CARDANETI, Orazio
Nacque a Perugia nel 1531 da Macario e da Bonifazia Oliva. Le agiate condizioni di famiglia gli permisero di frequentare maestri di una certa risonanza nella città natale, quali Cristoforo Sassi, insegnante di greco e di latino, e Iacopo Griffoli di Lucignano, i cui benefici influssi sulla formazione culturale del C. sono stati concordemente sottolineati dai biografi.
Prima del 1564 si reca a Firenze dove sente le lezioni di Pier Vettori. Nel 1566 è chiamato a ricoprire la cattedra di retorica presso lo Studio perugino succedendo al Griffoli; nel 1569 è temporaente a Siena; poi fa ritorno a Perugia ove continua fino al 1578 l'attività di insegnante di retorica. Suo allievo fu Baldassarre Ansidei che fu istituito dal testamento del C. erede usufruttuario dei suoi averi, la cui proprietà fu garantita nello stesso documento all'Ospedale grande di Perugia.
Il C. morì a Perugia il 26 sett. 1588, e l'Ansidei ne curò le solenni esequie presso la chiesa di S. Fiorenzo.
Lasciò una traduzione del ciceroniano Laelius (Dialogo di Cicerone della amicizia intitolato il Lelio, "a Messer Gio. Battista Cantucci", al quale il traduttore si rivolgeva in una lettera che serve da introduzione all'edizione soffermandosi sulla necessità che hanno gli uomini di coltivare questo sentimento, Firenze 1559); due orazioni, indicanti forse una più vasta attività non consegnata alle stampe e andata quindi perduta (Orario habita in funere F. Vincentii Herculani Episcopi Perusini in Aede D. Dominici, Perusiae, apud Andream Brixianum, 1586: l'orazione fu recitata il 1º novembre dello stesso anno; e Orario initio studiorum habita Perusiae in Aede D. Laurentii Anno 1581, Perusiae, apud Petrum Jacobum, Petrutium, 1588); alcune Rime raccolte in varie antologie dell'epoca (e poi ristampate da G. Vincioli nella silloge dei Poeti perugini, I, Perugia 1720, pp. 205 ss.; un buon numero di versi del C. furono anche inseriti nelle Poesie sacre di Timoteo Bottonio pubblicate per la prima volta a Perugia nel 1779, I, pp. 70 ss.); epistole e lettere, di cui rimane solo qualche traccia nell'epistolario di Marco Antonio Bonciano (edito a Perugia nel 1614: cfr. pp. 44 ss.), che fu amico e corrispondente del C., nonostante la più giovane età, e il cui carteggio con lo scrittore perugino è documentabile dal 1580 alla morte del Cardaneti.
La dispersione dell'epistolario del C. è forse dovuta al fallimento di un'iniziativa dell'Ansidei, il quale, all'indomani della morte del maestro, si accingeva a raccogliere le epistole del Cardaneti. Ma di tale impresa non si parlò più in seguito e sicuramente l'edizione delle lettere del C. non vide mai la luce. Smarrita questa che doveva costituire la maggior fonte per indagare le relazioni letterarie del C., nessuna delle opere superstiti evade da un orizzonte di provincialismo (orazioni) e di imitazione (rime sacre e profane esemplate sui modelli concettistici di fine secolo). La stessa versione da Cicerone, assai improbabile quanto alla fedeltà della resa, sembra connettersi agli esperimenti del Caro anziché approssimarsi ai criteri filologici del Vettori.
Bibl.: L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae,sive descriptoribus provinciae Umbriae, Fulginiae 1658, p. 137; G. B. Vermiglioli, Biogr. degli scrittoriperugini e notizie delle opere loro, I, Perugia 1828, pp. 274 ss., 384; A. Mariotti, Perugini auditoridi Rota, Perugia 1887, pp. 129 s.; M. E. Cosenza, Biogr. and Bibl. Dict. of the Italian Humanists, I, Boston 1962, p. 868.