PAOLO Veneto
PAOLO Veneto (Paolo Nicoletti). – Paolo (Ordine degli eremitani di Sant’Agostino), figlio di Nicoletto Antonio da Venezia e di una donna Elena, di cui si ignora il casato, nacque a Udine nel 1369.
Fu una delle personalità di maggior spicco nella cultura universitaria italiana del secolo XV e uno dei logici più acuti e interessanti dell’intero Medioevo.
Nonostante la documentata monografia di Felice Momigliano all’inizio del secolo scorso e il fondamentale contributo di Alan Perreiah del 1986, le notizie sicure relative alla vita di Paolo Nicoletti non sono molte. Nato nel 1369, a quattordici anni entrò nel monastero degli eremitani di S. Stefano a Venezia, ove attese alla sua formazione religiosa. Terminati gli anni di noviziato, il 9 dicembre 1387 venne assegnato per completare i suoi studi al convento di Padova dove trascorse oltre metà della propria esistenza (come indicato nel suo testamento). Nell’agosto del 1390 venne inviato a Oxford, nello Studium che gli eremitani avevano in quella città, e lì rimase tre anni. Quando egli giunse in Inghilterra era morto da poco John Wyclif, ma le sue dottrine filosofiche erano ampiamente diffuse e studiate. È a Oxford che Paolo maturò il netto rifiuto del nominalismo e l’adesione ai moduli tipici di quello che possiamo definire come il realismo oxoniense, che caratterizzano l’intera sua produzione filosofica. Ed è a Oxford che cominciò con ogni probabilita la stesura della Logica parva, un manuale elementare di logica che ebbe una diffusione vastissima, come è dimostrato dagli oltre 80 esemplari manoscritti e dalle numerose edizioni a stampa del secolo XVI.
Al 1395 data il suo primo insegnamento universitario a Padova; mentre agli anni immediatamente successivi è da ascrivere la composizione dell’imponente Logica magna e di altre due opere di logica, la Quadratura e i Sophismata; infine al 1400-1401 la stesura dell’Abbreviatio del commento al primo libro delle Sentenze di Giovanni di Ripatransone, con la quale Paolo ottenne la licentia docendi nel convento degli eremitani a Padova. Agli anni tra il 1400 e il 1405 vanno fatte risalire, secondo Perreiah, le Conclusiones Posteriorum, Ethicorum e Politicorum (conservate in un unico ms. vaticano, il Vat. lat. 2125). Magister artium et theologiae a partire dal 1405, Paolo compose nel 1406 un commento agli Analitici Posteriori, nel 1408 la Summa philosophiae naturalis (una esposizione sistematica in sei parti dei principali settori del sapere filosofico), e nel 1409 il lunghissimo commento alla Fisica – opere che insieme con il successo nell’insegnamento gli valsero in seguito il titolo onorifico di Monarcha artium et philosophorum, con il quale viene menzionato in vari documenti e manoscritti a partire dal 1416. Parallelamente a quella universitaria si svolsero anche la carriera religiosa e quella politica: Paolo divenne provinciale degli eremitani a Venezia nel 1409, e capo di alcune missioni diplomatiche per conto della Serenissima (presso la corte d’Ungheria nel 1409, e nel 1412 a Ulm e Cracovia), tanto da guadagnarsi, nel 1417, il biretum nero distintivo dei patrizi in ringraziamento dei servizi resi. Tra il 1415 e il 1420 egli scrisse il commento al De anima (abbrev. in: In De an.), dove mise in luce il contrasto insanabile tra la concezione aristotelico-averroistica dell’anima e le verità della filosofia prima e della Rivelazione, e forse anche la Quaestio de universalibus (QdU, parzialmente edita da Conti nel 1990). Gli anni della maturità, se da una parte videro crescere la sua fama di studioso e uomo di cultura, dall’altra registrarono gravi contrasti con le autorità della Repubblica veneta, che culminarono nella condanna dell’8 agosto 1420 all’esilio per cinque anni a Ravenna, con la minaccia di un raddoppio della pena qualora avesse rotto il confino. Cosa che Paolo Nicoletti fece, vedendosi così l’esilio prolungato fino al 1428, quando gli fu concesso il ritorno in considerazione delle precarie condizioni di salute. Quello dal 1420 al 1428 fu un periodo intenso, che vide Paolo celebrato ovunque come predicatore, logico e filosofo. Dal 1420 al 1424 insegnò presso l’Università di Siena, dove presumibilmente curò la redazione della Lectura super libros Metaphysicorum (In Met., inedita, salvo il libro VII). Fu nel 1420, a Siena, che venne coinvolto vittoriosamente in una disputa pubblica in materia di fede con Francesco Porcario, un fraticello toscano che contava molti seguaci. Dal marzo del 1424 al novembre dello stesso anno fu a Bologna, dove sostenne una disputa pubblica sulle potenze dell’anima contro Niccolò Fava (Nicholaus Faba); da qui passò a Perugia, ove l’11 marzo del 1428 portò a termine il suo ultimo scritto, la monumentale Expositio super Universalia Porphyrii et Artem Veterem Aristotelis (che consta dei commenti all’Isagoge di Porfirio [In Isag.], edito da A.D. Conti, alle Categorie di Aristotele e al Liber sex principiorum), una sorta di summa del suo pensiero metafisico. Nella città umbra rimase sino all’estate del 1428, salvo una breve parentesi quando si recò a Roma per difendere l’ortodossia delle dottrine di Bernardino da Siena, durante il primo processo per eresia intentato al predicatore toscano.
Ritornato a Padova, Paolo si spense il 15 giugno 1429, mentre era impegnato nel commento del De anima di Aristotele. La sua tomba si trova nella sacrestia della chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo degli eremitani a Padova.
Nell’ambito del panorama filosofico del tardo Medioevo e dell’età umanistica, Paolo Veneto si colloca all’interno di quelle aree di pensiero che possono essere qualificate come realismo essenzialista, in metafisica, e aristotelismo eclettico, in psicologia e gnoseologia. Le sue principali prese di posizione per quel che concerne la metafisica possono essere compendiate nelle tesi seguenti: univocità dell’ente, intesa in senso lato, nel modo già chiarito da Duns Scoto (In Met., IV, tr. 1, cap. 1, ms. Pavia, Biblioteca Universitaria, Fondo Aldini 324, cc. 123va-124rb; In Isag., cap. 7, pp. 237-245); esistenza reale degli universali, intesi come nature comuni (o essenze) presenti in un gruppo omogeneo di individui e predicabili di essi (QdU., ed. Conti, pp. 199-207; In Isag., cap. 2, pp. 54-89); identità reale e distinzione formale di essenza ed essere (SN., pars VI, cap. 1, cc. 92va-93va); parziale rifiuto della materia come principio di individuazione e sua identificazione in una forma sui generis, la haecceitas, che contrarrebbe la natura specifica portandola dal piano dell’essere indeterminato a quello dell’esistenza propriamente detta (SN., pars VI, cap. 5, cc. 95vb-96rb; In Isag., cap.8, pp. 262-269). Per quel che riguarda la psicologia e la teoria della conoscenza Paolo ammette che l’anima è forma del corpo (SN., pars V, cap. 1, c. 66rb-va; In De an., II, t.c. 7, c. 39rb-va); che l’intelletto possibile è moltiplicato nei vari individui umani, con i quali si unisce in qualità di forma essenziale e non semplicemente di principio dell’operare, come invece voleva Sigieri di Brabante (In De an., III, t.c. 27, c. 149ra; In Met., IV, tr. 1, cap. 3, cc. 136vb-137ra; XII, tr. 1, cap. 3, cc. 426va-427rb); e che l’intelletto agente è uno solo per tutti gli uornini e si identifica con Dio stesso (In De an., III, t.c. 19, c. 143ra); sostiene poi, contro Averroè, che ben tre specie intenzionali differenti per tipo (specifice) sono presenti nei sensi esterni, in quelli interni e nell’intelletto (SN., pars V, cap. 28, c. 83ra); che l’individuo è per noi oggetto proprio di conoscenza, in quanto la medesima specie intelligibile che ci fa conoscere l’essenza sostanziale ci fa conoscere anche il singolare che l’essenza sostanziale entra a costituire (In De an., III, t.c. 11, cc. 136vb e 137rb-va).
Il principio ispiratore del sistema filosofico di Paolo Veneto è quello realista dell’omologia di mondo, pensiero e linguaggio, per il quale pensiero e linguaggio si modellano sulla realtà stessa, che mirano a riprodurre. La chiave di volta e lo strumento indispensabile per l’edificazione del sistema è la nozione di distinzione formale (secundum formam, cfr. In Met., V, tr. 2, cap. 3, c. 185ra-b), ultimo sviluppo, mediato dalle elaborazioni di Wyclif e dei suoi seguaci, delle due nozioni di distinzione formale già proposte da Duns Scoto. Le sue tesi filosofiche, pensate come sintesi di quel che la tradizione realista precedente aveva saputo produrre di meglio, risultano non solo intrinsecamente, ma anche storicamente significative per chiunque voglia rendersi conto della peculiarità e dell’attualità dell’aristotelismo tardomedievale e umanistico.
I primi studi sul pensiero di Paolo datano a quasi due secoli fa, ma soltanto di recente si sono potute valutare adeguatamente, su solide basi testuali, la consistenza speculativa, l’originalità e l’incidenza storica delle sue dottrine. In effetti, sino a non molti anni fa Paolo Veneto era erroneamente considerato un ockhamista in logica e metafisica, e un averroista convinto in psicologia e gnoseologia. In questi ultimi anni, tuttavia, a partire da alcuni saggi di William A. Wallace e di Francesco Bottin, gli studi su Paolo Veneto hanno subito una svolta decisiva. Oggi si può affermare con certezza che egli fu, in logica e metafisica, un agguerrito avversario di Ockham e degli altri grandi nominalisti del secolo XIV, e un originale rielaboratore di quella particolare forma di realismo, di matrice scotista, propria di Wyclif e dei suoi seguaci oxoniensi. Mentre in psicologia e gnoseologia, appare un aristotelico moderato ed eclettico, fedele a certe elaborazioni dell’agostinismo avicennizzante, e anche assai distante dalle posizioni di Averroè e degli aristotelici radicali su numerosi punti qualificanti della teoria dell’anima e della conoscenza (per questa nuova immagine di Paolo Nicoletti si rinvia in particolare agli studi di Alessandro D. Conti). Infine, le fonti principali dei suoi commenti aristotelici sono rappresentate dalle opere di Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Egidio Romano, Alessandro d’Alessandria e Walter Burley, ciascuno fautore di una peculiare forma di realismo metafisico. Da Alberto trae molte delle sue informazioni sui pensatori arabi e tardoantichi; ha un atteggiamento ambivalente, che condivide con Alessandro di Alessandria (di cui spesso sembra ripercorrere la strada), nei confronti dell’Aquinate, che viene per lo più criticato quando viene citato esplicitamente, ma talvolta tacitamente seguito nell’esegesi della lettera, e meno di frequente nelle interpretazioni dottrinali; polemizza sovente con Egidio, dottore del proprio ordine, del quale conosce bene, anche se in parte rifiuta, diverse teorie caratteristiche; e infine sta sempre attento a prendere le distanze dalle tesi più radicali di Burley, dal quale però attinge numerosi argomenti antinominalisti.
Fonti e Bibl.: Expositio in libros Posteriorum Aristotelis, ed. Venetiis 1477; Quadratura, ed. Venetiis 1493; Sophismata aurea, ed. Venetiis 1493; Expositio super Universalia Porphyrii et Artem Veterem Aristotelis, ed. Venetiis 1494; L’Expositio super Universalia Porphyrii (prima parte dell’opera precedente) è stata edita criticamente nel 2006 da A.D. Conti – il testo dell’edizione, l’introduzione filologica e tutti gli apparati sono reperibili on-line al seguente indirizzo: http://www.static.cc.univaq.it/diri/lettere/docenti/conti/Pagine/paolo_veneto_universalia.htm; Logica magna, ed. Venetiis 1499 (ma singoli trattati sono stati editi e tradotti in inglese separatamente per conto della British Academy); Expositio super VIII libros Physicorum necnon super commento Averrois, ed. Venetiis 1499; Summa Philosophiae Naturalis, ed. Venetiis 1503; Scriptum super libros De anima, ed. Venetiis 1504; Super Primum Sententiarum Johannis de Ripa Lecturae Abbreviatio, ed. critica a cura di F. Ruello, 2 voll., il primo edito da Olschki, Firenze 1980, il secondo dalla SISMEL - Edizioni del Galluzzo, Firenze 2000; Quaestio de universalibus, ed. parziale in Johannes Sharpe, Quaestio super universalia, a cura di A.D. Conti, Firenze 1990, Appendice V; Logica parva, ed. critica e trad. inglese di A. Perreiah, Leiden 2002; il settimo libro della Lectura super libros Metaphysicorum è stato edito da G. Galluzzo come secondo volume del suo The Medieval Reception of Book Zeta of Aristotle’s Metaphysics, Leiden 2012.
F. Momigliano, Paolo Veneto e le correnti del pensiero religioso e filosofico del suo tempo, Udine 1907; B. Nardi, Saggi sull’averroismo padovano dal secolo XIV al XVI, Firenze 1958; N. Kretzmann, Medieval Logicians on the Meaning of the Proposition, in The Journal of Philosophy, LXVII (1970), pp. 767-787; W.A. Wallace, Causality and Scientific Explanation, 2 voll., Ann Arbor 1972, vol. 1, pp. 121-127; F. Bottin, Proposizioni condizionali, consequentiae e paradossi dell’implicazione in Paolo Veneto, in Medioevo, II (1976), pp. 289-330; E.J. Ashworth, A note on Paul of Venice and the Oxford Logica 1483, ibid., IV (1978), pp. 93-99; A.R. Perreiah, Insolubilia in the “Logica parva” of Paul of Venice, ibid., pp.145-172; F. Ruello, Paul de Venise thélogien ‘averroiste’?, in Multiple Averroès, a cura di J. Jolivet, Paris 1978, pp. 257-272; i saggi di: A.D. Conti, M. Mugnai, R. Van Der Lecq, E. Karger contenuti in: English Logic in Italy in the 14th and 15th Centuries, a cura di A. Maierù, Napoli 1982, alle pp. 293-341; Z. Kuksewicz, Paolo Veneto e la sua teoria dell’anima, in Aristotelismo veneto e scienza moderna, a cura di L. Olivieri, Padova 1983, pp. 130-164; G. Nuchelmans, Medieval Problems concerning Substitutivity (Paul of Venice, Logica magna II, 11, 7-8), in Atti del Congresso Internazionale di Storia della Logica: San Gimignano, 4-8 dicembre 1982, a cura di V.M. Abrusci - E. Casari - M. Mugnai, Bologna 1983, pp. 69-80; F. Bottin, Logica e filosofia naturale nelle opere di Paolo Veneto, in Scienza e filosofia all’Università di Padova nel Quattrocento, a cura di A. Poppi, Padova 1984, pp. 85-124; A.R. Perreiah, Paul of Venice: a bibliographical guide, Bowling Green 1986; A. Poppi, La filosofia nello studio francescano del santo a Padova, Padova 1989; A.D. Conti, Il problema della conoscibilità del singolare nella gnoseologia di Paolo Veneto, in Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio muratoriano, XCVIII (1992), pp. 323-382 (testi latini alle pp. 366-382); Id., Esistenza e verità: forme e strutture del reale in Paolo Veneto e nel pensiero filosofico del tardo Medioevo, Roma 1996; Id., Paul of Venice on individuation, in Recherches de Théologie et Philosophie médiévales, LXV/1 (1998), pp. 107-132; Id., Paul of Venice’s Theory of Divine Ideas and its Sources, in Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, XIV (2003), pp. 407-448 (testo latino alle pp. 438-448); F. Amerini, Thomas Aquinas, Alexander of Alexandria and Paul of Venice on the Nature of Essence, ibid., XV (2004), pp. 541-591; A.D. Conti, Complexe significabile and Truth in Gregory of Rimini and Paul of Venice, in Medieval Theories on Assertive and non-Assertive Language, a cura di A. Maierù - L. Valente, Firenze 2004, pp. 473-494; S. Loisi, L’immaginazione nel commento al De anima di Paolo Veneto, in Schola Salernitana. Annali, XI (2006), pp. 267-299; F. Amerini, Alessandro di Alessandria come fonte di Paolo Veneto. Il caso degli accidenti eucaristici, in Picenum Seraphicum, XXV (2008), pp. 19-67; i saggi di F. Amerini, M. Bertagna, M. Borgo, A.D. Conti, G. Galluzzo e R. Strobino in Universalità della ragione, pluralità delle filosofie nel medioevo, a cura di A. Musco et alii, 3 voll., Palermo 2012, vol. II/2, pp. 713-762.