pena di morte
péna di mòrte locuz. sost. f. – Dall’inizio del 21° secolo si è registrata nel mondo una generale tendenza verso l’abolizione della pena di morte. Secondo i dati forniti nell’ottobre 2012 da Amnesty international sono 21 i paesi che dal 2002 hanno abolito la pena capitale facendo salire a 97 il numero di quelli abolizionisti per tutti i tipi di reato. Accanto a questi si collocano gli stati considerati abolizionisti de facto (35), dove cioè non si registrano esecuzioni da dieci anni o più. Diminuisce anche il numero di paesi dove vengono eseguite condanne a morte: nel 2011, solo 21 dei 58 che mantengono in vigore la pena capitale hanno scelto di metterla in pratica (Afghanistan, Bangladesh, Bielorussia, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Malaysia, Corea del Nord, Palestina, Arabia Saudita, Singapore, Somalia, Siria, Stati Uniti, Sudan, Sudan del Sud, Taiwan, Vietnam, Yemen; v. tabella). Diminuisce anche il numero di condannati detenuti nel braccio della morte e si ricorre sempre con maggiore frequenza alla moratoria, ossia la sospensione temporanea delle esecuzioni. In Europa soltanto la Bielorussia mantiene la pena di morte nel suo ordinamento, mentre negli Stati Uniti sono diventati 17 gli stati abolizionisti: penultimo e ultimo in ordine di tempo ad aver abolito la pena capitale sono rispettivamente l’Illinois (2011) e il Connecticut (2012). Particolarmente drammatica la situazione in Cina, che non fornisce statistiche ufficiali sul numero di condanne a morte eseguite, ma dove Amnesty international ritiene ne abbiano avuto luogo diverse migliaia nel 2011. Sensibilmente cresciuto il numero delle condanne a morte anche in Iran, Arabia Saudita e Iraq che, insieme a Stati Uniti e Cina, sono i cinque paesi che hanno eseguito il maggior numero di condanne nel 2010-12. In ambito internazionale l’Unione Europea si è particolarmente impegnata per l’abolizione universale della pena capitale e, grazie anche alla tenacia mostrata dall’Italia, ha incalzato le Nazioni Unite a un’importante presa di posizione che si è concretizzata nella risoluzione per una moratoria delle esecuzioni votata dall’Assemblea generale il 17 dicembre 2007 e approvata con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti. Il preambolo della risoluzione si fonda sui tre enunciati fondamentali che hanno da sempre animato il fronte abolizionista: il primato del rispetto della dignità umana e dei diritti umani; l’indimostrata efficacia deterrente della pena di morte; l’irreparabilità dell’errore giudiziario. Successive iniziative delle UN (2008 e 2010) hanno ribadito la necessità di restringere il numero di reati punibili con la pena di morte e di far rispettare le convenzioni internazionali che proibiscono il ricorso alla pena capitale in caso di malati mentali, minorenni e donne incinte (l’Iran è uno dei pochissimi paesi in cui è noto che tra il 2010 e il 2011 siano stati messi a morte minorenni).