ARNOLFINI, Paolo
Nacque a Lucca nel 1519 da Pietro di Niccolò e da Margherita Balbani. Verso i quindici anni rimase orfano di padre, assieme al fratello maggiore Niccolò (1510-51 circa) e al minore Giovanni (1521-64). Mentre Niccolò intraprendeva la carriera ecclesiastica sotto la protezione dello zio Bartolomeo Arnolfini, l'amministrazione dei beni degli "Eredi di Pietro Arnolfini" pare essere stata curata da un altro zio Luviso Arnolfini. Nel 1536 Bartolomeo nominò suoi eredi universali gli orfani di Pietro, assieme al proprio fratello Luviso. Il patrimonio degli "Eredi di Pietro Arnolfini " rimase comune fino al 1546 quando fu effettuata la divisione tra l'A. Niccolò e Giovanni.
Poco si sa della vita dell'A. a Lucca, e non resta traccia delle attività commerciali che egli ed il fratello Giovanni dovettero esercitare. Durante il soggiorno delle corti imperiale e papale a Lucca in occasione dell'incontro ivi avvenuto tra Carlo V e Paolo III nel settembre 1541, il cardinale Innocenzo Cybo alloggiò nella casa degli "Eredi di Pietro Arnolfini".
In questo periodo l'A. dovette entrare a far parte dei circoli riformati lucchesi, animati dalla predicazione di Pietro Martire Vermigli e dalla presenza di Celio Secondo Curione (precettore, fino al 1542 nella casa di Niccolò Arnolfini, da identificare quasi sicuramente con Niccolò di Silvestro [1499-?] di Bartolomeo, cugino in secondo grado di Paolo Arnolfini). Nel 1551 fu nominato erede dal fratello Niccolò (costui, alla morte dello zio Bartolomeo, aveva cumulato una serie di benefici ecclesiastici a Lucca: fu rettore e pievano della pieve di S. Stefano, rettore di S. Giulia, rettore e priore della chiesa di S. Pietro Maggiore, parroco della chiesa di S. Pietro a Mozzano). Prevenendo la repressione dell'eresia, che di lì a poco sarebbe scoppiata a Lucca, l'A. lasciò la città nel 1555 e si stabilì a Ginevra. Fu seguito nell'esilio dalla moglie Chiara di Giovanni Sandonnini, che egli aveva sposato nel 1540, e dalla figlia Camilla. Rimasero invece a Lucca tutti gli altri figli: Scipione, Fabio, Marcello, Lucrezia, Ginevra e Laura. L'A. venne iscritto per la prima volta il 16 sett. 1555 nel registro degli stranieri residenti a Ginevra. Dimorò in quella città, senza interruzione, durante un quarantennio; tuttavia non pare avere mai chiesto il titolo di borghesia di pieno diritto, benché prendesse parte attiva alle attività commerciali di Ginevra. Fu una delle figure più popolari del "rifugio" italiano nella città di Calvino. Il suo nome si trova deformato variamente in Arnulphini, Arnulsi, Arnolph e Norfin. Collaborò con Niccolò Balbani nell'organizzazione ed amministrazione della Chiesa italiana di Ginevra, in seno alla quale esercitò le funzioni di diacono e di anziano. Ebbe legami di amicizia con Silvestro Teglio e Giorgio Biandrata, seguaci delle dottrine antitrinitarie, che essi cercarono di diffondere nel seno della Chiesa italiana di Ginevra, all'epoca in cui furono pastori Celso Martinengo e Lattanzio Ragnone. Silvestro Teglio, che, chiamato nel 1558 davanti al concistoro della Chiesa italiana a rispondere delle sue dottrine, aveva dovuto sottomettersi, e poco dopo lasciare Ginevra, nel 1560 menzionò, nella dedicatoria alla traduzione latina del Principe di Machiavelli, stampata in quell'anno a Basilea, l'amicizia di Paolo Arnolfini assieme a quella di C. S. Curione e di altri Lucchesi. Dopo il 2 luglio 1566 l'A. non poté più sperare in un ritorno a Lucca, dove venne condannato come eretico e ribelle dal governo della Repubblica.
Egli svolse a Ginevra una varia attività mercantile, che andò dal commercio della seta e delle spezie a quello delgrano e del vino, anche al minuto (nel 1567, il 29 luglio, richiese al Consiglio di Ginevra la licenza per la vendita di due carri di vino "a boccale" che gli venne concessa, assieme a una "gratifica" di 5 fiorini). Agì sia a nome proprio sia come corrispondente delle compagnie Arnolfini di Lione, Anversa, Parigi e Londra.
Redasse il suo testamento nel 1578, lasciando alla borsa dei poveri della Chiesa italiana 20 fiorini, 5 fiorini all'Ospedale, 20 lire tornesi ad Anna di Francesco Cattani, 20 fiorini a Bernardino, suo servo piemontese, e istituendo credi universali in parti uguali dei suoi beni di Ginevra e di Lucca i sette figli, con un supplemento di 500 fiorini a Camilla per ricompensarla di avere voluto condividere l'esilio e di avere perduto il diritto all'eredità dello zio Giovanni Arnolfini.
Morì il 12 marzo 1593 a Ginevra, in casa di messer Bernardini, ministro della Chiesa italiana.
Dei figli: Camilla sposò nel 1575 a Ginevra Geronimo Vittorio, nobile bolognese e "bourgeois" di Ginevra, portando in dote 2500 lire tornesi (somma stabilita dall'A. come dote per ogni figlia). Ginevra sposò Costantino Sígnoroni e morì a Lucca verso il 1628. Laura andò sposa nel 1572 a Biagio Balbani; nel 1574 essi furono esecutori del testamento dello zio Giovanni Arnolfini. Scipione fece testamento a Lucca nel 1592, a favore dei fratelli Marcello e Fabio, e morì nel 1600. Marcello, nato nel 1549, nel 1570 fu adottato da Tommaso Sandonnini, il cui cognome fu aggiunto a quello di questo ramo degli Arnolfini; morì tra il 1602, anno in cui divise alcune proprietà comuni con il fratello Fabio, e il 1612, anno in cui i suoi figli erano già orfani. Fabio, nato nel 1545, si dedicò all'attività commerciale; aprì a Londra una filiale corrispondente con le società degli Arnolfini di Ginevra, Lione, Anversa e Parigi. Nell'estimo lucchese del 1599 le proprietà immobiliari di Fabio furono stimate ascendere a un valore di 10.300 scudi; nell'estimo del 1606 il valore era salito a 14.700 scudi (esse comprendevano tra l'altro terreni siti in comune della Pieve di Santo Stefano, territorio nel quale si trovava il più antico nucleo patrimoniale di questo ramo degli Arnolfini, costituitosi più di un secolo prima). Nel 1612 fece testamento a favore dei figli del fratello Marcello. Fu gonfaloniere di giustizia nel 1618. Morì nel 1622.
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