Nettuno
Figlio di Crono e di Rea, Poseidone - che i Latini chiamarono N. - divise con i fratelli Zeus e Ade il potere nel mondo, ottenendo la signoria delle acque. Fu tra le divinità più temute e onorate dall'antichità pagana in quanto alla sua benevolenza o alla sua ira erano dovute la felice navigazione o il sorgere di terribili tempeste (e in questa funzione è ripetutamente nominato nei poemi antichi: cfr. per tutti Aen. I 124-141, V 799-826).
La somma divinità marina veniva rappresentata armata di tridente, su un cocchio tirato da cavalli (cfr. Aen. V 817); risiedeva con la sposa Anfitrite e una numerosissima corte di minori dei e dee in una splendida reggia nelle profondità del mare. Tra i vari miti che lo vedono protagonista, i più frequentemente addotti dagli autori latini riguardano la costruzione delle mura di Troia (e poiché Laomedonte non gli aveva consegnato il compenso pattuito, N. cooperò potentemente con i Greci alla loro distruzione: cfr. Aen. II 610) e la disputa con Atena/Minerva per l'imposizione del nome alla città che si sarebbe quindi chiamata Atene (cfr. Met. VI 70-82).
D. - che nomina due volte Anfitrite (Ep VII 12, Quaestio 31) per indicare le acque marine circondanti le terre emerse (Anfitrite era appunto interpretata dai mitografi medievali " circumsonans ") - accenna fuggevolmente alla disputa con Minerva (Pg XV 97-98 la villa / del cui nome ne' dèi fu tanta lite); cita N. esclusivamente per indicare, secondo il linguaggio poetico, l'estesa superficie del mare (per eccellenza, il Mediterraneo): Tra l'isola di Cipri e di Maiolica / non vide mai sì gran fallo Nettuno (If XXVIII 83); la 'mpresa / che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo (Pd XXXIII 96): dove il ricordo del viaggio della prima nave che avesse mai solcato le onde dell'alto mare si anima di un'immagine poeticamente tra le più felici della Commedia (per cui cfr. Ovidio Am. II XI 1-2; e v. ARGONAUTI).