PRAMPOLINI, Natale
PRAMPOLINI, Natale. – Nacque a Villa Ospizio, una frazione di Reggio Emilia, il 25 dicembre 1876 da Girolamo, possidente terriero, e da Beatrice Davoli, secondo di tre figli, fra Giovanni (1874-1934) e Giuseppe (1878-1916).
La famiglia era una delle più benestanti e in vista della zona: il padre, oltre ai suoi vasti possedimenti e alle sue aziende agricole, si occupava di commerci ed era ufficiale della Guardia nazionale. Uno zio che portava il suo stesso nome era ingegnere e un prozio era un alto prelato della diocesi di Reggio Emilia. Quanto ai suoi due fratelli, il maggiore, Giovanni, divenne presidente della Camera di agricoltura di Reggio Emilia, mentre il minore, Giuseppe, morì suicida per una grave malattia nervosa conseguente alla sua esperienza nella Grande Guerra.
Natale, trasferitosi a Torino, si laureò in ingegneria civile al Politecnico il 20 dicembre 1900 rivelando una spiccata propensione per la ricerca chimica e, dopo essere rientrato a Reggio Emilia, fondò, insieme al fratello Giovanni, una fabbrica di concimi che entrò a far parte dell’Unione italiana concimi e che egli diresse dal 1903 al 1919, continuando – al contempo – a occuparsi delle sue aziende agricole.
La fabbrica applicava un processo innovativo per quegli anni in Italia: si trattava di produrre circa 40.000 quintali di perfosfati all’anno (con possibilità di raggiungere i 100.000), ricavando acido solforico dalle piriti in forni che raggiungevano i 1200 gradi, ottenendo poi le fosforiti da cui derivava il perfosfato. Si trattava di un’intuizione di grande importanza per fornire concimi a un Paese ancora agricolo, ma benché vi fosse richiesta, non fu così generalizzata; l’uso dei concimi, infatti, era intensivo solo in alcune aree della Val Padana, anche a causa delle particolari caratteristiche del suolo italiano, della mancanza di irrigazioni, delle scelte di prodotti arborei invece di cereali e fieno, dei terreni irregolari, delle mancate razionalizzazioni delle colture. L’Unione concimi fu notata nel 1918 da Guido Donegani – da qualche anno alla guida della Montecatini e allora intenzionato a espandere la sua azienda dai settori eminentemente minerari a quelli più specificatamente chimici – e assorbita, tramite un accordo tra le due parti, dalla Montecatini, unitamente alla Colla e concimi, nel 1920.
Intanto, il 2 settembre 1911, Prampolini aveva sposato la nobildonna Marianna Tirelli (1891-1970) che gli diede due figli, Girolamo (1912-1997), laureatosi in economia all’Università di Bologna nel 1940, e Domenico (1914-1937), detto Nani, studente d’ingegneria e sottotenente della Regia aeronautica, morto il 14 giugno 1937, a soli ventidue anni, di setticemia.
Marianna, collezionista d’arte di altissimo livello, scrisse una notevole biografia di Maria Luigia d’Austria duchessa di Parma, curò a Reggio Emilia le mostre sull’arte reggiana antica (1923) e sul pittore Gaetano Chierici (1938), e collaborò all’allestimento della Galleria d’arte Fontanesi. Inoltre, nel nome del figlio scomparso, fondò una casa-albergo per quanti, dopo avere scontato una pena in prigione, stentavano a reinserirsi nella società.
Dal 1919 Prampolini iniziò a occuparsi di bonifiche con la grande impresa promossa dal Consorzio della Parmigiana-Moglia: la prima realizzazione italiana di operazione integrale idraulica e agraria. Grazie al risanamento idraulico furono prosciugate le aree paludose a destra del Po, tra le province di Reggio Emilia, Modena e Mantova, e il Consorzio poté realizzare numerose costruzioni rurali collegate a terreni ricchi di acque irrigue; per tale impresa Prampolini progettò canali, stabilimenti idrovori, fossi di scolo, botti, collettori. L’opera di bonifica fu inaugurata da Benito Mussolini nel 1926 – anche se i lavori continuarono ancora – con il varo del grande impianto di San Siro.
In quegli stessi anni si tentava di risolvere il secolare problema del risanamento delle plaghe paludose e malariche della pianura Pontina: dal 1919 era operante la Società anonima bonifiche diretta da Gino Clerici, coadiuvato dal progettista ingegnere Angelo Omodeo; la Società però era stata investita da accuse e critiche che – provenienti soprattutto dai latifondisti coinvolti, come Gelasio Caetani, proprietario di vasti possedimenti della zona e ingegnere minerario – toccarono l’apice nel 1923. Caetani segnalò a Mussolini Prampolini che, già notato dall’agronomo Arrigo Serpieri, fu scelto come progettista della Bonifica pontina, gigantesca impresa alla quale si dedicò dal 1926 al 1939.
Nel 1927 – riuniti i consorzi della bonifica di Piscinara e della bonifica pontina in un unico consorzio – Prampolini fu nominato commissario straordinario, e dal 1929 – nell’ambito del Sottosegretariato alla bonifica integrale del ministero dell’Agricoltura retto da Serpieri, relatore del testo sulla bonifica integrale del 1928 – vicesottosegretario dell’ufficio. Serpieri, peraltro, entrato in disaccordo con Mussolini dopo i tagli alle spese per la bonifica seguiti alla crisi economica del 1929, fu sostituito prima da Gabriele Canelli e poi da Giuseppe Tassinari.
Si trattò dell’apice della carriera di bonificatore di Prampolini, che realizzò il risanamento di terre da sempre paludose e malariche. I finanziamenti, sufficientemente regolari almeno sino al 1932, la possibilità di reclutare una massa di prestatori d’opera a basso costo, la mancanza di controparti sindacali (a tutt’oggi non si conoscono i dati relativi alla mortalità per malaria delle maestranze), resero possibile il progetto di bonifica che segnò una vera e propria ‘ridefinizione’ del territorio pontino: furono realizzati una fitta rete di canali, poderosi impianti idrovori (come quello, modernissimo per l’epoca, di Mazzocchio, realizzato nel 1934 nel territorio di Pontinia e dotato della pompa a elica più potente d’Europa), fossi di scolo, collettori, impianti elettrici e, infine, l’opera di appoderamento progettata da Serpieri e realizzata dall’Opera nazionale combattenti (ONC) accanto alla creazione di cinque ‘città nuove’ presto abitate dai coloni provenienti dal Veneto e dalla Romagna o fatti rientrare dall’estero.
Dal 1924 Prampolini si dedicò pure alla progettazione della bonifica della Piana di Sibari in Calabria, primo progetto per quel Mezzogiorno che avrebbe dovuto essere risanato dopo la zona pontina, piano poi interrotto a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale.
Prampolini, nominato cavaliere del lavoro nel 1920 e senatore nel 1929, sino a questa data era sembrato legato ad ambienti conservatori non direttamente collusi con il fascismo, in particolare a quei nuclei di imprenditori e proprietari terrieri che avevano visto nel regime un freno per il ‘biennio rosso’, ma che non ne condividevano le violenze e le leggi liberticide. La sua nomina a senatore fu, non a caso, contestata dagli elementi più oltranzisti dei fasci reggiani che lo accusarono di essere stato massone. Prese la tessera del Partito nazionale fascista (PNF) soltanto nel 1932 e fu nominato conte del Circeo nel 1940, mentre si occupava della bonifica albanese dalla zona costiera da Scutari a Butrinto ed eseguiva opere per il risanamento idraulico di Valona partendo dal territorio di Durazzo. L’impresa, iniziata con lusinghieri risultati, fu interrotta a causa della guerra. La concessione del titolo nobiliare fece riaffiorare le accuse di passata appartenenza alla massoneria, ancora una volta provenienti dai dirigenti fascisti reggiani.
Dal 1934 fu chiamato a dirigere la Società bonifiche ferraresi, fu altresì presidente della Società nazionale per lo sviluppo delle bonifiche in Italia, membro del Consiglio superiore dei lavori pubblici, presidente dell’Istituto italo-bulgaro per la bonifica, membro della Commissione ministeriale per la compilazione della legge sulle bonifiche, presidente del Sindacato ingegneri, membro del Comitato nazionale dell’ingegneria. Sulla bonifica di Tracia e Macedonia ebbe modo di riferire alla Società delle Nazioni.
Proseguì anche la sua carriera di industriale: fu presidente della S.A. Elettra per l’elettrochimica (e produsse fosforo negli impianti di Civitavecchia), presidente della S.A. Ossidi metallici per la produzione di colori e direttore generale dell’Unione italiana fra produttori e consumatori di prodotti chimici, mentre continuava a essere comproprietario della Società fratelli Prampolini per l’industria casearia di Reggio Emilia.
Pur non appartenendo al mondo politico fascista, in quegli anni manifestò apertamente la stima per Mussolini nelle sue pubblicazioni – anche se con un tono asciutto e poco ridondante, raro in anni di culto della personalità del capo – non mancando di esprimere, piuttosto chiaramente, alcune critiche alla decisione di procedere all’appoderamento prima della fine dei lavori di risanamento nell’Agro pontino.
Lo scoppio della guerra bloccò i piani di bonifica e Prampolini fu sorpreso dall’armistizio (8 settembre 1943) nella sua villa di Mancasale (in provincia di Reggio Emilia) che, all’atto dell’occupazione nazista, divenne sede del comando germanico, fatto che costrinse i proprietari a rifugiarsi nella villa Tirelli di Carpi.
La famiglia Prampolini evitò ogni contatto con la Repubblica sociale italiana (RSI) rifugiandosi a Milano, dove trovò ospitalità prima presso la casa dell’ingegner Guido Ucelli di Nemi, direttore della Industrie meccaniche Riva che aveva fornito per anni i macchinari per le bonifiche, e poi presso l’avvocato Edoardo Majno, presidente dell’Ordine degli avvocati meneghino, due famiglie distintesi per il soccorso recato ai perseguitati politici e agli israeliti. Il suo caso, esaminato dall’Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo, non diede luogo a provvedimenti a suo carico.
Nel dopoguerra Prampolini, con la moglie e il figlio, si trasferì definitivamente nella capitale; in quegli anni fu invitato dal governo argentino a studiare un piano di bonifica per il Paese sudamericano. Rimase sino al 1950 presidente dell’Associazione per il rinnovamento agricolo, divenendone poi presidente onorario; allo stesso anno risale l’ultima delle sue numerose pubblicazioni dedicate alle bonifiche, relativa alla Piana del Fucino in Abruzzo.
Morì a Roma il 18 aprile del 1959, dopo una grave malattia che lo afflisse negli ultimi anni.
I suoi funerali si svolsero a Reggio Emilia, nel tempio della Ghiara, vicino alla sede del Consorzio Parmigiana-Moglia, la società di bonifica che aveva diretto quarant’anni prima. In quella sede, con una solenne cerimonia, gli è stata dedicata la sala consiliare il 4 marzo 2004.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del Duce, Carteggio ordinario, 548.795, 528.007, ad nomen; Presidenza del Consiglio dei ministri, Consulta Araldica, b. 1747, f. 13173, ad nomen; documenti e carteggi relativi all’opera di Prampolini per la bonifica pontina sono in Archivio di Stato di Latina, Opera nazionale combattenti, Progetti.
O. Rombaldi, N. P., in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica dell’Italia 1861-1988, XI, Dalla conquista del potere al regime. Dal governo Mussolini alle leggi speciali, Milano 1990, pp. 369 s.; M. Bianchini, Imprese e imprenditori a Reggio Emilia 1861-1940, Roma-Bari 1995, pp. 145-147, 149, 179, 235; I Cavalieri del Lavoro. Cent’anni di imprenditoria, a cura di V. Castronovo, Roma 2001, p. 383; G.C. Jocteau, I nobili del fascismo, in Studi storici, XXXXV (2004), 3, pp. 677-726; Repertorio biografico dei Senatori dell’Italia fascista, a cura di E. Gentile - E. Campochiaro, Napoli 2004, pp. 1939 s.; N. Tirelli Prampolini, Tre reggiani da ricordare: Giovanni Prampolini, N. P., Luigi Tirelli, Reggio Emilia 2009, pp. 125-138; D. De Angelis, N. P. (1876-1959): l’ingegnere delle Bonifiche. Una ricerca sui documenti dell’Archivio centrale dello Stato dell’EUR e sui fondi della Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II di Roma, Roma 2015 (con una dettagliata bibliografia).