Il nome di una persona si compone di due parti, il prenome ed il cognome (art. 6 c.c.). Il prenome (o nome proprio) serve a distinguere la persona all’interno del gruppo familiare di appartenenza, indicato invece dal cognome. Il prenome viene attribuito nell’atto di nascita e la scelta spetta congiuntamente ai genitori, ma se il dichiarante non dà un nome al bambino provvede l’ufficiale di stato civile (art. 29 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396); in ogni caso, il prenome deve corrispondere al sesso e può essere composto da uno o da più elementi onomastici, anche separati, non superiori a tre, mentre è vietato imporre al bambino lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, un cognome come nome, nomi ridicoli o vergognosi; i nomi stranieri che sono imposti ai bambini aventi la cittadinanza italiana devono essere espressi in lettere dell’alfabeto italiano, con la estensione alle lettere: J, K, X, Y, W e, dove possibile, anche con i segni diacritici propri dell’alfabeto della lingua di origine del nome. Il cognome indica il gruppo familiare di appartenenza e discende direttamente dal rapporto di filiazione, ma se i genitori non sono noti prenome e cognome sono attribuiti dall’ufficiale di stato civile, escludendo nomi o cognomi che facciano intendere l’origine naturale, o cognomi di importanza storica o appartenenti a famiglie particolarmente conosciute nel luogo in cui l’atto di nascita è formato.
La riforma del diritto di famiglia (l. 19 maggio 1975, n. 151) ha inserito nel codice civile il nuovo art. 143-bis, che stabilisce che la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, e lo conserva fino a che passi a nuove nozze.
Sono possibili cambiamenti e modificazioni del nome: chiunque vuole cambiare il cognome od aggiungere al proprio un altro cognome deve farne richiesta al Ministero dell’interno (art. 84 d.P.R. n. 396/2000); salvo quanto disposto per le rettificazioni, chiunque vuole cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome ovvero vuole cambiare il cognome perché ridicolo o vergognoso o perché rivela origine naturale, deve farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l’ufficio dello stato civile dove si trova l’atto di nascita al quale la richiesta si riferisce (art. 89 d.P.R. n. 396/2000).
Il diritto al nome è un diritto assoluto (v. Diritto soggettivo) che riceve una puntuale tutela dall’ordinamento: v. la garanzia prevista dall’art. 22 Cost. («Nessuno può essere privato, per motivi politici […], del nome») e gli artt. 6 ss. c.c., in base ai quali ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito e la persona cui si contesti il diritto all’uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento.
Persona fisica e persona giuridica