COLLAGENO, patologia del
La patologia del c. riguarda le alterazioni diffuse, e non limitate a qualche organo, del connettivo c., cioè di quel connettivo che è caratterizzato dalla presenza di fibre collagene immerse, insieme a scarse cellule, in una sostanza amorfa, la sostanza fondamentale. L'esistenza di una patologia del c. è una nozione relativamente recente; il connettivo c. era considerato un tempo un semplice tessuto di sostegno; si tratta invece di un tessuto altamente differenziato; attraverso di esso avvengono gli scambî tra sangue e cellule; ogni sua alterazione quindi influisce sulla nutrizione dei tessuti. La normale funzione del c. è frutto di un equilibrio complesso, al quale partecipano tra l'altro vitamine, enzimi e ormoni, particolarmente gli ormoni della corteccia surrenale.
Il concetto di malattia del collageno (P. Klemperer e collaboratori) è stato il punto di partenza di un'evoluzione di grande importanza delle concezioni eziopatogenetiche generali. Per molto tempo i nostri concetti erano rimasti fermi alla patologia di organo, di G. B. Morgagni; ma le malattie del c. costituiscono una patologia di sistema e non di organo; colpiscono cioè il sistema connettivo c. diffusamente, in qualsiasi organo esso si trovi. Inoltre tale concetto costituisce un superamento della concezione di R. Virchow, vecchia di oltre un secolo, della "patologia cellulare", secondo la quale le alterazioni patologiche avvengono nelle cellule, e le sostanze acellulari subiscono passivamente le conseguenze delle alterazioni cellulari. I processi patologici delle malattie del c. hanno come loro punto di partenza la sostanza fondamentale del connettivo, amorfa, cioè non costituita né da cellule, né da fibre. Infine il terzo sovvertimento delle nostre precedenti concezioni è costituito dal fatto che si è creato un gruppo di malattie caratterizzate da una specificità non eziologica, ma patogenetica: l'agente eziologico infatti può essere diverso per una stessa malattia, ed eguale per malattie diverse; ciò che caratterizza ogni singola malattia è il suo meccanismo patogenetico, cioè il modo di reagire dei tessuti all'agente eziologico.
Sotto la denominazione di malattie del collageno vengono raggruppate alcune forme morbose che presentano in comune alcune caratteristiche anatomopatologiche, patogenetiche e cliniche. Quasi tutti gli autori concordano nel considerare malattie del c. le dermatovisceriti maligne, la dermatomiosite, la panarterite nodosa e la sclerodermia; molti vi includono anche l'artrite reumatoide con le sue varietà, la malattia reumatica, la malattia di Wegener, la porpora trombotica trombocitopenica.
Le prime quattro malattie e l'artrite reumatoide costituiscono un gruppo abbastanza omogeneo con numerose forme di passaggio tra l'una e l'altra malattia; gli elementi che esse hanno in comune si possono così distinguere:
a) Alterazioni anatomo-patologiche: in tutte le malattie del c. le alterazioni hanno inizio dalla sostanza amorfa fondamentale, che è costituita essenzialmente da acido ialuronico (un mucopolisaccaride acido) e da proteine, in parte legate all'acido ialuronico. La lesione caratteristica della sostanza fondamentale nelle malattie del c. è la necrosi o degenerazione fibrinoide, così chiamata poiché si produce una sostanza che per molti aspetti è analoga alla fibrina; essa viene considerata come espressione di una reazione allergica antigene-anticorpo, purché però sia diffusa, cioè legata ad una alterazione generale dell'organismo. Allo stadio della necrosi fibrinoide segue quello della proliferazione cellulare, granulomatosa, ed infine quello della cicatrizzazione.
b) Caratteri clinici: alcuni sintomi sono frequentissimi in tutte le malattie del c., come per es. le artropatie; in numerosi casi può essere quasi impossibile stabilire una diagnosi precisa; in altri si assiste al trapasso da una ad un'altra forma tipica.
c) Fattori eziopatogenetici: l'elemento di maggior interesse che ci è offerto dallo studio delle malattie del c. è la loro eziopatogenesi. Tutte queste malattie hanno, almeno in qualche periodo della loro evoluzione, i caratteri della malattia infettiva, ma non è stato mai possibile dimostrare la presenza di microorganismi nei tessuti lesi; in tutte si può mettere in evidenza con grande frequenza un precedente contatto con sostanze antigeni (germi, sieri, medicamenti, ecc.); nessuna di esse è influenzata dalla terapia antiinfettiva, ma piuttosto dalla terapia antidisreattiva. Si ammette quindi che il fattore patogenetico comune delle malattie del c. sia un'alterata reattività a stimoli varî. Vi può essere un vero stato di allergia a qualche sostanza (per es. nella panarterite), oppure uno stato disergico-iperergico.
Numerose osservazioni stanno a dimostrare l'importanza fondamentale del modo di reagire dell'organismo per la patogenesi delle malattie del collageno.
Un enorme numero di soggetti è esposto alle infezioni croniche, streptococciche o tubercolari o di altro genere, o all'introduzione di sulfamidici, penicillina, idralazina, ecc., e solo una piccola parte va incontro ad una malattia del c. (l'importanza dei medicamenti che possono sensibilizzare l'organismo sarebbe dimostrata dal rapido aumento dei casi di malattie del c., che molti autori mettono in rapporto con l'uso crescente di tali medicamenti). La degenerazione fibrinoide diffusa del c., caratteristica delle malattie del c., si osserva anche negli stati di ipersensibilità. È quasi costante nelle malattie del c. un aumento delle γ-globuline del siero, cioè della frazione della quale fanno parte gli anticorpi, il che sta a dimostrare un'esagerata facilità dell'organismo a produrre queste sostanze. Inoltre, con una frequenza enormemente maggiore di quella che può essere legata al caso, si osserva in queste malattie la presenza di autoanticorpi, o di condizioni che sono generalmente attribuite all'azione di autoanticorpi. Anche la nozione di autoanticorpo ha acquistato recentemente notevole importanza, in gran parte in seguito allo studio delle malattie del collageno. Mentre normalmente l'organismo forma anticorpi solo contro sostanze estranee all'organismo stesso (etero- o isoanticorpi), avviene talvolta che produca autoanticorpi, cioè anticorpi attivi contro costituenti dell'organismo stesso; perché ciò avvenga è evidentemente necessario che l'organismo reagisca in modo anomalo a sostanze che in un soggetto normale non provocano alcuna reazione, e in generale che presenti un'esagerata capacità a produrre anticorpi. Poiché sia l'antigene che l'anticorpo si formano nell'organismo, vengono a prodursi delle reazioni a catena; il processo morboso ha quindi tendenza a decorrere indefinitamente, ad ondate successive, ad assumere cioè le caratteristiche di "malattie automantenentisi". Le manifestazioni dovute alla presenza di autoanticorpi, frequenti nelle malattie del c., sono: l'anemia emolitica acquisita, la porpora trombocitopenica, la presenza di una falsa positività della reazione di Wassermann, la positività delle prove per la ricerca degli autoanticorpi; inoltre, per le dermatovisceriti, la presenza di autoanticorpi anti-nucleo (fattore di Haserick, fattore anti-acido desossiribonucleinico). Infine l'importanza del modo di reagire dell'organismo è dimostrata dagli stretti rapporti esistenti tra le malattie del c. e le condizioni ormonali; alcune forme sono quasi esclusive dell'uomo, altre della donna; però nei bambini, prima cioè dello sviluppo sessuale, la percentuale nei due sessi è analoga.
In conclusione quindi si deve ritenere che le malattie del c. siano malattie nelle quali i fattori eziologici hanno scarsa importanza, mentre il comparire dell'una o dell'altra forma è dovuto alle particolari reazioni dell'organismo; poiché queste variano insensibilmente da un estremo all'altro, è evidente che debbono esistere forme di passaggio tra l'una e l'altra delle malattie del c.; questo concetto è il fondamento dei varî schemi che sono stati elaborati per mettere in relazione reattività organica e manifestazioni patologiche (A. von Albertini, A. Lunedei).
Le malattie che sono raggruppate quasi unanimemente nel capitolo delle malattie del c. sono, come già accennato: dermatovisceriti maligne, dermatomiosite, panarterite nodosa e sclerodermia.
Sotto il nome di dermatovisceriti maligne vengono riunite alcune condizíoni apparentemente diverse: l'erythematodes sistemico (o lupus eritematoso disseminato), la viscerite maligna, alcuni tipi di endocardite lenta a emocultura negativa. Colpiscono con grande prevalenza le donne nel periodo della maturità sessuale; la loro frequenza si è rivelata molto maggiore di quanto non si ritenesse, da quando il reperto delle cosiddette "cellule L. E." (Lupus erythematosus) permette una diagnosi sicura anche nei casi atipici. I sintomi più importanti per la diagnosi sono quelli cutanei, però non sempre presenti: eritema a farfalla al volto (caratteristico dell'erythematodes) o in altre sedi, eritemi polimorfi, petecchie, edemi; quasi costanti sono le mialgie e le artralgie, di solito senza lesioni permanenti. Frequenti inoltre: alterazioni renali, talvolta con il quadro di un'insufficienza renale con uremia, endocardite con esito d'insufficienza cardiaca, pericardite, pleurite, lesioni nervose di vario tipo, decadimento delle condizioni generali, ecc. Il reperto di laboratorio più frequente è il grande aumento della velocità di sedimentazione delle emazie; frequenti anche leucopenia e trombopenia; le alterazioni peculiari e diagnostiche della malattia sono le cellule L. E., la presenza del fattore di Haserick e del fattore reagente con l'acido desossiribonucleinico (R. Ceppellini e collaboratori). Il decorso è di solito ad ondate successive; la durata della malattia può variare tra pochi mesi e decennî; in ciascuna delle riprese morbose il raggruppamento dei varî sintomi può essere diverso; l'esito dei casi non curati è quasi sempre fatale.
La dermatomiosite è la più rara delle malattie del c.: vi è febbre; i muscoli sono dolenti, rigidi, di consistenza aumentata; sulla cute si nota un eritema rosso-violaceo; vi è un edema sottocutaneo, duro, localizzato agli arti e al volto. In circa il 10% dei casi la dermatomiosite si accompagna ad un tumore maligno, il cui significato per la patogenesi della malattia è oscuro (autoanticorpi antimuscolo prodotti nel tumore, o provocati dalle sostanze elaborate dal tumore ?). Abitualmente la malattia presenta parecchie riprese, raramente una sola; la durata varia tra 6 mesi e 2 anni; la mortalità è di circa il 50%.
La panarterite nodosa consiste in un processo infiammatorio con esito cicatriziale, che colpisce più o meno diffusamente le arterie; predilige il sesso maschile. Il quadro clinico è di solito quello di una grave malattia generale, con febbre, astenia, cachessia, tachicardia; la varia localizzazione delle lesioni arteriose, con produzione finale di processi ischemici o di infarti, può provocare l'insorgenza dei più svariati sintomi: coronarite con infarto del miocardio; nefropatia con ipertensione rapidamente progressiva ed uremia terminale; neuriti multiple; lesioni del sistema nervoso centrale; dolori addominali, vomito, nausea, diarrea; importantissimo per la diagnosi è il reperto di noduli sottocutanei lungo il decorso delle arterie (donde il nome di "panarterite nodosa"). I sintomi possono essere associati tra loro nel modo più vario. Quasi sempre vi è forte aumento dei leucociti con eosinofilia; la sicurezza diagnostica si raggiunge con la biopsia di un nodulo sottocutaneo o di un muscolo, mediante la quale si osservano le lesioni istologiche caratteristiche. La malattia decorre in genere a più riprese; può durare pochi mesi o molti anni. La prognosi finale dei casi non curati è infausta nel 90% dei casi.
La sclerodermia è caratterizzata da una progressiva atrofia della cute, specie del volto e delle estremità; preferisce il sesso femminile, più spesso tra i 20 e i 50 anni. Può iniziare con uno stadio acuto, con artralgie, edema dolente delle regioni colpite, fenomeni vasomotorî, oppure avere andamento cronico fin dall'inizio. La cute delle mani e del volto si presenta pallida, sottile, aderente ai piani sottostanti, sclerotica, talvolta in grado tale da impedire completamente i movimenti; negli stadî più avanzati si può avere atrofia anche ossea, e quindi amputazioni delle dita; sono frequenti le lesioni articolari. Frequentissime sono le lesioni sclero-artrofiche degli organi interni, specie degli apparati digerente e respiratorio, più rare quelle del miocardio, talvolta con insufficienza cardiaca ad esito letale, e dei reni (con rapida evoluzione in uremia). Il decorso è di solito lentamente progressivo; nel corso di mesi o decennî si giunge quasi costantemente all'esito fatale.
Bibl.: A. von Albertini e O. Alb, in Cardiologia, XII (1947), p. 133; G. Asboe-Hansen, Connective tissue in health and disease, Copenaghen 1954; R. Ceppellini, E. Polli e F. Celada, in Proc. Soc. exp. Biol. a. Med., XCVI (1957), pp. 572-574; I. R. Haserick e L. A. Lewis, in Blood, V (1950), pp. 718-722; P. Klemperer, A. D. Pollack e G. Baehr, in J.A.M.A., CXIX (1942), pp. 331-332; A. Lunedei, Relazione al 52° Congresso Medicina interna, 1951; C. Malaguzzi Valeri, Le malattie del collageno, Roma 1955; id. e V. Pipitone, in Recenti progressi della medicina, XXI (1956), pp. 220-256; F. Siguier, Maladies vedettes, Parigi 1957.