PERSIANI, Orazio
PERSIANI, Orazio. – Nacque a Firenze il 26 gennaio 1605 da Giovanni Battista di Antonio e da Smeralda Migliorati (Firenze, Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Battesimi, reg. 25, c. 88, lettera O).
Sin da prima della metà del Cinquecento la famiglia risiedeva nel centralissimo quartiere di S. Giovanni; il padre ottenne, all’inizio del Seicento, alcune cariche pubbliche (Archivio di Stato di Firenze, Raccolta Sebregondi, 4142). Una guarigione ritenuta miracolosa, all’età «d’anni tre in circa» (Puccini, 1611), precedette e incoraggiò la sua iscrizione alla compagnia minorile dell’Arcangelo Raffaele, il 29 maggio 1611 (Archivio di Stato di Firenze, Compagnia dell’Arcangelo Raffaello detta la Scala di Firenze, b. 165, n. 40, alla data).
Persiani fu certo in stretto contatto con Jacopo Cicognini, il principale autore dei testi delle rappresentazioni della compagnia; in un suo epigramma ne ebbe a commentare ironicamente l'ingloriosa morte (Sterzi, 1902).
La confraternita era sotto l’egida della casa regnante dei Medici; la relazione dinastica istituita grazie al matrimonio di Cristina di Lorena col granduca Ferdinando I di Toscana favorì nel 1631 la nomina di Persiani a segretario del duca di Guisa, Carlo di Lorena, allora esiliato dal territorio su cui regnava per i suoi contrasti con la corona francese, e residente a Firenze con la corte (lettera dedicatoria della sua traduzione della Astrée di Charles d’Urfé, 1637; de Bouillé, 1850, pp. 406 s.).
Tra le opere letterarie edite spiccano quelle raccolte nel volume Poesie varie (Firenze 1630), dedicato al cardinale Giovan Carlo de’ Medici; alcune d’esse provano che l’autore era già da tempo in contatto con l’ambiente politico, letterario e culturale veneziano: una è dedicata a Marc’Antonio Padavino (residente veneto a Firenze); tra quelle d’altri autori in lode di Persiani, due sono di Cesare Cremonini e Giovan Francesco Busenello.
Dei lavori encomiastici minori, quello in morte di Cristina di Lorena (edito nel 1637) offre un interessante esempio di ‘sacra rappresentazione’ con interventi musicali: l’autore vi partecipò come attore, forse come cantante. Nello stesso anno fu pubblicata la traduzione di un episodio tratto da un romanzo francese sinora non identificato, La Contesa delle tre Dee (Venezia); in una dichiarazione anteposta all’edizione più tarda (Venezia-Bologna 1667) Persiani dichiara che l’opera era stata edita anni prima a suo nome per le reiterate insistenze del vero autore, Giovan Francesco Loredan, che non desiderava comparire col proprio (cfr. anche Archivio di Stato di Venezia, Arti, 166, c. 18r, 7 agosto 1637).
Ancora del 1637 è l’edizione veneziana della traduzione della Astrée, di notevole valore (Caretti-Luti, 1972, p. 168); nella lettera introduttiva Loredan loda altamente il traduttore.
L’arrivo e la permanenza di Persiani a Venezia sono attestati da documenti coevi (almeno in parte autografi), conservati tra le carte dell’archivio privato del compositore veneziano Francesco Cavalli, riguardanti l’allestimento nel teatro di S. Cassiano della prima opera da lui musicata, appunto su libretto di Persiani, Le nozze di Teti e di Peleo (Archivio di Stato di Venezia, S. Maria dell’Orazione, b. 3; cfr. Morelli - Walker, 1976). Nell’atto costitutivo dell’«accademia», datato «14 di Aprile 1638 in Venetia», Persiani si impegna a far rappresentare «due opere» da lui «composte […] a questo effetto e di più ordinare e soprintendere al Teatro et alle macchine necessarie»; il suo diretto, personale impegno nell’impresa è confermato da un atto notarile coevo col quale procurò finanziamenti a mezzo di due mercanti fiorentini (Archivio Stato di Venezia, Notai, b. 647, c. 327, cc. 329r-330r, f. 1638/7, 16 settembre 1638).
Nonostante ciò, i componenti della compagnia si trovarono presto assediati dai creditori e l’impresa non proseguì, sembra, oltre una serie di recite dell’opera cavalliana; secondo un appunto di pugno dello stesso Cavalli (conservato tra le carte citate, cfr. Morelli - Walker, 1976, p. 109 doc. B5), «Oratio Persiani […] fuggì via dalla città con poca sua reputation».
Una categoria particolare della produzione poetica di Persiani è conservata soltanto in manoscritti coevi, oggi in biblioteche fiorentine (per la Nazionale cfr. Mazzatinti - Pintor, 1906) e no (per quelli romani dell’Angelica, cfr. Carboni, 1992); si tratta per lo più di «rime burlesche» (Magliabechi), spesso assai mordaci e polemiche. Il poeta stesso non incoraggiò certo la diffusione incontrollata di queste rime, la cui pubblica conoscenza gli avrebbe guastato il favore della corte; ma erano note e stimate già al suo tempo nell’ambiente letterario fiorentino, poi da Magliabechi e dai molti studiosi successivi che se ne occuparono, sino all’Ottocento inoltrato (cfr. Negri, 1722; Trucchi, 1847; Rosini, 1850). Il componimento più ampio in questo genere è il Comento di fra Cacchio sopra il Berlingaccio di Saion briaco e Cricca di signori affummicati (autografo, Firenze, Biblioteca Nazionale, Ms. It., Cl.VII, 277).
La morte del duca di Guisa (30 settembre 1640; de Bouillé, 1850, p. 418 n. 1) costrinse Persiani a cercare nuove protezioni, come dimostrano le successive notizie: un suo sonetto di encomi al nobiluomo veneziano Giovanni Pesaro, musicato da Filiberto Laurenzi in forma di aria su basso strofico (Concerti e arie a una, due e tre voci, Venezia 1641); l’«opera drammatica» Narciso ed Eco immortalati e la «festa teatrale» Gli amori di Giasone e d’Isifile (Venezia 1642; Whenham, 2004, pp. 265, 291) musicate rispettivamente dai musicisti romani Filippo Vitali e Marco Marazzoli (la prima forse rielaborata dallo stesso Marazzoli, cfr. Morelli, 2007); la ‘lettera di raccomandazione’ al principe elettore di Baviera, fatta redigere dal granduca di Toscana (Archivio di Stato di Firenze, Misc. Medicea, filza 103 ins. 43 (Germania/Baviera), c. 18, 11 maggio 1642).
Un mese dopo Persiani era alla corte imperiale di Vienna, dove venne rappresentata, il 15 giugno 1642, la sua «opera morale» Lo specchio di virtù, dedicata all’imperatore Ferdinando III; nel frontespizio (Vienna 1642) egli è detto «Poeta del Serenissimo prencipe Leopoldo Guglielmo arciduca d’Austria»; tornato alla committenza cortese, e a soggetti decisamente allegorici e aulici, vi adottò di nuovo moduli drammaturgici pre-veneziani.
Non sono note le vicende biografiche successive, né luogo e data della morte.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca Nazionale, Classe XI, 13: A. Magliabechi, Notizie di storia letteraria fiorentina, c. 35r; V. Puccini, Vita della Veneranda Madre Suor M. Maddalena de’ Pazzi fiorentina, Firenze 1611, pp. 191 s. (cfr. 1639, p. 384); G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 436; Poesie italiane inedite di dugento autori, a cura di F. Trucchi, IV, Prato 1847, pp. 252-254; R. de Bouillé, Histoire des ducs de Guise, IV, Paris 1850, pp. 406 s., 418; G. Rosini, La Monaca di Monza, Milano 1850, pp. 631 s.; A. Cavalcanti, Novellette intorno a Curzio Marignoli (secolo XVII), a cura di G. Piccini, Bologna 1870, pp. 34-40, 73; M. Sterzi, Jacopo Cicognini, in Giornale storico e letterario della Liguria, III (1902), p. 308 e n. 4; G. Mazzatinti - F. Pintor, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, XIII, Forlì 1906, pp. 55, 67 s., 71, 118, 124, 140, 183, 187; L. Caretti - G. Luti, La letteratura italiana per saggi storicamente disposti, Il Seicento e il Settecento, Milano 1972, p. 168; T. Antonicek, Cornacchioli, Giacinto, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, XIV, Suppl., 1973, coll. 1589 s.; G. Morelli - T. Walker, Tre controversie intorno al S. Cassiano, in Venezia e il melodramma nel Seicento, a cura di M.T. Muraro, Firenze 1976, pp. 98, 107-109; F. Carboni, Incipitario della lirica italiana dei secoli XV-XX, VIII, Città del Vaticano 1992, pp. 61, 224, 315; IX, 563; K. Eisenbichler, The boys of the Archangel Raphael, Toronto 1998, ad ind.; R. Ziosi, I libretti di Ascanio Pio di Savoia: un esempio di teatro musicale a Ferrara nella prima metà del Seicento, in Musica in torneo nell’Italia del Seicento, a cura di P. Fabbri, Lucca 1999, pp. 152 s.; S. Mamone, Accademie e opera in musica nella vita di Giovan Carlo, Mattias e Leopoldo de’ Medici, fratelli del granduca Ferdinando, in Lo stupor dell’invenzione. Firenze e la nascita dell’opera, a cura di P. Gargiulo, Firenze 2000, pp. 122 s.; H. Seifert, “Teti” in Venice (1639), Mantua (1652), Paris (1654) and Vienna (1656), in Les noces de Pélée et de Thétis: Venise, 1639 - Paris, 1654, a cura di M.-T. Bouquet-Boyer, Bern 2001, p. 174; Miscellanea Medicea I, a cura di S. Baggio et al., Roma 2002, p. 496; H. Seifert, The beginnings of sacred dramatic musical works at the imperial court of Vienna, in L’oratorio musicale italiano e i suoi contesti, a cura di P. Besutti, Firenze 2002, pp. 501-503; P. Fabbri, Il secolo cantante. Per una storia del libretto d’opera in Italia nel Seicento, Roma 2003, ad ind.; J. Whenham, Perspectives on the first decade of public opera in Venice, in Il Saggiatore musicale, XI (2004), pp. 260, 265, 291; C. Carminati, Loredan, Giovan Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXV, Roma 2005, pp. 761-770; B.L. Glixon - J.E. Glixon, Inventing the business of opera, New York 2006, pp. 68 s., 114; A. Morelli, Marazzoli, Marco, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXIX, Roma 2007, p. 468; H. Seifert, Texte zur Musikdramatik im 17. und 18. Jahrhundert, Wien 2014, pp. 121, 155, 282-284, 590, 627, 737-740, 742 s., 766 s., 773-775, 782.