MINUCCI, Paolo.
– Nacque a Firenze il 10 genn. 1626 (1625 stile fiorentino) da Cosimo di Paolo, dottore di leggi e notaio e da Margherita di Orazio Novelli (Firenze, Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Registri dei battesimi, 35, c. 260; altre fonti riportano erroneamente come madre del M. Lucrezia di Paolo Perotti: Notizie storiche e letterarie intorno al dottor P. M. …, p. XXXXV).
La famiglia Minucci apparteneva ab antiquo al patriziato di Volterra, ma il ramo da cui discese il M. si era trapiantato nel corso del XIV secolo a Radda (oggi Radda in Chianti, in provincia di Siena), da dove il nonno e omonimo del M., Paolo di Giovanni, era poi emigrato a Firenze, conseguendo la cittadinanza fiorentina nel 1593. Questo privilegio consentiva l’accesso alle cariche pubbliche, assegnate per estrazione ai membri del patriziato fiorentino; fu così che, prima il padre e poi anche il M. poterono usufruire di questa opportunità. Erra quindi De Daugnon a metterlo in relazione di parentela con l’omonima famiglia di Serravalle nel Trevigiano, da cui uscì Minuccio Minucci, arcivescovo di Zara (De Daugnon, p. 207), e quanti lo definiscono «volterrano» (Baldinucci, p. 656; Jannaco - Capucci, p. 615).
Seguendo le orme paterne, il M. fu avviato agli studi giuridici presso l’Università di Pisa, dove il 21 giugno 1647 conseguì la laurea in utroque iure. Tornato a Firenze, il M., rimasto orfano del padre nel 1642, si dedicò per alcuni anni soprattutto alla vita mondana, frequentando assiduamente la cerchia di letterati, artisti, scienziati e intellettuali che faceva capo a Salvator Rosa, pittore e poeta napoletano vissuto a Firenze tra il 1640 e il 1649. Questi aveva fondato in casa sua una sorta di accademia, detta «dei percossi», che organizzava trattenimenti conviviali, recite e giochi di società e che aveva tra i suoi protettori membri della famiglia granducale, come il cardinale Giovan Carlo de’ Medici. In quest’ambito il M. contrasse rapporti di amicizia destinati a durare tutta la vita: in particolare con Rosa e con Lorenzo Lippi.
Fu presumibilmente attraverso i buoni uffici di Giovanni Minucci, segretario e tesoriere del principe Mattias de’ Medici e lontano parente del M., che questi entrò a prestare servizio nei bassi ranghi della Segreteria del principe, al tempo governatore a Siena. Il M. era però di stanza a Firenze, con il compito di riassumere sotto forma di «avvisi» i dispacci che arrivavano dalle varie sedi diplomatiche e di inviarli poi a Siena per informazione del principe. Dalle lettere del M. a Giovanni Minucci si può stabilire che l’ingresso del M. nella Segreteria medicea avvenne sul principio del 1656 e che fin dall’inizio gli era stato commesso di prestare particolare attenzione alle informazioni provenienti dalla Polonia, paese alla cui situazione politica il principe Mattias era particolarmente interessato. Fino dall’anno precedente infatti Mattias era stato incluso fra i possibili candidati alla successione sul trono polacco, insieme con Henri-Jules duca di Enghien, figlio di Louis (II) principe di Condé, legato alla famiglia reale francese.
In questo scenario si colloca la visita a Firenze nella primavera-estate del 1656 (e non 1657 come in Caccamo, p. 318) di Tito Livio Burattini, scienziato e mercante di origine italiana, ma trapiantato in Polonia, dove aveva raggiunto una ragguardevole posizione economica e una notevolissima influenza politica, soprattutto dopo il 1648 presso la regina Maria Luisa Gonzaga Nevers. Il M. fu destinato dal principe Mattias a fare da guida a Burattini, il cui scopo immediato sembra essere stato quello di mettere in vendita o impegnare i gioielli della Corona di Polonia. In margine a tale compito non mancarono colloqui a carattere riservato con il granduca Ferdinando II e con altri membri della famiglia Medici intorno alla questione della successione al trono polacco, in merito ai quali tuttavia nulla si riscontra nella corrispondenza del M., che anzi sottolinea la riservatezza su questo punto di Burattini. Nel corso della missione non furono trascurati gli aspetti scientifici e culturali, dato che il M. accompagnò Burattini «in galleria, a vedere gli strumenti matematici» (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 1492, c. 564v) e a visitare la villa medicea di Lappeggi.
Forse fu proprio grazie alla conoscenza della Polonia, acquisita tramite la frequentazione di Burattini, oltre che per il rapporto di dipendenza con il principe Mattias, che, quando si trattò di inviare ai sovrani polacchi un incaricato di fiducia, la scelta cadde sul Minucci.
In realtà l’idea di inviare in Polonia una «persona espressa» circolava già dall’estate del 1656 (lettera di Paolo Doni al principe Mattias del 7 sett. 1656, Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5398, cc. 546-547), ma la famiglia granducale non si era mai decisa a compiere questo passo, perché aveva preferito agire nel più stretto riserbo. Due anni dopo però le trattative sembravano essersi del tutto arenate; pertanto si decise di inviare il M. in missione esplorativa.
Il M. si mise in viaggio ai primi di agosto 1658, giungendo a Vienna l’ultimo giorno del mese; dopo aver incontrato Burattini a Cracovia e altre personalità a Varsavia, il 9 ottobre raggiunse gli alloggiamenti reali presso Torun, dove il re e la regina si trovavano con l’esercito. Nonostante le calorose accoglienze e le espressioni di apprezzamento continuamente rivolte all’indirizzo del principe Mattias, il M., dopo un soggiorno di oltre cinque mesi in terra polacca, dovette tornare a Firenze senza aver avviato la pratica a soluzione, soprattutto perché si era nel frattempo accorto non solo che la regina Maria Luisa era sempre più sbilanciata verso il candidato francese, ma che lo stesso Burattini ormai si stava orientando nello stesso senso (Relazione …, c. 422v).
Tornato a Firenze, il M. riprese il suo posto nella Cancelleria medicea e stilò una relazione conclusiva sulla sua missione in Polonia, che riporta con estremo dettaglio i colloqui più significativi avuti con i sovrani polacchi e i dignitari più importanti.
In questo periodo ricoprì alcune cariche pubbliche: in particolare, fece parte dei Dodici buonomini per quattro mesi dal 14 dic. 1666; degli Otto di guardia e balia per quattro mesi dal 1° luglio 1668 e poi di nuovo per un uguale periodo dal 1° nov. 1682; dei Conservatori di leggi per sei mesi dal 1° nov. 1680 e del Consiglio dei duecento, in rappresentanza del quartiere di S. Spirito, dal 21 nov. 1681.
Alla morte del principe Mattias (1667) il M. continuò a svolgere gli stessi compiti per il granduca Ferdinando II, conservando un’attenzione particolare per gli avvenimenti polacchi, in linea con le inclinazioni della famiglia granducale, ove le speranze di porre un proprio membro sul trono polacco non si spensero del tutto negli anni successivi. Il M., nella sua opera di informatore, ormai non dipendeva più dalle sedi diplomatiche toscane a Vienna e a Venezia, ma aveva a disposizione una propria rete di conoscenze coltivata nel corso delle missioni affidategli, nella quale figuravano italiani con posizioni di riguardo presso la corte polacca, come Sebastiano Cefali, segretario del potente maresciallo Jerzy Lubomirski e Cristoforo Masini, segretario di Giovanni Casimiro II, re di Polonia. La sua particolare competenza trovava applicazione a frutto anche in occasione di visite di personaggi polacchi o comunque legati alla Polonia, come il conte Maksymilian Ossolinski, di passaggio a Firenze nel 1668 e lo stesso Masini, inviato in Italia dal re di Polonia nel 1663 a chiedere soccorsi finanziari contro i Turchi.
Il M. operava a fianco di membri della famiglia regnante anche al di fuori delle questioni politiche. Pur non essendo uno scienziato, assistette spesso alle osservazioni e agli esperimenti scientifici, ai quali tanto il granduca Ferdinando II che i suoi fratelli amavano dedicarsi, verbalizzandoli e tenendone memoria nel «Registro di esperienze fatte ed osservate dal granduca Ferdinando II» (cit. in Favaro, p. 1152). Ma oltre alla politica e agli esperimenti scientifici, c’era un altro ambito in cui le competenze del M. venivano messe a frutto: quello dell’erudizione storica e letteraria. Poiché molti membri della famiglia granducale avevano interessi in questo campo, il M. fu chiamato ad assecondarli con trascrizioni critiche di testi antichi, come la Cronica di Dino Compagni, la Cronica domestica di Donato Velluti e le Storie fiorentine di Bartolomeo Cerretani.
Di particolare interesse fu l’estensione delle Note al Malmantile racquistato, poema eroicomico di ambiente cavalleresco di L. Lippi, pubblicato per la prima volta con il nome dell’autore anagrammato in Perlone Zipoli e con false note tipografiche nel 1674. Di quest’opera il M. era anche uno dei protagonisti, nascosto sotto lo pseudonimo di Puccio Lamoni. Poiché il poema è quasi interamente costituito di espressioni idiomatiche, tratte dal linguaggio popolare toscano e, all’interno di esso, per sortire un effetto comico, ricerca quelle più rozze e insolite, oltre al fatto che la prima edizione, uscita postuma, non era stata predisposta dall’autore, il cardinale Leopoldo de’ Medici incaricò il M. di apporvi adeguate note esplicative, in modo da rendere il poema comprensibile a un pubblico più vasto. Il M. lavorò con grande intensità al compimento dell’opera, che secondo alcuni sarebbe stata pronta per la stampa già nel 1673 (Carminati, p. 222); nella dedica a Francesco Maria de’ Medici il M. dichiarava che il testo era stato appena ultimato alla morte del cardinale Leopoldo de’ Medici (10 nov. 1675). Solo nel 1688 si giunse alla seconda edizione del Malmantile, con le note del M.: per l’autore e per il commentatore furono mantenuti gli pseudonimi della prima edizione.
Se la prima edizione era passata quasi inosservata, non così avvenne della seconda che, grazie alle Note del M., universalmente definite «eruditissime», ebbe un grande successo e conobbe moltissime riedizioni. In seguito, alle Note del M. altre ne furono aggiunte da parte di Anton Maria Salvini e di Anton Maria Biscioni (Firenze 1750 e ristampa Prato 1815; queste due edizioni contengono anche le Notizie storiche e letterarie intorno al dottor P. M. e sua agnazione, di cui non è specificato l’autore). All’edizione del 1731 e poi a quella successiva del 1750 fu aggiunto il ritratto del M., opera del pittore Pietro Dandini e inciso in rame da Pietro Masini. Grazie alle note esplicative del M. l’opera fu ammessa dall’Accademia della Crusca fra i «testi di lingua» (Vocabolario della lingua italiana dell’Accademia della Crusca, Firenze 1865, p. 943). Oltre che per gli aspetti linguistici, le Note del M. presentano notevole interesse anche per lo studio delle tradizioni popolari e per le notizie su personaggi realmente vissuti e citati nel poema. Alcuni degli aneddoti e dei proverbi usati dal M. per illustrare l’uso di certi termini e locuzioni presenti nel Malmantile furono pubblicati in edizioni autonome: Novellette di Paolo Minucci estratte dalle note al Malmantile racquistato di L. Lippi, a cura di A. Tessier, Venezia 1870; Due novelle di Paolo Minucci giureconsulto fiorentino tratte dalle note al Malmantile di Lorenzo Lippi, a cura di G. Papanti, Livorno 1870 (in soli 4 esemplari) e Tre novellette di Paolo Minucci cavate dalle sue note, a cura di G.B. Passano (Torino 1874).
Il M. si era sposato nel 1662 con Clarice di Alessandro Nelli (o di Nello), da cui ebbe almeno quattro figli, di cui i primi tre: Cosimo, Ferdinando Alessandro e Caterina sono citati nel suo testamento del 1674 (Archivio di Stato di Firenze, Notarile moderno, Protocolli, 19955, c. 16v), mentre l’ultimo, Bartolomeo, non essendovi citato, nacque presumibilmente dopo tale data.
Il M. morì a Radda in Chianti il 12 ag. 1695 e fu sepolto, secondo le sue volontà, nella cappella di famiglia nella chiesa di S. Niccolò.
Opere: Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., XXIV.53, cc. 417-441: Relazione del negoziato fatto nella corte di Polonia. Il testo fu pubblicato in traduzione polacca, insieme a una relazione di S. Cefali da W. Kulczycki o nella rivista polacca Czas. Dodatek miesięczny (Il Tempo, Suppl. mensili), IV (1859) 16, pp. 289-330. Una copia della relazione con la data errata (1649 anziché 1659) si trova anche nell’archivio del;la famiglia Ranuzzi conservato presso il Harry Ransom Humanities Research Center di Austin, TX (filza 12744, ins. 17); sempre nello stesso fondo si trova anche una sorta di manuale di cancelleria elaborato dal M. col titolo: Nota di soprascritte, mansioni e cortesie da usarsi da un cavaliere ordinario (filza 12746, ins. 11); l’inventario di questo fondo è consultabile all’indirizzo: http://www.hrc.utexas.edu/.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Ceramelli Papiani, 3220; Carte Sebregondi, 3605; Mediceo del principato, 1492, cc. 564-693; 1522, cc. 166 s., 501; 1523, cc. 537-562; 4489, cc. 1282-1314; 5398, c. 151; Miscellanea Medicea, 101, ins. 9; Decima granducale, 2027, c. 235; 3572, c. 380; Notarile moderno protocolli, 19952, cc. 67, 86v, 117v; 1955, cc. 16v-17v; S. Rosa, Poesie e lettere inedite, a cura di U. Limentani, Firenze 1950, pp. 28, 129, 171; B. Cerretani, Storie fiorentine, a cura di G. Berti, Firenze 1994, p. XVI; F. Baldinucci, Notizie de’ professori …, Firenze 1728, pp. 221, 224 s., 346, 350 s., 455, 561, 589, 656; F.S. Quadrio, Della storia e ragione d’ogni poesia, IV, Milano, 1749, pp. 93, 729; G. Morelli, Cronaca, in Delizie degli eruditi toscani, XIX (1785), p. CIV; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana …, II, Firenze 1805, p. 86; Notizie storiche e letterarie intorno al dottor P. M. e sua agnazione, in L. Lippi (Perlone Zipoli), Il Malmantile racquistato, Prato 1815, pp. XXXXI-LI; B. Gamba, Serie dei testi di lingua ed altre opere importanti nella italiana letteratura, Venezia 1839, p. 185; S. Ciampi, Bibliografia critica delle antiche corrispondenze politiche, II, Firenze 1839, pp. 127 s.; G. Razzolini, Bibliografia dei testi di lingua a stampa citati dagli Accademici della Crusca, Firenze 1878, pp. 200 s.; G.B. Passano, I novellieri italiani in prosa, Torino 1878, pp. 597, 600; G. Pitrè, Bibliografia delle tradizioni popolari, Torino 1894 (rist. anast. Bologna 1976), pp. 43, 217, 225, 541; G.B. Marchesi, Per la storia della novella italiana nel secolo XVII, Roma 1897, pp. 128, 142; A. Favaro, Amici e corrispondenti di Galileo, II, Venezia 1906, p. 1152 (con il cognome alterato in Minacci); F.F. De Daugnon, Gli italiani in Polonia dal IX secolo al XVIII, Crema 1907, p. 207; A. Panella, Candidati italiani al trono polacco. I Medici, in Rassegna nazionale, 16 apr. 1917, pp. 269-276; M. Maylender, Storia delle Accademie d’Italia, IV, Bologna 1926, p. 263; D. Caccamo, Osservatori italiani della crisi polacca, in Archivio storico italiano, CXXXII (1974), 1, pp. 319 s.; C. Jannaco - M. Capucci, Il Seicento, Milano-Padova 1986, pp. 552 s., 615, 954; C. Carminati, L. Lippi, in Diz. biografico degli Italiani, LXV, Roma 2005, pp. 221 s.; Inventari dei manoscritti delle biblioteche italiane, VII, p. 137.
V. Arrighi