OMOBONO da Cremona
OMOBONO da Cremona. – Nacque a Cremona, dove poi trascorse l’intera esistenza, presumibilmente intorno al 1117. Stando alla tradizione, apparteneva alla famiglia de Tucengo (da Ticengo, borgo del territorio cremonese), poi nota come Tucenghi, casato che «da tempi lontani viveva facendo il mestiere di mercanti e anche il mestiere di confezionare abiti», abitando nei pressi della chiesa di S. Egidio, «tra i concittadini e le altre famiglie, che pur di estrazione mediocre si erano fatte una posizione col denaro» (vita Labentibus annis, 2, in Piazzi, 1991, pp. 60 s.); è ignoto il nome dei genitori.
Seguì le orme del padre e si guadagnò da vivere fabbricando e vendendo abiti, ma verosimilmente, col passare degli anni, si dedicò più all’attività di mercator che a quella di artigiano. L’analisi delle fonti agiografiche, infatti, lascia pensare che, più che un sarto, fosse un mercante di stoffe e tessuti, un uomo d’affari capace, grazie a una radicale conversione, di entrare fra i pochi che «mercanteggiano» (vita Cum orbita solis, III, 3; ibid., pp. 32 s.) il regno dei cieli. Sappiamo, inoltre, che grazie ai suoi introiti o all’eredità paterna tenne per sé una vigna nel suburbio, forse possedendo inizialmente un maggior numero di appezzamenti, poi venduti per distribuirne il ricavato ai bisognosi.
La tradizione agiografica consegna il profilo di un laicus religiosus dalla vita esemplare, che dopo una cinquantina d’anni impegnati nell’attività commerciale rinnegò la mera pratica della mercatura per assumere lo stile di vita tipico dei penitenti ossia uno status particolare, riconoscibile dalla professio in signis (abbigliamento di colore scuro e di semplice fattura, cilicio, comportamento lontano da mondanità e lusso), non regolato da norme scritte e tuttavia chiaramente collocato ai confini della società, similmente ai pubblici peccatori pentiti. Perciò praticava digiuni e penitenze, pregava incessantemente partecipando anche alle ufficiature presso S. Egidio, dove il presbiter Osberto gli fu guida spirituale. Le Vitae, ancora, gli attribuiscono una funzione pacificatrice e antiereticale all’interno della città, allora tormentata da discordie religiose e civili, facendo di Omobono un baluardo della fazione della Chiesa locale e del suo vescovo, Sicardo. Non è invece provata, e anzi risulta assai poco probabile, l’appartenenza all’ordine degli umiliati, che lo inserirono nel loro Messale stampato nel 1594.
Il tratto più noto della santità di questo laico è la pratica delle opere di carità: distribuì assiduamente i beni agli indigenti, incontrando perciò anche la disapprovazione dei suoi familiari, e ospitò poveri nella sua casa ove tuttavia, assai probabilmente, non fondò un vero e proprio hospitale (citato invece come tale in una bolla papale del 1509; Vauchez, 2001, p. 89). Omobono è di fatto ricordato soprattutto come «padre dei poveri» e perciò spesso raffigurato con la borsa dell’elemosina, in ambito cremonese divenuta addirittura proverbiale.
Questi caratteri delineano una figura chiave nella storia della santità cristiana occidentale: Omobono è l’unico santo laico medievale ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa, non proveniente da famiglia reale o principesca. La tradizione gli attribuisce una moglie, di identità ignota e che spesso è presentata come antagonista del santo nei suoi slanci caritativi, e alcuni figli fra cui uno di nome Monachus. Tuttavia né il suo essere padre di famiglia né la sua identità di laico lavoratore sono trattati dagli scritti agiografici come valori fondanti la sanctitas di Omobono. Attivo nel mondo ma fedele alla chiamata del regno dei cieli, non rinunciò all’impiego del denaro che, anzi, gli permise di incarnare l’ideale concezione della ricchezza pro pauperibus, anticipando la forza che il tema della carità effuse dal Duecento in avanti.
Con tale integerrima condotta visse ancora trent’anni dopo la conversione, giungendo ottantenne al suo ultimo giorno terreno. Spirò prostrato in preghiera davanti alla croce, nella chiesa di S. Egidio, all’alba del 13 novembre 1197.
Dopo le esequie solenni, i miracoli presso la sua sepoltura si moltiplicarono per almeno un anno. Nell’ottobre 1198 il vescovo Sicardo si recò a Roma con una delegazione di cremonesi per perorare la causa di santità del concittadino presso Innocenzo III, il quale il 12 gennaio 1199 sottoscrisse la bolla Quia pietas, che sanciva l’iscrizione di Omobono nel «catalogo dei santi». La canonizzazione non seguì un iter strutturato, anche perché proprio in quegli anni era in via di definizione il processo mediante il quale la Curia pontificia attirò a se ogni prerogativa autorevole in fatto di ratifica dei culti: semplicemente, il papa diede udienza alla legazione cremonese e ne registrò le testimonianze, anzitutto quella di Sicardo, come si apprende dalla bolla stessa. In sintesi, il culto di Omobono, appoggiato da alcuni gruppi urbani e dal vescovo nel quadro della dinamica delle partes tipica degli assetti comunali italiani, fu promosso ufficialmente dal papa che in questa azione espresse una valenza esemplare nella definizione del primato romano.
Molto probabilmente la prima traslazione di reliquie del santo, dalla chiesa di S. Egidio alla cattedrale, ebbe luogo nel giugno 1202 per iniziativa di Sicardo; altri rami storiografici riferiscono invece la data del 1357 o ancora (ma è poco plausibile) del 1450. Si ebbero poi successive ricognizioni (1356, 1613-14 e 1713) e spostamenti: nel 1614 le spoglie di Omobono, insieme a quelle di tutti i defensores civitatis, furono solennemente trasferite nella cripta della cattedrale; negli anni 1899-1900 esse furono congiunte, ma poi una reliquia fu resa alla chiesa di S. Egidio (che dal 1713 portò anche l’intitolazione a Omobono); infine nel 1922 il corpo, ricomposto, fu alloggiato in un’apposita cappella della cripta, dove ancora si trova (per le diverse ricognizioni e traslazioni, Piazzi, 1991, pp. 25 s. n. 13).
Del corpus agiografico omoboniano sono note cinque Vitae medievali anonime (quattro in latino e una in volgare italiano), oltre ad alcuni frammenti e altre biografie di età moderna, la prima delle quali, fondamentale per le memorie successive, è la Vita authentica del capitolo della cattedrale, edita a Cremona nel 1570. Secondo Vauchez la vita più antica, nota come Cum orbita solis, proverrebbe dalla cerchia del vescovo Sicardo, mentre il frammento Omnipotens Deus testimonierebbe l’esistenza di una vita che non ci è pervenuta nella sua forma completa (Vauchez, 2001, pp. 41, 49 s.; Id., 2012; è in preparazione un’edizione delle vitae a cura di Umberto Longo e André Vauchez).
Il culto locale di Omobono, dopo una fase critica seguita alla morte di Sicardo (1215), riprese forza dalla seconda metà del XIII secolo. Di fatto, mentre notizie duecentesche sono pressoché inesistenti, a eccezione di una menzione nel Martirologio degli agostiniani di Cremona (Piazzi, 1998, pp. 87-89), nel 1298 il sinodo diocesano sancì la celebrazione di Imerio e Omobono, patroni urbani, in tutte le chiese della diocesi. Il 18 ottobre 1301 il vicario generale cremonese, unitamente a un gruppo di canonici della cattedrale, autenticava un apposito dossier agiografico (Vauchez, 2001, p. 82). Un ulteriore rilancio devozionale fu segnato nel 1357 dalla costituzione del consorzio di S. Omobono, fondato grazie all’appoggio del vescovo con decisa funzione antiereticale. Solo nei secoli XV e XVI Omobono assurse a patrono dei sarti e dei mestieri del settore tessile, diventando perciò un modello di santo del lavoro, sebbene questo culto prese avvio quasi certamente fuori Cremona, forse a Reggio Emilia o a Venezia. Nel complesso, la devozione per questo santo ebbe ampia diffusione, non solo in Italia ma anche in Europa, fra la metà del Quattrocento e la metà del Seicento. A Cremona divenne unico ed esclusivo patrono urbano per decisione del Consiglio generale cittadino nel 1643.
Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Gerli 26, cc. 159r-163v; Annales Cremonenses (ad annum 1199), in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XXXI, Hannover-Leipzig 1902-03, p. 10;Sicardi episcopi Cremonensis Cronica, a cura di O. Holder-Egger, ibid., pp. 58 s., 176; Alberti de Bezanis abbatis S. Laurentii Cremonensis Cronica pontificum et imperatorum, a cura di O. Holder-Egger, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptoresrerum germanicarum, III, Hannover-Leipzig 1908, p. 43; Innocenzo III, Quia pietas (12 gennaio 1999), in Die register Innocenz’ III, a cura di O. Hageneder-A. Haidacher, I, Pontifikatsjahr, 1198-1199, Graz-Köln 1964, pp. 761-764; Divi Homoboni Vita, apud Christoforum Draconium, Cremonae 1570; L. Maini, Sancti Homoboni civis cremonensis Mutinae patroni minoris vita antiquior, Modena 1857; F.S. Gatta, Un antico codice reggiano su O., il santo popolare di Cremona, in Bollettino storico cremonese, s. 2, VI (1942), pp. 96-115; G.D. Gordini, O. di C., in Bibliotheca sanctorum, IX, Roma 1967, coll. 1173-1175; A. Vauchez, La santità nel medioevo, Bologna 1989 (trad. parziale di La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Âge d’après les procès de canonisation et les documents hagiographiques, Rome 1981), pp. 339-342 e passim; Id., Le “trafiquant céleste”: saint Homebon de Cremone († 1197), marchand et “père des pauvres”, in Horizons marins, itinéraires spirituels (Ve-XVIIIe siècles). Mélanges offerts à M. Mollat, a cura di H. Dubois - J. Cl. Hocquet - A. Vauchez, I, Paris 1987, pp. 115-122; D. Piazzi, O. di Cremona. Biografie dal XIII al XVI secolo. Edizione, traduzione e commento, Cremona 1991; Id., I tempi del vescovo Sicardo di Cremona e di s. O., in Diocesi di Cremona, a cura di A. Caprioli - A. Rimoldi - L. Vaccaro, Brescia 1998 («Storia religiosa della Lombardia», 6), pp. 77-90; Beatus vir et re et nomine Homobonus. La figura di s. O. ad ottocento anni dalla morte (1197-1997). Rassegna di fonti biografiche e testimonianze del culto e della tradizione iconografica (catal.), a cura di A. Foglia, Cremona 1998; O. La figura del santo nell’iconografia, secoli XIII-XIX (catal.), a cura di P. Bonometti, Milano 1999; S. O. nel suo tempo. Conversazioni storiche, Cremona 1999; A. Vauchez, O. di Cremona († 1197), laico e santo. Profilo storico, Cremona 2001; D. Piazzi, Dal sacramentario al messale. Frammenti liturgici cremonesi tra XII e XIII secolo, Cremona 2006, pp. 242, 268 s., 306 e passim; A. Ricci, «Nel catalogo dei santi». Riflessioni sulla santità di O., in Strenna dell’ADAFA, LI (2011), pp. 77-93; A. Vauchez, Un nouveau texte hagiographique du XIIIe siècle sur saint Homebon: le recueil de miracles «Omnipotens Deus», in Amicorum Societas. Mélanges offert à François Dolbeau pour son 65e anniversaire, a cura di J. Elfassi et al., Firenze 2012, pp. 853-964.