PRISCO, Michele
PRISCO, Michele. – Ultimogenito di Salvatore Prisco, civilista, e di Annamaria Prisco (aveva lo stesso cognome del marito pur non essendone parente), nacque a Torre Annunziata (Napoli) il 4 gennaio 1920, ma fu denunciato all’anagrafe soltanto il 18 gennaio. Trascorse l’infanzia tra il quartiere noto come La Polveriera, a causa del vicino spolettificio, e Trecase, una borgata alle pendici del Vesuvio dove la famiglia possedeva una casa di campagna e dove era solita recarsi in estate. Il fascino esercitato su Prisco dal paesaggio vesuviano e i «candidi riti ricorrenti» (Inventario della memoria, 1970, p. 144) della borghesia provinciale del tempo costituirono più tardi il nerbo della sua produzione narrativa.
Frequentò il liceo classico di Nocera Inferiore e un ruolo significativo nella sua formazione, oltre alla biblioteca della sua cittadina di origine – «covo di antifascisti» (Michele Prisco, 2012, p. 10) –, ebbe quella paterna: «Io avevo in casa una bellissima biblioteca […] dove c’erano i romanzi degli scrittori forse minori dell’ottocento che sono stati le mie prime letture di ragazzo; Anton Giulio Barrili, Castelnuovo, De Marchi, per non parlare poi di Verga, di De Roberto e degli altri. Poi tutti i classici stranieri: Balzac, Flaubert, e i russi» (Viaggio nella memoria…, in Martin-Gistucci et al., 1986, p. 49).
A diciassette anni, fedele alla tradizione di una famiglia di notai, avvocati e procuratori, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Napoli, dove si laureò nel 1942. Mai, tuttavia, abbandonò la vocazione alla scrittura, che per la prima volta trovò espressione in alcuni giornali e riviste degli inizi degli anni Quaranta: il Meridiano di Roma, La Lettura, la Gazzetta del popolo della sera, Pattuglia.
Allievo ufficiale a Fossano, in provincia di Cuneo, ebbe quale compagno di corso Franco Lucentini: fu lui a prestargli Teresa Desqueyroux di François Mauriac, autore che, insieme con Katherine Mans-field, rimase tra i suoi prediletti. L’armistizio dell’8 settembre 1943 – mentre si trovava in licenza a Nocera Inferiore, dove la famiglia era sfollata – segnò la fine della sua vita militare.
Incoraggiato da Marino Moretti e da Francesco Flora – suoi primi entusiasti lettori – abbandonò il progetto caldeggiato dal padre di una carriera forense e si avvicinò, intanto, alla narrativa inglese (Defoe, Meredith) e americana (Faulkner, Steinbeck, Anderson). Nel 1945 un suo racconto, I morti moriranno, fu segnalato al concorso bandito dalla rivista Aretusa; mentre nel 1947 l’aspirante scrittore iniziò a collaborare a Il Risorgimento di Corrado Alvaro e a Il Nuovo Corriere di Romano Bilenchi. Seguì l’esordio letterario con La provincia addormentata (Milano 1949), pubblicato con successo da Mondadori.
La raccolta di racconti «intese offrire un esempio di umanità, piuttosto che una riduzione geografica» (Introduzione, p. 9) e anticipò, sin dalla dichiarazione programmatica appostavi dall’autore come premessa, i motivi del suo itinerario narrativo: lo scandaglio psicologico, l’indolenza esistenziale e la violenza compressa, l’ambiguità dei sentimenti, la natura prorompente, il recupero memoriale, la decadenza morale della borghesia vesuviana.
Al dicembre dell’anno successivo risale il suo primo romanzo, Gli eredi del vento (Milano 1950): «favola strana» a giudizio della giuria del premio Venezia accordatogli quello stesso anno, ma dai personaggi «pienamente verosimili», tributaria della migliore tradizione del nostro ultimo Ottocento, ma al tempo stesso «di spirito moderno» (Giannantonio, 1977, p. 16).
Nell’ottobre 1951, sposata Sarah Buonomo, Prisco si trasferì a Napoli e, dal 1953, iniziò a scrivere per la ‘terza pagina’ del Mattino, la testata, in Italia e all’estero, cui collaborò con maggiore assiduità. Nel 1954 pubblicò il romanzo Figli difficili (Milano), ritratto della propria generazione basato su un sapiente uso del flashback e della scomposizione dei piani narrativi.
Dopo un accostamento ai registri neorealistici in Fuochi a mare (Milano 1957), il cui racconto d’apertura, Immatella, fu particolarmente apprezzato da Vittorio De Sica, La dama di piazza (Milano 1961) consacrò Prisco «signore del romanzo» (C. Bo, Flaubert si trasferisce a Napoli, con “La dama di piazza”, in L’Europeo, 10 dicembre 1961). Libro eccentrico rispetto alla restante produzione prischiana perché completamente ambientato a Napoli, fu forse la migliore testimonianza della fiducia nella narrativa e nel personaggio che, proprio a ridosso di quegli anni, contro i clamori delle avanguardie e dell’école du regard, l’autore proclamava in Le ragioni narrative (1960-61), la rivista da lui fondata con Mario Pomilio, Domenico Rea, Luigi Incoronato, Leone Pacini e Gian Franco Venè.
Nel 1962 Prisco divenne giornalista professionista ‘per chiara fama’ e con il romanzo Una spirale di nebbia (Milano 1966, insignito con il premio Strega) diede prova di un magistero stilistico contraddistinto da una prosa avvolgente e sinuosa, tesa «a catturare la qualità multiforme dell’istante» (M. Pomilio, introduzione a Figli difficili, 1984, p. V).
In seguito ai mutamenti intervenuti nella ‘terza pagina’, ben esemplificati nel racconto autobiografico La parabola dello scrittore (in Il colore del cristallo, 1977, pp. 225-228), e a causa dei nuovi compiti di critico cinematografico e caposervizio del settore spettacolo, assunti per Il Mattino di Napoli tra il 1975 e il 1978, vacillò quell’equilibrio tra giornalismo e letteratura che da sempre aveva contraddistinto le collaborazioni giornalistiche prischiane. Emblematica di un ‘nuovo corso’ nella produzione giornalistica dell’autore fu, agli inizi degli anni Settanta, la sua collaborazione al Corriere della sera.
L’avvicinamento alla cronaca e una visione cupa, dominata da un’interrogazione sul problema della violenza e del male, accomunarono i romanzi I cieli della sera (Milano 1970), Gli ermellini neri (Milano 1975) e Il pellicano di pietra (Milano 1996): esempio estremo di quel decadimento morale intravisto sin dalle prime prove, ma non più bilanciato dal richiamo al vecchio mondo della provincia. Dopo un sessantennio di inesausta attività narrativa e giornalistica, al suo ultimo romanzo Gli altri (Milano 1999) Prisco affidò il desiderio di far entrare il lettore nel suo laboratorio: quello di un realismo mai abiurato, lontano dalla poetica del documento e legato invece alla salvaguardia del personaggio e, attraverso il personaggio, del mistero dell’uomo.
Morì a Napoli il 19 novembre 2003.
Opere. Oltre a quelle citate, i romanzi Le parole del silenzio, Milano 1981; Lo specchio cieco, Milano 1984; I giorni della conchiglia, Milano 1989. Le raccolte di racconti: Punto franco, Milano 1965 (da cui Inventario della memoria, Milano 1970, edizione ampliata rispetto alla redazione inclusa in Punto franco); La provincia addormentata, Milano 1969 (2ª edizione riveduta e ampliata); Il colore del cristallo, Milano 1977; Terre basse. 25 racconti 1941-1991, Milano 1992; La pietra bianca, Napoli 2003. Libri di viaggi e di ricordi: Ritratti incompiuti, Roma 1986 e 1987; Il cuore della vita, Torino 1995. Saggistica: Fuga dal romanzo (appunti sul «nouveau roman»), in Le ragioni narrative, I (1960), 1, pp. 119-139; Alvaro e il personaggio, ibid., 2, pp. 74-90; A proposito del personaggio, ibid., 3, pp. 5-21; Memorialisti e neorealisti, ibid., 6, pp. 124-132; La macchina della sopraffazione, ibid., II (1961), 8-9, pp. 18-30; Il romanzo italiano contemporaneo, Firenze 1983; Matilde Serao. Una napoletana verace, Roma 1995. Ha inoltre tradotto La Sagouin di François Mauriac (Milano 1959).
Fonti e Bibl.: I manoscritti, l’epistolario e le recensioni finora pubblicate sull’opera narrativa di Prisco sono conservati presso gli eredi. Parte dei carteggi prischiani è stata pubblicata in Giovani scrittori a Cesenatico. Arfelli, Casali, Montesanto, Panunzio, a cura di M. Sangiorgi, Ravenna 2008, pp. 206-221; L. Santucci, I nidi delle cicogne e altri scritti inediti, Torino 2011, pp. 260-266; A. Pirro, Nello spazio d’un mattino. Un’analisi della produzione giornalistica di M. P., Napoli 2012, pp. 70-74, 150 s., 166 s.; in appendice a D. Trotta, «Caro Mario, ti scrivo…». Le ragioni (non soltanto) affettive di un carteggio inedito, in Le ragioni del romanzo. Mario Pomilio e la vita letteraria a Napoli, a cura di F. Pierangeli - P. Villani, Roma 2015, pp. 127-140; nonché in C. Moscariello, Destini sincronici: Amelia Rosselli e Rocco Scotellaro. Con lettere di Rocco Scotellaro a M. P., Napoli 2015, pp. 104-111.
M. Cicala, Rassegna di studi critici su M. P., in Critica letteraria, III (1975), 1, pp. 177-202; P. Giannantonio, Invito alla lettura di M. P., Milano 1977; G. Amoroso, P., Firenze 1980; M. Pomilio, Introduzione a M. Prisco, Figli difficili, Milano 1984, pp. I-X; M.G. Martin-Gistucci et al., M. P. Una vita per la cultura, a cura di L. Luisi, Cassino 1986; M. Pomilio, P. M., in Dizionario critico della letteratura italiana, III, Torino 1986, pp. 546-548; Id., L’itinerario narrativo di M. P., Vico Equense 1990; C. Aliberti, La narrativa di M. P., Foggia 1994; M. P. Una vita per il romanzo, a cura di G. Marinelli, Napoli 1998; E. Giammattei, P. e il personaggio del narratore (2000), in Id., Il romanzo di Napoli. Geografia e storia letteraria nei secoli XIX e XX, Napoli 2003, pp. 132-138; A. Benevento, M. P. Narrativa come testimonianza, Napoli 2001; A. Zambardi, Borghesia e letteratura. Analisi semiosociologica dell’immaginario attraverso l’opera narrativa di M. P., Napoli 2002; L. Rocco Carbone, Incontro con l’autore M. P., introduzione di C. Di Biase, Napoli 2004; S. Perrella, Introduzione a M. Prisco, La provincia addormentata, Milano 2005, pp. I-VI; G. Petrocchi, postfazione a M. Prisco, La provincia addormentata, Milano 2005, pp. 271-279; F. D’Episcopo, «Le ragioni narrative» 1960-1961. Antologia di una rivista, Napoli 2012; A. Pirro, Nello spazio d’un mattino, cit.; M. P. Aspetti inediti della vita e delle opere, a cura di M. Elefante, Castellammare di Stabia 2012; D. Trotta, «Caro Mario, ti scrivo…». Le ragioni (non soltanto) affettive di un carteggio inedito, in Le ragioni del romanzo, cit., pp. 93-140.