OROLOGIO
(XXV, p. 588)
Dopo sette secoli l'o. meccanico ha perduto il primato nel campo della misura del tempo. Gli o. al quarzo si sono imposti anche tra i modelli da portare sulla persona. Nonostante i virtuosismi dei più raffinati esponenti dell'orologeria meccanica, non sembra probabile che le posizioni possano capovolgersi. Le nuove circostanze rendono particolarmente significativa una sintesi delle cause degli sviluppi e del declino di un'attività in cui scienza, tecnica, arte e costume si sono continuamente intrecciati.
Nel corso dell'ultimo cinquantennio sono stati riportati alla luce e approfonditi innumerevoli documenti che hanno arricchito la storia della misura meccanica del tempo. Tra questi gli ormai famosi codici Leonardeschi scoperti negli anni sessanta nella Biblioteca nazionale di Madrid. Alcuni assunti tradizionali non hanno retto davanti alla constatazione che molte nozioni scientifiche e tecnologiche alla base dell'orologeria medievale erano più antiche e profonde di quanto si credesse. È risultato sempre più evidente l'impatto che la rivoluzione scientifica ha avuto sugli o., svincolandoli dai fenomeni celesti e dall'astrologia e predisponendoli per misurazioni sempre più accurate. L'internazionalità e l'interdipendenza dei progressi ha trovato conferma al di là di definizioni spesso di comodo.
Dalla più documentata analisi degli sviluppi dell'orologeria fin dalle origini, emerge come fondamentale e spesso determinante l'influsso della committenza. Quest'ultimo termine va inteso nella sua più vasta accezione: personaggi d'alto rango e istituzioni laiche e religiose, fino a includere, nel tardo Rinascimento, una clientela nota su cui si poteva fare assegnamento e, in seguito, una moltitudine di potenziali acquirenti, senza nome e senza volto, di cui peraltro per gli operatori del ramo era necessario intendere le necessità e i gusti. Non si può ridurre una storia essenzialmente scientifica al prodotto di esigenze economiche e sociali, di fantasia e di vanità; ma non si possono sottovalutare gli effetti della committenza sull'attività degli artisti, delle botteghe e, infine, delle stesse industrie.
Tra i primi committenti figurano gli astronomi. Roberto Anglico afferma che già nel 1271 gli "artefices horologiorum" stavano tentando di costruire un tipo di o. più preciso dei precedenti: era mosso da un peso di piombo e aveva un quadrante tanto ben equilibrato che il suo moto avrebbe dovuto coincidere con quello della volta celeste agli equinozi. Altri committenti furono le organizzazioni religiose. Fin dal 1284 si prevede, come dotazione standard nella navata di una chiesa ideale, un o., certamente meccanico, che consenta di leggere le ore. I committenti laici di vertice non tardarono a farsi avanti. La prima menzione, concisa ma inequivocabile, riguarda un o. tutto d'argento, mosso da peso e contrappeso, fatto verso il 1300 per Filippo il Bello, re di Francia. È il più antico esemplare per uso domestico finora noto. Qualche anno dopo, presso il Palazzo del Popolo a Orvieto, è documentata la presenza di un o. che evidentemente aveva funzione pubblica e civile.
La varietà degli usi e della tipologia appare fin dagli inizi. Di o. meccanici come meravigliosi regali destinati a munifici e importanti personaggi si ha notizia nel 1338, quando sei gentiluomini veneziani si associarono per portare pregevoli mercanzie in Oriente e per riportarne di esotiche. Mancano i particolari dell'o. che avevano con sé, ma si sa che fu altamente gradito dal sultano di Delhi, che contraccambiò generosamente il ''dono''. Spesso i nomi dei primi costruttori restano ignoti, anche nei casi di opere innovatrici come l'o. costruito nel 1336 nella già popolosa e operosa Milano. Fu posto sulla torre della chiesa di San Gottardo a Corte, facente parte della residenza di Azzone Visconti, signore della città. È il primo o. pubblico che distingue ciascuna delle ventiquattro ore con un numero progressivo di rintocchi secondo le pressanti necessità dei cittadini di ogni condizione. La testimonianza di un cronista dell'epoca, Galvano Fiamma, è precisa, le conseguenze dell'urbanesimo sono evidenti. Si tratta inoltre della più antica notizia dell'imporsi delle ore medie, di uguale durata, su quelle ineguali, variabili stagionalmente a seconda della durata del periodo di luce.
Intorno al 1330, Riccardo di Wallingford, potente abate ed eminente scienziato, divenne il committente di se stesso devolvendo una parte ingente delle rendite della Cattedrale di St. Albans, in Inghilterra, alla realizzazione di uno straordinario o. astronomico da lui concepito e di cui egli stesso seguì l'attuazione. Il clero patrocinò spesso opere complesse e stupefacenti che rispecchiavano l'ordinamento dell'universo e, quindi, il cosmo come progetto divino. Il clero favorì anche un altro genere di o., quelli con automi, che costituivano un motivo di richiamo popolare. Esempi precoci sono gli androidi campanari che battevano le ore, come quello detto ''Maurizio'', posto nel 1348 sulla torre che sorge nei pressi del Duomo di Orvieto (v. XXV, p. 597). È il più antico che si conservi. Né va dimenticato il gallo, che pure si conserva, collocato nel 1354 alla sommità del monumentale o. all'interno della Cattedrale di Strasburgo. Apriva il becco, sporgeva la lingua, sbatteva le ali e cantava.
Sovrani e signori non furono soltanto la causa di realizzazioni particolari, ma richiedendo l'intervento di artisti stranieri contribuirono alla diffusione delle tecnologie. Per ordine di Edoardo iii, nel 1352, tre orologiai lombardi installarono nella grande torre del castello di Windsor un o. che avevano preparato a Londra. Lo stesso re, nel 1368, chiamò tre fiamminghi affinché costruissero o. per una o forse due delle sue altre residenze. Re Carlo v di Francia nel 1370 chiamò l'orologiaio tedesco Heinrich von Wyk (Vic) e gli affidò la realizzazione del più grande o. pubblico di Parigi. L'importanza fondamentale della committenza in fatto di o. è regola che incontra rare eccezioni. La più importante è quella dell'Astrario ideato, progettato e descritto dall'eminente medico e fisico padovano Giovanni Dondi, che lo terminò tra il 1374 e il 1380. L'interesse astronomico dell'autore motivò il capolavoro per fini scientifici e dimostrativi. Non fu destinato ad alcun patrono, anche se finì per attirare Gian Galeazzo Visconti, che lo collocò nel castello di Pavia.
Una committenza ben definita fu certamente all'origine di uno sviluppo tipologico fondamentale, quello degli o. da viaggio. Nel 1377, nella registrazione di un pagamento fatto per conto di Carlo v di Francia al suo orologiaio preferito, spiccano il prezzo elevato e la voce ''portatile'' riferita per la prima volta a un orologio. Nel 1385 l'ordinazione dell'Infante di Catalogna all'orologiaio Dezplà è chiarissima: un o. portatile da poter usare anche in viaggio. Non si può escludere che fossero prototipi di o. a molla, che del resto compaiono non molto più tardi; resta il fatto che erano diversi e che preludevano a ulteriori progressi. La tecnica è ormai avanzata e le sue possibilità sorprendenti: è noto il disegno minuzioso di un complesso o. sferico da sospendere al soffitto, il primo di quelli funzionanti ''a caduta'', ideato verso il 1410.
Dovranno passare però parecchi decenni prima che gli orologiai riescano a realizzare molle motrici tanto piccole da essere incorporate in o. da portare sulla persona. Si tratta inizialmente di bizzarrie, preziose ma ben poco affidabili. La notizia più antica, ancorché vaga, la si desume da un pagamento effettuato nel 1476, per conto di René i il Buono, al fiammingo W. Gilliszoon: gli aveva fornito un o. rotondo a forma di mela. B. Bembo, in una lettera del 1506, descrive un o. minuscolo, paragonabile a una gemma, che gli era carissimo e che era stato fatto dal mantovano P. Guido. Verso il 1510 P. Henlein, di Norimberga, costruì o. da persona che non solo indicavano ma anche suonavano le ore. La loro meccanica era assai più complessa e importante, ma inizialmente ebbero scarso seguito, come se fossero in anticipo sui tempi. Una decina di anni dopo, papa Leone x è in possesso di un occhialino nel cui manico era incorporato un o., fatto quasi certamente da C. Sforzani. In quegli stessi anni G. Capobianco da Schio costruì per il vescovo di Sion un o. da tavolo con sveglia luminosa, oltreché sonora. All'ora fissata scattava un acciarino che accendeva automaticamente una candela. Lo stesso Capobianco, poco dopo il 1530, fu il primo a incastonare un minuscolo o. con suoneria in un anello che fu acquistato da Solimano il Magnifico. L'abilità dell'artefice, che può apparire sorprendente all'epoca, era diretta evidentemente a meravigliare e a compiacere il cliente, non certo a migliorare la misura del tempo.
La dipendenza dal gusto, dal capriccio e dalla moda resterà una costante non soltanto degli o. gioiello e di quelli di fantasia, ma anche di gran parte dei modelli da persona. Il caso degli o. domestici presenta analogie. Vennero in generale proposti e preferiti come oggetti prestigiosi di arredo, con casse architettoniche o bizzarre così riccamente decorate da dissimulare talvolta l'indicazione dell'ora. Si prestavano peraltro, assai più degli o. da persona, ad accogliere dimostrazioni astronomiche e di calendario che costituivano pur sempre all'epoca la caratteristica più apprezzata.
Agli albori della rivoluzione scientifica sul finire del Cinquecento furono ancora una volta gli astronomi a interessarsi di misuratori meccanici del tempo adeguati alle loro osservazioni. A J. Bürgi, insigne matematico e astronomo, sono attribuiti i primi modelli in cui la decorazione viene minimizzata e la misurazione rigorosa del tempo esclude rappresentazioni astronomiche. La scoperta di Galileo dell'isocronismo delle oscillazioni del pendolo non ebbe motivazioni utilitarie, impose invece agli o. fissi la misura del tempo con priorità assoluta. Gli orologiai utilizzarono tipi fondamentalmente nuovi, quali quelli a cassa lunga e quelli da mensola con casse prevalentemente lignee. Tra i fautori vanno annoverati gli scienziati professionisti e dilettanti. Gli altri accettarono i mutamenti, ma gli orologiai non poterono certamente trascurare la preferenza accordata in generale, soprattutto in Francia, al mobilio e ai suoi stili. Il patrimonio antiquario che si è conservato offre una soverchiante documentazione a questo riguardo.
Nel 1598 Filippo iii di Spagna offrì una ricompensa favolosa a chi avesse suggerito il modo di trovare la longitudine durante le traversate oceaniche. Galileo pensò di risolvere il problema avvalendosi del pendolo mosso da un o. meccanico. Ch. Huygens, il padre dell'orologeria moderna, seguì lo stesso orientamento e immaginò una tipologia straordinariamente avanzata e varia a beneficio dei naviganti in generale e della Compagnia delle Indie Olandesi in particolare. Fu però l'invenzione della molla isocrona del bilanciere, dovuta in gran parte a R. Hooke e perfezionata da Huygens nella forma a spirale piana, quella che consentì lo sviluppo, sia pur lento, dell'orologeria da marina. Esso culminò nei ben noti cronometri che rispondevano a esigenze precise e che acquisirono forma definitiva verso la fine del Settecento.
L'introduzione della molla a spirale del bilanciere ebbe conseguenze incommensurabili nel campo degli o. da persona. Anch'essi divennero veri e propri strumenti di misura, costruiti talvolta espressamente per usi scientifici, e contribuirono forse ancor più degli o. fissi alla diffusione di una nuova cultura. La clientela non poté ricusare i cambiamenti di proporzioni e di misure rese necessarie dalla nuova meccanica, ma non rinunciò al godimento estetico dell'oggetto, che restò sempre un fattore preferenziale.
In un settore assai diverso, quello degli o. da edificio, la nobiltà e il clero continuarono invece a monopolizzare la committenza. Le loro richieste peraltro furono eterogenee. Un caso esemplare, nel settore di quelli da camera, è rappresentato dalla nascita degli o. notturni italiani, con i quadranti dipinti a olio dove sorge e tramonta l'indicazione digitale dell'ora illuminata da tergo. I fratelli Campani li realizzarono in ossequio alle esigenze espresse loro nel 1655 da papa Alessandro vii.
Già nel corso del Settecento la produzione di o., pur tra alti e bassi, fu più che adeguata alla domanda. Ciò accentuò la concorrenza e stimolò nuovi sviluppi, anche in considerazione di una clientela sempre più numerosa e diversificata. Non pochi orologiai giunsero al punto di farsi vanto di invenzioni meccaniche che in realtà avevano lo scopo di esaltare il prestigio commerciale dei loro inventori. Altri ricorsero all'espediente d'impressionare il cliente con o., sia fissi che da persona, detti ''scheletrici'', in cui le parti meccaniche erano ostentatamente in vista, con effetti decorativi. Il ricorso alle arti applicate, quali oreficeria, smalti, incisioni, bronzi, fu illimitato e si estese alle arti maggiori, soprattutto la scultura. Se la clientela come massa anonima continuò a imporsi, non mancarono anche alla fine del Settecento esempi di committenza individuale con risultati innovatori. Valga per tutti il caso di A.-L. Breguet, che si vide commissionare gran parte della produzione, tra cui, nel 1783 e senza vincoli, l'o. da persona più complicato del mondo per conto di Maria Antonietta di Francia e, nel 1803, da parte del conte Sommariva, un o. fisso che compendiasse a qualunque costo le massime conquiste dell'orologeria. L'impronta lasciata dalla produzione di Breguet e dei suoi collaboratori soprattutto in fatto di disegno industriale è anche dovuta dunque a una committenza dai gusti anticipatori.
Nel corso dell'Ottocento appaiono tra i committenti compagnie di navigazione, industrie, poste, ferrovie, che sono all'origine della costruzione dei vari modelli per il controllo delle prestazioni di lavoro e dei servizi di trasporto. Gli o. da edificio a quest'epoca sono onnipresenti in Europa e vengono richiesti anche da località remote. Le invenzioni e i perfezionamenti meccanici continuano ad avere cultori e protagonisti, nonostante la comparsa e la concorrenza dell'orologeria elettrica, che peraltro è limitata. La clientela, che compensa largamente con il numero le ristrettezze dei mezzi individuali, assume un ruolo determinante grazie a imprenditori che ne interpretano preferenze e possibilità. L'operato di questi ultimi ha talvolta conseguenze di vasta portata e durature. È il caso di G.F. Roskopf che, verso il 1867, riesce a far mettere in produzione un modello da tasca di sua concezione, robusto ed economicissimo, che verrà battezzato significativamente "la montre du pauvre".
Sempre nel corso dell'Ottocento la produzione delle cosiddette pendole di Parigi raggiunge livelli quantitativi elevatissimi. In fatto di meccanica il tipo è semplice e affidabile, mentre la gamma dei soggetti decorativi è infinita. Sorprendente la comunanza di gusti a diversi livelli sociali o, quanto meno, una diffusa accettazione di temi culturali caratteristici dei tempi, che si riflettono in esemplari, prevalentemente scultorei, tanto per uso privato in ambito piccolo borghese quanto per grandi uffici pubblici e per residenze patrizie. Un discorso simile vale quantitativamente per gli o. da viaggio, che di fatto vengono utilizzati generalmente per uso domestico. In quest'ultimo tipo, peraltro, la decorazione è quasi sempre sobria, lineare, fino a offrire esempi precoci di disegno industriale.
Il più vistoso sviluppo tipologico del 20° secolo è costituito dagli o. da polso. I precursori, gli o. in braccialetti preziosi, risalgono alla fine del Cinquecento. Un esempio è ricordato fra i gioielli di Elisabetta d'Inghilterra, ma si tratta evidentemente di un'eccezionale realizzazione di fantasia. Forse l'o. da polso come tipo a sé trova la sua origine verso il 1880 in un'ordinazione del governo tedesco a una casa svizzera di un certo numero di o. che per praticità potessero essere portati al polso. Erano destinati a ufficiali di marina, e ciò sembra escludere finalità mondane. L'innovazione consiste essenzialmente in quelle caratteristiche che consentono un modo diverso d'indossare l'o. agevolandone la consultazione. Dovettero trascorrere tuttavia tre decenni prima che i modelli da polso si affermassero e un altro ventennio prima che eclissassero gli o. da tasca. La meccanica rimase fondamentalmente la stessa, nonostante ingegnose innovazioni di dettaglio. Ovviamente i calibri sono stati ridotti e si è tenuto conto della maggior vulnerabilità del nuovo tipo. Quando, nelle regioni sviluppate, anche i giovanissimi vennero dotati di o. e l'età media della clientela scese, la produzione e la tipologia ricevettero ulteriori notevoli impulsi.
Dagli anni Trenta in poi le fabbriche più prestigiose, prevalentemente svizzere, hanno continuato a produrre modelli di ricercata eleganza, oggetti pregevoli per semplicità di linee e armonia di proporzioni se destinati agli uomini; illeggiadriti e impreziositi invece se destinati alle donne. In questo secondo caso i gioiellieri hanno avuto, come sempre in passato, la parte più importante. Si tratta però di forme, di casse, di quadranti, di lancette, di bracciali con motivi decorativi in metalli e pietre preziosi; i movimenti in generale offrono, nell'ambito delle varie categorie, prestazioni equivalenti.
Per quel che riguarda i quadranti, a parte la varietà dei disegni e delle grafie, vengono reintrodotti e modernizzati tipi pressoché dimenticati. Negli esemplari di maggiori pretese le indicazioni comprendono la data, il giorno della settimana e del mese anche, se pur raramente, per gli anni bisestili, così da offrire un calendario perpetuo. Le fasi e l'età della Luna costituiscono un motivo attraente e suggestivo anche in circostanze tanto lontane da quelle che le resero utili negli esemplari più antichi. Vengono riproposti quadranti con doppie indicazioni per chi ha assidui contatti con località poste a due diversi fusi orari e altri che mostrano l'''ora universale'', dove figurano i nomi di numerose località poste ai ventiquattro meridiani; in altri appare solo il cerchio delle ore e la parte centrale è protetta da un vetro che lascia in vista un movimento del tipo scheletrico. Si è giunti all'estremo di un quadrante astrolabico in miniatura, fatto per la latitudine richiesta dal cliente. La lettura della volta celeste richiede ovviamente vista acuta e nozioni adeguate. Sono scomparse invece le ricorrenze giornaliere dei santi e i tracciati astrologici.
La ripetizione dell'ora premendo un pulsante è stata riproposta e non di rado nella sua variante più complessa, quando cioè si distinguono coi tocchi non soltanto le ore e i quarti ma altresì i minuti. Del pari miniaturizzato è stato il geniale dispositivo meccanico inventato alla fine del Settecento da Breguet, cui fu dato il nome di tourbillon: in esso lo scappamento e il bilanciere sono accolti in un'apposita gabbia che ruota continuamente così da ridurre gli errori di posizione.
Un ramo in cui si sono introdotte innovazioni è quello dei cronografi da polso. Le loro misurazioni di intervalli di tempo in frazioni di secondo sono state utilizzate per soddisfare le esigenze di nuovi utenti, dai subacquei agli astronauti. Le scale tachimetriche e telemetriche e i totalizzatori sono stati elaborati in funzione degli usi prevalenti di sportivi, di piloti e di tecnici. Si tratta di invenzioni per quanto riguarda la tecnologia industriale di alta precisione, che rende possibile la realizzazione in serie di meccanismi microscopici e complessi, composti entro uno spazio che talvolta non supera trenta millimetri di diametro e sei di spessore.
Gli sviluppi dei modelli più perfezionati e costosi si sono ripercossi su un numero rilevante di modelli delle categorie inferiori. Questi comunque sono rimasti pur sempre condizionati dai bassi costi e dalla produzione di massa in funzione di vendite su vasta scala attraverso miriadi di sbocchi. Un caso limite è stato raggiunto nei primi anni Settanta, quando un o. meccanico con buone prestazioni e ottima praticità fu prodotto negli Stati Uniti e venduto a un prezzo tanto basso da escludere manutenzione e riparazioni. Fu un successo che si concretò in milioni di pezzi.
L'o. meccanico aveva raggiunto i suoi limiti tecnici quando dovette affrontare prima la sfida dell'orologeria elettronica e in seguito la cosiddetta rivoluzione del quarzo. I modelli tradizionali da osservatorio furono i primi a essere superati. Verso il 1960 venne introdotto un movimento per o. da tasca mosso da batteria, ma in parte meccanico, con un minuscolo scappamento di nuovo tipo senza però bilanciere né molla spirale e controllato invece dalle vibrazioni di un diapason. Queste sono di gran lunga più frequenti di quelle di un bilanciere con molla spirale. La maggior precisione e affidabilità cronometrica anche in tempi lunghi furono ben presto conseguite con un calibro adatto ai modelli da polso. La manutenzione e la messa a punto però erano delicate e difficili. Nonostante i pregi, il controllo al diapason risultò superato dal corso degli eventi.
L'origine dei movimenti al quarzo risale al 1900 circa e alla scoperta fatta da P. Curie di come una particella di cristallo di quarzo, percorsa dalla corrente elettrica, vibra con una frequenza costante incomparabilmente elevata. Costituisce quindi potenzialmente un oscillatore di precisione senza precedenti. La scoperta fu all'origine delle prime applicazioni per la misura del tempo effettuate alla fine degli anni Venti negli Stati Uniti (sui successivi sviluppi concernenti o. fissi di grandi dimensioni e sui modelli atomici per usi scientifici e astronomici, v. tempo, App. III, ii, p. 928; IV, iii, p. 608). L'applicazione cronometrica fu estesa ai calcolatori, anche a quelli tascabili, spesso provvisti di sveglia, nonché agli o. da tavolo, da mensola e da viaggio. In tutti questi tipi l'indicazione digitale dell'ora, per cui i numeri ottenuti mediante combinazioni di cristalli liquidi si succedono in apposite aperture, riuscì novità tanto gradita in un primo tempo da adombrare l'indicazione tradizionale mediante lancetta, cui rimasero ancorati gli o. meccanici. Quest'ultima peraltro è tornata a prevalere; il che si spiega, in parte, con il fatto che il quadrante analogico offre maggiori possibilità di varianti di disegno e di grafia e favorisce quindi l'estrosità degli stilisti; e in parte con il fatto che dà un genere d'indicazione di più immediata intuizione e più consono a una nozione del tempo connaturata, tanto che spesso i numeri sono sostituiti da segni, semplici o addirittura indifferenziati.
Nel periodo qui considerato non si sono verificate innovazioni di grande rilievo nel settore degli o. meccanici da mensola e da scrivania. Fa eccezione e costituisce un caso a sé un tipo di o. che ha origine in un'invenzione inglese del Settecento. È stato perfezionato e reso maneggevole dopo il 1930. In un primo modello si sono utilizzate le variazioni della pressione atmosferica mediante un congegno barometrico che fa funzionare l'orologio. Successivamente è stato impiegato un sistema analogo sfruttando un'efficace miscela gassosa e liquida che si dilata e si contrae secondo le variazioni della temperatura. In entrambi i modelli l'energia prodotta consente il movimento autonomo e costante di un dispositivo costituito da molla motrice, scappamento libero ad ancora e massiccio pendolo a torsione.
Nel corso degli anni Sessanta si sono conseguiti perfezionamenti dei movimenti al quarzo tali da consentirne la miniaturizzazione. Fu così possibile utilizzarli negli o. da polso. Quando nei decenni successivi, grazie soprattutto alla tecnologia giapponese, furono ridotti drasticamente i costi, il mercato ne fu sconvolto e il futuro dei modelli meccanici parve definitivamente compromesso. La precisione a costi irrisori dei nuovi o. si è imposta, ma in certo qual modo ha sminuito lo status di un'accurata misura del tempo, ormai acquisita e scontata anche nella pratica quotidiana della gente comune. Modelli al quarzo economicissimi, ma pur sempre ottimi misuratori del tempo, sono diventati oggetti omaggio modesti a fini promozionali. Per accrescerne l'importanza commerciale sono spesso arricchiti da ogni sorta di nuove complicazioni, coerenti con la logica stessa della loro natura, quali calcolatore, registro dati, rubrica, agenda, carillon. Per renderli indipendenti dalla batteria e ''perpetui'' si sono introdotti e diffusi i modelli che si caricano alla luce solare.
All'orologeria tradizionale, per difendere almeno in parte le sue posizioni, non è rimasta che una scelta: la qualità eccelsa, accompagnata da preziosità decorative, mitizzando una tradizione secolare e valendosi degli stessi prezzi elevati come di un'indiscutibile garanzia, offrendo capolavori che costituiscono uno status symbol sfoggiato al polso e facendone quasi una sfida alla clientela più facoltosa. La temibile equazione industriale ''produzione minima uguale costi elevati'' è stata ignorata e anzi messa abilmente a profitto. La rarità garantisce il privilegio. A riprova delle ulteriori possibilità dell'orologeria meccanica si sono costruiti pezzi straordinari.
Fra questi, nel 1989, l'o. più complicato del mondo, un microcosmo che necessariamente non può essere né da polso né da tasca, ma ricorda piuttosto gli antichi modelli da carrozza. La sua tecnica e le sue prestazioni sono state oggetto di una minuziosa descrizione scientifica da parte della casa costruttrice, la Patek Philippe di Ginevra. Nel 1991, la Breguet di Parigi, avvalendosi di tecnologie internazionali, ha ricostruito ex novo e in oro una delle celebri pendules sympathiques, con ulteriori indicazioni astronomiche rispetto agli originali della prima metà dell'Ottocento. In essa l'o. da tavolo quotidianamente ricarica e mette all'ora esatta un complesso o. da persona, che può essere portato non solo in tasca, come originariamente, ma anche al polso. Altri nomi e marchi di un lontano passato sono stati rinnovati o resuscitati per conferire un'ascendenza secolare a esemplari che spesso non ne hanno alcun bisogno.
Per parte loro i costruttori di o. al quarzo hanno proseguito in un'attività su vastissima scala con l'appoggio diretto o mediato di operatori di altri settori. Non solo i gioiellieri, ma case di moda e di prodotti di bellezza, creatori di oggetti decorativi e di articoli per fumatori, gruppi finanziari e industrie, inclusa quella automobilistica, hanno lanciato modelli sulle ali della propria rinomanza. Le campagne e gli slogan pubblicitari si sono incalzati nel corso degli anni Ottanta. Designers, stilisti, studi pubblicitari si sono impegnati senza risparmio di risorse come appare dalla letteratura e dall'iconografia promozionale. La storia dell'orologeria è arricchita da quella del costume.
La nuova filosofia trova felice espressione in un modello economicissimo di o. da polso al quarzo, con cui a partire dal 1983 l'industria svizzera ha inteso combattere la concorrenza giapponese e quella dell'Estremo Oriente sul loro stesso terreno, quello degli o. destinati a centinaia di milioni di probabili acquirenti. Lo swatch (contrazione per swiss-watch) consiste di un semplice dispositivo, dall'apparenza squallida, inerte, racchiuso entro una leggerissima cassa di plastica, a prova d'immersione, con cinturino di plastica. Nonostante l'affidabilità, un oggetto insignificante, redento però da una caratteristica tecnica e da una veste mutevole ma peculiare, che lo hanno distinto dai predecessori. L'indicazione dell'ora infatti è del tipo analogico, come preferito dai più, mediante lancette e ruotismi sotto quadrante, con bottone di carica per la messa all'ora; mentre il disegno e le sorprendenti bizzarrie della decorazione della cassa, del quadrante e del cinturino trasfigurano la povertà della materia. Si tratta di novità esteriore, con tutte le caratteristiche e i crismi dell'effimero; e tuttavia gli anni passano e il successo dello swatch e dei suoi innumerevoli emuli continua. Un ancor più recente sviluppo è quello di o. da soprammobile e da polso provvisti di minuscole antenne e radiocomandati da un o. atomico al cesio, situato a Francoforte, che regola rigorosamente il tempo entro un raggio di 2000 km.
Il collezionismo e l'interesse antiquario, che fin verso il 1950 erano stati fenomeni limitati a un numero non elevato di privilegiati e di specialisti, si sono moltiplicati in seguito, tanto da costituire un settore economico e culturale rilevante. Si sono estesi a ogni tipo di o. meccanico e hanno promosso approfonditi apprezzamenti, coinvolgendo musei ed esponenti della cultura fino ai più alti livelli. Le case d'asta internazionali sono divenute anche in questo settore centri di transazioni e di valutazioni fondate su catalogazioni spesso valide, anche se richiedenti un'attenta lettura. Sovente la stessa perdurante efficienza degli o. antichi ha portato con sé la nuova problematica della conservazione e dell'eventuale ripristino di parti meccaniche. Ciò riguarda naturalmente ogni tipo di o. antico, fino ai grandi esemplari da edificio che recentemente hanno attirato anche in Italia l'interesse delle amministrazioni locali e di istituti culturali. Particolarmente significative le numerose ricostruzioni italiane e inglesi dell'Astrario di Giovanni Dondi; il restauro scientifico, nel 1991, del complesso o. pubblico di Mantova, ideato e costruito nel 1473 da Bartolomeo Manfredi; la ricostruzione ex novo, nel 1993, in base a taccuini e documenti cinquecenteschi, dell'o. planetario inventato da Lorenzo della Volpaia, secondo la versione ampliata da lui ultimata a Firenze nel 1510.
In questi ultimi anni riviste italiane specializzate, quali Orologi e L'orologio, prevalentemente dedicate a nuovi modelli, si sono affiancate a La Clessidra, affermata da ormai mezzo secolo. Sono pubblicate a Roma. Tra i numerosi periodici esteri sull'argomento si segnalano: La Suisse Horlogère (Svizzera); Antiquarian Horology (Gran Bretagna); Uhren (Germania). Vedi tav. f.t.
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