ROMAGNOLI SACRATI, Orintia
(Orinzia). – Nacque a Cesena l’11 ottobre 1762 dal marchese Lucio Romagnoli e dalla nobildonna Caterina Leonardi Della Rovere, contessa di Montelabate di Pesaro. Secondogenita di sette figli, gli altri fratelli e sorelle furono Lorenzo (1759), Francesco (1764), Antonio (1767), Marianna (1768), Violante (1770), Angiola (1775).
Giovanissima si unì in matrimonio con il marchese Amedeo Sacrati Giraldi Obizzi trasferendosi a Ferrara, dove animò un salotto letterario in palazzo Sacrati (oggi Prosperi). Mise fine al matrimonio quasi subito, dando scandalo e suscitando disapprovazione tra gli ambienti dell’aristocrazia locale.
Nel 1782 entrò a far parte dell’Accademia d’Arcadia assumendo il nome di Fiordaligi Taumanzia. Nel 1807 firmò con il nome arcadico un volumetto di lettere indirizzate a Floriano Caldani, professore di anatomia all’Università di Padova, nel quale difese Venezia dalle parole di disprezzo espresse da François-René de Chateaubriand nella celebre lettera del luglio 1806, in cui indirizzava all’amico Louis Bertin il racconto del suo primo viaggio nella città lagunare, dal quale lasciava trasparire il poco entusiasmo suscitatogli da Venezia; Bertin pubblicò sul Mercure de France la lettera di Chateaubriand scatenando così sui giornali veneziani una reazione immediata contro l’autore francese (Lettere di Fiordiligi Taumanzia pastorella d’Arcadia all’ornatissimo signore Floriano Caldani bolognese..., Padova 1807).
Nel 1808 venne accolta nell’Accademia nazionale di Scienze Lettere e Arti di Modena e nel 1815 nominata socia estera.
Nel 1810 uscirono le commedie raccolte in quattro volumi (Commedie di Fiordiligi Taumanzia, Faenza 1810), il primo dei quali dedicato a Vincenzo Monti e l’ultimo al conte Miollis, governatore di Roma.
L’autrice apriva il primo volume condannando lo stato in cui verteva il teatro comico in Italia e raccontando le circostanze in cui aveva composto le opere teatrali. Inoltre, dava conto della propria ispirazione che avrebbe attinto gli argomenti ora da romanzi ora da accadimenti reali.
Alcuni racconti morali, di argomento edificante, vennero poi pubblicati in occasione delle nozze di Giulio Perticari con Costanza Monti, figlia del poeta (Le quattro madri, Pesaro 1812). Ancora per celebrare il matrimonio tra la nipote Angela Mami, figlia di sua sorella Marianna, e Silvestro Ragazzini, compose la novella morale Adelina (Rimini 1815). Nella prefazione si sofferma a descrivere alla nubenda i doveri del suo nuovo ruolo di sposa, di madre e di nuora. Gli scritti composti per commemorare gli sposalizi di persone a lei care, tra i quali rientrano anche le poesie per le nozze del conte Luigi Marsili con la contessa Ersilia Rossi (Poesie per le applauditissime nozze..., Bologna 1795) e la novella storica dedicata al conte Giovanni Massari per l’unione con la contessa Beatrice Aventi (Parga, Roma 1826), vennero definite dalla stessa Romagnoli come «cosucce» composte «per farne dono a miei amici» (Le quattro madri, rist. Roma 1820, p. III).
La novella Parga fu composta sulle orme del polimetro I profughi di Parga di Giovanni Berchet (1821) per ricordare l’esodo della popolazione dalla città greca verso Corfù in seguito alla cessione di Parga da parte dell’Inghilterra alla Turchia (1819). Al momento di lasciare la terra natia i pargamioti bruciarono le ossa dei propri avi: fu questo un episodio che suscitò grande impressione all’epoca e ne diede testimonianza anche Francesco Hayez in un celebre dipinto (1831).
Romagnoli partecipò con entusiasmo alla temperie politica del tempo divenendo fautrice del principio di autodeterminazione dei popoli. In seguito all’iniziativa di Gioacchino Murat, che da Rimini il 30 marzo 1815 proclamò la libertà e l’indipendenza dell’Italia annunciando contemporaneamente una costituzione, Romagnoli tenne in pubblico un discorso solenne nel quale esaltava gli ideali indipendentistici. L’evento le procurò notorietà e ben presto fu riconosciuta come eroina della patria. L’anno successivo si schierò di nuovo a fianco degli insurrezionalisti durante i tumulti di Rimini.
Nel 1818 furono pubblicate le Lettere di Giulia Willet, un esperimento di romanzo epistolare sul modello foscoliano, recensito inizialmente sul periodico milanese Biblioteca italiana (XI (1818), pp. 131 s.), dove venne accomunato a uno dei tanti «moderni romanzi sentimentali» che troppo spesso indugiavano in descrizioni particolareggiate. Tuttavia rimaneva spazio per un breve elogio dello stile e della definizione realistica con cui i personaggi venivano tratteggiati. Le osservazioni positive vennero condivise da Silvio Pellico che, recensendo il romanzo su Il Conciliatore (7 gennaio 1819), scriveva parole di apprezzamento per la naturalezza stilistica e l’eleganza della scrittura e riconosceva nel romanzo un intimismo sentimentale «dove la società è ritratta al vero, e dove il cuore umano è analizzato con più minuta esattezza» (pp. 145 s.).
Nel 1820 raggiunse Londra per testimoniare a favore della principessa Carolina di Brunswick, consorte di Giorgio IV re d’Inghilterra, accusata di adulterio con Bartolomeo Pergami, conosciuto a Milano nel 1815 durante un viaggio in Italia. Nel corso del processo, conosciuto come The trial of Queen Caroline, furono convocati numerosi testi dando così vita a una sorta di dibattimento pubblico. L’imputata venne considerata colpevole, ma la sentenza fu annullata dal governo. Rientrata in Italia, Romagnoli continuò a soggiornare a Ferrara fino al 1824, quando si trasferì a Roma, nel palazzo Valdarnini in via della Scrofa. La frequentazione della corte di Pio VI e l’amicizia con il ricco tesoriere di Romagna, il marchese Gnudi, attirarono su di lei pesanti accuse per il comportamento considerato eccessivamente disinvolto. L’anno dopo partì alla volta di Firenze, dove nel 1828 conobbe e accolse in casa l’editore e pittore livornese Giovanni Freppa. Nella città toscana animò un nuovo salotto letterario frequentato anche da Giacomo Leopardi, il quale, insieme all’amico Antonio Ranieri, progettava il giornale Lo Spettatore fiorentino. In occasione degli incontri in casa della marchesa, Freppa ebbe modo di conoscere Leopardi, al quale si propose come finanziatore dell’impresa giornalistica ma quasi subito il contratto stipulato venne annullato.
Romagnoli condivise con Freppa gli ultimi anni della propria vita nominandolo infine erede universale dei propri beni.
Morì a Firenze il 22 maggio 1834 e, secondo la testimonianza di una lettera di Freppa all’abate Melchiorre Missirini, sarebbe stata sepolta nel chiostro della chiesa di Santa Croce, dove però oggi della lapide non v’è traccia.
Animatrice di salotti culturali, fu in contatto con i maggiori letterati del tempo, tra cui Vincenzo Monti, Leopardi e Aurelio Bertòla de’ Giorgi; ne era testimonianza un copioso carteggio oggi disperso. La figura di Romagnoli venne celebrata dai contemporanei in più occasioni: l’arcade Luigi Lamberti le dedicò la sua prima raccolta di Versioni dal greco (Bassano 1786); Bertòla de’ Giorgi la ricordò nella prefazione del suo Viaggio sul Reno e ne’ suoi contorni (Rimini 1795); nel 1807 le venne intitolato un breve componimento anacreonteo in occasione delle nozze Laderchi-Porcia de Brugnera per essersi presa cura della sposa, la contessa Pazienza (Venezia 1807); l’anno successivo Carlo Bosellini le indirizzò il poemetto scientifico Rivoluzione antiche del globo (Modena 1808); nel 1830 Antonio Raineri Biscia le dedicò le traduzioni italiane di alcune poesie arabiche di Abulcassen (Firenze 1830). Il nome di Romagnoli compare inoltre più volte negli epistolari di Pietro Giordani e di Vincenzo Monti, ora semplicemente menzionata, ora come corrispondente. Indizi questi della fitta rete di relazioni che riuscì a tessere nelle diverse città in cui soggiornò.
Le esili prove letterarie, legate a occasioni contingenti e volte a celebrare i dedicatari più per un’affinità sentimentale, godettero di una fortuna circoscritta al tempo in cui furono composte. Il buon esito delle Lettere di Giulia Willet è anch’esso da considerare quale frutto della stagione che precede l’avvento del romanzo storico, quando la scuola romantica celebrava con entusiasmo «la pittura dei costumi contemporanei e l’interiorità degli affetti» (Tellini, 1995, 2002, p. 64).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Notarile postunitario, voll. 1926-1956, testamento 1832, n. 15; Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Collezioni Piancastelli, C.R. 63.143, 473.144, 626.100-185, 629.97; Modena, Biblioteca Estense, Autografoteca Campori, 125.
E. Fabbri, Sei anni e due mesi della mia vita, memorie e documenti inediti, a cura di N. Trovanelli, Roma 1915, pp. 2 s.; D. Spadoni, Per la prima Guerra d’Indipendenza Italiana del 1815. Proclami, decreti, appelli ed inni, Pavia 1929, pp. 124-126; C. Zaghi, Donne nel Risorgimento ferrarese, in Rivista di Ferrara, II (1934) pp. 69-75; Dizionario del Risorgimento nazionale: dalle origini a Roma capitale. Fatti e persone, IV, Milano 1937, p. 348; M. Bandini Buti, Poetesse e scrittrici, in Enciclo-pedia bio-bibliografica italiana, II, Roma 1941-1942, p. 350; G. Tellini, Foscolo, «Il Conciliatore» e lo sperimentalismo degli anni Venti (1995), in Id., Filologia e storiografia. Da Tasso al Novecento, Roma 2002, pp. 29-88; M. Monserrati, Le cognizioni inutili. Saggio su “Lo spettatore fiorentino” di G. Leopardi, Firenze 2005, pp. 39-46; M. Ginghini, O.S.R., una scrittrice dimenticata, in Romagna arte e storia, 2011, nn. 92-93, pp. 52-54; Le vite dei cesenati, VI, a cura di P.G. Fabbri, Cesena 2012, pp. 49-55.