spagnolo lo incaricava, come suo commissario generale, di occuparsi della contesa tra il pontefice e il duca di Ferrara, da lui protetto, per le saline delle valli di Comacchio, sulle quali già altre volte i duchi di Ferrara avevano rivendicato diritti, come beni feudali.
Dopo questa data mancano altre notizie sul B. e pertanto non si conosce l'anno della sua morte.
Fonti e Bibl.: Due copie della Relatione del conte B. fatta al Re Catholico sopra li negotii trattati da lui a Roma, in Bibl. Univ. di Bologna, ms. 1841, II, c. 261, e in Bibl. Naz. di Firenze, ms. II, I, 37, nn. 161r-181v. Vedi ancora Arch. di Stato Milano, Potenze Estere p.a., cart. 104 (15 dic. 1563, 15 marzo 1564, 14 luglio 1564, 27 sett. 1564); D. L. Serrano, Correspondencia diplom. entra España yla Santa Sede durante el Pontificado de S. Pio V, Madrid 1914, I, pp. 28-30; II, pp. 398-401, 447-448; III, pp. 26-27; J. Susta, Die römische Kurie und das Konzil von Trient unter Pius IV., II, Wien 1909, pp. 34 s., 45, 369-370, 394 n., 400-401, 477; III, 1911, pp. 38, 299 s., 320 s., 487-488, 510-511, 547-548; L. von Pastor, Storia dei papi, VIII, Roma 1913, p. 2; R. Quazza, Emanuele Filiberto e Guglielmo Gonzaga, in Atti e mem. della R. Acc. Virgiliana di Mantova, n.s., XXI (1929), pp. 58 s., 93 s.