LIENA, Nicolao
Nacque a Lucca da Stefano di Girolamo e Maddalena di Paolo Balbani, entrambi appartenenti alla cerchia del patriziato cittadino; dal matrimonio nacquero anche Michele, Giovan Battista, Susanna e Girolamo. Fu battezzato il 30 sett. 1496 nella chiesa dei Ss. Giovanni e Reparata.
Divenuto dottore in utroque, agli inizi degli anni Venti del XVI secolo il L. si avvicinò agli ambienti letterari cittadini, entrando a far parte del cenacolo riunito intorno all'umanista Gherardo Sergiusti, che gli dedicò alcuni componimenti. Ben presto divenne esponente della cosiddetta trafila erasmiana, che creò i presupposti per la ricezione delle dottrine riformate nella città toscana. Il 30 dic. 1526 sposò Pippa di Giambattista Guidiccioni, dalla quale nel luglio 1533 ebbe la figlia Ortensia. La sua prima presenza documentata nel Consiglio generale lucchese risale al 10 genn. 1537, allorché dimostrò tutta la sua autorevolezza nel dibattere alcune questioni di confine con lo Stato mediceo concernenti Pietrasanta e altre fortificazioni limitrofe.
Negli anni seguenti il L. condusse frequenti ambascerie e incarichi di primo piano per la Repubblica, ricoprì inoltre cariche ordinarie e straordinarie sia in patria sia in altri Stati italiani. Nel corso del 1538 fu inviato come ambasciatore per dirimere alcune controversie ancora con Firenze, prima presso Paolo III e poi presso l'imperatore. Nello stesso anno ricevette l'incarico di accogliere Vittoria Colonna, giunta a Lucca per ascoltare il predicatore Bernardino Ochino, e di reperire un luogo atto a edificare un convento per il nuovo Ordine dei cappuccini. Nel 1542 esercitò l'ufficio di auditore di Rota nella città pontificia di Bologna, e fece rappresentare nella sua abitazione le tragedie del concittadino Giuseppe Baroncini, fratello di Francesco, artigiano eretico attorno al quale si coordinarono fino agli anni Settanta le varie conventicole filoprotestanti lucchesi di estrazione sia mezzana sia patrizia.
A partire dal 1546 il L. entrò spesso anche nella composizione dell'Offizio cittadino sopra le scuole, che il 28 giugno di quest'anno assunse in qualità di primo lettore Aonio Paleario, umanista di tendenze erasmiane e filoriformate; il L. assecondò il progetto di quest'ultimo, volto a rinnovare il sistema scolastico lucchese rendendolo autonomo dalle ingerenze ecclesiastiche. Nell'agosto dello stesso anno fu eletto tra coloro che dovevano giudicare il mercante e gonfaloniere Francesco Burlamacchi, resosi protagonista di una congiura ai danni del proprio Stato, che di lì a poco verrà giustiziato.
Nel corso del 1549 il L. si recò in qualità di ambasciatore presso la corte di Ferrara, accompagnato da un soldato di origine veronese, Rinaldino, che in questo periodo svolse un'intensa opera di proselitismo religioso sia a Lucca sia in altri Stati italiani; in questo frangente il L. funse da tramite tra lo stesso Paleario e il letterato Bartolomeo Ricci, precettore di Alfonso e Luigi d'Este, figli del duca di Ferrara Ercole II e di Renata di Francia, nota calvinista.
A questa data il L. era membro della comunità filoriformata lucchese, originatasi dal magistero del priore del convento di S. Frediano Pier Martire Vermigli, da almeno tre anni. Grazie ad alcuni costituti rilasciati dallo stesso Rinaldino sappiamo però che il L. non condivideva la concezione del sacramento eucaristico, di tipo zwingliano-calvinista, professata nel convento, né la cesura completa con i riti e le liturgie ecclesiastiche. Difficile stabilire se l'atteggiamento del L. rispondesse alla sua religiosità peculiare e illuminata, per molti versi ancora attestata su posizioni valdesiane, o piuttosto al bisogno di porsi al riparo da eventuali delazioni, dato che il suo prestigio di giurista e uomo pubblico erano ormai giunti all'acme. Del resto, ancora nel 1550 sono provati suoi rapporti con Celso Massimiliano Martinengo, priore dello stesso convento e incline alla Riforma, che lo riconfermò come avvocato di fiducia.
Il 7 febbr. 1554 il Consiglio generale di Lucca nominò il L. tra i cittadini che dovevano dirimere una controversia con i cardinali del S. Uffizio, intenzionati a inviare a Lucca un predicatore durante la quaresima e conferirgli poteri inquisitoriali; la vicenda diede origine a una contesa giurisdizionale con il potere episcopale. L'anno successivo il L. aiutò i primi concittadini che fuggirono da Lucca religionis causa - in particolare Vincenzo Mei e suo fratello Girolamo - a cercare di mettere in salvo i propri beni e le proprie persone. Il 4 giugno 1556 il L. venne citato a comparire dal vescovo Alessandro Guidiccioni, però dopo che si era già allontanato prudentemente a Lione, preannunciando la sua intenzione allo stesso presule. Divenne cittadino di Ginevra il 19 ott. 1556, ma il bando definitivo dello Stato lucchese nei suoi confronti giunse soltanto il 27 sett. 1558.
Circa due mesi prima, con una lettera inviata al governo ginevrino, aveva difeso il maestro di scuola calabrese Valentino Gentile accusato di antitrinitarismo. Ponendo l'accento sulla sincera abiura del letterato e affermando che un gesto di perdono sarebbe potuto servire a recuperare altri dissidenti pentiti e attrarre a Ginevra nuovi fedeli, allontanandoli da tentazioni nicodemitiche e persecuzioni, il L. aveva dato prova della sua tolleranza religiosa, pur assumendo una posizione ortodossa nel difendere l'ideologia riformata.
Afflitto da una quasi totale sordità che gli impedì di svolgere il proprio lavoro e lo pose in gravi difficoltà economiche, addolorato dalla morte prematura dell'unica figlia, il L. trascorse gli ultimi anni della sua vita tra Lione e Ginevra. Morì probabilmente in quest'ultima città: da un costituto registrato presso l'Offizio sopra la religione lucchese si evince che ancora agli inizi del 1570 era in vita e proteggeva presso di sé la concittadina e correligionaria Maria Massei.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, Consiglio generale, Cause delegate, 13, p. 1479 (6 maggio 1570); Lucca, Bibl. statale, Mss., 1117: G.V. Baroni, Notizie genealogiche…, cc. 171, 174, 176-178, 197 s.; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra…, in Rivista storica italiana, XLIX (1932), pp. 290, 458 e n., 476; LI (1934), p. 501 e n.; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1962, ad ind.; S. Adorni-Braccesi, Le "Nazioni" lucchesi nell'Europa della Riforma, in Critica storica, XXVIII (1991), pp. 389-393, 421, 423; Id., "Una città infetta". La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del Cinquecento, Firenze 1994, ad ind.; Id., Strategie politiche e proselitismo religioso degli esuli lucchesi…, in Circolazione di uomini e d'idee tra Italia ed Europa nell'Età della Controriforma. Atti del XXXVI Convegno… 1996, a cura di S. Peyronel-Rambaldi, in Bollettino della Società di studi valdesi, 1997, n. 181, pp. 14 s., 17.