CELANO, Oddo di
Figlio di Ruggero e di Alfereda, apparteneva ad una nobile famiglia abruzzese che faceva derivare le proprie origini dai conti della Marsica. Suo fratello Berardo di Celano era entrato in possesso della contea di Loreto in seguito al matrimonio con Maria di Loreto, una nipote di re Ruggero II, ed acquistò più tardi anche la contea di Conversano. I Celano, che erano imparentati anche con i Palearia, erano dunque, nell'ultimo decennio del secolo XII, una delle famiglie più influenti dell'Abruzzo.
Il C. entrò come monaco benedettino nel monastero di Montecassino, dove nel 1188 sottoscrisse ("frater Oddo de Celano") l'inventario della sagrestia fatto compilare dall'abate Roffrido di Montecassino Dato che la sua famiglia era tra gli oppositori del regno di Tancredi, si deve ritenere che il C. fu eletto vescovo di Penne soltanto nel 1194 quale successore di Oderisio morto negli anni dopo il 1190. Certamente la sua elezione fu dovuta all'intervento del fratello Berardo, la cui contea di Loreto aveva come centro proprio la diocesi di Penne. Nel settembre del 1194 il C. si trovava alla corte pontificia, ancora con il solo titolo di vescovo eletto, per ottenere dal papa la conferma e la consacrazione. Durante il suo soggiorno a Roma protestò contro l'intenzione del pontefice di procedere alla consacrazione del nuovo abate di S. Bartolomeo di Carpineto, non volendo riconoscere l'esenzione del monastero dalla sua giurisdizione. Il C. dovette però cedere, e alla fine prese parte alla consacrazione dell'abate avvenuta nel Laterano.
Con un ampio privilegio del papa a favore della sua Chiesa il C. lasciò la Curia nel febbraio del 1195. Già nell'aprile successivo si recò a Bari per partecipare alla Dieta, alla quale presero parte numerosi vescovi e nobili, nel corso della quale Enrico VI regolò l'amministrazione del Regno per la durata della sua assenza. Testimoni dei rapporti politici del C. con l'imperatore sono due privilegi con i quali Enrico VI non solo confermava gli antichi possedimenti e diritti della Chiesa di Penne, ma riconosceva anche le sue rivendicazioni sui castelli di Collealto e di Poliano. Enrico VI promosse anche l'accordo con i conti di Manoppello che richiedevano al C. il giuramento di fedeltà per Poliano. In base a questi privilegi il C. poté ottenere dagli otto nobili, che detenevano il castello di Poliano, il riconoscimento dei suoi diritti. L'esercizio dei diritti signorili sul Comune di Penne era stato affidato dal C. al fratello Berardo: in tal modo l'ampliamento del territorio ecclesiastico andava immediatamente anche a vantaggio della sua famiglia.
Nel 1196 il C., insieme con il vescovo Guglielmo di Valva, procedette contro i chierici di Arsita che non osservavano l'interdetto inflitto loro e li depose. Quando poi si recò a Sulmona per affiancare Guglielmo di Valva in occasione della consacrazione di S. Panfilo, assistette a certi eccessi dei cittadini che resero necessario l'interdetto. Nello stesso 1196 il C. si appellò ai tribunali imperiali contro i signori di Bacucco per i diritti sulla chiesa di S. Pietro ad Pennensem a Bisenti; la causa, nella quale intervenne anche Marquardo di Annweiler, si concluse nel dicembre del 1196 a Capua con la vittoria del Celano. Nell'aprile del 1197 l'imperatrice Costanza, con un nuovo privilegio a favore del C., tutelò la giurisdizione ecclesiastica contro le violazioni degli ufficiali temporali. Dopo la morte dell'imperatore il C. poté conservare il favore dell'imperatrice. Entrò in rapporti abbastanza stretti anche con Innocenzo III. Il papa confermò nel 1198 la concessione dei castelli fatta da Enrico VI e con un ulteriore mandato del 1199 invitò il clero diocesano ad osservare l'obbligo di pagare la decima. Da parte sua il C. assistette il fratello Berardo in occasione della fondazione e dotazione del monastero cisterciense di S. Maria di Casanova che sarebbe presto diventato uno dei monasteri più famosi degli Abruzzi.
Il C., morì il 15 luglio 1199. Il giorno della sua morte trovò un posto d'onore nel memoriale dei monaci di Montecassino.
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