NOVELLI, Paolo.
– Non si conoscono i dati biografici di questo pittore del XVII secolo, nato ad Alfedena (L’Aquila), come si evince dall’epigrafe dedicatoria da lui stesso posta sulla controfacciata del refettorio di Monte Oliveto Maggiore. Oscura è anche la sua formazione e l’esiguo catalogo – costituito da una sola tela e da poche pitture murali, caratterizzate da una resa del tutto personale – rende ancora più arduo inquadrarlo entro una precisa corrente artistica e quindi ipotizzare per lui il consueto apprendistato sotto un capobottega.
È documentato per la prima volta tra i componenti dell’affollato cantiere impegnato nella decorazione del casino nuovo di villa Lante a Bagnaia agli ordini, ma sembra non al soldo, di Agostino Tassi. Durante il processo che si tenne nel 1619 davanti al tribunale criminale del governatore, intentato contro Tassi per aver commesso adulterio con la cognata Costanza, moglie del suo collaboratore Niccolò Franchini (Cavazzini, 1993, p. 317), Francesco di Orazio Procacci e Francesco di Orazio da Castiglione nelle loro deposizioni nominarono il pittore Pasquale Regnicolo («dal regno di Napoli»), che Cavazzini (2008A, pp. 15, 61, 183; 2008B, p. 33 n. 55) ha identificato con Novelli. Quel Pasquale Regnicolo però non compare nel Registro dei mandati del cardinal Montalto (Id., 1993, p. 325), né fra gli aiuti che Tassi elencò nella sua deposizione al processo. Novelli evidentemente faceva parte di quello stuolo di artisti che «stavano tutti col signor Cardinale» (ibid., p. 327) e probabilmente erano stati scelti dal Cavalier d’Arpino, che nel 1613 aveva progettato e iniziato la decorazione (Id., 2008B, p. 33), per cui ricevette nel dicembre 1614 l’ultimo documentato pagamento (Id., 1993, p. 326). La presenza di Novelli a Bagnaia appare comunque attestata con chiarezza dalle quattro Storie di Mosè, dipinte entro medaglioni trapezoidali inseriti nello stupefacente soffitto lavorato a stucco da Lazzaro Solari, a cui risultano corrisposti due soli pagamenti – nell’agosto 1613 e nell’aprile dell’anno successivo – per i lavori al casino. Nell’intervento di Novelli, non marginale e realizzato in piena autonomia, è facile ravvisare le sue peculiarità stilistiche: la fluidità della stesura pittorica e un impianto dove la precisione prospettica passa in secondo piano, così come la delineazione dei volti, spesso sintetizzati in profili sfuggenti dai tratti ironici fino alla caricatura.
Nel triennio tra il lavoro nel cantiere di Bagnaia, che lasciò probabilmente nel 1614 (ibid., p. 327), e il modesto impegno nella sala regia del Quirinale nei primi mesi del 1617 (Vodret, 2008, p. 158), Novelli dovette entrare nell’Ordine olivetano assumendo il nome di fra Paolo. Nel 1617 è infatti segnalato tra gli oblati di Monte Oliveto come «Paulus de Bononia», in quanto aggregato a quella ‘nazione’ (Monte Oliveto Maggiore, Archivio dell’Abbazia, Familiarum Tabulae, vol. V, 1599-1643, C.X.V, c. 162r).
L’intervento di Novelli nella sontuosa decorazione del grande salone di rappresentanza del Quirinale, progettato da Maderno per Paolo V Borghese, fu limitato e defilato: appena una piccola scena affrescata dentro un medaglione con Mosè e le Medianite a fare da pendant al Ritrovamento di Mosé dello Spadarino. Fu Roberto Longhi (Presenze nella sala regia, in Paragone, 1959, n. 117, pp. 31 s.) a distinguere per primo in quelle due storie bibliche una sorta di iato stilistico di matrice caravaggesca rispetto alla restante decorazione e a riferirle entrambe allo Spadarino; nel 1962 Giuliano Briganti (Il Palazzo del Quirinale, Roma 1962, p. 76 n. 91) le mise in relazione con quelle di villa Lante a Bagnaia e nel 1965, a seguito di una comunicazione orale di Hermann Voss (in Schleier, 1970, p. 59) che attribuiva gli affreschi di Bagnaia a Novelli, poté collegare al nome del pittore anche la scena della sala regia. La matrice caravaggesca, richiamata da Longhi, ha nel medaglione di Novelli un palese riscontro nel ragazzo che urla fuggendo, traduzione di quello dipinto da Caravaggio nel Martirio di s. Matteo della cappella Contarelli in S. Luigi dei francesi (Vodret, 2008, p. 145).
L’11 maggio 1617 Novelli era a Monte Oliveto. In quella data infatti furono registrati nel libro dei Contratti i colori e tutto l’occorrente per la decorazione del refettorio (Archivio di Stato di Siena, Conventi 184, Contratti sopra la chiesa e altri parti di M.U.M. (Monte Uliveto Maggiore) con ogni cosa di esse aparte: 1414-1763, c. 19). In un’iscrizione affrescata sulla parete d’ingresso – evidentemente l’ultima a essere dipinta – Novelli riassunse la storia del ciclo pittorico, elencando il suo nome, quello dei committenti e dei tre abati che si succedettero nel corso della realizzazione e quello dei protettori dell’Ordine, Paolo V e suo nipote, il cardinale Scipione Borghese; i due putti ai lati dell’iscrizione si riferiscono al percorso personale di Novelli, quello a sinistra alludendo al mestiere di pittore, mentre quello di destra si appoggia a una balaustra con la scritta F. PAULUS NOVELLI OBEDIENTIE SUAVITER DEVICTUS. Due manoscritti conservati all’Archivio di Stato di Siena, uno inedito, il già citato numero 184, e uno pubblicato da Tom Henry nel 2000 (Conventi 240, Memoria di qualunque contratto e donazione delle pitture, 1759-1656, cc. 17-28, 51) permettono di seguire in modo dettagliato le fasi del lavoro fin dall’elaborazione del progetto. Fra Paolo rispettò la struttura architettonica della sala – ripristinata tra il 1485 e il 1488 in forme rinascimentali – ispirandosi, senza rinunciare al suo linguaggio ironico e umorale, lontano da ogni preoccupazione teologica, a due precedenti illustri: la sala regia e la loggia di Amore e Psiche alla Farnesina. Il refettorio fu un’impresa ambiziosa e complicata: il tema stesso scelto per il ciclo – le Profezie messianiche nell’Antico Testamento – richiese a Novelli uno sforzo compositivo non indifferente e la responsabilità di capocantiere, visto che fin dal dicembre 1617 aveva ai suoi ordini quattro collaboratori, che divennero cinque all’inizio del 1620. I risultati del restauro, ultimato nel 2000 dopo tre anni di lavoro, hanno permesso di individuare non solo la sequenza dell’intervento, ma anche la varietà delle tecniche usate: dal ‘buon fresco’ alla pittura a secco con legante proteico, oppure le due stesure insieme. A volte fu usata la tecnica ‘a risparmio’ lasciando a vista, come nella scena del Diluvio Universale, l’intonaco sottostante e intervenendo con un’esecuzione rapida e con una pellicola pittorica sottile e acquarellata.
Nel 1620 fra Paolo andò a Bologna dove affrescò la cappella della sagrestia del monastero olivetano di S. Michele in Bosco. A differenza del ciclo di Monte Oliveto, ricordato di sfuggita persino dai monaci olivetani estensori di guide (Grimaldi, 1788; Capra, 1939; Scarpini, 1952; Carli, 1961) e fatto oggetto di un contributo critico specifico solo da Henry (2000), gli affreschi bolognesi con le Storie di Giacobbe possono contare su una bibliografia abbastanza cospicua (Malvasia, 1686; Zani, 1823; Bianconi, 1820; Malaguzzi Valeri, 1895; Ricci - Zucchini, 1930; Zucchini, 1944) e su un saggio approfondito di Andrea Emiliani (1958). Qui è chiaro il riferimento alle logge Vaticane, l’Incontro di Giacobbe con Rachele è la citazione dell’affresco della sesta volta; ma nel monastero bolognese Novelli sembrò guardare con interesse anche alle declinazioni di Domenichino e di Annibale Carracci riuscendo talora a dare alle scene un ritmo più pacato, un’impronta o forse solo un accenno di classicismo.
Da Bologna si spostò ad Ascoli Piceno, nel monastero di S. Angelo Magno dove è documentato nel 1623 e nel 1624 (Monte Oliveto Maggiore, Archivio dell’Abbazia, Familiarum Tabulae, vol. V (1599-1643), C.X.5, cc. 187v, 199r).
Negli anni trascorsi a Monte Oliveto Novelli dipinse una tela con S. Elena in adorazione della Croce ricordata nel Necrologium: «Paulus de Alphidena de Bononia, oblatus. Pictor, pinxit refectorium Montis Oliveti et icon in Oratorio S. Crucis» (Monte Oliveto Maggiore, Archivio dell’Abbazia, fra Basilio da Bitonto, Necrologium Olivetanum, C.XII.3, c. 161r). La tela, ora esposta nel Museo dell’Abbazia, si trovava in origine nella cappella della S. Croce eretta nel bosco dell’Abbazia.
L’ultima notizia relativa a Novelli è quella della sua morte ricordata dal Necrologium dove è registrato tra i defunti del 1627, senza altre indicazioni.
Fonti e Bibl.: G. Mancini, Considerazioni sulla pittura (1617-21 circa), a cura di A. Marucci - L. Salerno, I, Roma 1956, p. 97; C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna (1686), a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, ad ind.; G. Grimaldi, Lettera sopra l’archicenobio di Monte Oliveto Maggiore, Firenze 1788, p. 54; G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna, Bologna 1820, pp. 403 s.; P. Zani, Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti, IV, Parma 1823, ad vocem; A. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, Macerata 1834, pp. 277 s.; F. Malaguzzi Valeri, La chiesa e il convento di S. Michele in Bosco, Bologna 1895, pp. 76 s.; C. Ricci - G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1930, p. 206; R.M. Capra, Monte Oliveto Maggiore, Monza 1939, p. 127; G. Zucchini, S. Michele in Bosco a Bologna, Bologna 1944, p. 49; M. Scarpini, I monaci benedettini di Monte Oliveto, San Salvatore Monferrato 1952, p. 218; A. Emiliani, Fra’ P. N. converso olivetano, in Paragone, 1958, n. 99, pp. 21-33; E. Carli, L’abbazia di Monteoliveto, s.l. (ma Siena) 1961, p. 65; E. Schleier, Les projets de Lanfranc pour le décor de la Sala Regia au Quirinale et pour la Loge de Bénéditions à Saint-Pierre, in Revue de l’Art, 1970, n. 7, pp. 59 s.; P. Cavazzini, New documents for Cardinal Alessandro Peretti Montalto’s frescoes at Bagnaia, in The Burlington Magazine, CXXXV (1993), pp. 315-327: in particolare pp. 323, 325-327; T. Henry, Publishing Fra P. Novelli’s frescoes at Monteoliveto Maggiore, in Studi di storia dell’arte in onore di Denis Mahon, a cura di S. Danesi Squarzina - C. Strinati, Milano 2000, pp. 165-176; P. Cavazzini, Paintings as business in early seventheen-century Rome, University Park, PA, 2008A, pp. 15, 61, 183; Id., La vita e le opere di Agostino Tassi, in Agostino Tassi (1578-1644). Un paesaggista tra immaginario e realtà (catal.), a cura di P. Cavazzini, Roma 2008B, pp. 23-95, passim; R. Vodret, Agostino Tassi e il fregio della sala regia nel palazzo del Quirinale, ibid., pp. 127-149: in particolare pp. 135, 144, 158; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 529.