TASSINARI, Paolo
– Nacque il 3 novembre 1829 a Castel Bolognese, un paese sulla via Emilia, tra Faenza e Imola, ultimo figlio di Gabriele, farmacista, e di Teodora Galati.
La farmacia (all’epoca spezieria) di Castel Bolognese apparteneva ai Tassinari già da circa cinquant’anni e anche i due fratelli maschi di Paolo, Giacomo e Sebastiano, furono farmacisti (A. Frontali - A. Soglia, Tassinari miei. Storia di una famiglia di scienziati romagnoli, Faenza 2012). Paolo venne a sua volta indirizzato agli studi di farmacia, che iniziò nel 1849 all’Università di Pisa, dopo aver frequentato le scuole superiori a Imola. La scelta della città toscana fu anche dettata da motivi di salute, per una certa predisposizione del giovane alla tubercolosi, male di cui era morto appena trentenne un altro dei suoi fratelli, Vincenzo.
Nell’Università pisana era professore di chimica Raffaele Piria, già celebre per i suoi importanti studi su molte sostanze organiche naturali. Tassinari divenne suo allievo e collaboratore, entrando a fare parte di un gruppo che già comprendeva Sebastiano De Luca, Cesare Bertagnini e, soprattutto, Stanislao Cannizzaro. Dopo un breve periodo, tra il 1851 e il 1852, all’Università di Bologna, durante il quale terminò gli studi farmaceutici, Tassinari tornò a Pisa per continuare le sue ricerche sotto la guida di Piria. È di questo periodo la pubblicazione del più significativo risultato della sua scarna produzione scientifica, dedicato alla messa a punto di un metodo adeguatamente sensibile per determinare, in casi di avvelenamento, la presenza di fosforo anche in tracce in liquidi biologici (Sopra un metodo per iscoprire il fosforo nelle ricerche chimico-legali, in Il Nuovo Cimento, IV (1856), pp. 50-53). In questo articolo si ritrova quella che fu indubbiamente la sua dote scientifica principale, la sua abilità nell’analisi chimica e l’interesse e la cura che dedicò al miglioramento delle relative metodologie.
L’assegnazione a Piria della cattedra di chimica all’Università di Torino, favorita dal ministro dell’Istruzione pubblica del Regno di Sardegna, Giovanni Lanza, determinò contemporaneamente la nomina di Bertagnini all’Università di Pisa e di Cannizzaro all’Università di Genova. A questo giro, orchestrato dallo stesso Piria, fu interessato anche Tassinari. Per alcuni mesi, dal 1855 al 1856, egli fu preparatore presso il Collegio nazionale di Alessandria in cui Cannizzaro era da alcuni anni professore di chimica, prima della già citata nomina all’Università di Genova. Successivamente, Tassinari seguì Piria a Torino, dapprima come addetto volontario al laboratorio di chimica generale e quindi, dal dicembre del 1857, come assistente retribuito. Nel 1858 fu lui a essere nominato dapprima professore di chimica al Collegio di Alessandria e nell’anno seguente professore di chimica a Genova, in entrambi i casi al posto di Cannizzaro, trasferito in altra sede. Ad Alessandria Tassinari conobbe e sposò Carolina Fantoli, dalla quale ebbe un unico figlio, Vincenzo. Dopo l’annessione dell’Emilia allo Stato sabaudo, fu nominato dapprima verificatore alla R. Zecca di Bologna e poi, sempre nella città emiliana, professore di chimica mineralogica e analitica dell’Università. Infine, nel settembre del 1861 questa serie di trasferimenti cessò con la sua nomina sulla cattedra di chimica dell’Università di Pisa, in sostituzione di De Luca che era subentrato a Bertagnini, prematuramente scomparso nel 1857. Pisa fu da allora la sede in cui Tassinari svolse per oltre quarant’anni la sua attività accademica, terminata all’inizio del 1904 con l’accoglimento da parte del ministero della sua domanda di pensionamento.
A Pisa Tassinari si dedicò prevalentemente all’insegnamento della chimica e alla sua riorganizzazione, privilegiando e potenziando le attività pratiche di laboratorio. A tale scopo intraprese un viaggio a Heidelberg dove operava Robert Bunsen. Dalla città tedesca Tassinari portò a Pisa uno spettroscopio, lo strumento ideato solo pochi anni prima da Bunsen insieme a Gustav Kirchhoff, che rendeva possibile l’identificazione degli elementi attraverso l’analisi del loro spettro di emissione luminosa. Ma il viaggio in Germania fu soprattutto importante perché gli consentì di capire come doveva essere organizzato un moderno laboratorio chimico utile per gli studenti e per le ricerche. Tornato in Italia, Tassinari si adoperò, malgrado le difficoltà economiche, per costruire un’analoga struttura anche nell’Università pisana.
Quello di Pisa fu uno dei primissimi laboratori in Italia, se non il primo, in cui gli studenti potevano seguire un corso regolare di esercitazioni: adattate alcune stanze, vi poterono essere accolti non solo gli studenti di chimica – per i quali le esercitazioni erano obbligatorie –, ma anche semplici cultori. Il laboratorio era organizzato su due trimestri per ogni anno accademico ed era aperto tutti i giorni feriali nel pomeriggio. I partecipanti avevano a disposizione apparecchiature e reattivi. Le esercitazioni consistevano inizialmente nell’esecuzione di operazioni quali decantazione, filtrazione, distillazione. Quindi si passava alla scomposizione di sostanze in elementi e al loro riconoscimento e ancora alla sintesi di composti sia inorganici sia organici. Era anche possibile, per studenti più preparati, effettuare esperienze da loro stessi ideate e messe a punto.
La scuola analitica di Pisa diretta da Tassinari acquistò negli anni meritata fama e da essa uscirono chimici particolarmente abili nel settore, molti dei quali andarono a ricoprire posti di rilievo in enti pubblici e privati. Possono citarsi ad esempio Arnaldo Pezzolato, che più tardi sarebbe diventato il direttore del laboratorio chimico annesso alla Manifattura tabacchi di Roma; Antonio Longi, successivamente alla guida del Laboratorio chimico municipale di Roma da lui fondato; infine, Leobaldo Danesi, in seguito direttore della Stazione agraria di Palermo.
Un altro dei meriti didattici di Tassinari fu la pubblicazione di alcuni manuali che all’epoca ebbero ampia diffusione. Particolarmente importante fu il Sunto delle lezioni di chimica (Pisa 1864), tra i primi testi a diffondere in Italia la teoria atomico-molecolare di Cannizzaro.
L’abilità come chimico analitico di Tassinari è testimoniata anche da alcune consulenze importanti che venne chiamato a fornire. Fu lui ad esempio a effettuare l’analisi che permise di confermare definitivamente la presenza di una palla di piombo nella ferita al collo del piede inferta a Giuseppe Garibaldi all’Aspromonte. Ciò permise al chirurgo Ferdinando Zannetti di estrarre finalmente il proiettile che aveva provocato all’illustre ferito mesi di febbre alta, a causa di una profonda infezione. In ringraziamento dell’opera prestata lo stesso Garibaldi aveva voluto donare a Tassinari una sua foto con dedica. E ancora fu Tassinari ad analizzare i carboni utilizzati dalle società ferroviarie. Tale analisi era stata richiesta a causa dei ripetuti disastri ferroviari con morti e feriti avvenuti intorno al 1898, dovuti alla liberazione di sostanze gravemente tossiche per i conducenti delle locomotive (M. Taddia, Il chimico di Garibaldi. P. Tassinari e l’arte dell’analisi, in La chimica e l’industria, XCI (2009), pp. 124 s.).
Tassinari fu, come tutti i chimici formatisi alla scuola di Piria, di convinzioni liberali e improntate agli ideali risorgimentali. Protesse e sostenne fin dalla sua fondazione la Società operaia di Castel Bolognese. Allorché nel 1861 Pietro Piazza, professore di chimica organica nella facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali dell’Università di Bologna, fu minacciato di espulsione dalle autorità accademiche per le sue idee mazziniane, Tassinari, malgrado le pressioni ricevute, si rifiutò di sostituirlo (M. Taddia, Il chimico galantuomo. Paolo Tassinari a cento anni dalla scomparsa, in Il chimico italiano, XX (2009), pp. 16-18).
Ritiratosi in pensione nel 1904 e nominato professore emerito dell’Università di Pisa, trascorse gli ultimi suoi anni a Castel Bolognese, dove morì, dopo breve malattia, il 16 aprile 1909.
Opere. Oltre alle opere citate sopra, possono essere ricordati due articoli e due manuali scritti da Tassinari e precisamente: Sulla capacità di saturazione dell’acido nitrosalicilico, in Il Nuovo Cimento, II (1855), pp. 41-48; Sulla conversione dei nitrati in ammoniaca per l’azione de’ corpi riduttori, e sovra una reazione molto sensibile per scoprire i nitrati, ibid., pp. 456-461 (con P. Piazza); Avviamento allo studio della chimica. XXX lezioni, Pisa 1868; Precetti di analisi chimica qualitativa, Pisa 1885.
Fonti e Bibl.: G. Provenzal, P. T., in Profili bio-bibliografici di chimici italiani, Roma 1938, pp. 215-217; R. Nasini, P. T., in La chimica italiana, a cura di G. Scorrano, Padova 2008, pp. 19-21.