PORPORA, Paolo
PORPORA, Paolo. – Nacque da Scipione e da Angela Cantalena, entrambi napoletani; non sono noti luogo e data di nascita. È menzionato per la prima volta, all’incirca quindicenne, il 2 novembre 1632 a Napoli in un contratto di apprendistato triennale stipulato tra sua madre, allora vedova, e lo specialista di nature morte Giacomo Recco (Archivio di Stato di Napoli, Notai del XVII secolo, scheda 193 (Diego De Crescenzo), prot. 9, cc. 622r-623r; Trastulli, 2008, p. 133, doc. 1).
Unica fonte archivistica relativa agli anni napoletani di Porpora, il documento offre infatti indicazioni discordanti con il quadro trasmesso dalle altre fonti: la data di nascita che si ricava, intorno al 1617, precede di un paio di anni quella desumibile dalla registrazione di morte del pittore, così come la notizia della formazione presso Recco non trova riscontro nella testimonianza di Bernardo De Dominici (1743, pp. 75, 80), che negli scarni cenni dedicati a Porpora ne ricorda solo l’alunnato presso Aniello Falcone (e dunque la conseguente adesione alla «Compagnia della Morte», immaginaria brigata di pittori antispagnoli capeggiata da quest’ultimo); in questa fase, al momento non identificabile, il giovane si sarebbe dedicato a quadri di «figure e battaglie», un campo d’applicazione che Porpora, avvertendo poco congeniale, avrebbe presto abbandonato per passare a «dipingere pesci, ostriche, lumache, buccine, ed altre conche marine, come ancora […] lucerte, piccioni, e cose da cucina [eseguite] con tanta verità che ne divenne famoso».
Questa produzione di soggetto ittico, verosimilmente limitata – anche per le preferenze del locale collezionismo artistico – alla sola attività napoletana del pittore, è stata ricostruita su base stilistica da Giuseppe De Vito (2000), che ne ha individuato i presupposti nell’insegnamento dell’ancora oscuro Giacomo Recco, pittore anche di «pesci» stando agli scrittori più antichi (Andreini, 1675, p. 165), e gli esiti nelle prime prove di Giovan Battista Ruoppolo, «scolaro» di Porpora secondo De Dominici (1743, p. 293); tuttavia il pur suggestivo raggruppamento proposto dallo studioso, non ancora puntellato da alcuna opera firmata o documentata, presenta ancora ampi margini di incertezza e di provvisorietà.
Nondimeno problematica è la determinazione del nucleo di verità storica alla base di un’altra informazione trasmessa da De Dominici (p. 62), secondo cui a Napoli Porpora avrebbe avuto consuetudine con un cenacolo intellettuale riunito intorno a Massimo Stanzione, al quale avrebbe finanche donato, assecondandone la curiosità erudita, «certi manuscritti con alcune notizie» circa il primato dell’introduzione della tecnica a olio; data la costruzione fortemente letteraria dell’episodio, nulla può dirsi sul ruolo di tale frequentazione nella crescita artistica del pittore.
Più definito e riconoscibile, invece, è l’altro filone, d’impronta zoo-botanica, richiamato da De Dominici con il termine «lucerte», i cui esempi possono essere classificati sotto la generica etichetta di ‘sottoboschi’, raffigurazioni – per lo più di ambientazione notturna – di microcosmi silvani in cui si agitano, non senza un simbolismo allegorico, rettili, insetti e altre piccole creature. Gli episodi più alti di questo tema, anche per la loro storia critica, furono senz’altro la tela n. 1835 del Musée des beaux-arts di Strasburgo (S. Bottari, Una traccia per Luca Forte e il primo tempo della natura morta a Napoli, in Arte antica e moderna, VII (1963), 23, pp. 245 s., nota 4, e fig. 102a), la coppia con Gatto, serpente e conigli e Volpe, tartaruga e quaglie della Galleria Pallavicini di Roma (F. Zeri, La Galleria Pallavicini in Roma, Firenze 1959, pp. 195 s., nn. 339-340) e, soprattutto, due complessi ‘sottoboschi’ già di collezione Chigi e attualmente dispersi (uno, illustrato in L. Laureati - L. Trezzani, La natura morta postcaravaggesca a Roma, in La natura morta in Italia, 1989, pp. 731, 733, fig. 869, è ricomparso presso Christie’s, New York, l’8 dicembre 2013, lotto 46), ai quali corrispondono due pagamenti del 1661 versati dal guardarobiere del cardinale Flavio Chigi (V. Golzio, Documenti artistici sul Seicento nell’Archivio Chigi, Roma 1939, p. 283, docc. 3720, 3854).
All’interno di questo corpus, sovente associato negli inventari antichi al nome di «Paoluccio napolitano», Raffaello Causa (1972, pp. 1040 s., note 47, 49) ha voluto discernere – con largo seguito da parte della critica – la mano di una seconda personalità, identificandola con quel «Paoluccio Cattamara» non altrimenti noto che da una sintetica quanto generica voce dell’Abecedario pittorico dell’abate Pellegrino Antonio Orlandi (Bologna 1704, p. 311: «Paoluccio Cattamara napolitano valente in dipignere serpi, uccelli, ed altri animali, fiori, e frutti, e rappresentare egregiamente in palco»). Tuttavia, come è stato dimostrato (Porzio, 2010), la distinzione tra un «Paoluccio delli fiori», alias Paolo Porpora, e il suo epigono «Paoluccio napolitano», al secolo Paolo Cattamara (nome che peraltro ricorre solo in Orlandi), non trova conferma nella documentazione esistente, che scambia indifferentemente i due appellativi e anzi in qualche caso giunge ad adottarli insieme (The Getty Provenance index databases, doc. I-778, n. 160: «Pauluccio detto de fiori napolitano»).
È invece verosimile che il nucleo di ‘sottoboschi’ di più arcaica impostazione, già riferito all’inesistente Cattamara, sia da ripartire tra altre fisionomie ancora anonime, come quella del misterioso «Pseudo-Caroselli», così battezzato per la sua stretta connessione stilistica e tematica con l’universo figurativo del pittore romano (G. Porzio, «Pseudo-Caroselli». Novità per un enigma, in Tra Nord e Sud d’Europa. Episodi di pittura dal Cinque al Seicento (catal., Firenze), a cura di G. Porzio, Napoli 2013, pp. 62-75).
Proprio il successo di tale specialità, in cui gli studi hanno letto il risultato di un contatto, non documentato però, con la cerchia di generisti nordici quali Otto Marseus van Schrieck e Matthias Withoos, attestati in Italia centrale intorno alla metà del Seicento (A. Houbraken, De groote schouburgh der Nederlantsche konstschilders en schilderessen, II, Amsterdam 1718-21, pp. 186 s.), dovette propiziare – assieme alla drammatica congiuntura della rivolta di Masaniello – il trasferimento di Porpora da Napoli a Roma (De Dominici, 1743, pp. 80, 293 s.), dove il pittore è registrato con continuità negli Stati delle anime tra il 1648 e il 1651, prima in via del Corso (qui in compagnia di Viviano Codazzi) e in seguito, negli ultimi tre anni, in via Margutta (la documentazione romana è integralmente raccolta nel regesto di Trastulli, 2008, pp. 133-138, cui si rinvia per tutte le notizie che seguono). Al febbraio 1654 risale il matrimonio con la palermitana Anna De Amicis (o D’Amico), dai cui atti si evince per la prima volta il nome del padre del pittore, il napoletano Scipione Porpora; la coppia, assieme alla madre di lui, la già ricordata Angela Cantalena (menzionata per l’ultima volta nel 1661), prese alloggio in via della Croce nei pressi di piazza di Spagna. Nello stesso anno, il 13 settembre, Porpora è nominato per la prima volta in un’adunanza dell’Accademia di S. Luca. Tra il 1655 e il 1657 risiedette nella «strada Paolina» (l’odierna via del Babuino), prima di stabilirsi di nuovo in via del Corso, tra il 1658 e il 1660, e poi definitivamente, dal 1661, in via dei Condotti (notevole, a quest’ultima data, la coabitazione con Niccolò Codazzi, cognato della moglie di Porpora).
Nel marzo 1656 fece il suo ingresso nella Congregazione di S. Giuseppe di Terra Santa (l’attuale Pontificia insigne accademia di belle arti e letteratura dei Virtuosi al Pantheon) e nel mese successivo venne ufficialmente ascritto al catalogo degli accademici di S. Luca (così come del resto riferito già da De Dominici, 1743, p. 80), rivestendo in entrambe le associazioni la carica di cerimoniere. La partecipazione del pittore alla vita ordinaria delle due istituzioni fu sostanzialmente continua fino al 1669-70, come risulta dai verbali delle rispettive assemblee.
Fu proprio nel tempo romano di Porpora che dovette concentrarsi la sua cospicua attività di fiorante, per la quale il pittore è più universalmente noto. Questo ambito, la cui ricostruzione ha trovato un punto di ancoraggio in un Vaso di fiori già in collezione Chigi (documentato dalla foto Anderson 41605 e dichiarato firmato; Causa, 1972, p. 1009, fig. 379), risentì certo del confronto con le coeve, esuberanti composizioni floreali – ghirlande e bouquet – di Mario Nuzzi e di Karel von Vogelaer; tale propensione, ormai barocca, all’enfasi e, per certi versi, al disordine restò però temperata da una perspicuità ottica e da un plasticismo smaltato che appaiono il residuo più autentico e resistente della formazione naturalistica – e precisamente falconiana – del maestro napoletano (si vedano in questo senso le pur turgide tele di Capodimonte (inv. Q 972) e di Compton Verney, in Inghilterra (inv. 0248.S), collocate rispettivamente nel sesto e nel settimo decennio del secolo).
Da questa stessa linea, e in contrapposizione con il più retorico decorativismo degli specialisti stranieri operanti tra Roma e Napoli, la storiografia fa discendere anche la rilevante personalità artistica di Andrea Belvedere, «pittore eccellentissimo di fiori e frutta», che di Porpora dovette essere inizialmente allievo (De Dominici, 1743, p. 570).
Il 24 agosto 1673, un mese dopo aver fatto testamento, Porpora fu sepolto nella chiesa romana di S. Lorenzo in Lucina (la notizia, reperita da Friedrich Noack e appuntata alla voce Porpora del suo Schedarium, ora presso la Bibliotheca Hertziana di Roma, è già in Thieme - Becker, 1933), all’età di «anni 54», secondo il Libro dei morti di quella parrocchia.
Fonti e Bibl.: [P.A. Andreini], Nota de’ pittori, scultori, et architettori, che dall’anno 1640 sino al presente giorno hanno operato lodevolmente nella città e regno di Napoli (1675), in G. Ceci, Scrittori di storia dell’arte anteriori al De Dominici, in Napoli nobilissima, VIII (1899), p. 164; B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani… Tomo secondo, Napoli 1743 (ma 1745 circa), pp. 61 s., 75, 80, 192, 225, 293 s.; O. Giannone, Giunte sulle vite de’ pittori napoletani (1771-1773), a cura di O. Morisani, Napoli 1941, pp. 151 s.; i documenti su Porpora sono integralmente raccolti in appendice al saggio di F. Trastulli, P. P. a Roma: regesto dei documenti, novità e qualche considerazione, in Ricerche sul ’600 napoletano. Saggi in memoria di Oreste Ferrari 2007, Napoli 2008, pp. 129-139 (da integrare con L. Lorizzo, Nuovi documenti su Francesco Graziani detto Ciccio Napoletano e su P. P. a Roma con qualche osservazione sulle dinamiche del commercio dei dipinti nel Seicento, ibid., p. 59).
U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, Leipzig 1933, p. 273; R. Causa, P. P. e il primo tempo della «natura morta» napoletana, in Paragone, II (1951), 15, pp. 30-36; U. Prota Giurleo, Pittori napoletani del Seicento, Napoli 1953, pp. 12 s.; C. Volpe, P. P., in La natura morta italiana (catal., Napoli), Milano 1964, pp. 42 s.; R. Causa, ibid., pp. 43 s., nn. 57-62; A.E. Pérez Sánchez, Sobre bodegones italianos, napolitanos especialmente, in Archivo español de arte, XL (1967), pp. 316 s.; R. Causa, La natura morta a Napoli nel Sei e nel Settecento, in Storia di Napoli, V, 2, Napoli 1972, pp. 1009-1011; L. Salerno, La natura morta italiana, 1560-1805, Roma 1984, pp. 202-209, n. 50; A. Tecce, in Civiltà del Seicento a Napoli (catal.), I, Napoli 1984, pp. 364-368, nn. 2.163-2.167; G. Wiedmann, Documenti sulla presenza a Roma dei Del Po, di Fanzago, P. e altri, in Ricerche sul ’600 napoletano. Dedicato a Ulisse Prota Giurleo nel centenario della nascita, Milano 1986, p. 254; A. Tecce, P. P., in La natura morta in Italia, a cura di F. Porzio, II, Milano 1989, pp. 893-899; G. De Vito, P. P. e la nascita di un genere a Napoli, in Ricerche sul ’600 napoletano. Saggi e documenti per la storia dell’arte 1999, Napoli 2000, pp. 18-42; G. Bocchi - U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630-1750, Viadana 2005, pp. 337-355; V. Damian, P. P., in L’Oeil gourmand. Percorso nella natura morta napoletana del XVII secolo (catal.), a cura di V. Damian, Paris 2007, pp. 46 s.; G. Porzio, P. P., in Nuovi dipinti e una selezione di pergamene (catal., Maastricht), a cura di G. Porzio, Milano 2010, pp. 43-62; Id., Sulle onde del Barocco, in N. Ward Neilson et al., Un battito d’ali. Ritrovamenti e conferme (catal., Maastricht), Milano 2011, pp. 85-95.