PELLEGRINO LAZIOSI da Forli, santo
PELLEGRINO LAZIOSI da Forlì, santo. – Nacque a Forlì attorno al 1265, figlio unico e discendente dalla stirpe dei Laziosi in linea paterna. L’esposizione dei suoi dati biografici deve innanzitutto fare i conti con la revisione critica di un discusso episodio della sua giovinezza.
La vicenda, che sta all’origine della sua vocazione, è tramandata dall’annalista dei Servi di Maria Michele Poccianti, nel suo Chronicon rerum totius sacri ordinis Servorum beatae Mariae Virginis (eredi di Lorenzo Torrentino e Carlo Pettinari, Firenze 1567), che dichiara di riallacciarsi a una tradizione anteriore e arricchisce la ricostruzione di richiami alle sacre scritture. Il fatto s’iscrive nelle vicende tumultuose in cui si trovò Forlì al tempo in cui fu colpita dall’interdetto di Martino IV (26 marzo 1282-1° settembre 1283). Il priore generale dei Servi, s. Filippo Benizi, in visita ai frati del convento locale, esortò i forlivesi a ritornare sotto l’obbedienza del pontefice. La reazione rabbiosa del popolo lo costrinse con violenza a lasciare la città. Il santo invocò il perdono per i suoi persecutori, e uno di costoro – il giovane Pellegrino – gli chiese di vestire l’abito dei Servi. Il santo frate accondiscese alla sua richiesta, ricevendolo nell’ordine.
L’episodio resta attendibile – «non [ha] contro-indicazioni» (Dal Pino, 1972, p. 1123) –, quantunque la tradizione successiva lo abbia rimosso ritenendolo indecoroso nei riguardi del santo e anche politicamente compromettente rispetto ai rapporti tra Forlì e Roma.
In un carteggio del 1672 tra il consiglio comunale di Forlì e la congregazione dell’Indice, la rivolta dei forlivesi contro Martino IV e la cacciata di s. Filippo sono definite «impostura falsamente irrogata [...] massimamente [per] la non mai perduta fede di questa città»; si veda Serra, 1966, pp. 251, 257). Ma pur di non coinvolgere Pellegrino in quel gesto, diversi autori ne rimettono la nascita al 1322 e la morte al 1402, a partire da Poccianti stesso che dà però a intendere chiaramente che il motivo di quel rinvio della morte del santo è dovuto alla preoccupazione di escluderlo dalla vicenda del 1282-1283. Dopo Poccianti, l’annalista Arcangelo Giani nella sua opera Della historia del b. Filippo Benizi (Firenze 1604) ricorda l’espulsione di s. Filippo Benizi da Forlì e la parte che vi ebbe Pellegrino, affermando anzi negli Annali dell’ordine (1618) che Pellegrino percosse il santo con uno schiaffo.
A trent’anni circa (ossia tra il 1290 e il 1295) Pellegrino entrò nell’ordine, ma non come sacerdote. Contrariamente a quanto prescrivevano le costituzioni antiche dei Servi, Pellegrino fu ricevuto come novizio non nel convento del luogo di origine (quello di Forlì risale perlomeno al 1275), ma a Siena. Nel convento senese egli dimorò poco tempo, probabilmente per il solo anno di noviziato. Là conobbe i beati Gioacchino (morto nel 1305) e Francesco da Siena (morto nel 1328). Dopo i trent’anni fu rinviato alla città natale, dove rimase fino alla morte.
Il santo si distinse nell’osservanza monastica (preghiera corale, digiuni, veglie, letture della Bibbia, confessione frequente), nell’attività caritativa verso i poveri e i contadini, e soprattutto in atti di rigorosa penitenza. Tra questi prediligeva quello di non sedersi, esercizio ascetico che praticò per ben trent’anni (afferma la leggenda). Giunto però sulla sessantina, quel genere di mortificazione gli provocò una piaga alla gamba destra. Il male raggiunse proporzioni tali che il medico forlivese Paolo de Salaghis (la cui residenza presso la contrada di Campostrino, dove pure era situato il convento dei Servi è documentata), giudicò necessaria l’amputazione della gamba.
Secondo la narrazione agiografica, la notte avanti l’intervento chirurgico, Pellegrino, reggendosi a stento, si portò nella sala del capitolo e pregò il Crocifisso per la sua guarigione, concessagli da Cristo sceso dalla croce e certificata dal medico la mattina seguente.
Morì all’età di ottant’anni intorno al 1345, consunto da febbre. Il 1° maggio come giorno del suo transito è attestato dal Martirologio di Francesco Maurolico (Venezia 1576, c. 28v). La sua canonizzazione da parte di Benedetto XIII avvenne il 27 dicembre 1726, assieme a s. Giovanni della Croce e a s. Francesco Solano.
Pellegrino è certamente il santo dell’ordine dei Servi che ha goduto, e gode tuttora, la maggiore venerazione. La diffusione geografica del suo culto seguì direttrici molteplici, connesse con gli sviluppi dell’ordine. C’è innanzitutto una tradizione locale, viva ancor oggi. La città di Forlì continua a celebrare la festa del suo santo protettore il 1° maggio, anche con espressioni di folklore popolare, come la fiera dei cedri, ora messi alla rinfusa in canestri, ora ammonticchiati in eleganti piramidi. Oltre a diverse città soprattutto del Nord Italia, il suo culto registrò notevoli espressioni in Germania e in Austria (specie a Vienna). Toccò punte massime in Spagna, soprattutto a Barcellona. Da più di un secolo a questa parte, la fama del santo (ai nostri giorni invocato particolarmente come protettore contro il cancro) si è estesa di pari passo con le nuove fondazioni dell’ordine dei Servi nelle due Americhe, nell’Africa del Sud, nelle isole Filippine e in Indonesia.
Questo culto fu alimentato da fonti biografico-agiografiche di rilevante importanza. Documento basilare è sicuramente la Vita beati Peregrini Foroliviensis, scritta nel 1483 da Niccolò Borghese (1432-1500), umanista e politico assai noto nell’ambiente senese del secondo Quattrocento. Il testo, redatto in latino classico-umanistico, in realtà dipende e trascrive fedelmente la legenda primitiva del santo, composta certamente verso l’anno 1350 da un confratello che lo conobbe direttamente, ma smarrita almeno dai primi decenni del secolo XVI. Non mancano, per il periodo forlivese, documenti d’archivio concernenti il medico di Pellegrino, è inoltre importante anche la più tarda testimonianza di Poccianti, così come l’iconografia e la copiosa tradizione storiografica. La Vita di Pellegrino scritta da Borghese si caratterizza notevolmente per la sua spiritualità mariana, saldamente ancorata al Vangelo, concependo la Vergine come via che conduce a Cristo. Centrali appaiono nella narrazione che lo riguarda i passi evangelici relativi all’annunciazione (Lc 1, 26-38) e alla presenza accanto alla croce (Gv 19, 25-27; cfr. Vita beati Peregrini Foroliviensis, nn. 2, 4 ), come punto di partenza per l’itinerario che conduce Pellegrino alla meditazione sulla croce; l’autore lo descrive infatti mentre entra simbolicamente, a Forlì, nella chiesa di S. Maria della Croce (convertita poi nell’odierna cattedrale).
Fonti e Bibl.: F.A. Monsignani, Notizie della vita, morte e miracoli di san Pellegrino Laziosi, nobile forlivese..., Forlì 1727; M. Loreti, La ricognizione del corpo di s. Pellegrino Laziosi dopo 613 anni dalla morte, in Romagna Medica, 11 (1959), pp. 518-519; A. Serra, Pellegrino Laziosi da Forlì, in Bibliotheca Sanctorum, X, Roma 1968, coll. 469-480; F.A. Dal Pino, I Frati Servi di S. Maria dalle origini all’approvazione (1233 ca.-1304), I, Louvain 1972; A. Serra, S. Pellegrino Laziosi da Forlì, dei Servi di Maria (1265 c. - 1345 c.). Storia, culto, attualità, Forlì 1995; G.M. Fusconi, La situazione politica in Forlì ai tempi di S. Pellegrino, in Un amico del Crocifisso e dei sofferenti: San Pellegrino Laziosi da Forlì (1265-1345 ca.). Atti del convegno di studio nel 650° anniversario della morte (Roma, 9-11 ottobre 1996), a cura di E. Peretto, Roma 1998, pp. 9-32; F. Zaghini, Religiosità e vita sociale in Forlì all’epoca di san Pellegrino, in La piazza e il chiostro. San Pellegrino Laziosi, Forlì e la Romagna nel tardo Medioevo. Atti delle giornate di studio tenutesi a Forlì il 3 e il 4 maggio 1996, a cura di S. Spada - F. Zaghini, Forlì 1996, pp. 129-147. V. Benassi, San Pellegrino da Forlì. Una speranza per i malati inguaribili, Forlì 1996. Sul suo biografo, si veda Niccolò Borghese, in Dizionario biografico degli Italiani, XII, Roma 1971, pp. 605-609; A. Serra, Nicolò Borghese (1432-1500) e i suoi scritti agiografici servitani, Roma 1966.