MOSÈ (ebr. Mōsheh, gr. Μωυσῆς, lat. Moses)
Del profeta che dette il contributo giuridico fondamentale alla proibizione delle immagini (Exod., 20, 4; Deut., 5, 8) esiste una iconografia sorprendentemente ricca. La sua figura fu infatti trasmessa non soltanto attraverso i libri della Bibbia, ma anche in una ricca letteratura fiorita intorno ad essi, sia in Palestina che nell'ambito alessandrino; inoltre come figura centrale della storia del popolo ebraico, egli fu rappresentato sia negli amuleti e negli affreschi (a Dura Europos) di ambiente giudaico, sia nei sarcofagi e nelle pitture delle catacombe presso i cristiani.
Accanto ad una rappresentazione simbolica esiste così una rappresentazione narrativa. I cicli narrativi più importanti sono gli affreschi della sinagoga di Dura Europos, i mosaici di Santa Maria Maggiore e le porte di Santa Sabina a Roma, gli intagli della Lipsanoteca di Brescia, le miniature degli Ottateuci bizantini, del Pentateuco Ashburnham. Inoltre sei esametri di Prudenzio descrivono sei raffigurazioni ispirate all'Esodo: 1) il roveto ardente e il serpente di bronzo; 2) l'attraversamento del Mar Rosso; 3) la consegna delle leggi sul Sinai e l'adorazione del vitello d'oro; 4) il miracolo della manna e il miracolo delle quaglie; 5) il miracolo di Mara; 6) l'oasi di Elim. Dal testo stesso di Prudenzio (Ditt., 14, 4) si deduce che doveva trattarsi di miniature in un libro. Quattro di tali episodi sono rappresentati nel cosiddetto Barbaro di Scaligero, un manoscritto del VI-VII sec. che discende da un perduto Chronicon che fu una delle fonti della Cronaca di Alessandria (la cosiddetta alexandrinische Weltchronik), di cui si coglie un riflesso nelle miniature del Cosma indicopleuste.
Gli affreschi di Dura comprendono quattro scene (o forse cinque) dell'infanzia di M., tre scene dell'esodo e dell'attraversamento del Mar Rosso, un riquadro con M. e il roveto ardente, un altro con M. che riceve la legge sul Sinai, infine uno con M. che fa uscire l'acqua dal pozzo di Be'er (Numeri, 2L, 16-18). La narrazione di Dura comprende, con qualche omissione, i capitoli da 1, 8 a 39, 26 dell'Esodo e da 2 a 21, 18 dei Numeri. Il racconto si svolge dunque seguendo da presso il testo biblico, anche se non tutti gli affreschi si trovano riuniti sulla stessa parete. H. Kraeling ha dimostrato in modo del tutto persuasivo la sua derivazione dalle illustrazioni di composizioni letterarie diffuse a scopo di propaganda dagli Ebrei in età ellenistica, prima della rivolta maccabea; in seguito tali raccolte avrebbero facilitato la creazione di dipinti murali nella regione della Commagene, dove nel I sec. d. C. si erano create condizioni eccezionalmente favorevoli al patrocinio di un'arte di ispirazione ebraica (conversione di Elena di Abiabene al giudaesimo, ecc.). Gli affreschi narrativi di Dura sarebbero così l'ultima testimonianza di una tradizione assai lunga e sorta in centri di assai maggiore cultura. In mancanza di monumenti conservati in altre aree, la ricostruzione del Kraeling non può non consistere in altro che nell'accostamento di notizie storiche e letterarie alle prove interne fornite dagli stessi affreschi, quali, in particolare nelle storie di M., le omissioni di certi particolari degli episodî, che presuppongono, per la stessa comprensione delle scene, modelli più articolati, oppure le contraddizioni fra un orientamento generale delle raffigurazioni da destra verso sinistra, nel senso della lettura ebraica, e la posizione inversa di alcune singole figure, ecc.
Le storie di M. sono trattate negli affreschi di Dura Europos con austera monumentalità: a parte, naturalmente, gli episodî dell'infanzia, il profeta grandeggia come un gigante nelle composizioni (le altre figure sono alte meno della metà). Egli è barbato ha corti capelli ricciuti e indossa generalmente un chitone con due clavi azzurri e un manto orlato di azzurro e indossa i sandali. Ma nel miracolo del roveto ardente ha presso di sé due calzari e nel miracolo delle acque di Be'er indossa sotto il manto una tunica manicata di tipo parthico. Alcuni aspetti della narrazione di Dura si ritrovano nella tradizione degli Ottateuci bizantini.
Mentre negli affreschi di Dura Europos è rappresentato il miracolo dell'acqua a Be‛er, che è l'episodio prediletto dalla tradizione degli Haggadoth, a S. Maria Maggiore, è rappresentato il miracolo di Rafidim che, con quello di Elim, è solitamente ricordato nella esegetica ebraico-ellenistica.
Gli episodi relativi a M. superstiti fra i mosaici di S. Maria Maggiore sono: M. presso la figlia del Faraone, M. fra i saggi, il matrimonio con Sefura, M. pastore, il passaggio del Mar Rosso, M. e Aronne fra Dio e il popolo, il miracolo delle quaglie, il miracolo dell'acqua, Amalek provoca la battaglia, la preghiera di Rafidim, M. con gli esploratori, M., Caleb e Nun salvati miracolosamente, la morte di Mosè. Sono perduti, ma documentati da disegni, sei altri episodî, che s'interpretano come M. s'incontra con Aronne, approcci con gli Egiziani, l'agnello pasquale (?), il sacrificio dell'agnello (?), le primizie (?), la terra promessa (?). Gli episodî non conservati cadono fra M. pastore (roveto ardente) e il passaggio del Mar Rosso. Infatti anche a S. Maria Maggiore la narrazione segue passo passo il racconto biblico.
Anche i mosaici di S. Maria Maggiore dipendono secondo il giudizio dei più, dall'illustrazione dei manoscritti; ma in ogni caso essi rappresentano una tradizione diversa da quella di Dura e degli Ottateuci. È indicativo, per esempio, come a Dura nella scena del passaggio del Mar Rosso gli Israeliti siano rappresentati armati, mentre non lo sono a S. Maria Maggiore. Altre discordanze con la tradizione degli Ottateuci sono state sottolineate da H. Buchthal nel confronto con il Salterio di Parigi. Ma anche nei mosaici romani è possibile che la fonte iconografica non sia un'illustrazione della Bibbia, bensì, di nuovo, l'illustrazione di uno dei racconti più diffusi sulla vita di Mosè: è significativo, per esempio, lo sviluppo dell'episodio dell'educazione di M. a corte, che nella Bibbia è appena accennato. Somiglianze con S. Maria Maggiore presentano i rilievi delle porte di S. Sabina, che però offrono anche elementi che mancano nei mosaici: per esempio nella scena del passaggio del Mar Rosso le due colonne; queste in genere non presentano il busto di Dio sulle nuvole, ma soltanto la mano del Signore, aderendo dunque alla riserva cui si ispirano anche gli affreschi di Dura.
Nei mosaici di S. Maria Maggiore, come anche negli intagli di S. Sabina, M. non ha proporzioni gerarchiche, anzi in S. Maria Maggiore egli è francamente raffigurato, nelle prime scene, come fanciullo - anche vestito di abiti imperiali, con probabile allusione alle scene dell'infanzia di Gesù raffigurate sulla fronte dell'abside.
M. ragazzo compare anche negli intagli della Lipsanoteca di Brescia, nella scena dell'uccisione dell'egiziano. Anche nel caso della Lipsanoteca R. Delbrück ha potuto dimostrare in maniera convincente la derivazione di tali scene dall'illustrazione di codici, da ricercarsi, ancora una volta, fuori della pura tradizione biblica. Ne è un'indicazione, fra altre, la rappresentazione dell'arca in cui è posto M. bambino dalla madre, che si discosta dalla cesta descritta dai LXX e che tutt'al più potrebbe corrispondere alla culla (κοιτὶς) rammentata da Giuseppe, anche se sicuramente l'illustrazione non è ispirata alla Storia scritta da Giuseppe.
Le origini della complessa illustrazione del Pentateuco Ashburnham non sono ancora del tutto chiarite. M. Narkiss ha però potuto dimostrare la matrice ebraica per alcune di esse. La rappresentazione della consegna della legge nel Pentateuco deve essere inoltre confrontata, malgrado le molte discordanze, con quella documentata da due Bibbie carolongie, anch'esse eseguite a Tours, cioè nel luogo stesso dove fino al XII sec. è stato il Pentateuco, ma del tutto indipendenti da questo. Tanto il Pentateuco quanto le due bibbie raffigurano M. che consegna la legge agli Israeliti dentro un tempio, ma il tempio raffigurato nelle Bibbie dipende chiaramente dalle rappresentazioni di interno della miniatura romana, sul tipo del Virgilio Vaticano. È stata infatti sostenuta, dal Köhler, la derivazione dell'illustrazione delle Bibbie di Tours da un modello romano del V secolo.
Le rappresentazioni cristiane, anche narrative, sono spesso più o meno influenzate dalla tradizione simbolica. Questa predilesse alcuni momenti della vita di Mosè. Nel IV sec. il miracolo dell'acqua fu assunto come antitipo di Pietro, tanto che a M. furono attribuite molte volte le stesse fattezze di Pietro. Si contano ben 68 raffigurazioni del miracolo dell'acqua fra le pitture delle catacombe. Nella scultura, i motivi prediletti furono l'apparizione nel roveto ardente (M. che si leva i calzari), il passaggio del Mar Rosso, la consegna della legge (questa scena è raffigurata 15 volte anche negli affreschi delle catacombe; il passaggio del Mar Rosso è raffigurato due volte nell'ipogeo della via Latina). Un sarcofago di Arles raffigura il miracolo delle quaglie, un altro sarcofago di Arles rappresenta il passaggio del Mar Rosso con le personificazioni dell'Egitto, del Mare e della Terra. Ma la predilezione per la scena del Mar Rosso nei sarcofagi del IV sec., dove si sviluppa come unica composizione su tutta la fronte del sarcofago, hanno portato alla motivata convenzione che la scelta fosse in relazione con la battaglia di Ponte Milvio, in cui Costantino appare quasi come un nuovo Mosè. I vortici marini che annientano le truppe del faraone e la striscia di tenda su cui sono tratti in salvo i soldati di M. - non hanno nulla a che vedere con le dodici strisce di terra che negli affreschi di Dura puntigliosamente segnavano le dodici vie delle dodici tribù giudaiche.
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