MASINO, Paola
MASINO, Paola. – Nacque a Pisa il 20 maggio 1908 da Enrico Alfredo, funzionario del ministero dell’Agricoltura, e da Luisa Sforza, entrambi toscani trasferitisi a Roma.
Fu il padre, appassionato cultore di letteratura, pittura, musica, nonché scrittore e drammaturgo in proprio, a orientare la formazione intellettuale della M., indirizzandone la precoce curiosità verso letture determinanti per la definizione del suo mondo poetico: la Bibbia, Platone, W. Shakespeare e gli scrittori elisabettiani, i favolisti francesi e tedeschi, Ch. Dickens, G. Flaubert, G. de Maupassant, N.V. Gogol´, F.M. Dostoevskij, H. Ibsen.
Allieva del ginnasio-liceo Torquato Tasso di Roma, la M. interruppe gli studi dopo il quarto anno, quando aveva già cominciato a scrivere poesie e drammi, il manoscritto di uno dei quali, Le tre Marie (1924, inedito), propiziò il suo primo incontro con L. Pirandello nel foyer del teatro Argentina. Nel marzo del 1927 conobbe M. Bontempelli, di trent’anni più vecchio di lei, sposato e con un figlio, che divenne il compagno della sua vita.
A causa del loro legame, inaccettabile per l’epoca, la M. venne allontanata da Roma e costretta dalla famiglia a un breve soggiorno a Firenze, dove frequentò M. Marini, M. Castelnuovo Tedesco, P. Gadda Conti e il gruppo di Solaria.
Nel 1928 cominciò a pubblicare su «900» le sue prime prose, caratterizzate da un gusto surreale e filosofeggiante e da uno stile sensuale, ruvido e corposo.
Nel luglio del 1929 si trasferì a Parigi, dove Bontempelli la raggiungeva appena possibile per periodi più o meno lunghi. Mentre lavorava al Bureau international de coopération intellectuelle e come segretaria di redazione della rivista L’Europe nouvelle, frequentò G. De Chirico, F. De Pisis, A. Savinio, A. Moravia, M. Jacob, P. Valéry, R. Gómez de la Serna, B. Crémieux, A. Maurois, e rinsaldò l’amicizia con Pirandello, che sarà da allora la terza stella polare della sua vita insieme con il padre e il compagno. A Parigi la M. raccolse le prose uscite su «900», insieme con altre scritte tra il 1928 e il 1929, nel volume Decadenza della morte (Roma 1931) e tra il luglio e il dicembre 1930 scrisse il suo primo romanzo, Monte Ignoso (Milano 1931; medaglia d’oro del premio Viareggio).
«I protagonisti di questo mondo caotico e ultralogico, sono nomi vasti, idee eterne: Amore, Vita, Morte, Follia, il Destino, la Paura, le Nuvole, il Tempo, il Moto, Dio. Ed eroi sempre: una continua ossessione verso l’eroico fa spasimare tutta questa materia dove è più compatta, e dove è più incandescente: tendenza esasperata al sublime a costo d’ogni pericolo», scrisse Bontempelli nella prefazione a Decadenza della morte (p. 10), calamitando la giovane scrittrice nell’orbita del novecentismo e inaugurando la lunga, controversa questione dei debiti della M. nei confronti del realismo magico. Ma all’interno di questo quadro di riferimento, cui vanno aggiunte suggestioni metafisiche mutuate da Savinio e De Chirico e tangenze non occasionali, né di superficie, con il Pirandello «mitico», la M. si ritagliò subito uno spazio di assoluta originalità, individuando già a partire da Monte Ignoso i propri temi elettivi. Dietro la trama gotico-biblica del romanzo – la maledizione familiare che grava sulla protagonista, la follia del marito, la morte della figlia e infine l’assassinio della donna da parte dell’uomo tradito – si nasconde infatti una tragedia dei ruoli, intesi non come costruzioni sociali, ma come figurazioni archetipiche del destino: su tutti, ossessivo Leitmotiv dell’opera della M., quello che incatena la donna alla maternità.
Tornata in Italia nel 1931, la coppia soggiornò a Milano, Napoli, Frascati e Castiglioncello, dove trascorreva le vacanze estive insieme con Pirandello e Marta Abba. L’anno successivo la M. avviò la stesura di Periferia (Milano 1933), che vinse il secondo premio del Viareggio e attirò sull’autrice le attenzioni e il controllo del regime fascista.
Articolato in dodici capitoli, dedicati ciascuno a un mese dell’anno, il romanzo è una fiaba nera che mette in scena un gruppo di bambini colti nel momento di passaggio all’età adulta, tra giochi iniziatici e meschini drammi familiari, e nella quale la M. elabora il suo personale mito dell’infanzia come età lirica, ma anche come crudele condizione di veggenza e di fatata, fatale contiguità con la morte. «L’assunzione del codice fiabesco, per la verosimiglianza della sua annessione al contesto infantile, coincide perfettamente col “realismo” della magia, in un colpo solo raduna forma logica e presenza analogica, corrisponde insomma all’applicazione più armonica e coerente della formula novecentista» (R. Guerricchio, Il realismo magico di P. M., in Id., Finzioni e confessioni, Napoli 2001, p. 62).
Nel settembre 1933 la M. raggiunse Bontempelli e Pirandello in Argentina per la prima mondiale di Quando si è qualcuno. Di nuovo in Italia alla fine dell’anno, avviò un nuovo romanzo, Poi Giovanni, e nel 1934 si stabilì a Roma insieme con il compagno, in un appartamento di corso Trieste. Interrotta la stesura di Poi Giovanni, si dedicò alla forma breve del racconto: nel 1935 scrisse Terremoto, nel 1936 cominciò Racconto grosso, che la tenne impegnata per due anni, e nel marzo 1938 portò a termine Figlio, poi confluiti nella raccolta Racconto grosso e altri (Milano 1941). I rapporti con il regime subirono un’ulteriore incrinatura nel settembre dello stesso anno, quando la ripubblicazione in Le Grandi Firme del racconto Fame, già apparso in Espero (II [1933], 2), provocò la soppressione della rivista per ordine di B. Mussolini. In novembre Bontempelli fu espulso dal Partito nazionale fascista (PNF) e la M. lo seguì in una sorta di larvato confino a Venezia, nel sontuoso e un po’ funereo palazzo Contarini delle Figure, dove ricevevano abitualmente G. Malipiero, V. De Sabata, A. Martini, De Chirico, De Pisis, C. Alvaro, e dove fu ospite per alcuni mesi, nel corso del 1939, Anna Maria Ortese.
«Io ero diventata maniaca delle pulizie. Mostravo una mollica alla cameriera, poi la nascondevo. Lei doveva trovarla prima di sera, buttando all’aria tutta la casa. Bontempelli mi disse di scrivere un libro per spiegare quella stranezza. Gli dissi: sarebbe come psicanalizzarmi. Lui insisté. Io scrissi il romanzo» (S. Giacomoni, Introduzione a P. Masino, Nascita e morte della massaia, 3ª ed., Milano 1982, p. 10). Prese corpo così, tra la fine del 1937 e i primi mesi del 1938, Nascita e morte della massaia.
Un eversivo antiromanzo nel quale la M. contamina i generi e i registri più disparati – narrativa, vaudeville, diario, rêverie metafisico-surrealista, satira politica – per raccontare l’uscita dall’infanzia di una cupa fanciulla in sintonia con l’universo e la sua trasformazione in impeccabile amministratrice domestica. Concluso nel gennaio 1940 e pubblicato in quindici puntate nel settimanale Tempo tra il 16 ott. 1941 e il 22 genn. 1942, il romanzo subì tagli e modifiche da parte della censura fascista e vide la luce in volume solo tre anni dopo (Milano 1945).
Il 16 maggio 1940 la M. pubblicò sul Tempo il racconto Famiglia, accolto successivamente in Racconto grosso e altri, in cui rinnova il genere della favola allegorica, con esiti a tratti kafkiani, recuperando il gusto per gli scenari primordiali di Decadenza della morte e Monte Ignoso. Tra il 1941 e il 1942 tenne nel periodico Domus la rubrica «Dialoghi della vita armonica», sperimentando una forma di giornalismo che prende a pretesto la moda e l’arredamento per spaziare dalla notazione di costume alla riflessione morale e alla rievocazione autobiografica.
Sorpresi a Roma dalla caduta del regime fascista e poi dall’armistizio dell’8 sett. 1943, la M. e Bontempelli rimasero nella capitale fino alla Liberazione. Nel giugno 1944 parteciparono in casa Bellonci alle riunioni degli Amici della domenica, da cui sarebbe nato nel 1947 il premio Strega, e tra l’11 novembre e il 21 dicembre dello stesso anno diressero a turno, insieme con G. Bellonci, E. Maselli, A. Moravia, G. Piovene e Savinio, il settimanale Città, in cui la M. pubblicò il racconto Lino e tenne una rubrica politico-letteraria.
La riscoperta della vena lirica dell’adolescenza, che già aveva dato i suoi frutti con la pubblicazione di quattro poesie nella rivista Domus nel 1943, sfociò nel volume Poesie (Milano 1947), una raccolta di liriche composte tra il 1935 e il 1946 e in parte già apparse in settimanali e periodici. Agli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra appartengono anche alcuni racconti, usciti in quotidiani e riviste tra il 1943 e il 1948 e riuniti nel volume postumo Colloquio di notte (Palermo 1994) insieme con Fame e tre testi inediti risalenti rispettivamente all’inizio degli anni Trenta, al 1946 e al 1955. Ma il periodo 1945-60 fu caratterizzato soprattutto dall’attività giornalistica: tra le collaborazioni più rilevanti sono da ricordare quelle a Milano sera, Spazio, Foemina, Noi donne, Epoca e Vie nuove, dove, dal 1951 al 1956, la M. firmò la rubrica di posta dei lettori «Confidatevi con Paola».
Nel 1950 la M. e Bontempelli tornarono definitivamente a Roma, per stabilirsi nella casa paterna della scrittrice in viale Liegi. Nello stesso anno la M. realizzò una commemorazione di Pirandello per Radio Rai, inaugurando una collaborazione destinata a prolungarsi fino agli anni Settanta. Nel gennaio 1958 lavorò con Alba de Céspedes e G. Colizzi a un soggetto cinematografico per F. Fellini, intitolato Nicodemo e mai realizzato. Alla fine dell’anno progettò e avviò l’Album di vestiti.
Si tratta di un libro autobiografico cui si dedicò fino al 1963 senza riuscire a dargli una forma compiuta e nel quale rievoca «i fatti salienti della sua vita – e, naturalmente, gli ambienti e i personaggi con cui si è incrociata –, secondo una prospettiva che ricava suggestioni dalla commedia bontempelliana Nostra Dea: quella cioè dei vestiti indossati» (M.V. Vittori, Introduzione a P. Masino, Io, Massimo e gli altri. Autobiografia di una figlia del secolo, Milano 1995, p. 9).
Il 21 luglio 1960, al termine di una lunga malattia, morì Bontempelli. Da allora la M. ridusse progressivamente le collaborazioni giornalistiche per dedicarsi alla salvaguardia dell’opera e dell’archivio del compagno, – di cui curò i due volumi dei Racconti e romanzi (Milano 1961) –, alle traduzioni dal francese (V. Larbaud, H. de Balzac, Stendhal, Madame de La Fayette [Marie-Madeleine Pioche de la Vergne]) e alla stesura di libretti d’opera per la musica di V. Rieti (Il viaggio d’Europa, inedito), F. Mannino (Vivì, Roma 1957; Luisella, Milano 1969; Il ritratto di Dorian Gray, ibid. 1974) e C. Brero (La madrina, inedito).
La M. morì a Roma il 27 luglio 1989.
Fonti e Bibl.: Le carte della M. sono conservate presso l’Arch. del Novecento dell’Università di Roma «La Sapienza» e sono descritte in L’archivio di P. Masino. Inventario, a cura di F. Bernardini Napoletano (Roma 2004). Alcuni brani tratti dagli 11 quaderni di appunti tenuti dalla M. dalla metà degli anni Trenta all’inizio degli anni Settanta e 49 delle 720 lettere indirizzate ai genitori e alla sorella Valeria tra il 1915 e il 1968 sono stati pubblicati da M.V. Vittori, in P. Masino, Io, Massimo e gli altri. Autobiografia…, cit. Testi inediti compaiono anche in P. M., a cura di F. Bernardini Napoletano - M. Mascia Galateria (catal.), Milano 2001 (saggi di F. Bernardini Napoletano, M. Mascia Galateria, G. Yehya, B. Manetti, M. Volpi; e con bibl. delle opere e una selezione della bibl. critica). Nell’archivio di Bontempelli (Massimo Bontempelli papers, 1865-1991), presso il Getty Research Institute di Los Angeles, sono conservati 629 pezzi tra lettere e telegrammi a lui indirizzati dalla M. tra il 1928 e il 1953, insieme con racconti, traduzioni e altre carte della scrittrice. Per ulteriori notizie biografiche si vedano: M.V. Vittori, Introduzione, in P. Masino, Colloquio di notte, Palermo 1994, pp. 11-37, e B. Manetti, Biografia, in P. M., cit., pp. 38-63. Cfr. inoltre: L. Baldacci, Gadda e la M.: due classici del disordine, in Epoca, 5 apr. 1970; C. Garboli, Introduzione, in P. Masino, Nascita e morte della massaia, Milano 1970, pp. 5-10; A.M. Ortese, Rileggendo P. M., in Il Bimestre, II (1970), 5, pp. 20-22; S. Giacomoni, Introduzione, in P. Masino, Nascita e morte della massaia, cit., pp. 5-10; M. Volpi, Ricordo di P. M., in Paragone, XL (1989), 478, pp. 100-104; M. Bersani, Postfazione, in P. Masino, Monte Ignoso, Genova 1994, pp. 209-220; G. Yehya, P. M.: il «mestiere di scrittrice», in Avanguardia, IV (1999), 10, pp. 101-128; F. Airoldi Namer, La terra e la discesa: l’immaginario di P. M., in Otto/Novecento, XXIV (2000), 3, pp. 161-186; B. Manetti, Una carriera à rebours. I quaderni d’appunti di P. M., Alessandria 2001; M. Mascia Galateria, L’autobiografia trasfigurata di P. M., in Avanguardia, VI (2001), 17, pp. 111-131; G. Yehya, Tra sogno e scrittura: «Poi Giovanni», romanzo incompiuto di P. M., ibid., pp. 133-141; R. Guerricchio, Il realismo magico di P. M., cit., pp. 55-66; T. Rorandelli, «Nascita e morte della massaia» di P. M. e la questione del corpo materno nel fascismo, in Forum Italicum, XXXVII (2003), 1, pp. 70-102; F.M. Ghezzo, Fiamme e follia, ovvero la morte della madre arcaica in «Monte Ignoso» di P. M., in Esperienze letterarie, XXVIII (2003), 3, pp. 33-55; B. Manetti, Modelli di donna e lettrici reali nella pubblicistica di P. M., in Il Ponte, LIX (2003), 12, pp. 108-128; L. Rozier, Il mito e l’allegoria nella narrativa di P. M., prefaz. di M.C. Papini, Lewiston-Queenston-Lampeter 2004; S. Cirillo, Nascita e morte della massaia di P. M., in Id., Nei dintorni del surrealismo, Roma 2006, pp. 125-143.