DELLO MASTRO (De Magistris), Paolo
Appartenne ad un'antica famiglia di mercanti romani, certo fra le più autorevoli del rione Ponte.
Qui i Dello Mastro abitavano, in un luogo reso ora irriconoscibile dagli sventramenti ottocenteschi per la sistemazione del lungotevere: solo il nome di "Via del Mastro" è rimasto in una strada, ormai del tutto priva di edifici antichi, dove si trovava probabilmente la loro casa; ma quel luogo rivestiva nel '400 una grande importanza, economica non meno che politica, posto com'era fra la piazza del Ss. Salvatore (dove si conservava l'immagine del volto di Cristo), la Tor di Nona (prima punto di forza strategico degli Orsini, poi carcere e luogo delle esecuzioni) e l'antico "Canale di Ponte", l'attuale via del Banco di S. Spirito, cioè l'arteria più vitale e frequentata del percorso obbligato che conduceva, attraverso ponte S. Angelo, i pellegrini in Vaticano.
Già nel 1333 un membro della famiglia, "magister Bernardinus q. Francisci de Magistris", è attestato con la qualifica di "calzectarius", e con questa stessa qualifica compare iscritto nel 1421 nell'arte dei mercanti di panni Benedetto di Cola, padre del D.; con lui il potere economico e civile della famiglia compì un deciso salto di qualità (che si rifletterà nelle professioni intellettuali di alcuni discendenti, fra i quali spicca il nipote Mariano). Benedetto fu capo rione di Ponte nel 1431, conservatore della città nel 1447, magister aedificiorum nel 1449, congregato della Società del Ss. Salvatore e suo guardiano nel 1451-52.
Da Benedetto e da Bonella di Guiduero (di Parione) nacque il D., in una data che non sappiamo precisare ma che collocheremmo intorno al primo decennio del sec. XV, poiché egli mostra di ricordare personalmente l'inondazione del Tevere del novembre 1422. Un avvenimento questo tale da restare impresso nella memoria di un abitante del rione Ponte, anche se bambino, e che il D. ricorda proprio all'esordio del suo Memoriale, benché la vera data d'inizio della scrittura debba collocarsi con ogni probabilità più avanti nel tempo, nel 1431; le annotazioni che seguono immediatamente la prima risalgono infatti al 1431, e da allora in poi la scrittura prosegue a un ritmo pressoché regolare, con annotazioni contemporanee agli avvenimenti, fino al 1484. Il 3 febbr. 1437 il D. sposò lacobella, da cui ebbe otto figli: Nistasi (Anastasia) nel 1437, Rienzo nel 1441, Gentile (che si addottorò a Pisa e fu canonico di S. Giovanni) nel 1446, Agabito nel 1449, un maschio di cui ignoriamo il nome nel 1452, Valerio nel 1454, Brancatio nel 1458 e, infine, Costanza nel 1461.
Nel 1434 alcuni partecipanti alla sommossa popolare di Poncelletto (Poncello di Pietro Veneranieri) trovarono rifugio in casa del D. al momento dei ritorno del papa (e della repressione che ne seguì); d'altra parte, dalle pagine del Memoriale risulta la stima e la simpatia che il D. nutri per Stefano Porcari ("...era uno delli piùvalenti huomini che avesse Roma ...", ibid., n. LVIII), anche se egli non partecipò personalmente al suo tentativo.
Sempre stando al Memoriale sembra possibile riconoscere la posizione politica del D. in una difesa moderata dell'antica autonomia del "popolo romano" e dei suoi ordinamenti, che recalcitra di fronte al consolidarsi esclusivistico del potere papale; così il D. deplora accoratamente la lotta fratricida fra gli Orsini e i Colonna e apprezza Martino V ("...tenne uno quieto e tranquillo stato che se annava con l'auro in mano attorno a Roma a doicento millia de notte e de die sicuro, e fece uno granni bene alla città di Roma...", ibid., n. IV), ma critica l'esosità fiscale di Eugenio IV ("...e fece più che adoppiare le gabelle de Roma, donne che Romani ne fuoro molto malcontenti", ibid., n. XXXX), si scaglia con forza contro il nepotista Calisto III "...e tutto questo tempo che regnao mai non fu veduto lo più triste governo de robarce dentro della terra e fore, et ogni die faceano mecidia e questioni..., ibid., n. LXV), né è meno duro verso Sisto IV ("...in tutto lo tempo che visse, XIII anni, sempre ce mantenne in guerra e carestia e senza nulla iustitia ...", ibid., n. LXXXVIII).
Dall'aprile al giugno del 1452 il D. fu capo rione di Ponte, e in quel tempo partecipò al seguito di Federico III che tornava dal suo viaggio di nozze; nello stesso anno lasciò la casa paterna e si trasferì, presso lo zio Francesco, in una casa di S.Agostino, a Torre dei Campo. Nel 1464 subentrò al padre (morto lo stesso anno) nella prestigiosa Società dei Ss. Salvatore, la confraternita incaricata della custodia del volto di Cristo (che, in occasione della processione dell'Assunta, il D. fu incaricato di portare). Nel 1472 ricoprì la carica di magister stratarum e il 15 febbr. 1474 fu testimone all'atto di istituzione di una cappella della famiglia Damiani nella chiesa dei Ss. Celso e Giuliano.
Non sappiamo se il D. abbia esercitato personalmente la mercatura, non figurando il suo nome negli elenchi delle corporazioni, ma nel 1474 incaricò il figlio Agabito dell'esercizio del fondaco e del banco, da svolgere insieme al mercante Ceccolo di Cola Picchi. Il 26 apr. 1482 compare come destinatario di un atto di donazione di alcuni immobili, assieme alla moglie Iacobella e al figlio Agabito. Lo stesso anno versa alla Società del Ss. Salvatore 50 fiorini perché sia celebrato l'anniversario di lacobella Lanciari.
Nel settembre del 1484 il Memoriale siinterrompe e in un nuovo elenco dei membri della Società del Ss. Salvatore, iniziato nel 1487, il nome del D. non compare più (mentre c'è, dal 1488, quello del figlio Agabito); nel 1489-90 il D. figura invece nel Liber anniversariorum della suddetta Società del Ss. Salvatore, perché sia commemorato nella chiesa dei Ss. Celso e Giuliano (dove i Dello Mastro avevano una cappella e la tomba di famiglia in cui anche il D. fu sepolto) dietro versamento di 50 fiorini "in pannis et pecunia".
Il Magalotti (citato dal Pelaez) segnala un testamento del D. dell'ott. 1496, ma lo stesso Magalotti nella sua Raccolta di alberi genealogici colloca la sua morte nel 1490; recentemente Alda Spotti ha proposto il 1486 come data di morte del D.: è infatti questo (e non il 1496 come afferma erroneamente Magalotti) il vero anno del testamento del D., conservato presso l'Arch. di Stato di Roma; di certo nel 1501 il D. era già morto, poiché sua moglie Iacoba (morta nel 1504), che paga la Società del Ss. Salvatore in occasione della morte del figlio Gentile, è definita "uxor q(uondam) Pauli". Analoga definizione accompagna il nome di Iacoba nel testamento del nipote Mariano, il 12 nov. 1503.
Il D. è l'autore di un cosiddetto Memoriale ("... libro de memoria delle cose che occorreranno...") le cui scarne ma precise annotazioni meritarono l'attenzione e l'apprezzamento degli storici. Gli avvenimenti del '400 romano, dal succedersi dei papi agli scontri civili, dagli episodi di "cronaca nera" alle pestilenze, alle vicende legate all'anno santo, trovano in lui un testimone attendibile quanto informato; non vanno dimenticate, a questo proposito, oltre alle già citate cariche ricoperte dal D., da suo padre e dai suoi figli, le posizioni di altri suoi familiari: il fratello Tommaso fu cameriere di Niccolò V e canonico di S. Giovanni, l'altro fratello Givorio fu capo rione nel 1451 e il figlio di questi, Mariano, fu scrittore della Sacra Penitenzieria e guardiano della Società del Ss. Salvatore.
L'interesse storico del Memoriale non deve far ignorare che questo testo (scritto per uso privato e familiare) possiede anche una peculiare freschezza e genuinità, che emerge soprattutto nelle annotazioni del meraviglioso e dello straordinario, quando è colpita la fantasia dell'autore e i vincoli di una scrittura meramente documentaria vengono decisamente infranti; così il D. registra notizie come la comparsa di tre Soli nel cielo di Roma, descrive l'aspetto di un "dormentario" inviato in dono al papa ("...et io Pavolo ce cavalcai Rienzolo mio figlio che era molto piccolino..., Memoriale, n. XXXXII) e racconta in modo vivace e commosso l'avvenimento più drammatico al quale gli capitò di partecipare come protagonista: i soccorsi ai feriti e la sepoltura delle vittime in occasione della strage di pellegrini sul ponte S. Angelo, provocata dal panico e dalla calca, che costò la vita a centosettantadue persone il 19 dic. 1450.
Il Memoriale rappresenta non solo la principale fonte per la conoscenza del D., ma anche il filo lungo il quale si dipana l'interesse da lui suscitato attraverso i secoli. I codici che conservano il testo del Memoriale testimoniano una tradizione manoscritta soprattutto interessata a documentare aspetti della vita politica e religiosa della Roma del tempo, che dunque espunge dal testo (con una sola eccezione, quella del cosiddetto codice Soderini) tutti i riferimenti alla persona e alla famiglia del D., o addirittura confonde e contamina il testo del D. con quelli di Paolo di Lello Petrone o dell'Infessura che spesso lo accompagnano. Per una recensio dei manoscritti rinviamo a M. Pelaez, Il memoriale di Paolo di Benedetto dello Mastro dello rione di Ponte, in Arch. della Soc. rom. di storia patria, XVI (1893), pp.51-78;cfr. anche F. Isoldi, Prefazione a La "Mesticanza" di Paolo di Lello Petrone, in Rer. Ital. Script., 2ed., XXIV, 2, pp. 82 ss.
Il Muratori, che pure non pubblicò il libro del D., tuttavia ne segnalò l'esistenza nella Prefazione a St. Infessura (L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., III, 2, Mediolani 1734, col. 1110); ma il primo a pubblicare integralmente il testo del D. fu A. De Antonis, con il titolo di Diario e memorie di diverse cose accadute in Roma dal 1422 al 1484, in IlBuonarroti, s. 2, X (1875) 1, pp. 3-13; 2, pp. 37-48; 4, pp. 109-19; 5, pp. 141-48; lo stesso De Antonis pubblicò il testo in un opuscolo (di 150 esemplari numerati) con il titolo Memoriale di Paolo di Benedettodi Cola dello Mastro dello Rione de Ponte, Roma 1875. L'edizione a tutt'oggi fondamentale resta però quella di M. Pelaez (op.cit., pp. 41-130). Il Pelaez, come De Antonis, basa la sua edizione sul codice Soderini, l'unico che (in mancanza dell'autografo) conservi le notizie di carattere privato nonché una forte coloritura linguistica romanesca: tuttavia il Pelaez emenda l'edizione De Antonis da una serie di interpolazioni, e accompagna il testo con una nota introduttiva sul D. e la sua famiglia, una cronologia, una densa rete di note e di rinvii e, infine, un glossario. È condotta essenzialmente sull'edizione Pelaez quella curata da F. Isoldi per la nuova serie muratoriana (E Isoldi, Il "Memoriale" di Paolo di Benedetto di Cola D., in Appendice a La "Mesticanza" di Paolo di Lello Petrone, cit., pp. 83-100). È da notare che l'Isoldi non si può giovare direttamente del codice Soderini, utilizzato dal Pelaez, poiché il manoscritto nel frattempo "è andato smarrito e non se ne ha più traccia" (F. Isoldi, op. cit., p. 83, n. 6). Un brano del Memoriale è antologizzato in B. Migliorini-G. Folena (a cura di), Testi non toscani del Quattrocento, Modena 1953, pp. 56 ss.
Fonti e Bibl.: Gli statuti, gli elenchi dei membri e i nomi da commemorare negli anniversari si trovano nei due splendidi codici miniati della Società del Ss. Salvatore (Arch. di Stato di Roma, Ospedale Ss. Salvatore ad Sancta Sanctorum, ms. 1009, cc. 64r, 138v, e ms. 1010, c. 78r). Per la storia della famiglia si possono trovare riscontri in: Roma, Bibl. Angelica, ms. 2173: T. Amayden, Nobiltà romana..., p. 32; Ibid., Bibl. Casanatense, ms. 1335: T. Amayden, Mem. delle famiglie romane nobili, cc. 475r-476v; Bibl. apost. Vaticana, Ottob. lat. 2551: D. Iacovacci, Repertori di famiglie romane, cc. 597-603; Ibid., Chig. G VI 165: L. Magalotti, Raccolta di alberi genealogici di famiglie romane, cc. 135-37, Roma, Bibl. Angelica, ms. 308: Officiales almae Urbis..., cc. 13rv (edito a cura di O. Tommasini: Ilregistro degli officiali del Comune di Roma esemplato dallo scribasenato Marco Guidi, in Mem. d. R. Acc. dei Lincei, classe di scienze morali, stor. e filol., s.4, CCLXXXIV [1887], pp. 205 s.); Necrologi e libri affini della provincia romana, a cura di P. Egidi, I, Roma 1908, p. 510; II, ibid. 1914, pp. 480 s., 514; G. Marangoni, Istoria dell'antichissimo oratorio o cappella di S. Lorenzo nel Patriarchio lateranense, comunemente appellato Sancta Sanctorum..., Roma 1747, pp. 48 s., 315, 317; P. Adinolfi, Ilcanale di Ponte e le sue circostanti parti, Narni 1860, pp. 21, 26, 30, 34 s.; Id., Roma nell'età di mezzo, Roma 1881, I, p. 137; Statuti dei mercanti di Roma, a cura di G. Catti, Roma 1885, pp. 126 s., 135; E. Re, Maestri di strada, in Arch. d. Soc. romana di st. patria, XLIII (1920), pp. 5-102; A. Proia-P. Romano, Roma nel Cinquecento. Ponte (V Rione), Roma 1941-43, I, pp. 17 s.; II, pp. 5 s.; III, pp. 9, 20-24; C. Bianca, Marianus de Magistris de Urbe, in Scrittura bibl. e stampa a Roma nel Quattrocento, Atti del secondo semin. 6-8 maggio 1982, a cura di M. Miglio, Città del Vaticano 1983, pp. 555-599 (in particolare le pp. 560, 564 s., 593). Un lontano discendente del ramo di Sezze della famiglia, Superio de Magistris, ha raccolto fra il XVIII e il XIX secolo documenti originali e memorie dei propri antenati. Questo archivio, conservato privatamente fino al versamento nell'Arch. di Stato di Latina nel 1984, è stato preso in esame per la prima volta da Alda Spotti: P.D. cronista romano, in Un pontificato ed una città: Sisto IV (1471-1484), Atti del Convegno 3-7 dicembre 1984, a cura di M. Miglio et alii, Città del Vaticano 1986, pp. 613-630 (in Appendice è pubblicato integralmente il testamento del Dello Mastro).