FERRAGATTI (Fieragatti), Nicola (Nicolaus de Bittonio)
Figlio di Nardo, nacque a Bettona (Perugia) intorno alla metà del sec. XIV. Nel 1376, già frate minore della provincia di S. Francesco, ricevette, per incarico del pontefice Gregorio XI, dalle mani di Leonardo Rossi da Giffoni, ministro generale dei frati minori - che era venuto in Assisi nell'aprile di quell'anno - il grado di dottore in teologia. Si ignorano gli antefatti, ma questa promozione fu probabilmente dovuta alla collaborazione che il F. aveva fornito al ministro generale incaricato dal pontefice, in data 28 apr. 1374, di sedare una ribellione scoppiata tra i frati minori della provincia di S. Francesco. Tutto lascia supporre che tra i motivi della ribellione vi fossero anche i favori, di recente accordati - sia dal pontefice sia dal ministro generale - a fra' Paoluccio Trinci e ai suoi seguaci, ossia agli esponenti dell'incipiente osservanza francescana. Il F., proveniente a quanto sembra dalla custodia di Narni, ricopriva a quel tempo (1376) l'incarico di custode, era cioè superiore dei sacro convento di Assisi.
Nel maggio del 1377 si trasferì a Bologna, dove, nell'aprile dell'anno successivo. ricoprì l'incarico di lettore. Ritornato ad Assisi, nel giugno dello stesso 1378, tornò a ricoprire l'incarico di custode del sacro convento; quindi, negli anni successivi, passo ad altri incarichi minori: nel 1381 fu nel numero dei "discreti", e come tale fu presente all'inventario dei libri del sacro convento fatto il io gennaio di quell'anno, nel 1384 ricopriva l'incarico di computista, l'anno successivo quello di predicatore.
Nel capitolo che si tenne a Città di Castello nel 1385 il F. venne eletto ministro provinciale dell'Umbria, ma, a causa dello scisma in atto e temendo per l'incolumità della propria persona, fu costretto a rifugiarsi ad Avignone, come ebbe a dichiarare egli stesso in apertura al suo trattato sullo scisma. Non conosciamo le ragioni del passaggio al partito del papa avignonese, l'Umbria era rimasta fedele al papa romano Urbano VI, ma è probabile che il F. abbia seguito il suo ex ministro Leonardo Rossi, il quale, dopo essere stato creato cardinale da Urbano VI, era passato dalla parte dell'antipapa Clemente VII. Va tenuta presente anche la particolare situazione politica di Assisi città che, capeggiata dal nuovo tiranno Guglielmino di Carlo, era allora in guerra contro gli sbanditi Nepis e contro Perugia sostenitrice di Urbano VI; alla guida della diocesi di Assisi era stato inoltre nominato, nel 1378, il teologo Lodovico di Francesco, sostenitore di Clemente VII. Come ministro provinciale il F. intervenne al capitolo generale che i frati minori dell'obbedienza di Clemente avevano convocato a Greuf, presso il lago di Ginevra. In occasione di quel capitolo il F. fu uno dei quattro giudici ai quali il ministro generale, fra' Angelo, aveva affidato il compito di dirimere una controversia in materia di questue sorta tra i frati minori di Susa e quelli di Chambre. Quietate le acque e cessato il pericolo, il F. poté tornare ad Assisi. Con tutta probabilità, ancora nel 1388, non correvano però buoni rapporti tra il F. ed i suoi confratelli del sacro convento se, in quell'anno, il convento stesso "cercò di recuperare un codice delle opere di Giovanni Duns Scoto, pignorato dal F. per 6 fiorini a Foligno. Ancora nel 1403, del resto, per riavere i libri in mano del F., il convento dovette ricorrere a un avvocato di Perugia.
Comunque già nel maggio del 1385 il F. ricopriva di nuovo l'incarico di "discreto" del sacro convento e, nella seconda parte di quell'anno, quella di predicatore; l'anno successivo venne eletto custode del convento assisano, nei cui registri è ricordato ancora negli anni 1398-99 per aver svolto una missione presso il ministro generale e un'altra a Pesaro. Le tracce del F. si perdono fino al 1404 quando, in occasione del capitolo dei frati minori della provincia di S. Antonio, lo ritroviamo eletto guardiano del convento di Venezia, per diventare, l'anno successivo, vicario di quella stessa provincia. Dallo stesso F. - convocato nel 1409 al concilio di Pisa in qualità di teste - apprendiamo che egli svolse a Venezia, per due anni, anche l'ufficio di inquisitore hereticae pravitatis;con tutta probabilità quest'ultimo incarico venne svolto contemporaneamente a quello di vicario, poiché nel 1406 il F. era di nuovo tornato al sacro convento di Assisi. Fu durante la permanenza a Venezia che scrisse due opere: il trattato sul modo di chiudere lo scisma e le Propositiones theologicae.
Il trattato sullo scisma e sulla sua risoluzione - pervenutoci in più copie, tutte conservate presso la Biblioteca apostolica Vaticana -, edito dal Vincke dal manoscritto Vat. lat. 3477 (J. Vincke, Mag. theol. Nikolaus von Bettona OFM über das Schisma und seine Beseitigung, in Römische Quartalschrift, L [1955], pp. 178-206), furedatto dal F. nel corso del pontificato di Innocenzo VII (1404-1406). L'opera si presenta come un vero e proprio consilium, dato da un teologo, per superare la spaccatura in atto nella Chiesa, e volutamente si contrappone ai tanti consilia dei canonisti che a quel tempo avevano la funzione di guida nella Chiesa ed ai quali il F. attribuiva la maggiore responsabilità del perdurare dello scisma. Rivolgendosi a Innocenzo VII, il F. dice di aver scritto il trattatello perché una persona degna di fiducia - probabilmente lo stesso doge - gli aveva manifestato il desiderio espresso dal papa romano di conoscere quale fosse la sua posizione nei riguardi dello scisma e della sua composizione, sulla base delle conoscenze che il F. aveva anche della controparte avignonese. In effetti, anche se non descrive lo scisma nelle sue varie fasi, il F. si mostra ben informato ed è a conoscenza di particolari, come egli stesso dichiara, raccolti ad Avignone e sfuggiti ad altri trattatisti. Dopo una prolusione sullo scisma, densa di citazioni bibliche, egli passa a descrivere i fatti che precedettero l'elezione di Urbano VI, quelli che l'accompagnarono e quelli che lo seguirono. Il F. indugia prima sulla tesi della parte opposta che negava, attese le circostanze, la canonicità dell'elezione. Della illegittimità della sua nomina - particolare poco noto alla pubblicistica del tempo - sarebbe stato consapevole lo stesso papa Urbano VI il quale, prima della sua elezione e durante il conclave, si sarebbe incontrato in S. Pietro con un famoso teologo italiano (forse fra' Angelo da Spoleto, il futuro ministro generale dei frati minori elementisti) al quale avrebbe risposto, alla sua domanda su che cosa pensasse dell'elezione in corso, che chiunque fosse stato eletto sarebbe stato l'Anticristo. Il F. se la prende poi con i canonisti e in primo luogo con i cardinali, i quali con la loro interpretazione letterale avevano contribuito al perdurare dello scisma, mantenendolo ancora in vita. Il concetto di timor, nell'accezione assunta dai canonisti e dai legisti, per il F. è inaccettabile; la sua opinione è che l'elezione di Urbano fu libera, anche se iuxta modum: cioè fulibera non de iure, ma de facto. Icardinali, per timore, non elessero come si erano riproposti prima di entrare in conclave, ma come credettero più opportuno, a causa delle pressioni della folla. Accogliendo in tal modo le tesi urbaniste, il F. può ora consigliare al papa romano Innocenzo VII la convocazione di un concilio generale, considerata dai clementisti la via brevior et tutior per comporre lo scisma. Quindi il F. propone anche una seconda via, sostenuta da alcuni teologi, che consigliavano il ritiro e la libera rinuncia da parte sia del papa romano sia di quello avignonese. Prosegue affermando che alcuni avevano proposto una terza via, quella di esimersi dall'obbedienza dell'uno e dell'altro papa, una via però che egli disapprova come "criminosa et pessima". Per superare lo scisma c'è secondo lui, infine, una quarta via, quella del compromesso. Il F., rivolgendosi al papa romano, protesta la sincerità di quanto esposto e la sua piena sottomissione al pontefice, cui principalmente spetta "in terris veritates astruere et corrigere in contrarium delinquentes".
Allo stesso periodo veneziano appartengono le Propositiones theologicae per le feste liturgiche dell'anno, tuttora inedite (Roma, Archivio del Convento dei Ss. Apostoli, Cl. 1/5 [ol. C. 241]. L'opera, che segue il proprium sanctorum, contiene sermoni per alcune festività santorali (s. Andrea ap., s. Nicola vesc., s. Lucia vergine, s. Tommaso ap., s. Stefano prot. - 2 sermoni -, s. Giovanni evangelista - 2 sermoni - ss. Innocenti - 2 sermoni -, s. Agnese vergine e martire, conversione di s. Paolo ecc.); sermoni per festività mariane (Concezione, Purificazione - 2 sermoni -, Annunciazione, Visitazione, Assunzione, Natività); per santi fondatori (s. Benedetto, s. Domenico, s. Chiara, s. Agostino) e sermoni su s. Francesco e sull'indulgenza della Porziuncola (10 sermoni, cc. 118-166v). L'altra parte dell'opera, il proprium de tempore, privo di data topica o cronica, ma che con tutta probabilità precede il proprium sanctorum, si trova, anch'essa manoscritta, alla Biblioteca nazionale di Roma (Fondo Vittorio Emanuele, 798). Consta di due parti: prima domenica di Avvento-Pentecoste (39sermoni sui Vangeli o sulle epistole, cc. 2v-107);prima domenica dopo Pentecoste-XXIV domenica dopo Pentecoste (49sermoni sui Vangeli, cc. 107-227v). I due sermoni per la XXIV domenica dopo Pentecoste commentano il passo "cum videritis abominationem" (Matteo 24, 15) e in più luoghi rimandano al prologo del trattato Nuper relatu sullo scisma di cui sopra.
Al capitolo che i minori della provincia umbra tennero nel 108 il F. fu eletto inquisitore e visitatore della custodia di Assisi. L'anno successivo partecipò al concilio di Pisa come teste addotto (non sappiamo se da fra' Antonio da Rieti, procuratore dell'Ordine dei minori, o da fra' Lorenzo da Rieti, ministro della provincia di S. Antonio) contro Gregorio XII, fautore dell'eretica pravità. Il F. dichiarò tra l'altro che al termine del suo mandato a Venezia, venuto a conoscenza di tre comunità della setta degli apostolici di fra' Dolcino, aveva denunciato il fatto al doge, riuscendo con l'aiuto del braccio secolare a catturare nove donne e un uomo, tutti regolarmente processati. Aggiunse poi che da un confessore di costoro era venuto a sapere che Angelo Correr, il futuro Gregorio XII, aveva favorito al tempo della sua legazione nelle Marche il diffondersi di questa setta, che con tutta probabilità va identificata con il movimento penitenziale marchigiano degli "apostolini", che si andava affermando proprio in quegli anni.
Sul finire del 1412 - e non nel 1410, come vorrebbe Agostino da Stroncone - il teologo bettonese fu nuovamente eletto ministro provinciale dell'Umbria. Legati a questo provincialato sono alcuni provvedimenti presi a favore del monastero femminile di S. Nicolò dell'Orto, fuori di Assisi. Dello stesso periodo sono alcuni atti di ordinaria amministrazione per un provinciale, come la nomina del sacrista del sacro convento e quella dei sindaci dei conventi della custodia di Assisi.
Stando allo Sbaraglia, nel 1413il F. avrebbe scritto un trattato Super epistulas et evangelia quadragesimalia;non sappiamo tuttavia dove sia finito questo codice che nel 1586, già posseduto da fra' Pietro Rodolfo da Tossignano, figurava nell'inventario dei libri del convento di S. Francesco dei minori conventuali di Tossignano.Al capitolo che i conventuali umbri tennero nel 1415 a Città di Castello il F. fu di nuovo confermato ministro provinciale e come tale è ricordato dai registri amministrativi del sacro convento fin verso la metà dell'anno successivo. Ma già il 2 ott. 1416, in qualità di vescovo eletto, aveva preso dimora nel palazzo vescovile di Foligno, come si evince dal protocollo del notaio Francesco di Antonio, che a lungo fu il notaio preferito dal vescovado (i pochi atti relativi all'episcopato del F. a noi pervenuti figurano quasi tutti in quest'unico protocollo, fasc. 1415-1422, cc. 29-143v).
Il F. succedeva sulla cattedra di S. Feliciano a Federico Frezzi; e come per la scelta di questo, anche per quella sua fu decisivo il ruolo della famiglia Trinci: era a quel tempo vicario pontificio della città e di un vasto retroterra Niccolò Trinci, il quale, a quanto sembra, lo aveva fatto insediare nel palazzo vescovile a inizio ottobre 1416, quando forse era appena giunta a Foligno la notizia del decesso del Frezzi, morto a Costanza, durante il concilio ecumenico. Va tuttavia precisato che l'insediamento di una commissione nel palazzo vescovile di Foligno avvenne soltanto il 15 maggio 1417, mentre già all'inzio di quel mese il F. si era trasferito, come si evince sempre dalla documentazione notarile, presso il locale convento di S. Francesco: indice tutto ciò se non altro di contrasti a proposito dell'eletto tra il clero e il signore della città. Tuttavia, sul finire dello stesso mese di maggio, il F. era già tornato a risiedere nel palazzo vescovile. Fino al febbraio dell'anno successivo sono ben pochi gli atti amministrativi a firma del vescovo eletto: la bolla Apostolatus officium, con la quale, da Costanza, Martino V confermava la nomina dei F. a vescovo di Foligno è del 20 dic. 1417; il documento non dovette però giungere in città prima di due mesi.
Uno dei primi atti amministrativi dei F. fu la nomina del vicario generale nella persona di don Lorenzo Tilli da Foligno; il notaio Francesco di Antonio lo registra in questo ufficio a partire dal 18febbr. 1418. Quindi il F., dopo essersi obbligato a pagare il 1º marzo 1418una tassa di 100 fiorini alla Camera apostolica fece, il 13 apr. 1418, il suo ingresso solenne in diocesi. Il 24 aprile successivo il sinodo, convocato al fine di confermare o riformare le precedenti costituzioni diocesane e per stabilire la misura del sussidio caritativo a favore del neo eletto, sancì un solo decreto: l'obbligo per i canonici e i cappellani della cattedrale di presenziare alle funzioni religiose secondo un calendario prestabilito, sotto pena di 6 anconetani per ogni assenza ingiustificata, mentre il compito di confermare o riformare le costituzioni diocesane, come quello di fissare l'ammontare del sussidio, fu demandato a una commissione, eletta seduta stante. Questa, riunitasi l'8 agosto successivo, confermò le vecchie costituzioni e stabilì un sussidio caritativo per il neoeletto nella misura di soldi 2½ per libra, facendo fede l'estimo delle chiese e dei benefici della diocesi allora in vigore.
La scarna documentazione non ci permette di valutare l'azione pastorale del F. a Foligno: un episcopato troppo breve e di un vescovo ormai avanzato negli anni. Non abbiamo menzione alcuna di visite pastorali, e appare chiaro soprattutto che l'interesse del F. fu volto a mantenere nella legislazione diocesana lo statu quo: poco significativi appaiono alcuni interventi riformatori, come la rinuncia spontanea al canonicato di S. Martino di Morro, poiché il titolare, a motivo della distanza, non poteva prestarvi il culto dovuto. o la soppressione di alcune prebende di S. Maria di Pieve Fanonica, superflue per le esigenze pastorali di quella chiesa e per questo annesse alla cattedrale, o come, infine, la privazione del canonicato di S. Salvatore e della prebenda della pieve di Roviglieto di un titolare ancora in età puberale, incapace quindi, di prestare il dovuto servizio cultuale. Due conflitti tra il vescovo e gli istituti più rappresentativi della comunità diocesana - il capitolo della cattedrale e l'abbazia di Sassovivo -, ambedue rimessi all'arbitrato di certo Angelo Massi, segnano l'ultimo periodo dell'episcopato del F. e si chiudono in perdita per il vescovo di Foligno. Il capitolo della cattedrale sosteneva, contro il vescovo. che le nomine del priorato, dei canonici e delle cappellanie della cattedrale gli spettassero di pieno diritto; e chiedeva altresì che il vescovo, avendo diritto alla metà degli introiti della chiesa, fosse anche tenuto a sostenere la metà delle spese. Il 3 febbr. 1421 si giunse ad una transazione per la quale gli introiti della chiesa e le offerte dei devoti dovevano erogarsi per le spese necessarie alla chiesa e, qualora queste fossero state eccedenti, sarebbero dovuti intervenire per metà il vescovo e per l'altra metà il capitolo. Le nomine d'ora in poi si sarebbero fatte collegialmente dal vescovo e dal capitolo; vescovo e capitolo erano poi tenuti a visitare annualmente le varie cappellanie della cattedrale e le procurazioni, mentre le puntature pagate dai canonici, nonché il reddito di certi terreni donati alla chiesa, dovevano devolversi tutti a favore della cattedrale. Sfavorevole per il F. fu anche il risultato del secondo conflitto, quello con l'abate di Sassovivo in merito alla giurisdizione sulla chiesa di S. Sisto di Gallano, che si risolse il 2 maggio 1421 a favore di quest'ultimo.Nel protocollo di Francesco di Antonio - da cui provengono le informazioni qui ricordate - l'ultimo atto nel quale fu presente il F. risale al 4 ott. 1421:stando allo Iacobilli (Vite de' vescovi) morì nel novembre 1421a Foligno e venne sepolto nella chiesa di S. Francesco, mentre dal citato notaio si apprende che già il 4novembre si era insediata in vescovado una commissione capitolare composta da tre sacerdoti. Un mese dopo, da papa Martino V, era stato eletto il successore nella persona di Gaspare, abate di S. Pietro di Perugia; tuttavia, probabilmente per l'opposizione del signore della città, egli non riuscì a prendere possesso della diocesi e conservò così il titolo di vescovo eletto fino al 1423, quando il pontefice accettò l'elezione di Giacomo Elmi, appartenente alla famiglia dei Trinci e priore della cattedrale.
Sotto la data 6 dic. 1421 il registro amministrativo del sacro convento di Assisi annota le spese sostenute dal custode e da un altro frate che si recarono a Foligno "per i libri di Mº Nicola da Bettona". Si tratta di 16 codici che passarono, non senza difficoltà, al sacro convento insieme con altri 17 codici di un cardinale di cui però si tace il nome, gia appartenuti forse allo stesso Ferragatti. Non sappiamo nulla sulla formazione di questa biblioteca: di certo, però, alcuni codici da lui posseduti erano appartenuti al suo confratello fra' Giacomo da Bettona (m. 1390). Nella biblioteca del F. non troviamo traccia delle sue opere, così come mancano codici classici e umanistici. Vi predominano invece opere di teologia (Pietro Lombardo, Alessandro di Ales, Giovanni da Ripa, Geraldo Oddone ...) e di patristica (s. Agostino, Boezio ...), qualche commentario (Pietro di Giovanni Olivi, Niccolò di Gorran, Guglielmo di Militone ...), mentre quasi del tutto assente è la letteratura francescana.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Perugia, Sezione di Archivio di Stato di Foligno, Fondo notarile, 62, Not. Francesco di Antonio (1415-1422);Foligno, Biblioteca Iacobilli, ms. A. III. 6:L. Iacobilli, Vite de' vescovi della città di Foligno (altra copia tardiva, Foligno, Biblioteca comunale, ms. F. 129, c. 64v);Ibid., ms. A.V. 6:L. Jacobilli, Croniche della città di Foligno, c. 35 (altra copia tardiva, Foligno, Biblioteca comunale, ms. F. 198, c. 368); Bullarium franciscanum, VII, Romae 1904, pp. 255 n. 716, 488 s. n. 1367;L. Wadding, Scriptores Ordinis minorum, I, Romae 1906, p. 117;J. H. Sbaralea, Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum S. Francisci, II, Romae 1921, pp. 272 s.;L. Wadding, Annales minorum, VIII, Quaracchi-Firenze 1932, p. 389, n. 332; IX, ibid., pp. 75 n. 64, 486 s. n. 392;J. Vincke, Acta concilii Pisani, in Römische Quartalschrift, XLVI (1938-41), p. 193;H. Hoberg, Taxae pro communibus servitiis, Città del Vaticano 1949, p. 56;C. Cenci, Fra Francesco da Lendinara e la storia della provincia di S. Antonio tra la fine del sec. XIV e l'inizio del XV, in Arch. franc. hist., LV (1962), pp. 125 s.; U. Nicolini, Le tavole dei capitoli provinciali dell'Umbria del 1408 e del 1431, ibid., LIX (1966), p. 310; Documentazione di vita assisana (1300-1530), a cura di C. Cenci, Grottaferrata 1974-76, ad Indicem, vol. III, pp. 255 s.; C. Cenci, Bibliotheca manuscripta ad Sacrum Conventum Assisiensem, II, Assisi 1981, ad Indicem;L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae, Foligno 1658, p. 209;F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, p. 703;G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, IV, Venetiis 1846, p. 421;G. Bianconi, Su Bettona terra antichissima ed illustre dell'Umbria, Perugia 1892, p. 35; L'Umbria serafica del p. Agostino da Stroncone, in Miscell. franciscana, XII (1910), p. 152;M. Faloci Pulignani, L'Umbria serafica delp. Sbaraglia, in Arch. per la storia eccles. dell'Umbria, I (1913), p. 567; C. Eubel, Die avignonesische Obödienz imFranziskanerorden zur Zeit des grossen abendl. Schismas, in Franziskanische Studien, I (1914), pp. 171, 189;M. Faloci Pulignani, I priori della cattedrale di Foligno, Perugia 1914, pp. 127-131;G. Abate, Costituzioni ined. dei frati minori del XIV secolo, in Misc. franc., XXIX (1929), pp. 166 s.; B. Bartolomasi, Series chronol. historica ministrorum provincialium... de Umbria, ibid., XXXII (1932), p. 212; F. Marini, I vescovi di Foligno, cenni biografici, Vedelago 1948, p. 30;M. V. Prosperi Valenti, Corrado Trinci ultimo signore di Foligno, in Boll. d. Dep. di st. Patria per l'Umbria, LV (1958), p. 104 n. 84;C. Piana, Chartularium Studii Bononiensis S. Francisci, saec. XIII-XVI, Quaracchi 1970, pp. 40 s., 168; T.N. Izbicki, A collection of ecclesiological manuscripts in the Vatican Library, in Misc. Bibliothecae apost. vaticanae, IV, Città del Vaticano 1991, pp. 122-124; C. Eubel, Hierarchia catholica, Monasterii 1913, I, p. 253; R. Janin, Nicolas Nardi Fieragatti, in Dictionnaire de théologie catholique, XI, p. 623, sub voce.