NOGARI, Paris
– Nacque a Roma intorno al 1536, come si deduce dal profilo biografico tracciato da Giovanni Baglione (1642).
Gli inizi appaiono alquanto oscuri, non essendo finora emerse notizie anteriori al periodo in cui collaborò con Raffaellino Motta da Reggio (1575 circa), ben più giovane di lui ma spesso considerato suo maestro. Karel van Mander riferisce che Nogari, da lui conosciuto quando stava collaborando con Motta nei palazzi Vaticani, «aveva una bella maniera, la quale però perdeva molto del suo pregio quando le sue opere si trovavano presso o accanto a quelle dell’eccellente soprannominato Raffaello». Baglione (1642, p. 87) afferma, non sappiamo però quanto fondatamente, che Nogari – «uno di quei giovani che la maniera di Raffaellino da Reggio andavano imitando» – «principiò a colorire» durante il pontificato di Gregorio XIII (eletto nel 1572).
Pur essendo stato, principalmente a Roma, uno dei pittori di maggior successo degli ultimi anni del Cinquecento, il suo percorso manca di un’adeguata ricostruzione e le conoscenze si limitano per lo più agli affreschi lasciati in molti edifici sacri dell’Urbe. La rivalutazione critica ha avuto inizio solo a partire dagli studi di Scavizzi (1960) e, soprattutto, di Strinati (1980), i quali ne hanno illustrato le specificità dello stile; risulta inoltre ancora poco esplorato il corpus grafico, a onta della precoce segnalazione di un suo foglio, raffigurante la Circoncisione, nella Royal Library di Windsor Castle da parte di Antal (1938-39); oltre a ciò, rimangono ignote le miniature con soggetti devozionali, ricordate già da Giulio Mancini (1617-30 circa), e le incisioni ricavate da sue invenzioni. Non sono state identificate infatti altre stampe al di fuori della Vittoria di s. Giacomo sui Mori incisa da Aliprando Caprioli nel 1579 (Leuschner - Rouillard, 2002) e della Pietà incisa da Diana Scultori (Litteri, 2000, p. 24).
Le prime opere a lui riferibili confermano la prossimità con Motta: lo rivelano l’eleganza, la scioltezza disegnativa e la morbidezza di modellato affioranti dalle Storie della Passione nella volta e nelle lunette della cappella Orsini in Trinità dei Monti, databili attorno al 1575. Nel Cristo di fronte a Pilato, poi, Nogari riprende l’impianto del celebre affresco, con lo stesso tema, dipinto da Motta nell’oratorio del Gonfalone (Röttgen, 1968).
In queste pitture emergono pure echi della maniera del marchigiano Federico Zuccari, probabilmente per effetto dei contatti con Raffaellino, ben noto collaboratore di questo pittore, o forse indice di un rapporto ben più antico. Non si è conservata la Pietàposta sull’altare della cappella, composizione presumibilmente tramandata dalla citata stampa di Diana Scultori, autrice di diverse incisioni divulganti creazioni di Raffaellino. Un’altra prova della effettiva vicinanza di Nogari al maestro emiliano è data dalla realizzazione contestuale da parte dei due artisti di una coppia di affreschi, perduti (Baglione, 1642, p. 88), raffiguranti scene del Martirio dei ss. Giovanni e Paolo nell’omonima basilica romana, richiesti dal vescovo francese Nicolas Pellevé (1575 circa).
Anche nei palazzi Vaticani, come accennato, fu al fianco di Raffaellino. Entrambi fecero infatti parte della folta schiera di pittori diretti prima da Lorenzo Sabatini, poi dal figlio di questi, Mario, chiamata a decorare le logge e altri ambienti per volere di Gregorio XIII. Nella prima sala dei Paramenti a Nogari vengono assegnati vari episodi tratti dagli Atti degli Apostoli, quali la Lapidazione di s. Stefano (1576-78); altri interventi, più incerti, gli si attribuiscono nella seconda sala (Cornini - De Strobel - Serlupi Crescenzi, 1992; Litteri, 2000, pp. 24 s.). Baglione segnala, come opera di Nogari, il Cristo che caccia i banchieri dal tempio nel primo piano delle logge (in realtà il secondo), dove sue sono anche le scene con Cristo che insegna nella sinagoga e la Disputa tra i Dottori (1576-77), quest’ultima non da tutti riconosciutagli. Parrebbe essere stato coinvolto pure nei lavori delle logge del terzo piano (1582) e nella coeva decorazione della galleria delle Carte geografiche. Complessivamente, però, l’apporto di Nogari negli ambienti vaticani fin qui nominati non è stato finora precisato. Indubbia è invece la spettanza a lui di cinque delle quindici monumentali figure allegoriche in monocromo (Silenzio, Prontezza, Assiduità, Mansuetudine e Fortezza) nella sala Vecchia degli Svizzeri (1582), ciclo pittorico di notevole risalto, di cui dovette tener conto Cesare Ripa nel comporre la sua Iconologia (1593).
Nel 1578 venne accolto nell’Accademia di S. Luca e l’anno dopo è attestato tra i Virtuosi al Pantheon. Intorno al 1580 si colloca l’affresco sulla controfacciata dell’oratorio del Crocifisso raffigurante la Processione per la peste del 1522. In questo contesto lavorò accanto a personalità di spicco come Cesare Nebbia, tra i massimi responsabili della decorazione dell’edificio confraternale; con lui avrebbe intensamente collaborato durante il pontificato di Sisto V. Altra significativa impresa collettiva che lo vide coinvolto in questi anni fu il chiostro di Trinità dei Monti (1579-84), ove dipinse almeno quattro delle Storie di s. Francesco di Paola. Si può per esempio ricordare la Predica di un francescano contro s. Francesco di Paola, nella settima lunetta del lato sud, alla quale si lega un disegno degli Uffizi (Balsamo, 1989). Nell’agosto 1581 ottenne la commissione per dipingere le Storie mariane e dell’infanzia di Cristo nella volta della cappella di Marco Antonio Sabatini in S. Maria dei Monti, saldate nel dicembre del medesimo anno (Masetti Zannini, 1974). La cappella Falconi, nello stesso edificio, conserva un affrescocon l’Andata al Calvario, sempre di sua mano, che Strinati (1980) ritiene influenzata dalquadro di Federico Zuccari raffigurante L’incontro di Cristo con la Veronica nella cappella Olgiati in S. Prassede. Al 1583 risale la Circoncisione nella chiesa di S. Spirito in Sassia (seconda cappella a destra), un olio su muro richiesto da Cesare Glorieri, il cui disegno preparatorio è il citato foglio di Windsor Castle. Dei primi anni Ottanta potrebbero essere inoltre le Storie di s. Pietro nella volta della sagrestia vecchia di S. Pietro in Vincoli (Litteri, 2000, p. 28).
Tra i protagonisti dei vasti cantieri pittorici patrocinati da Sisto V (1585-90), diretti da Nebbia e Giovanni Guerra, Nogari espresse, in questa fase, un linguaggio di stretta adesione ai modi di Federico Zuccari e una certa vicinanza a Nebbia stesso. Eseguì varie scene (per esempio S. Pietro riconosce Cristo come il Messia, 1587 circa) nella loggia delle Benedizioni in S. Giovanni in Laterano, mentre nella cappella del Presepe in S. Maria Maggiore (1587) fu artefice,nella cupola, oltre che di una parte dei cori angelici, dei gruppi con Jesse e Davide in uno dei peducci e di Obed di Ruth e Salomone e Roboamo nei sottarchi; nel medesimo ambiente dipinse anche la Sacra Famiglia in una semilunetta sopra l’ingresso ela Comunione di s. Lucia sull’altare dedicato alla martire.
Il fatto che gli fosse stato affidato uno dei peducci della cupola (intervento pittorico sicuramente ritenuto di maggior prestigio) è sintomatico dell’alta considerazione riconosciutagli da Nebbia, principale responsabile dell’impresa, il quale non a caso ne riservò per sé un paio, mentre l’altro andò a Lattanzio Mainardi (Zuccari, 1992, p. 37). Nella stessa basilica, assieme a Giovan Battista Ricci, realizzò pure i perduti Dottori della Chiesa nel presbiterio, su commissione del cardinale Domenico Pinelli (Macioce, 1990, p. 115).
Tra il 1587 e il 1588 fu impegnato nei lavori della Biblioteca Sistina in Vaticano. Gli studi più recenti gli riconoscono, quasi concordemente, le scene raffiguranti la Biblioteca di Alessandria e il Concilio di Calcedonia oltre al Cristo benedicente sul pilastro di fondo del salone e alle figure, retrostanti il pilastro, sulla parete di fondo, di Costantino imperatore e del Pontefice (con le fattezze di Sisto V), quest’ultima assegnata ad Angelo da Orvieto da Zuccari (1992). Per quanto concerne la Scala Santa, decorata negli stessi anni (1587-88), Baglione (1642) menziona il grande riquadro con la Lavanda dei piedi della rampa centrale.
Gli studiosi, a partire da Scavizzi (1960), hanno ragionato sul ruolo di Nogari in questo contesto, anche se con proposte spesso discordanti. Oltre al suddetto scomparto, all’artista sono state ricondotte scene quali l’Orazione nell’Orto, Cristo che avverte Pietro del tradimento, Cristo rimprovera Pietro, Giacomo e Giovanni, Cristo e gli apostoli all’ingresso del Getsemani – se ne conosce il disegno preparatorio spettante a Nebbia (Pierguidi, 1999) – la Vergine, il Cristo benedicente, il Battista e il Volto della Veronica. Non mancano altri riferimenti, ma il problema dell’identificazione delle personalità attive nella Scala Santa e in quasi tutti gli ambienti sistini appare tuttora di difficile soluzione.
Potrebbe aver partecipato pure alla decorazione della cosiddetta loggia dei santi all’interno del Sancta Sanctorum (1590): sembrerebbe suggerirlo il S. Stefano riferitogli da Tosini (1995). Più discusso, invece, risulta il coinvolgimento negli affreschi della sala degli Imperatori e in quella degli Apostoli nel palazzo Lateranense e in quelli nella distrutta villa Montalto (Litteri, 2000, p. 40; Strinati - Torchetti, 1984).
Sul finire degli anni anni Ottanta, in S. Maria in Trastevere, eseguì, in finto mosaico, un Dio Padre sull’ingresso della cappella Altemps, la Colomba dello Spirito Santo sull’ingresso della cappella del coro d’Inverno e i Simboli di Maria nel transetto; intorno al 1590 si colloca, ancora, il bel S. Girolamo campeggiante in uno scomparto ovale della volta di S. Girolamo degli Schiavoni.
Anche negli anni di Clemente VIII fu uno degli artisti maggiormente prolifici dell’Urbe. Perduti sono gli affreschi delle cappelle Cesi e Glorieri in S. Maria in Vallicella (1593-94 circa), contesti nei quali le fonti (Baglione, 1642, p. 88) descrivono rispettivamente una Creazione di Adamo ed Eva col paesaggio di Paul Bril e un Giudizio universale. La collaborazione con Bril è stata ipotizzata pure per alcune più tarde decorazioni del salone principale di palazzo Mattei, dove i paesaggi del maestro fiammingo sono affiancati da Allegorie in parte riconducibili a Nogari (Cappelletti, 2001; Tosini, 2007).
Intorno al 1595 lavorò in S. Susanna, edificio affrescato prevalentemente da Baldassarre Croce e Nebbia su commissione del cardinale Girolamo Rusticucci, titolare della chiesa. Si deve a Nogari il Martirio di s. Felicita nel presbiterio, tra le opere «più grandiose dell’ultimo decennio del secolo a Roma» (Strinati, 1980, p. 27), che confermano la «stretta osservanza» zuccaresca «con in più una carica naturalistica […] estranea ai presupposti di Federico» (ibid.). Strinati ha dimostrato come in questo periodo il pittore seguisse l’evoluzione di Nebbia che stava compiendo «la transizione dall’impostazione lombarda ricevuta dal Muziano […] alla maniera toscana che […] tende a predominare in prossimità dell’anno giubilare» (ibid., pp. 27 s.). Nel medesimo ambiente, infine, spettano a Nogari alcuni santi e le figure dell’Allegoria del Martirio e di Carlo Magno (Zuccari, 2004, pp. 53 s. n. 15).
Da escludere invece è la collaborazione proposta già da Titi (1674), seguito da moderni studiosi (Gere - Pouncey, 1983), ai dipinti murali della navata di S. Prassede, dove certamente furono all’opera artisti toscani come Agostino Ciampelli e Giovanni Balducci. È stata inoltre ipotizzata una presenza di Nogari negli affreschi della navata dei Ss. Nereo e Achilleo (Zuccari, 1995) e nelle sale della Penitenza e delle Virtù del palazzo Boncompagni-Viscogliosi a Isola del Liri (Viscogliosi, 1988).
L’ultima importante impresa che vide l’intervento di Nogari furono le pitture parietali del transetto di S. Giovanni in Laterano, celebre ciclo diretto dal Cavalier d’Arpino, dove dipinse la Fondazione della basilica, la Ricerca di s. Silvestro sul monte Soratte, l’Apparizionedel Volto Santo e, ancora, un S. Giacomo e un S. Bartolomeo. Il suo linguaggio pacato, fortemente suggestionato dall’eloquio dei pittori toscani, ben si adegua al tono solenne e monumentale, da rappresentazione storica, che impronta l’intera decorazione, eseguita per le celebrazioni del giubileo indetto da Clemente VIII nel 1600.
Morì nel maggio 1601 a 65 anni (Baglione, 1642).
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