Cromwell, Oliver
Statista inglese (Huntingdon 1599-Londra 1658). Puritano fervente, figlio di un nobile di campagna moderatamente agiato, deputato al Parlamento (1628), vi sostenne con energia e poi, dopo una risolutiva crisi religiosa, con entusiasmo veemente la riforma religiosa e l’abolizione dell’episcopato. Si oppose in più occasioni alla politica interna ed estera della monarchia Stuart. Allo scoppio della guerra civile (1642), C. seppe farsi animatore e guida della Eastern association, organizzazione militare delle contee orientali, che impedì l’unione delle forze realiste del Sud e del Nord. Organizzatore notevole, C. si avvalse dell’esercito di «nuovo modello», da lui voluto, per sconfiggere le forze realiste (Marston Moor, 1644). La sua intransigenza però lo mise in urto con i moderati presbiteriani e scozzesi: ma crebbe dopo la vittoria di Naseby e la resa di Oxford (giugno 1645) il suo prestigio personale. Contro i parlamentari decisi a sciogliere l’esercito, reagì energicamente marciando su Londra: il Parlamento cedette e C. poté condurre, in sostanza personalmente, le trattative con Carlo I che, in suo potere, cercava però di trar partito, con lunghi negoziati, da questi contrasti. La fuga del re parve finalmente liberare C. dalle strettoie in cui s’era posto con una politica di conciliazione: ripreso il comando dell’esercito (primavera 1648), sconfisse i realisti nel Galles, poi a Preston e Warrington gli scozzesi, stabilendo a Edimburgo un nuovo governo. Al ritorno a Londra appoggiò la Grand Remonstrance, in cui si domandava la punizione del re, fece «purgare» il Parlamento dagli elementi moderati, e volle, di fronte all’ostinazione di Carlo, intransigente sui diritti della monarchia e della Chiesa, il suo processo e la sua condanna a morte (30 genn. 1649). Iniziò la campagna d’Irlanda, condotta a termine dai suoi generali nel 1652, campagna in cui la severità di C. fece prove tremende (massacri di Drogheda e di Wexford, 1649); nel 1650 C. passò in Scozia, per completare la sottomissione dei realisti, sconfiggendo A. Leslie e Carlo II (Worcester, 3 sett. 1651). Tornato trionfalmente a Londra (12 sett. 1651), C. affrontò il problema più difficile, quello della riorganizzazione dello Stato e, anzitutto, dei suoi rapporti personali col Parlamento. Irritato per l’avversione del Parlamento lungo alle riforme amministrative da lui volute, lo sciolse con la violenza, entrando con un corpo di soldati nella Camera; né miglior sorte ebbe il Parlamento piccolo (o Barebone) nel 1653. C. era ormai l’unica autorità dello Stato: e il cosiddetto Instrument of government lo riconosceva lord protettore d’Inghilterra, Scozia e Irlanda, creando però insieme un consiglio che limitava i suoi poteri esecutivi e un Parlamento non limitato dal suo veto salvo violazione della costituzione. Fu l’inizio di una attività legislativa assai vasta per la riorganizzazione e la riforma dell’amministrazione, dell’educazione e della Chiesa, voluta nazionale e rigorosamente puritana. In politica estera, C. moveva soprattutto dal programma di sostenere e restaurare il protestantesimo, di dare incremento al commercio britannico e d’impedire che gli Stuart tornassero al potere con l’aiuto straniero. Così, mentre reagiva contro la Francia persecutrice degli ugonotti, piegava l’Olanda al Navigation act (1651), colpendone duramente il commercio, concludeva trattati con Stati protestanti (Svizzera e Danimarca) nonché col Portogallo e, insieme, incoraggiava la conquista di colonie nelle Indie Occidentali a danno della Spagna, e inviava Blake nel Mediterraneo, a consolidare il predominio navale inglese. Nel 1655 firmava poi il trattato di Westminster con Luigi XIV, che per esso s’impegnava a espellere gli esiliati realisti e rinunciava al titolo di re di Francia, contestato dai sovrani inglesi, per quello di re dei francesi. E col trattato militare di Parigi (1657) si accordava vantaggiosamente (ottenendo Mardyke e Dunkerque) per attaccare la Spagna nelle Fiandre. Ma il successo della politica estera valse soprattutto ad accentuare il suo entusiasmo religioso, di inviato da Dio in difesa della «vera religione». Tuttavia in Inghilterra serpeggiava il malcontento: i commercianti si rifiutavano di pagare i dazi, i giuristi contrastavano la legalità dei decreti di C., i realisti si sollevavano; il suo governo era costretto a trasformarsi in una tirannia militare, sempre più gravosa. Si attentò alla sua vita, si cercò di ottenere un nuovo governo proponendogli la corona (1657). Egli finì con l’accettare la Petition divenendo «protettore» con poteri di sovrano costituzionale. Da ultimo, di fronte agli attacchi del Parlamento, ne decise lo scioglimento nel febbraio 1658, con le parole: «Che Dio sia giudice tra me e voi», riconfermando così il carattere vigorosamente personale e «ispirato» di tutta la sua azione politica. Morì il 3 settembre dello stesso anno, succedendogli nella dignità di «protettore» il figlio Richard. Fu sepolto nella abbazia di Westminster, donde, con la Restaurazione, fu dissotterrato, e il suo corpo appeso a una forca e decapitato. Nel 1899 gli fu eretta una statua a Westminster.