PANAMÁ
(XXVI, p. 163; App. I, p. 919; II, II, p. 497; III, II, p. 357; IV, II, p. 728)
Al censimento del 1990 sono stati rilevati 2.329.329 ab., 504.533 in più rispetto al censimento precedente (1980) e 901.247 in più rispetto al 1970. L'incremento medio annuo è passato dal 2,5% circa degli anni Settanta al 2,1% degli ultimi anni Ottanta: un incremento ancora molto elevato, dovuto soprattutto al sensibile calo del tasso di mortalità, sceso nel 1991 al 3,8ı, il valore più basso dell'America latina (insieme con quello della Costa Rica) e uno dei più bassi del mondo. Nella capitale, Panamá, sono stati censiti (1990) 411.549 ab.; ma si tratta degli abitanti della sola città, non dell'intera agglomerazione urbana che ormai si estende in gran parte dei territori in prossimità del canale interoceanico, inglobando Colón, La Chorrera e vari altri centri, e formando un'unica vasta area metropolitana che ospita almeno il 35% degli abitanti dello stato.
Ciò è una riprova di quanto la vita della piccola repubblica istmica sia dipendente dalla via d'acqua (circa il 60% della popolazione attiva è occupato nel terziario, e per la maggior parte nelle attività connesse con il Canale). Ne deriva una crescente accentuazione degli squilibri tra le varie parti del paese: squilibri nella densità abitativa (la media è di 30 ab./km2, ma si passa da valori di circa 80 nelle aree prossime al Canale alle poche unità delle estreme periferie orientale e nord-occidentale); squilibri nell'urbanizzazione (al di fuori dell'area metropolitana del Canale solo quattro centri − David, Santiago de Veraguas, Chitré, Penonomé − svolgono qualche funzione urbana); squilibri nella produzione di ricchezza (oltre il 70% del PIL proviene da un territorio che copre poco più del 10% della superficie totale e ospita il 40% della popolazione). È da rilevare che la dipendenza di P. dal canale interoceanico ha creato gravi problemi a seguito della crisi nei rapporti con gli Stati Uniti (v. oltre: Storia), i quali nel 1988-89 sospesero il pagamento della quota di pedaggio spettante a P., riducendo anche il transito delle proprie navi.
L'agricoltura impiega (1991) il 24% della popolazione attiva e concorre per poco più del 10% alla formazione del PIL. La coltura del banano continua a essere l'attività più diffusa e il suo prodotto (11,1 milioni di q di frutta nel 1992) è sempre la voce di gran lunga prevalente tra le esportazioni. Lo sviluppo industriale è stato assai modesto, nonostante l'impegno profuso in campo energetico (nel 1990 si è arrivati a una potenza installata di oltre 990.000 kW e a una produzione di 2900 milioni di kWh).
La rete ferroviaria ha raggiunto nel 1992 la lunghezza totale di 570 km; quella stradale, di quasi 10.000 km. La flotta, per la perdurante utilizzazione della bandiera panamense come bandiera di comodo, è una delle maggiori del mondo per numero di navi (oltre 5400 nel 1992) e addirittura la seconda per stazza (più di 52 milioni di t).
La bilancia commerciale è nettamente passiva. Gli Stati Uniti, nonostante il rallentamento dei rapporti, sono tuttora il partner principale, ma vanno emergendo tra i fornitori l'Ecuador (per il petrolio) e il Giappone, e tra i clienti la Germania. Nel 1991 il PIL pro capite era salito, secondo le stime della Banca Mondiale, a 2180 dollari, valore sensibilmente elevato per uno stato centro-americano.
Bibl.: D. Lecompte, A. Schachar, La récupération de la Zone du Canal et ses conséquences géographiques pour la République du Panama, in Les Cahiers d'Outre-Mer, 33, 129 (1980); D. Lecompte, Urbanisation et réseau urbain du Panamá, ibid., 36, 142 (1983); G.S. Sahota, Poverty theory and policy: a study of Panama, Baltimora 1990.
Storia. - La controversia con gli Stati Uniti per la giurisdizione sul Canale di P. e sulla Zona del Canale trovò sbocco, dopo tredici anni di difficili negoziati, nei due trattati sottoscritti a Washington il 7 settembre 1977 dal presidente degli Stati Uniti J.E. Carter e dal generale O. Torrijos Herrera, capo del governo panamense.
Il primo accordo (Trattato sul Canale di P.) abrogava la Convenzione sul Canale del 18 novembre 1903 (Trattato Hay-Bunau Varilla) e i suoi successivi aggiornamenti del 2 marzo 1936 e del 25 gennaio 1955, e riconosceva la piena sovranità di P. sull'intero territorio già appartenente alla Zona del Canale (che avrebbe dunque cessato di esistere con l'entrata in vigore del trattato). Esso stabiliva però che fino al 31 dicembre 1999 gli Stati Uniti avrebbero mantenuto il controllo e la gestione del Canale (con una partecipazione crescente da parte di P. e un aumento dei suoi proventi, fermi dal 1955 a circa due milioni di dollari l'anno, fino a oltre 70 milioni di dollari l'anno), la "responsabilità primaria'' per la difesa di quest'ultimo (mantenendo proprie forze e tre basi militari nel paese) e il controllo di fatto di circa il 40% dell'ex Zona del Canale (in quanto necessario allo svolgimento delle suddette funzioni). Alla scadenza del trattato (mezzogiorno del 31 dicembre 1999) P. avrebbe assunto il pieno controllo del Canale e di tutto il territorio, nonché il diritto esclusivo di mantenervi forze e basi militari. In base al secondo accordo (Trattato sulla neutralità permanente e sulla gestione del Canale), strettamente legato al primo, gli Stati Uniti avrebbero però garantito anche in seguito, insieme a P., la neutralità permanente del Canale. Le implicazioni del secondo accordo furono ulteriormente sviluppate dal Senato statunitense che, in sede di ratifica del trattato (marzo 1978), v'inserì un esplicito riconoscimento del diritto degli USA a intervenire anche unilateralmente a P., in caso di chiusura del Canale o di intralci al suo funzionamento, e un richiamo alla possibilità di concordare con P. il mantenimento nel paese, anche dopo il 31 dicembre 1999, di forze e basi militari statunitensi.
Approvati a P., tramite referendum, nell'ottobre 1977, i due trattati incontrarono forti resistenze negli Stati Uniti: dopo un prolungato processo di ratifica, accompagnato da emendamenti e riserve (che furono accettati dal governo di P. ma suscitarono nel paese notevoli proteste e la richiesta di un nuovo referendum), essi entrarono infine in vigore il 1° ottobre 1979. Sul piano politico, il regime instaurato in P. dal colpo di stato dell'ottobre 1968, che aveva portato al potere il comandante della Guardia nazionale Torrijos, venne formalizzato nel 1972 con il varo di una nuova costituzione (la quarta nella storia del paese). Sulla base di candidature individuali, data la proibizione dal febbraio 1969 dei partiti politici, fu eletta in agosto un'Asamblea nacional de representantes de corregimientos (505 deputati con un mandato di sei anni), che a sua volta elesse per sei anni un presidente della Repubblica (D.B. Lakas Bahas) con funzioni meramente cerimoniali, e conferì a Torrijos poteri straordinari con la carica provvisoria di capo del governo, anch'essa di sei anni. Dopo le successive elezioni per l'Asamblea nacional nell'agosto 1978, la scadenza del mandato di Torrijos e l'elezione del nuovo presidente della Repubblica, A. Royo Sánchez, alcuni emendamenti costituzionali, la creazione di un partito di governo (il Partido Revolucionario Democrático, PRD) e il ritorno degli altri partiti alla legalità avviavano un processo di graduale liberalizzazione.
Nel settembre 1980 si svolsero le prime consultazioni multipartitiche dal 1968 per i 19 seggi elettivi di un Consejo nacional de legislacion (comprendente anche 38 membri nominati dall'Asamblea nacional), dieci dei quali furono conquistati dal PRD; nel 1983 una nuova riforma costituzionale, approvata in aprile tramite referendum, reintroduceva l'elezione diretta del presidente della Repubblica, riduceva il suo mandato a cinque anni e istituiva una nuova Asamblea legislativa di 67 membri, eletti anch'essi per cinque anni, in sostituzione delle precedenti due camere.
Ispirato a un nazionalismo populista e dichiaratamente progressista, il regime di Torrijos condusse una politica estera relativamente autonoma dagli Stati Uniti, cercò di promuovere lo sviluppo economico e alcune riforme sociali (come quella agraria) e costruì una propria base di consenso in particolare tra i contadini, tradizionalmente ai margini della vita politica, anche attraverso una rete di organizzazioni di massa (sindacali, professionali, giovanili, ecc.) che dal 1978 furono legate al PRD. Nel luglio 1981 l'improvvisa morte di Torrijos in un incidente aereo aprì una fase d'instabilità, cui si accompagnò un'evoluzione in senso conservatore dei gruppi dirigenti del paese.
Alla testa della Guardia nazionale, che dall'ottobre 1983 assunse la denominazione di Forze di difesa nazionale, si successero il colonnello F. Flores Aguilar (fino al marzo 1982), quindi il generale R.D. Paredes (fino al giugno 1983), infine il generale M.A. Noriega Morena. Nel frattempo le tensioni politiche e sociali e le pressioni dei militari inducevano alle dimissioni dapprima il presidente Royo, sostituito nel luglio 1982 dal vicepresidente R. de la Espriella, poi quest'ultimo, rimpiazzato nel febbraio 1984 da J. Illueca. Infine anche il nuovo presidente eletto nel maggio 1984, N. Ardito Barletta, fu costretto alle dimissioni e venne sostituito, nel settembre 1985, dal vicepresidente E.A. Delvalle. Le elezioni presidenziali e legislative del maggio 1984 confermarono l'egemonia del PRD, ma i loro risultati furono a lungo contestati dalle forze di opposizione, che denunciarono brogli da parte del governo.
Ad acuire i contrasti interni contribuivano sia il peggioramento delle condizioni economiche del paese, alimentato dalla crisi internazionale degli anni Ottanta, sia i conflitti esplosi in America Centrale, con le loro ripercussioni sui rapporti fra Washington e P. (dove permanevano ingenti forze militari statunitensi). Nel tentativo di avviare a soluzione la crisi centroamericana, P. si fece promotrice di un'iniziativa di pace, dando vita, insieme a Messico, Colombia e Venezuela, al cosiddetto ''Gruppo di Contadora'' (dal nome dell'isoletta panamense dove nel gennaio 1983 si tenne la prima riunione tra i quattro paesi); le proposte del gruppo ebbero tuttavia scarso successo e fino alla fine degli anni Ottanta la situazione rimase assai difficile in tutta l'area centroamericana.
Sul piano economico, le ripercussioni della crisi internazionale su P. furono ulteriormente aggravate dagli squilibri interni del sistema produttivo e dalla sua tradizionale dipendenza dai rapporti con l'estero e in primo luogo con gli Stati Uniti.
La sostanziale assenza di una valuta nazionale (il balboa, il cui valore è agganciato alla parità con il dollaro, viene emesso esclusivamente come moneta divisionaria e il grosso del circolante è costituito da dollari) sottraeva di fatto alle autorità del paese il controllo dell'offerta di moneta e del tasso di cambio e accentuava la dipendenza dell'economia dall'andamento della bilancia dei pagamenti (in particolare, dato il permanente passivo del saldo commerciale, dagli attivi registrati nel saldo dei servizi e dall'afflusso di capitali dall'estero). A tale dipendenza facevano riscontro nel sistema produttivo lo scarso sviluppo dell'industria, il peso preponderante (accanto agli introiti del Canale) del settore bancario e di quello della marineria, entrambi legati alle condizioni di favore offerte da P. ai capitali stranieri, e la concentrazione di buona parte dell'attività manifatturiera nel porto franco di Colón, dove gli investimenti esteri godevano di ulteriori privilegi.
Tra gli effetti della crisi, particolarmente grave era l'aumento del debito estero (uno dei più alti al mondo in termini pro capite, data anche la necessità per P. d'importare la propria stessa moneta), che riduceva ulteriormente l'autonomia del governo in materia di politica economica. Sotto la pressione dei creditori internazionali, a partire dal 1983 fu varata una serie di misure di austerità, mentre le condizioni di vita della popolazione peggioravano (il reddito reale pro capite si contrasse di circa il 2% annuo fra il 1980 e il 1990) e le proteste sociali contribuivano alla crescita della tensione. A partire dal 1986 questa fu accentuata dalle accuse, provenienti da più parti, nei confronti del generale Noriega, di essere coinvolto nell'omicidio di un oppositore politico (H. Spadáfora, trovato ucciso nel 1985 presso il confine fra P. e Costa Rica), nel traffico di droga e nel riciclaggio dei suoi proventi attraverso le banche panamensi, nella vendita clandestina di armi all'Iran per conto degli Stati Uniti, e nell'impiego dei fondi così ricavati per finanziare la guerriglia antisandinista in Nicaragua. Alimentate anche dagli USA, che dal 1987 puntavano apertamente alla rimozione del generale, le denunce contro Noriega e l'esplosione dei contrasti interni portarono a una crisi del sistema politico panamense.
Nel febbraio 1988, dopo l'incriminazione di Noriega per traffico di droga da parte di due giurie statunitensi, il presidente Delvalle tentò di rimuovere il generale, ma fu a sua volta destituito, per violazione della costituzione, dall'Asamblea legislativa, che nominò presidente provvisorio M. Solis Palma. Nei mesi successivi, mentre le sanzioni varate da Washington nei confronti di P. provocavano un ulteriore aggravamento della situazione economica e sociale (in particolare per il blocco del sistema bancario, le ingenti fughe di capitali e l'inasprimento della crisi debitoria), l'avvio della campagna elettorale per le consultazioni generali del maggio 1989 vedeva la formazione di una Coalición de Liberación Nacional (COLINA), che candidava alla presidenza della Repubblica il leader del PRD, C. Duque Jaén, e di una Alianza Democrática de Oposición Civilista (ADOC), che candidava G. Endara Galimany.
Svoltesi in un clima di tensione e di brogli, le elezioni furono annullate dal Tribunale elettorale, ma l'ADOC, che reclamava la vittoria, rifiutò una loro ripetizione. Un tentativo di mediazione da parte dell'OAS (Organization of American States) non ebbe successo e, dopo la formazione in settembre di un governo provvisorio (presieduto, con il sostegno delle forze armate, da F. Rodríguez), la rottura delle relazioni diplomatiche tra Washington e P. e un fallito colpo di stato militare in ottobre contro Noriega, questi assunse in dicembre la direzione del paese con la carica di capo dello Stato; pochi giorni dopo, l'invasione di P. da parte degli USA poneva termine al suo governo. Rifugiatosi presso la nunziatura apostolica, Noriega si consegnò alle truppe nordamericane il 3 gennaio: tradotto negli Stati Uniti, fu processato e condannato nel luglio 1992 a 40 anni di carcere per traffico di droga.
Intervenute il 20 dicembre, le forze statunitensi (oltre 25.000 uomini, circa la metà dei quali furono inviati a P. in aggiunta alle truppe statunitense già presenti nel paese) impiegarono alcuni giorni per venire a capo delle sacche di resistenza e assumere il pieno controllo della situazione; protrattasi fino al febbraio 1990, quando la presenza militare degli USA a P. fu ricondotta entro i limiti precedenti l'intervento, l'''Operazione giusta causa'', come fu denominata da Washington, provocò 26 morti tra le forze nordamericane e un numero imprecisato di vittime panamensi (alcune centinaia secondo gli USA, migliaia secondo altre stime), prevalentemente civili. Pesanti per P. furono anche i danni economici dell'invasione (stimati in oltre due miliardi di dollari), i cui effetti si aggiunsero a quelli delle sanzioni e della crisi degli anni Ottanta.
Condannato dall'ONU, dall'OAS e da quasi tutti gli stati latinoamericani, l'intervento degli Stati Uniti installò al potere Endara (proclamato presidente il 20 dicembre in una base militare statunitense) alla testa di un governo di coalizione tra i vari partiti aderenti all'ADOC: pochi giorni dopo, l'annullamento delle elezioni di maggio veniva revocato e, sulla base di una documentazione parziale − comprendente il 64% dei voti − conservata dalla Conferenza episcopale cattolica, l'ADOC era dichiarata vincitrice con il 62% dei suffragi; su questa stessa base, nel febbraio 1990, vennero assegnati 58 seggi dell'Asamblea legislativa (51 all'ADOC e 7 al COLINA), mentre soltanto nel gennaio 1991 si tennero elezioni suppletive per i restanti nove seggi (cinque andarono al COLINA e quattro all'ADOC).
Malgrado la revoca delle sanzioni statunitensi, dopo il rovesciamento di Noriega, e una certa ripresa produttiva a partire dal 1990, la situazione economica rimaneva assai difficile (in particolare per quanto riguardava il problema del debito estero), mentre la politica di privatizzazioni e di tagli alla spesa pubblica, condotta da Endara secondo le indicazioni dei creditori internazionali, alimentava, con i suoi pesanti effetti sociali (anche sotto il profilo occupazionale), il malcontento popolare. Ad accentuare quest'ultimo contribuiva pure la diffusa percezione che il governo di Endara fosse in realtà sostanzialmente subalterno agli Stati Uniti e dipendente, per la sua stessa sopravvivenza, dalla protezione di Washington.
Scioperi, dimostrazioni e disordini s'intensificarono a partire dall'autunno 1990, e nel giugno 1992 lo stesso presidente degli Stati Uniti, G. Bush, si vide costretto a interrompere una sua visita nella città di Panamá per le manifestazioni di protesta e gli incidenti che le accompagnavano. Sul piano politico, gli scarsi consensi per l'amministrazione Endara (che venne ben presto soggetta ad accuse di corruzione e di coinvolgimento nel traffico di droga) si manifestarono fin dalle elezioni del gennaio 1991, quando il partito del presidente non ottenne neanche un seggio; nei mesi successivi la rottura fra Endara e il più forte partito aderente all'ADOC, il Partito Demócrata Cristiano (PDC), che ne contestava in particolare la politica economica, rese precaria la stessa maggioranza parlamentare. Ancor più grave fu la sconfitta del governo nel novembre 1992, quando una sua proposta di riforma costituzionale (comprendente, tra l'altro, l'abolizione delle forze armate), approvata nel dicembre 1991 dall'Asamblea legislativa ma soggetta a ratifica, fu respinta da quasi i due terzi dei votanti in un referendum popolare che vide la partecipazione di appena il 40% dell'elettorato.
Le consultazioni generali del maggio 1994, svoltesi alla presenza di osservatori internazionali, hanno visto la vittoria del PRD, che ha ottenuto la maggioranza relativa dei seggi nell'Asamblea legislativa e l'elezione alla presidenza della Repubblica del proprio candidato E. Pérez Balladares. Entrato in carica in settembre, Pérez ha costituito un governo di ''riconciliazione nazionale''.
Bibl.: S.C. Ropp, Panamanian politics, New York 1982; D.N. Farnsworth, J. McKenney, U.S. - Panama relations, 1903-1978: a study in linkage politics, Boulder (Colorado) 1983; G. Green, Getting to know the general: the story of an involvement, Londra 1984; G. Priestly, Military government and popular partecipation in Panama: the Torrijos regime 1968-75, Boulder (Colorado) 1986; J. Weeks, Panama: made in the USA, Londra 1990; F. Kempe, Divorcing the dictator: America's bungled affair with Noriega, New York 1990; K. Buckley, Panama: the whole story, ivi 1991; S.C. Ropp, Things fall apart: Panama after Noriega, in Current History, marzo 1993; R.L. Millett, M. Falcoff, Searching for Panama: the U.S. relationship and the challenge of democratization, Boulder (Colorado) 1993. Per ulteriori indicazioni, v. america, Bibl.: America Centrale e Regione caribica, in questa Appendice.