PENDOLO
. Si chiama pendolo ogni corpo solido, il quale, sotto l'azione della gravità, oscilli intorno a un asse fisso orizzontale.
Galileo per primo ne intuì tutta l'importanza scientifica e pratica; e, sperimentando con palline sospese per mezzo di fili, pervenne ad alcune leggi fondamentali, che tuttora portano il suo nome. Più tardi, nel 1673, C. Huygens ne stabilì la teoria rigorosa e completa, considerando dapprima il caso ideale di un pendolo ridotto a un punto materiale, P, sospeso a un punto fisso C per mezzo di un'asticciola CP di massa trascurabile e quindi libero d'oscillare nel vuoto, sotto l'azione della gravità, lungo una circonferenza in piano verticale. Questo dispositivo ideale, al quale si approssimano i pendoli usati da Galileo, costituisce il cosiddetto pendolo semplice.
Quando il punto materiale P, supposto di massa m (fig. 1), è scostato dalla sua posizione O d'equilibrio stabile (posizione più bassa), la componente tangenziale PE del peso mg lo riconduce in basso; e siccome giunge in O con una certa velocità, prosegue il cammino lungo la circonferenza fino a riconquistare l'altezza da cui era partito. Dopo di che il fenomeno si riproduce in senso inverso; e così via indefinitamente, se nessuna resistenza lo perturba.
Galileo aveva studiato sperimentalmente come varia la durata di un'intera oscillazione, o periodo (tempo che il punto materiale P, abbandonato a sé stesso, per esempio in M, impiega a ritornare in M), quando si fa variare la lunghezza l = CP del pendolo; e aveva trovato la legge seguente: il periodo è proporzionale direttamente a √l e non dipende dalla massa della pallina oscillante. Inoltre egli aveva ritenuto che codesto periodo fosse lo stesso per qualsiasi ampiezza 2 α dell'oscillazione, e aveva espresso questo fatto dicendo che le oscillazioni pendolari sono isocrone. Ma fu poi riconosciuto che questa legge è solo approssimata, cioè valida per ampiezze piccole, non superiori a un certo limite (v. sotto).
Lo studio rigoroso e completo del moto di P si fa ricorrendo alla legge fondamentale della dinamica. Poiché, indicato con ϕ l'angolo variabile OCP del pendolo CP con la verticale, è la sola componente PE = mg sen ϕ del peso di P che produce moto, e l'accelerazione ch'essa comunica al punto nel senso di PE è misurata da dv/dt = ld2 ϕ/dt2 (dove v = ldϕ/dt è la velocità di P), si ha, per la legge fondamentale della dinamica (massa × accelerazione = forza),
dove, a secondo membro, si è messo in evidenza il segno −, perché la forza agisce in senso opposto a quello in cui cresce, a partire dalla verticale CO, l'angolo OCP = ϕ.
Se in un primo tempo ci si limita a considerare il caso di oscillazioni assai piccole (talché ϕ2 sia trascurabile di fronte all'unità), si può semplificare la (1), sostituendo l'angolo ϕ al suo seno, con che essa si riduce alla
La più generale soluzione, o integrale generale, di questa equazione differenziale lineare a coefficienti costanti, è data da
dove a e α sono due costanti arbitrarie (v. equazioni, n. 19); onde risulta che ϕ oscilla intorno al valore 0, corrispondente alla posizione verticale CO (di equilibrio) con legge periodica di periodo 2 T, dove T (durata di un'oscillazione semplice) è dato da
In questa formula, valida - al pari delle (2) e (3) - per oscillazioni di piccola ampiezza, sono contenute le leggi di Galileo.
Per trovare le leggi del moto pendolare nel caso di oscillazioni di ampiezza qualsiasi bisogna partire dalla (1). Moltiplicandone ambo i membri per dϕ/dt e tenendo conto che
si ottiene con una quadratura
dove c è una costante (necessariamente positiva) che dipende dalla posizione e dalla velocità del mobile nell'istante t = o. A questa equazione si può anche pervenire direttamente perché essa non è altro che il cosiddetto integrale delle forze vive del problema del moto pendolare (v. dinamica, n. 10), ed esprime che durante un tale moto resta costante la somma dell'energia cinetica, o forza viva, e dell'energia potenziale (principio della conservazione dell'energia).
Affinché il moto sia oscillatorio bisogna che la costante positiva c sia minore di 2 l; e se, sotto questa ipotesi, si determina α in modo che risulti
α è il massimo valore raggiunto da ϕ, cioè 2 α è l'ampiezza dell'oscillazione.
Il periodo 2 T si deduce dalla (5) con una semplice quadratura e T è dato dall'integrale ellittico
Si possiedono tavole, calcolate la prima volta da A.-M. Légendre, che dànno il valore di codesto integrale per varî valori di k (〈 1). Si ha
e se l'anomalia iniziale α è piuttosto piccola, si può arrestare lo sviluppo ai due primi termini, con che l'integrale (6) diventa immediatamente calcolabile e dà la formula
che, ove si trascurino i termini di ordine superiore al secondo, si può scrivere
Se poi α è tanto piccolo che si possano trascurare anche i termini del secondo ordine, si ricade sulla formula elementare (4).
Pendolo fisico. - Huygens passò con geniale intuizione dalla considerazione del pendolo semplice o ideale a quella del pendolo fisico che abbiamo definito da principio. Egli pensò che un corpo oscillante equivalga a un grande numero di pendolini (le particelle costituenti il corpo) collegati insieme; ma che questo collegamento non possa impedire al centro di gravità del corpo di muoversi con leggi simili a quelle del pendolo ideale. Se il centro di gravità scende dall'altezza h, deve necessariamente dopo un'oscillazione ritornare a quella medesima altezza.
Questa idea è conforme al principio della conservazione dell'energia, che, tradotto in formula, permise al Huygens d'enunciare il seguente teorema fondamentale: Ogni pendolo fisico equivale a un pendolo semplice di lunghezza
ove L è la distanza del centro di gravità dall'asse di sospensione e Δ è il raggio d'inerzia del corpo rispetto a questo asse (v. massa: Geometria delle masse). Ne segue che la durata delle sue piccole oscillazioni (semplici) è data da
La l, data dalla (7), si dice lunghezza ridotta del pendolo composto.
Asse di oscillazione. - Diciamo AB l'asse di sospensione del pendolo (fig. 2). La retta A′B′ giacente nel piano di AB e del centro di gravità e distante di Δ2/L da AB si dice asse di oscillazione, perché, in base al teorema precedente, i suoi punti oscillano come pendoli semplici. Esso è situato al di sotto del centro di gravità, cioè si ha Δ2/L > L. Codesti due assi sono invertibili; e cioè, se si sospende il corpo per l'asse A′B′, si ottiene un nuovo pendolo il cui asse di oscillazione è AB.
Pendolo orizzontale. - Il pendolo ora considerato si dice anche pendolo verticale, per distinguerlo da altri pendoli che hanno l'asse di sospensione AB obliquo. Questo caso più generale non presenta difficoltà speciali, e si può studiare nello stesso modo, partendo dal principio della conservazione dell'energia. Vale il teorema (estensione di quello del Huygens): Il pendolo considerato (fig. 3) equivale a un pendolo semplice di lunghezza
dove ϑ è l'angolo dell'asse di sospensione con la verticale. Per ϑ = 90° si ricade sulla formula (7) del pendolo ordinario o verticale; quando, invece, ϑ è molto piccolo (asse quasi verticale), il pendolo semplice equivalente è assai lungo. Il centro di gravità G oscilla in un piano quasi orizzontale. Di qui il nome di pendolo orizzontale, il quale è adoperato di frequente dai sismologi per la registrazione delle onde sismiche.
Pendolo cicloidale. - Il moto del pendolo semplice è un caso particolare del moto d'un punto pesante, vincolato a muoversi lungo una curva situata in un piano verticale (e priva di attrito). Questo problema si tratta con gli stessi principî applicabili al pendolo semplice.
Dopo la scoperta che il periodo di questo pendolo dipende dall'ampiezza dell'oscillazione, il Huygens cercò se esista una curva lungo la quale le oscillazioni del punto siano isocrone per qualsiasi ampiezza; e trovò che questa proprietà appartiene alla cicloide (v.), cioè alla curva generata da un punto di una circonferenza che rotola, senza strisciare, sopra una retta fissa. È questa la ragione per cui alla cicloide si dà il nome di curva tautocrona. Ma questo tipo di pendolo è rimasto una pura curiosità scientifica.
Pendolo di torsione. - Anche un corpo sospeso a un filo elastico, che possa torcersi, acquista, per la reazione elastica del filo, un movimento oscillatorio, che ha proprietà simili a quelle del moto pendolare.
Supposto che il prolungamento del filo sia un asse centrale d'inerzia del corpo, e ammesso, in base all'esperienza, che la coppia reagente alla torsione sia proporzionale direttamente alla quarta potenza del raggio r del filo e inversamente alla sua lunghezza l, si è condotti, applicando il teorema del momento della quantità di moto o della coppia d'impulso (v. dinamica, n. 16) e indicando con λ un coefficiente sperimentale dipendente dalla natura del filo, all'equazione
dove I è il momento d'inerzia del corpo e ϕ l'angolo di torsione. Si ritrova l'equazione delle piccole oscillazioni pendolari (2), salva la sostituzione di λr4/I a g. Posto λr4/l = H, si ottiene per la durata delle oscillazioni semplici il valore
che è indipendente dalla loro ampiezza.
Pendolo nell'aria. - La resistenza dell'aria smorza le oscillazioni e se ne può tenere conto ammettendo, conformemente all'esperienza, che essa sia proporzionale alla velocità v. Basterà perciò aggiungere al secondo membro della (1) il termine −K2 v. Per le piccole oscillazioni la proprietà dell'isocronismo rimane.
Pendolo di lunghezza variabile. - Una pallina sospesa a un filo avvolto in parte intorno a un cilindro, per modo che la porzione cadente possa essere allungata o accorciata secondo una data legge, costituisce un pendolo di lunghezza l variabile. L'equazione del moto si deduce coi principî accennati di sopra, e ha la forma
Differisce dalla (1) per l'aggiunta del termine di mezzo. In generale questa equazione non si sa integrare con i metodi ordinarî; ma in qualche caso particolare dà luogo a considerazioni interessanti.
Pendolo sferico o conico. - Quando il punto materiale P sollecitato dalla sola gravità è vincolato a muoversi sopra una superficie sferica (fig. 4), si ha il pendolo sferico o conico. Il punto non è abbandonato in un piano meridiano verticale (nel qual caso si avrebbe il moto del pendolo semplice), ma obliquamente rispetto al detto piano; cosicché non passa per la posizione più bassa D; la sua traiettoria sferica rimane compresa fra due paralleli orizzontali e tocca ora l'uno e ora l'altro.
La determinazione esatta del movimento si fa con l'uso di due principî: il principio della conservazione dell'energia, che dà l'equazione
e il principio delle aree, il quale esprime che nel piano equatoriale ACB il raggio vettore OP′ (dove P′ è la proiezione di P) descrive aree proporzionali al tempo, e dà l'equazione
Da queste equazioni e dalla relazione geometrica
con facili eliminazioni si deduce
dove f(z) = (2 gz + h) (l2 − z2)−c2. L'equazione f(z) = 0 ammette sempre due radici z1 e z2 reali, comprese fra +l e −l, cosicché la componente verticale della velocità, ossia dz/dt si annulla per z = z1 e z = z2 e soltanto per questi valori. Da ciò si deduce che la traiettoria del mobile corre fra i due paralleli z = z1 e z = z2, toccando alternativamente, come già si è detto, ora l'uno e ora l'altro.
Con l'uso delle funzioni ellittiche la discussione delle varie forme che può avere la traiettoria si fa compiutamente.
Quando le oscillazioni sono molto piccole si può ritenere che il moto avvenga sensibilmente sul piano tangente alla sfera nel punto più basso D. Allora la piccola traiettoria è piana, e si trova facilmente che è una ellisse. La durata d'una rivoluzione coincide col periodo del pendolo semplice di lunghezza l.
Applicazioni scientifiche e pratiche del pendolo. - Misura del tempo. - La proprietà del pendolo d'essere isocrono, per oscillazioni sufficientemente piccole, fu usufruita dal Huygens per regolare il moto degli orologi. A tal fine egli inventò l'ingegnoso congegno, detto lo scappamento ad ancora (fig. 5). L'ancora ABC oscilla insieme col pendolo intorno all'asse D. La ruota R, fissata all'ultimo albero del meccanismo, è sollecitata a girare da A verso C dalla molla dell'orologio; ma per l'appoggio dei suoi denti contro l'ancora in A e C non può muoversi, se non quando, a cagione dell'oscillare dell'ancora, passa via via un dente alla volta. In pari tempo la ruota stessa dà impulso all'ancora e quindi al pendolo, impedendo così che si fermi. In questa maniera il pendolo viene utilizzato per la misura del tempo.
La lunghezza d'un pendolo varia al variare della temperatura, sicché, a norma della (4) varia anche il suo periodo. Per questa ragione furono costruiti dei pendoli compensatori, formati con varie sostanze di diversa dilatabilità e così combinate che nella totale deformazione la posizione del baricentro non venisse a mutare. Oggi però si tende a eliminarle, e a costruire in loro vece dei pendoli con leghe metalliche che hanno dilatabilità piccolissima (v. orologio).
Determinazione del periodo d'un pendolo. - Importantissima per le ricerche scientifiche è la determinazione esatta del periodo d'un dato pendolo. Con l'uso d'un cronografo si registra uno degl'istanti in cui il pendolo passa per la sua posizione verticale, e, partendo da questo, si contano le successive oscillazioni fino all'nmo passaggio per codesta posizione. Se il cronografo avrà registrato il tempo tn, si avrà per il periodo delle piccole oscillazioni il valore T = tn : n.
Volendo una maggiore esattezza, si fa uso della formula (4′), ponendo per α una media delle ampiezze delle n oscillazioni.
Al paragone dei periodi di due pendoli si perviene col così detto metodo delle coincidenze, ideato da J.-J. Mairan e J.-C. Borda. Si dispongono i due pendoli, l'uno dietro all'altro, in guisa che le loro oscillazioni si compiano in piano parallelo, e si osservano con l'aiuto di apposito cannocchiale. Se P è il pendolo il cui periodo T è noto e dopo n oscillazioni (semplici) di P i due pendoli passano contemporaneamente una mma volta per la posizione verticale e nello stesso senso, sarà manifestamente
che serve appunto a calcolare il periodo T1 del secondo pendolo.
Determinazione dell'accelerazione di gravità. - Pendoli del Borda e del Kater. - J.-C. Borda, applicando opportunamente il metodo delle coincidenze al pendolo a secondo d'un orologio e a un pendolino formato d'una sferetta sospesa a un filo, che molto s'approssima a un pendolo ideale, determinò (1792) il periodo 2 T di questo; indi, applicando la formula
(dove, essendo r il raggio della sferetta si è posto K2 = l2 + 2 r2/5), calcolò l'accelerazione g della gravità.
H. Kater, a questo stesso scopo, basandosi sull'invertibilità dei due assi di sospensione e di oscillazione, costruì (1818) il suo pendolo reversibile. Questo è costituito di un'asta metallica, lungo la quale possono scorrere due pesi uguali; e per mezzo di due prismi l'asta può essere sospesa ora a una estremità, ora all'altra. Si regolano le posizioni dei pesi in guisa che il periodo 2 T di oscillazione risulti lo stesso o che il pendolo sia sospeso per un prisma o per l'altro. Misurata allora la distanza l degli spigoli dei due prismi, la formula
permette il calcolo di g.
Determinazione del momento d'inerzia d'un corpo. - Il calcolo diretto del momento d'inerzia d'un corpo rispetto a un asse è possibile soltanto in casi semplici. Negli altri casi codesto momento si può determinare sperimentalmente, facendo oscillare il corpo intorno al dato asse e determinando la durata T0 delle sue oscillazioni semplici. Dopo ciò basterebbe applicare a questo caso la formula (8), cioè
(dove con M si è indicata la massa) per ottenere Δ, qualora fosse noto L. Ma anche questa è una grandezza difficilmente calcolabile. Perciò si procede nel modo che segue.
Si aggiungono al corpo uno o più pesi, in guisa che il centro di gravità cada sull'asse, e si determina il semiperiodo T1 di questo nuovo pendolo. Se M12 Δ12 è il momento d'inerzia del peso addizionale, si avrà
la quale insieme con la precedente dà
Di qui si calcola il valore di MΔ2 o di Δ.
Pendolo balistico. - È un pendolo costruito in modo che possa sopportare l'urto d'un proiettile e tenerlo imprigionato nella sua massa; e porta un congegno atto a indicare l'angolo massimo ϑ di cui viene deviato dalla sua posizione verticale per effetto dell'urto. Se I è il momento d'inerzia del pendolo, ω la sua velocità angolare iniziale, a la distanza del punto colpito dall'asse, m e v la massa e la velocità del proiettile, in base alle leggi sugli urti e al principio di conservazione dell'energia, si hanno le equazioni
ove
essendo l la distanza dall'asse del baricentro della massa totale M. Un semplice calcolo conduce alla formula
che permette appunto di calcolare v, quando sia noto ϑ. Il pendolo balistico fu inventato da G. Cassini nel 1707.
Pendolo di Foucault. - Fin dal 1661 gli accademici del Cimento avevano notato che il piano d'oscillazione d'un pendolo ruota intorno alla verticale col trascorrere del tempo; ma non ne scorsero la ragione. Solo due secoli dopo, e precisamente nel 1851, L. Foucault istituì nel Pantheon di Parigi la famosa esperienza che pose in piena evidenza la rotazione diurna terrestre.
Il piano d'oscillazione d'un pendolo, costituito da una sfera sospesa a un filo, tende a mantenere fissa la sua orientazione nello spazio. Se il pendolo fosse situato in un polo della Terra e col suo punto di sospensione sull'asse della rotazione terrestre, il suo piano d'oscillazione compirebbe rispetto al suolo un giro intero in 24 ore siderali. In un luogo di latitudine λ il fenomeno non è più così semplice, perché il punto di sospensione del pendolo è trascinato a descrivere, in 24 ore, una circonferenza intorno all'asse terrestre. L'esperienza del Foucault ha mostrato che in questo caso il piano d'oscillazione ruota uniformemente, intorno alla verticale del luogo, nel verso da Est verso Ovest traverso il Sud e il suo angolo di rotazione è eguale all'angolo corrispondente della rotazione diurna della Terra, moltiplicato per sen λ.
La teoria esatta di questo fenomeno, sviluppata la prima volta da S.-D. Poisson nel 1838 (in Journal de l'Écol. Polyt., XXVI), si fa applicando i principî del moto relativo. Il moto del pendolo rispetto a un osservatore trascinato nel moto diurno terrestre (cioè rispetto al suolo) è equivalente al moto che avrebbe il pendolo qualora, essendo fissa la Terra, agisse insieme con la gravità (nel computo della quale è tenuto conto della forza centrifuga dovuta alla rotazione terrestre) la forza del Coriolis cambiata di senso. Allora trattando il problema come nel caso del pendolo sferico considerato poc'anzi, e supponendo che le oscillazioni siano abbastanza piccole, perché si possa trascurare la componente verticale della velocità (dz/dt = 0), si giunge alle due equazioni
dove ω è la velocità angolare terrestre e ϑ l'angolo che il piano d'oscillazione del pendolo fa con un piano fisso. Dall'ultima equazione, scritta sotto la forma
segue che se dϑ1/dt è nulla inizialmente, sarà nulla sempre; onde risulterȧ ϑ1 = ϑ − ωt sen λ = cost., ossia, potendosi ridurre a zero la costante con un'opportuna scelta del piano da cui si conta ϑ,
come appunto aveva dato l'esperienza.
Bipendolo. - Si dà il nome generico di bipendoli a svariati tipi di dispositivi, ottenuti accoppiando due pendoli per mezzo di vincoli, che possono essere rigidi o elastici o elettromagnetici, ecc. I bipendoli dànno luogo a interessanti esperienze e, in particolare, con le loro piccole oscillazioni intorno alle posizioni di equilibrio stabile, forniscono modelli molto espressivi d'importanti fenomeni acustici e ottici, quali sono le interferenze e i battimenti (v. armonico: Moto armonico; battimenti; interferenza e diffrazione). D'altra parte sono sostanzialmente costituiti da bipendoli molti strumenti di largo uso nelle misurazioni gravimetriche (v. gravimetria).
Qui basterà dare un cenno del cosiddetto bipendolo verticale pesante, che, schematicamente, è costruito nel seguente modo. A un solido pesante S1, girevole intorno a un asse a1, orizzontale e fisso, è collegato un secondo corpo rigido pesante S, il quale, è alla sua volta, girevole intorno a un asse a, solidale con S1 e parallelo ad a1 (fig. 6); e, precisamente, si fa in modo che il piano dei due assi a1 e a contenga il baricentro G1 di S1, e il piano per G1, perpendicolare ad a1 e a, passi per il baricentro G di S. Si tratta manifestamente d'un sistema a due gradi di libertà. Una realizzazione di questo bipendolo si ha nella campana con il suo battaglio; e un'altra è fornita dai fari natanti, per i quali il pendolo principale è galleggiante, quello secondario la lanterna.
La teoria meccanica del bipendolo verticale, quando esso si supponga assoggettato esclusivamente alla gravità, risulta assai semplice. Rimandando per essa ai trattati di meccanica razionale (v., p. es., T. Levi-Civita e U. Amaldi, Lezioni di meccanica razionale, II, ii, Bologna 1927, pp. 17-22), si può qui accennare un problema, che sul bipendolo verticale pesante è stato suggerito da un fatto, a tutta prima strano, verificatosi a Colonia nel 1876. Collocata sulla torre di quel duomo una grande campana, non si riusciva di farla sonare; comunque la si facesse dondolare, il battaglio compiva sempre oscillazioni così piccole da non giungere mai a percuoterla, per quanto esso fosse abbastanza lungo perché ciò potesse accadere. Schematizzando queste circostanze di fatto, Veltmann pose e risolse (in Dingler's Polytechn. Journal, CXXII, 1876) il seguente problema: Determinare la condizione sotto cui in un bipendolo i due pendoli oscillano con una differenza costante di fase, vale a dire come se costituissero un unico sistema rigido. Egli trovò che questa condizione involge soltanto elementi strutturali (geometrici e materiali) dei due corpi S1 e S, costituenti il bipendolo. Si denotino con λ la distanza dei due assi a1 e a, con m1 e m le masse di S1 e S, e con l1 e l le corrispondenti lunghezze ridotte, quando ciascuno dei due corpi S1 e S si consideri come un pendolo composto. Se r1 e r sono le distanze dei due baricentri G1 e G da a1 e, rispettivamente, da a, e si designano con A1 e A il momento d'inerzia di S1 rispetto a a1 e quello di S rispetto all'asse baricentrale, parallelo a a, si ha
Ciò posto la condizione di costante differenza di fase fra i due pendoli è data da
e, quando la massa m del pendolo secondario sia trascurabile di fronte alla massa m1 di quello principale, si riduce sensibilmente a
Nel caso della campana di Colonia si aveva
cosicché, essendo trascurabile, in prima approssimazione, la massa del battaglio di fronte a quella della campana, la pur grossolana coincidenza di codeste due lunghezze spiegava lo strano fenomeno rilevato.
Per i pendoli astronomici, v. tempo.
Bibl.: Oltre i trattati citati nelle bibliografie di dinamica; meccanica, v.: H. Bouasse, Pendule, spiral, diapason, voll. 2, Parigi 1920.