OTTONE Zenzadario
OTTONE (Ottobello) Zendadario (Cendadario). – Milanese, nacque nella prima metà del XII secolo.
L’appellativo che accompagna il nome indica la provenienza da una famiglia di artigiani, dedita alla produzione e al commercio di panni serici (zendadi), attività che vedeva impegnati alcuni suoi congiunti ancora all’inizio del XIII secolo. I membri della casata appartenevano all’ordine dei cives e detenevano estese proprietà nel territorio di una villa che da essi prendeva il nome: Casate Zendadariorum, non identificabile topograficamente.
La prima menzione di Ottone risale al 17 maggio 1178 quando in qualità di console, probabilmente di giustizia, di Milano, sottoscrisse una sentenza del giudice Gregorio Cacainarca per la lite mossa dagli uomini del borgo di Meda contro Letizia badessa del monastero di S. Vittore nella stessa località. Solo pochi mesi dopo, il 18 settembre, giudicò in prima persona la causa tra Ravegiato, detto Guazonis, e suo fratello Squarciavilla per diritti d’acqua. In entrambi i casi Ottone, ancora a inizio carriera, fu affiancato dal noto giurisperito milanese Gerardo Cacapisto. Negli anni immediatamente successivi ricoprì la carica di console per altre due volte, nel 1182 e nel 1184, qualificandosi nelle sottoscrizioni quale consul reipublice Mediolani.
Dopo la pace di Costanza e lo stabilirsi di un rapporto privilegiato tra il Comune di Milano e l’Impero, Ottone rappresentò una delle figure di collegamento più significative tra le due istituzioni. Nel 1185, infatti, fu scelto quale membro della curia giudiziaria imperiale per l’Italia, da poco ricostituita. Per la prima volta il 22 gennaio di quell’anno, a Piacenza, Ottone pronunciò una sentenza in qualità di imperialis aule iudex. La sua attività si divise in questo periodo tra la città d’origine e il tribunale imperiale. L’11 febbraio si trovò tra i legati del Comune ambrosiano che giurarono a Reggio Emilia, davanti a Federico I in occasione della cessione ai milanesi di tutte le regalie che l’Impero deteneva nell’arcidiocesi di Milano e nei contadi di Seprio, Martesana, Bulgaria, Lecco e Stazzona, dietro corresponsione annua di 300 lire imperiali. Tra l’aprile 1185 e il giugno 1186 fu invece al seguito di Federico Barbarossa durante il suo itinerario nel Regno d’Italia, tra Lombardia, Toscana e Umbria. In quest’arco di tempo non solo risultò tra i testimoni in numerosi diplomi, ma operò anche in prima persona quale giudice imperiale, come il 9 ottobre 1185, a Siena, quando condannò il conte Manente di Sartirano a risarcire i danni inferti al monastero di Vivo, oppure il 30 aprile 1186 quando a Lodi pronunciò la sentenza a favore del monastero di S. Ambrogio di Milano.
Quest’ultimo caso, che riguardava la giurisdizione sui vicini di Cologno Monzese, risulta particolarmente interessante in quando si trattò di un appello alla Curia imperiale contro un giudizio pronunciato dal console di Milano, Guglielmo Calzariga, secondo quanto fissato in una clausola contrastata della pace di Costanza, ove si stabiliva la possibilità di rivolgersi all’istanza suprema, in presenza di affari di consistente entità economica.
Lo stesso percorso fu seguito alcuni anni dopo in occasione della querela lanciata ancora dalla badessa del monastero di S. Vittore di Meda, Letizia, contro il Comune e gli uomini della villa di Barlassina. La religiosa si rivolse a Ottone e al collega Passaguerra per appellarsi contro due sentenze emanate dai consoli di giustizia di Milano, Nazario Visconte e Giacomo Gambaro. I due giudici imperiali il 24 gennaio 1191 dichiararono validi gli appelli e proclamarono la propria competenza nell’esaminare la causa. Tale decisione fu confermata da Enrico VI con un diploma del 23 novembre di quell’anno. In questa occasione Ottone non solo fu designato «regie aule iudex», ma anche quale «appellationum Mediolani et eius iurisdictionis cognitor».
All’inizio di giugno 1186 Ottone partecipò all’assedio di Castel Manfredi (nel territorio di Cremona) quando i cremonesi si arresero all’esercito imperiale che comprendeva contingenti di numerose città lombarde, emiliane e piemontesi. Nell’estate dello stesso anno, insieme ai vescovi di Asti e Münster, prese parte a un’ambasceria presso la Curia papale, al fine di trattare, a nome del Barbarossa, alcune questioni pendenti fra la Chiesa e l’Impero, in merito in particolare all’elezione e alla consacrazione dell’arcivescovo di Treviri. È probabile che fosse stato scelto per questa missione anche in qualità di cittadino milanese e quindi bene accetto da Urbano III. Nel 1188 fu eletto per una quarta volta console, questa volta del Comune, di Milano e tra la fine di agosto e i primi di settembre dello stesso anno prese parte all’adunanza della Lega a Piacenza.
Il suo incarico di giudice imperiale non terminò con la morte di Federico Barbarossa, ma continuò anche sotto Enrico VI. Tra l’ottobre e il dicembre 1191 seguì, infatti, l’imperatore svevo in Emilia, Liguria e Lombardia, per poi passare in Germania dove il 26 e il 27 luglio 1192 risultò tra i testimoni in due diplomi emanati da Gelnhausen, in Assia. Fu ancora accanto all’imperatore a partire dal giugno 1195 e fino al settembre 1196.
Nell’ultimo periodo della sua vita attiva Ottone intraprese, oltre alle due consuete occupazioni di console e di giudice imperiale, anche una terza attività, quella di consulente legale e avvocato. Il 27 marzo 1194 in qualità di assessor dell’arcivescovo di Milano, Milone da Cardano, fu incaricato di risolvere la controversia tra Rigizone de Pectorano e Uguzone arciprete del clero decumano. Tra il giugno 1196 al febbraio 1197 fu advocatus del vescovo di Vercelli, nella causa tra lo stesso presule e il Comune di Vercelli da una parte e il Comune di Casale Sant’Evasio dall’altra, discussa presso la Curia imperiale. Il 10 agosto 1198 fu nominato arbitro nella disputa che vedeva opposti la Chiesa milanese e il Comune di Como. Se nel 1199 fu eletto per la quinta volta console del Comune, il 10 gennaio 1200 risultò assessor nella sentenza pronunciata dai giudici delegati Giustamonte de Turre e Pietro Gaspare Menclocius, ordinari della Chiesa di Milano, nella controversia tra la pieve di San Vittore di Casorate e l’abbazia di Morimondo. Trascorse gli ultimi anni ritirandosi in una casa nei pressi dell’abbazia di Chiaravalle milanese.
Probabilmente per assicurare ai monaci cistercensi un capitale corrispondente agli oneri che si erano assunti nei suoi confronti per l’alloggio e il mantenimento, nel 1204 concorse con proprio denaro all’acquisto di una proprietà e fece immediata donazione della propria quota all’abbazia.
L’ultima notizia si ha nel marzo 1208, quando partecipò in qualità di testimone a un atto giuridico a favore di Chiaravalle, rogato a casa sua.
Ottone Zendadario incarnò la figura di giurisperito di fine XII secolo, tecnico dell’amministrazione prepodestarile e allo stesso tempo fidato funzionario della curia suprema ove tendeva a rappresentare gli interessi della sua città.
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