CAPOSCROFA (Caputscrofe, Capiscrofa), Nicolò
Nacque con ogni probabilità a Salerno verso la metà del sec. XIII e, dopo aver conseguito la laurea in diritto civile, intraprese una brillante carriera di funzionario al servizio dei sovrani angioini fino a giungere ad una delle più alte magistrature del Regno. Sembra, inoltre, che si sia pure dedicato per parecchi anni all'insegnamento del diritto nell'università di Napoli, come si può dedurre dal titolo di "iuris civilis professor" che gli viene attribuito in documenti degli anni 1295, 1313 e 1317.
Non si hanno notizie sulla giovinezza del C. e il primo documento in cui compare il suo nome risale al 1281, anno in cui fu preposto, insieme con altri cinque suoi concittadini, all'arsenale di Salerno. Si trattava di una carica modesta, ma in essa il C. dovette dare buona prova di sé, tanto che, a distanza di qualche anno, venne investito di importanti funzioni giudiziarie con la nomina a giudice e assessore del vicario del principe di Salerno ed il 30 maggio 1295 ottenne poi l'importante ufficio di patrono del Fisco presso la Magna Curia. Quest'ultima carica fu esercitata per più di vent'anni dal C., il quale, preoccupato per l'eccessiva durata dei processi, chiese e ottenne nell'ottobre del 1307 l'abrogazione di una disposizione emanata nel 1298 da Carlo II, in modo che fosse permesso alla Magna Curia di pronunciare sentenze anche in materia fiscale senza necessità di una preventiva decisione del sovrano, purché il valore della causa non superasse le 200 once. Al tempo stesso il C. ottenne pure vari privilegi e favori dai re angioini: nel 1306 gli furono assegnate 200 once annue sui redditi di un fondaco di Amalfi (di tale rendita godeva ancora un suo omonimo nipote nel 1337); nel 1308 gli fu concessa l'esenzione dai tributi per i suoi possedimenti di Salerno e di Montecorvino; nel 1309 fu nominato giudicea vita nella sua città natale. Oltre a ciò ottenne a più riprese sussidi in denaro con i quali poté acquistare una casa a Napoli.
La crescente importanza del C., quale risulta da questi favori e da altri simili concessi ai membri della sua famiglia, trova un'ulteriore conferma nel fatto che egli nel giugno del 1311 assistette come testimone, insieme alle più alte autorità del Regno, alle nozze di Giovanni da Capua, nipote del famoso Bartolomeo. All'apice della carriera giunse comunque il 23 luglio 1313, quando il re Roberto, per ricompensarlo degnamente dei servizi da lui resi, lo nominòmaestrorazionale della Magna Curia, stabilendo inoltre che dovesse godere di tutti gli onori e i privilegi propri di tale magistratura senza tuttavia abbandonare le funzioni di patrono del Fisco presso la Curia stessa. Successivamente il C. fu ancora preposto nella sua città natale alla costruzione di macchine belliche destinate alla guerra di Sicilia, ma non poté portare a compimento questo incarico: la morte lo colse mentre vi stava attendendo, tra il luglio del 1316 e il marzo dell'anno successivo.
Se si prescinde da alcuni brevissimi ed erronei cenni del Giustiniani (il quale fece del nostro giurista un contemporaneo di Felice Caposcrofa vissuto nel XV sec.) e del Capasso (il quale lo collocò verso la metà del XIV sec.), la figura del C. restò pressoché sconosciuta fino al 1918, quando il Solmi - sulla base di una testimonianza di Biagio da Morcone - lo identificò come autore della prima compilazione dei ritus in uso presso la Magna Curia di Napoli. Il Solmi fece però erroneamente risalire tale compilazione al 1333, ignorando che in quell'anno il C. era già da tempo defunto. L'errore fu corretto da G.M. Monti il quale, grazie ad ampie ricerche archivistiche, poté ricostruire con sufficiente sicurezza la biografia del Caposcrofa. Il Monti fornisce anche precise indicazioni sulle sue opere che consistono in una serie di glosse alle Constitutiones Regni Siciliae, e precisamente: una glossa a Const. I, 12 (ed. a c. di T. Grammatico, Inconstitutionibus,capitulis et pragmaticis Regni Neap. et ritibus Magnae Curiae Vicariae additiones et apostillae, Venetiis 1562, c. 11r), due glosse a Const. I, 15 (ibid., c. 16r), tre glosse a Const. I, 15 (ibid., c. 18r), una glossa a Const. I, 67 (ibid., c. 36r), due glosse a Const. II, 2 (edito in Utriusque Siciliae constitutiones, II, 2 (ed. Utriusque Siciliae constitutiones, capitula, ritus et pragmaticae ... accesserunt additiones Iac. Anelli de Bottis..., Venetiis 1590, pp. 136 s.). In una chiosa di Pietro Piccolo da Monteforte a Const. II, 4 (ed. Utriusque Siciliae constitutiones, p. 146) è inoltre riportata una glossa del C. a Dig. 1, 1, 1 ("praemiorum"). La più importante fra le opere del C. è però la compilazione, da lui redatta verso il 1313 e corredata di glosse, dei ritus della Magna Curia di Napoli, opera che, rielaborata ed ampliata successivamente, ebbe riconoscimento ufficiale da parte della regina Giovanna II e, con ulteriori modificazioni, sfociò nei "Riti della Gran Corte della Vicaria, che rimasero per secoli in vigore nel Regno di Napoli quali norme fondamentali in materia processuale.
Fonti e Bibl.: Biagio da Morcone, De differentiis inter ius Longobardorum et ius Romanorum tractatus, a cura di A. Abignente, Napoli 1912, pp. 143, 333; L. Caputo, Ad consuetudines Neapolitanas praeludia commentarius..., Napoli 1623, p. 76; L. Giustiniani, Memorie istor. degli scrittori legali del Regno di Napoli, I, Napoli 1787, pp. 197 s.; B. Capasso, Sulla storia esterna delle Costituzioni… di Federico II, in Atti d. Accademia Pontaniana, IX (1867), p. 96; A. Solmi, Storia del diritto ital., Milano 1918, pp. 605 s.; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto italiano, diretto da P. Del Giudice, II, Milano 1925, p. 742; G.Salvioli, Storia della procedura civile e criminale,ibid., III, Milano 1927, p. 160; G. M. Monti, Le origini della Gran Corte della Vicaria e le codificazioni dei suoi Riti, Bari 1929, pp. 60-64, 82 s., 109-111 e passim; Id., Capiscrofa Nicolò, in Nuovo Digesto Ital., II, Torino 1937, p. 803.