OLPE CHIGI, Pittore dell' (Ekphantosmaler; Macmillan Painter)
Il migliore dei pittori vascolari del periodo protocorinzio. Il nome deriva dal suo capolavoro, un'olpe, già nella Collezione Chigi, ora al Museo di Villa Giulia, a Roma, trovata in Etruria, presso Veio. Recentemente il nome dato al pittore è stato ripetutamente modificato: v. pittore di ekphantes; pittore macmillan, ma senza ragione plausibile.
La patria del pittore è stata discussa. Si è pensato a un egineta; ad un greco immigrato in Italia; ma la vasta distribuzione dei vasi attribuiti a lui, alla sua scuola, ai suoi imitatori, mostrano che era un greco attivo a Corinto stessa.
Il disaccordo si estende anche alla sua produzione come, del resto, avviene per buona parte della produzione vascolare protocorinzia policroma. Mentre è chiara la fisonomia del pittore nelle quattro opere che tutti si accordano nell'attribuirgli, resta incerta l'attribuzione di altri vasi. Gli aröballoi Macmillan (British Museum 89.4-18.1) e Berlino n. 3773, l'òlpe Chigi e il frammento da Egina (Kraiker, n. 348) sono riconosciuti da tutti gli studiosi quale opera di un unico pittore; sono evidenti gli stretti rapporti nella tecnica policroma, lo stile miniaturistico, la grandezza di concezione, la scelta dei soggetti, l'alto livello artistico. Vi è un secondo gruppo di vasi, specialmente òlpai e aröbailoi, il cosiddetto Gruppo Chigi, che ha evidenti rapporti di stile, tecnica e soggetti con la produzione generalmente accettata del pittore. Per alcuni studiosi questi rapporti autorizzano ad attribuire un numero più o meno notevole di vasi di questo gruppo al pittore dell'òlpe; per altri, invece, essi sarebbero produzione della stessa bottega, degli scolari, di artisti influenzati dal maestro, ma non del maestro stesso. Soprattutto sono molto stretti i rapporti con il Pittore del Sacrificio.
L'aröballos a Bonn (n. 1669) ha evidenti punti di contatto con l'òlpe Chigi, di cui ripete alcuni motivi. Il Dunbabin e il Robertson lo considerano un lavoro del pittore anteriore all'òlpe. Tuttavia l'esecuzione è più scadente (si confrontino i due flautisti), la composizione più slegata: sarà l'ary'ballos non una preparazione della scena più complessa dell'òlpe, ma l'imitazione di un ceramografo assai meno dotato del maestro.
L'aröballos Berlino 2686, con centauromachia, è per il Dunbabin e il Robertson un'opera giovanile del pittore, mentre il Benson lo attribuisce al suo Pittore della Centauromachia di Berlino (v.). D'accordo con il Benson, è difficile poter associare l'incisione larga, profonda, un po' irregolare ed incerta dell'aröballos con quella sottile, elegante e sicura che caratterizza i lavori attribuiti al Pittore dell'òlpe Chigi. Inoltre anche il soggetto mitologico del fregio si allontana dai soggetti usuali del Pittore dell'òlpe. La sola scena mitologica sicuramente sua, il giudizio di Paride sull'òlpe Chigi, è relegata in posizione secondaria, sotto l'ansa. Il mito è assente nei vasi del Gruppo Chigi, che dal maestro riprende la predilezione per battaglie, lotte di guerrieri ed opliti, caccia al leone, gare di carri e di cavalieri. La composizione stessa della scena, con i Centauri raggruppati a due a due in composizione chiusa e, al tempo stesso, collegati a Eracle sul quale accentrano l'attenzione, mostra una sicurezza, un'esperienza, un'abilità che mal si accordano con un artista molto giovane.
L'aröballos Boston 95.10 (Bellerofonte su Pegaso, due sfingi) attribuito al pittore dal Dunbabin e dal Robertson, è, per il Benson, del Pittore del Sacrificio, attribuzione che sembra preferibile. È facile, del resto, rimanere incerti nelle attribuzioni ai due pittori, perché i rapporti di tecnica e di stile sono strettissimi. In conseguenza di questi stretti contatti alcune attribuzioni rimangono incerte: così, dei frammenti di vasi da Argo e da al-Mina, che il Benson avvicina al Pittore dell'òlpe Chigi, o alla sua bottega, sono dati al Pittore del Sacrificio dal Dunbabin e dal Robertson. Altre attribuzioni (Johansen, Payne, Benson, Dunbabin, Robertson) non convincono completamente; sono vasi appartenenti al Gruppo Chigi, vicini al pittore, ma non sembrano dipinti da lui. Due frammenti da Egina, furono riuniti dal Kr iker (nn. 295; 335) sotto il nome Pittore della Pantera (v.).
Per ora è possibile seguire con sicurezza solo una parte della produzione del pittore, databile fra il 650 e il 635-630 a. C. (fine del Protocorinzio Medid-Protocorinzio Tardo). La produzione anteriore attribuitagli, del Protocorinzio Medio, rimane e rimarrà incerta, a meno che non si trovino dei vasi che la collegano alla produzione sicura (v. tavole a colori: greca, arte).
Il suo capolavoro, l'òlpe Chigi, è anche il capolavoro della pittura policroma corinzia (v. protocorinzi, vasi). Non è isolato nella produzione del pittore, ma si ricollega, nei soggetti trattati e nella composizione, ai due aröbailoi di Londra e di Berlino. La scena di battaglia dell'òlpe è preparata da quella dell'aröbailos di Berlino. La complessa composizione, con gli opliti in fila obliqua e su numerosi piani, nell'atto di compiere un'evoluzione che li allinei su due file parallele, la varietà dei colori, hanno fatto pensare che la scena sia copiata, o almeno influenzata, dalla pittura parietale, o su tavole, anzi il Kraiker pensa che il pittore fosse egli stesso pittore di tavole. È incerto se le protomi e gli animali plastici sul collo degli aröballoi; siano dovuti al pittore (Benson).
Bibl.: Jahrbuch, XXI, 1906, p. 119; Journ. Hell. Studies, XXXII, 1912, p. 350 ss.; Revue Arch., 1921, I, p. 11 ss.; K. F. Johansen, Vases Sicyoniens, Parigi-Copenaghen 1923, passim, specialmente p. 151 ss.; Dedalo, III, 1923-24, p. 70 s.; E. Pfuhl, Mal. u. Zeich., Monaco 1923, pp. 104; 108 (con bibl.); H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p.18; 41 s.; 95 ss.; 272; id., Protokor. Vasenmal., Berlino 1933, p. 13 s.; Arch. Anz., LII, 1937, n. 25; W. Kraiker, aigina. Die vasen ds 10. bis 7. Jhdhts., Berlino 1951, pp. 19; 62, n. 348; Annual Brit. Sch. Athens, XLIII, 1948, p. 138; Fr.Matz, Geschichte d. griech. Kunst, Francoforte 1949, p. 226 ss.; Journ. Hell. St., LXXI, 1951, p. 67 ss.; XLVIII, 1953, p. 179 (Macmillan Painter); J. L. Benson, Geschichte d. korinthischen Vasen, Basilea 1953, p. 18 s., n. 15 (Ekphantos Mlaer); id., Some Notes on Corinthian Vase-Painters, in Am. Journ. Arch., LX, 1956, p. 220. Per gli opliti: Annual Brit. Sch. Athens, XLII, 1947, p. 76 ss.